domanda 26
LOGICA E CULTURA GENERALE
«La capacità di provare dolore non può essere rimossa, ma capita, di rado, che qualche individuo ne sia privo dalla nascita. Una vita senza dolore potrebbe sembrare fortunata, ma non lo è. I bambini che non provano dolore non sono a disagio neppure quando stanno a lungo nella stessa posizione: la conseguente mancanza di movimento impedisce al sangue di arrivare alle articolazioni, che nell’adolescenza sono già deteriorate. Le persone che non possono sentire dolore muoiono quasi tutte prima dei trent’anni. Anche i dolori diffusi, o il semplice malessere, sono adattivi. Spingono all’inattività completa, e non solo al riposo delle parti danneggiate. [...] L’inattività favorisce anche, probabilmente, l’efficacia delle difese immunitarie, il ripristino dei tessuti danneggiati e altri adattamenti. I medicinali che fanno sentire meglio una persona malata interferiscono con questi benefici. Una sensazione di benessere indotta dai farmaci può indurre ad attività che interferiscono con gli adattamenti difensivi o con la guarigione.» Randolph M. Nesse e George C. Williams, Perché ci ammaliamo, Einaudi, Torino, 1999, p. 46. DUE delle seguenti proposizioni traggono le conclusioni del discorso riportato: le si riconosca. 1) la somministrazione di farmaci può talora risultare controproducente 2) il dolore fisico, di per se stesso, è comunque qualcosa di sgradevole 3) chi non sopporta il dolore tende a permanere nella stessa postura 4) a qualche essere umano la sorte preclude la capacità di provare dolore 5) a dispetto delle apparenze una vita senza dolore non è una vita fortunata 6) la capacità di provare dolore non può essere rimossa |
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