Italian Discography Notes.

Sebbene la discografia italiana non presenti tante lacune, ci sono dei dubbi sulle reali date di uscita dei dischi, soprattutto per la mancanza di notizie ufficiali da parte della EMI Italiana.

Per catalogare bene ed in maniera veritiera questi dischi, ho così analizzato le notizie a mia disposizione, derivate sia dalla mia esperienza diretta e di molti altri vecchi collezionisti, sia dalla ricerca sui vari giornali musicali dell'epoca (che indicavano la presunta data di uscita nelle loro pubblicità), in maniera che la loro catalogazione rispecchiasse nella maniera più veritiera quella reale.

Per la catalogazione delle varie edizioni italiane sono partito, per cui, dalle varie notizie che ho raccolto in questi anni circa la presunta uscita dei vari dischi; successivamente, l'attenzione si è spostata sia sulle date stampate sul rim-off, che indicava, come ben sapete, la data del taglio dell'acetato ("lacquer-cutting"), sia sul numero romano impresso dopo la data, che indicava il numero dell'acetato, dettagli caratteristici della EMI Italiana.

Tutte le notizie sono state poi confrontate con l'analisi dei timbri a fuoco della S.I.A.E. sulle etichette, che per forma, tipo e colore possono essere ricondotti ad un periodo specifico ben individuato, come ben spiegato in una ricerca a parte sull'altro mio sito.

Siamo giunti, perciò, alla lista che vedete nelle varie pagine della discografia italiana, certi che siano le più veritiere possibili.

 

 

 

Italian Dates & Roman Numbers Notes.

Cosa rappresentano le date sul Run-Off del vinile? Forse non tutti sanno che i dischi dei Pink Floyd di pressaggio italiano (ed i vinili della EMI italiana in generale) hanno una peculiarità, oltre al numero di catalogo e all'etichetta, che li distingue rispetto a parecchie edizioni estere: riportano infatti delle date impresse nel bordo interno del vinile, "stampate" su quella parte del disco che non contiene musica ed in cui di solito ci sono i numeri di catalogo marchiati con la pressa, il c.d. "run-off" o "trail-off" o "dead-wax", che contiene normalmente delle informazioni che identificano la stampa (date, identificazione della fabbrica in cui è stato stampato il disco, il metodo di stampa, il cutter, la mother, ...). Queste informazioni vengono impresse a caldo sul vinile o scritte a mano con una penna grafica (a seconda dell'industria discografica, cfr., IASA Cataloguing Rules). Le date nelle edizioni italiane sono, inoltre, accompagnate da un numero romano. La pratica di scrivere sulla parte non incisa del vinile non era nuova, essendovi sempre riportati i dettagli che corrispondevano al catalogo del disco. Riguardo al contenuto, ogni nazione aveva la sua logica che prevalentemente era legata alla reale numerazione ufficiale. Per esempio: per "Revolver" dei Beatles nelle edizioni inglesi, se vi era riportato "XEX 606 - 1" la sigla 'XEX' significava che si trattava di una versione mono ('YEX' invece identificava una versione stereo); il numero successivo ('606') era il codice che denotava quel titolo nel catalogo della casa discografica e quel lato del disco, e il numerino successivo ('1') era il progressivo della matrice (in realtà il termine tecnico appropriato è "father"); ci potevano essere anche delle lettere e numeri a destra ed a sinistra rispetto alla etichetta centrata e diritta (a ore 3 e ore 9), che corrispondevano rispettivamente al numero di stamper (in realtà il termine tecnico appropriato è "child") e di "madre" (ma ogni casa aveva un suo metodo). Uno stamper poteva pressare solo un numero limitato di copie (solitamente un migliaio, anche se parecchi dicono 500-600 copie), poi veniva sostituito: così le ultime copie pressate dal medesimo stamper suonavano peggio a causa del progressivo deterioramento dello stesso, le prime ovviamente meglio. Da notare che, a differenza delle stampe inglesi, le stampe italiane dei Pink Floyd non riportavano, nè il numero della mother, nè quello dello stamper.

