b                                     

antonella marchi

 

 

 

Antonella è un'amica di Giampilieri da gran tempo. Dopo il 1° ottobre ha scritto del suo dolore per ciò che è capitato a Giampilieri e ai suoi abitanti o lo ha affidato al web via mail. Come amici, abbiamo ricevuto queste sue riflessioni a caldo e le conserveremo nel Museo come prova di quanto i luoghi a cui abbiamo dedicato il Museo possano suscitare in chi ha occhi per vedere e cuore per sentire.

Un buco dentro a Giampilieri. Erano case, persone, sogni, speranze e perché no stupidaggini o litigi o chissacchè, ma lì, come nelle nostre case, c’era vita.

Dopo la preoccupazione iniziale per riuscire ad avere notizie di familiari, la mamma e il papà di Paolo, gli zii, i cugini, gli amici, ora che sappiamo che stanno bene, improvvisamente quel buco si è trasferito nei nostri cuori. E’ un buco profondo fatto di tutte quelle cose che erano Giampilieri per noi, per ognuno di noi. Non so per chi ci è nato e cresciuto cosa possa essere, io che ci sono arrivata trent’anni fa, mi sono innamorata come ci si innamora a 19 anni, inglobando con Paolo anche l’amore per la sua terra aspra, dura sì ma anche dolce del profumo del caldo e di cose a me allora sconosciute. Per me che ho imparato a “capire” il siciliano e a non capire sempre la loro storia, oggi mi accorgo che Giampilieri è diventata parte di me più di quanto forse pensassi. Oggi quel buco è anche nel mio cuore ed è fatto di dolore, di rabbia, di pietà per quei morti e per quei vivi che non dovevano finire così.

Anch’io voglio rivendicare il diritto di riavere Giampilieri, quella Giampilieri che già mi manca, quella Giampilieri che ci hanno tolto con tanta violenza, con tanta brutalità. Questa terra amata, odiata, incazzata o rassegnata, violentata da tutti, ma chi non l’ha mai vissuta non potrà mai sapere.

Ogni pietra che manca, come ogni vita che manca, rivoglio tutto.

Rivoglio le granite la domenica al bar da Lillo insieme all’immensa famiglia di Nino e Sandra, le passeggiate in campagna, lo stupore nell’entrare la prima volta in un uliveto (mistico), le serate a casa di Toni sullo Stradone, il marciapiede delle Poste dove ho baciato Paolo la prima volta, la casa di Angela e Michele dove tornando da mare ti fermi a parlare e rinfrescarti e trovi un clima di accoglienza che sembra solo dai siciliani puoi avere, il giro di saluti ai parenti ogni volta che arrivi e che parti, sopportato a stento i primi tempi e poi con gli anni apprezzato e capito, il piatto di minestra tenuto in caldo da Antonia perché torniamo sempre tardi da mare, la camminata per arrivare a piedi a mare ormai sempre più soli a piedi sullo stradone, la bottega ormai chiusa di Michele, tappa obbligatoria ogni volta che scendi al Pozzo, la focaccia da Billi, i pomodori secchi, i fichi d’India, la “panìa” di fichi secchi, il caldo insopportabile, i gechi sui muri con le urla di Caterina, e tutto il resto. Perché la vita di Giampilieri non è altisonante, è vita di ogni giorno che non passa alla storia, ma la gente è vera ed esiste.

Quel buco…