domanda 4
LOGICA e CULTURA GENERALE
"Che cos'è un mito?" E' "un lungo discorso": questa la distratta - forse solo apparentemente distratta - definizione di Alexandre Dumas, che di miti se ne intendeva, tanto da averne creato più di uno. Credo che allo stesso modo risponderebbero i tre coautori del dizionario Miti e personaggi della modernità. Abelardo ed Eloisa, Cola di Rienzo, Giovanna d'Arco, Paracelso, Cromwell, Robespierre, Napoleone, Byron, Don Giovanni, Casanova, Amleto, Don Chisciotte, Faust ...; sono - scelte a caso - alcune delle figure storiche o immaginarie a cui gli autori del dizionario hanno deciso di dedicare una voce. Quale criterio consente di far convivere o rientrare nella stessa famiglia personaggi così dissimili, alcuni dei quali veramente esistiti e altri invece frutto di immaginazione? Per quel che posso capire, un criterio molto semplice e molto empirico: ognuno di loro è all'origine di un "lungo discorso", a cui hanno contribuito, di secolo in secolo, poeti, drammaturghi, romanzieri, pittori, scultori, autori di opere liriche, registi. ( ... ) ogni epoca pretende di avere una sua produzione mitica. Ci sentiremmo diminuiti il giorno in cui dovessimo ammettere che la nostra non ne è capace. Ma niente ci fa credere prossimo quest'isterilimento. Basta che guardiamo indietro, al secolo che sta per finire, per incontrare personaggi reali o fittizi ognuno dei quali sembra destinato, negli anni e nei secoli a venire, ad alimentare un "lungo discorso", tessuto di nuove interpretazioni storiche o filosofiche, di invenzioni romanzesche, di film, eccetera. Recentemente, via via che il film di Benigni La vita è bella veniva presentato all'estero, sono apparsi sui giornali dei diversi Paesi articoli che lo approvano o che lo disapprovano. C'è chi ritiene che dello sterminio degli ebrei si possa parlare solo in termini storici e documentari, e dunque giudica il film un faux pas (un passo falso); chi invece ammette altri approcci, e dunque lo ritiene un'operazione legittima. Io non so a chi dare ragione; mi rendo conto dell'enormità di quel massacro e della relativa vicinanza nel tempo (moltissimi testimoni diretti sono ancora tra noi); forse il film di Benigni può essere stato prematuro; ma non penso che la memoria di avvenimenti così sconvolgenti possa mantenersi in un ambito rigorosamente storico. Fatalmente diventerà anche variazione e racconto, cioé "mito", nel senso già detto. Torniamo al nostro dizionario. Scorrendo i lemmi, si è colpiti dalla facilità con cui li associamo a un carattere, a un episodio, a un attributo ... Abelardo ed Eloisa, Romeo e Giulietta, Paolo e Francesca sono coppie di amanti appassionati, Alboino è un tiranno crudele che versa da bere alla moglie Rosamunda nel cranio del padre, Don Giovanni e Casanova sono donnaioli, Faust e Peter Schlemil stringono un patto col diavolo, all'Ebreo Errante e all'Olandese Volante tocca sperimentare i notevoli disagi dell'immortalità (o di un'esistenza eccessivamente protratta), i sovrapponibili e spesso sovrapposti Barbablù e Gilles de Rais sono serial killer, Cagliostro è un imbroglione, Zarathustra un guru, Munchausen un cacciaballe, Werther un suicida, Robin Hood un ladro che prende ai ricchi per dare ai poveri, e così via. Si direbbero personaggi semplici, primari, eppure una piccola riflessione alimenta il sospetto che non sia così: se hanno ispirato tanti drammi, tanti romanzi, tanti film, vorrà dire che erano portatori di un nucleo di ambiguità tale da impedire, ogni volta, l'approdo a un'interpretazione - a una versione - definitiva. Un mito è un pensiero al quale si ritorna di continuo, e che non ci si stanca mai di riprendere e variare. da MITI Il catalogo della modernità, di Giovanni Mariotti. Corriere della Sera, 18/11/98
UNA SOLA delle seguenti affermazioni È rigorosamente deducibile dal testo di Giovanni Mariotti sopra citato: |
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