Il problema delle date sul vinile è stato affrontato qualche volta solo in quanto utile a riconoscere i falsi, purtroppo ormai presenti in maniera considerevole, dagli originali; infatti alcune case produttrici assumevano come regola, per certi titoli (o anche tutti) del loro catalogo, l'incisione del dead-wax mediante pressa (in gergo "printed" o "stamped"), mentre le relative versioni bootleg mostravano il trail-off segnato con penna ottica (in gergo "written" o "hand-etched"). Come già accennato, in Italia si possono notare anche dei numeri romani, ma non tutte le case discografiche li apponevano. La tesi più verosimile per dare una spiegazione alle date ed ai numeri romani è che stiano ad indicare rispettivamente la data di "cutting", cioè di scrittura dell'acetato (che poteva anche non coincidere con la data di effettivo stampaggio del disco, potendo quest'ultima avvenire a brevissima distanza di tempo o anche dopo mesi o anni) ed il numero progressivo dell'acetato stesso (o lacca o lacquer come viene anche chiamato), similmente a quanto accadeva per le stampe inglesi (A1/A2/A3, B1/B2/B3, e così via). Da qui si poteva risalire, quindi, alla tiratura, ma un concetto da tenere presente è che il numero dell'acetato corrispondeva di fatto al numero della matrice, potendosi per questioni tecniche ricavare una sola matrice per lato di acetato (una per il lato A e una per il lato B); inoltre, al contrario del lacquer che era costituito da materiale velocemente e facilmente deperibile e che una volta estrattevi le matrici era inutilizzabile, le matrici stesse alla pari delle madri e degli stamper essendo composte di materiale metallico potevano essere utilizzate anche a distanza di anni, a meno che non fossero già precedentemente arrivate al limite di progressivo deterioramento. Và inoltre specificato che le date ed i numeri romani sui due lati potevano anche non coincidere: per esempio un vinile con "13-11-80 II" sul lato A e "19-10-83 IV" sul lato B, indicava che l'incisione del primo lato derivava dal contenuto del secondo acetato, mentre quella del secondo lato derivava dal quarto, il cui taglio era avvenuto in date diverse. Solo eccezionalmente alcune stampe italiane dei Pink Floyd sono prive del numero romano, ma rimane un ipotesi che il numero romano sia stato impresso male o col tempo sia scomparso, tale da far ritenere che non fosse mai stato impresso. Da quanto detto, si deduce che il numero romano non è il numero ordinale delle stampe: ci sono stati casi in cui nello stesso breve periodo (differenze di pochissimi giorni) sono stati acquistati due album uguali appena usciti, ma con date e numeri romani diversi: il motivo più plausibile quindi, in base a quanto sopra esposto, è che per sopperire alla richiesta la stessa EMI Italiana abbia fatto stampare moltissime copie in successione, partendo da diversi lacquer ricavati ovviamente in date diverse (a partire da un medesimo acetato, si riuscivano a stampare mediamente un massimo che và tra i 50.000 e gli 80.000 dischi). Un esempio classico è The Final Cut: "2-3-83 I" e "2-3-83 I" in una versione, e "2-3-83 I" e "7-3-83 III" in un’altra, uscite a distanza di pochi giorni: nel primo caso, è come se ci trovassimo in presenza di una stampa inglese A1//B1, mentre nel secondo si tratterebbe di una A1//B3, ma rimaniamo pur sempre nell'ambito della prima stampa; questa differenza del numero ordinale dei lacquer tra i due lati, poteva essere causata da diversi fattori: alcune matrici, madri o stamper potevano presentare dei difetti "di default" e quindi venivano scartate in partenza, oppure la scrittura dell'acetato stesso non era andata a buon fine: di conseguenza o il numero di copie che potevano essere stampate a partire da quel determinato acetato era inferiore alla media oppure si rendeva fin da subito necessaria la scrittura dell'acetato successivo.

Ai fini collezionistici, per stabilire se si è in presenza di una prima stampa, oppure di una ristampa, le incisioni sul dead-wax (anche se le date non si riferivano direttamente all'effettivo stampaggio) ed il tipo di timbro della SIAE sono indizi importanti, spesso fondamentali, ma non sempre definitivi: sottolineando anche il fatto che il lasso di tempo in cui il vecchio ed il nuovo timbro venivano usati in parallelo, prove alla mano risulta essersi protratto per parecchi mesi e che non è assolutamente comprovato che le fasi di pressaggio del vinile, della timbratura dell'etichetta e dell'apposizione di quest'ultima sul vinile stesso fossero concomitanti (è molto più razionale anzi supporre che, per questioni di praticità, venissero inizialmente timbrate le sole etichette e che queste venissero poi apposte sul disco solo in un secondo momento). Si è inoltre a conoscenza di copie di uno stesso album perfettamente identiche in ogni dettaglio ma con tipi di timbri diversi. Volendo dare una logica da seguire, si può affermare che non è sicuramente una prima stampa una copia di un disco immesso sul mercato nel 1975, che mostri una data riferita per esempio al 1977; lo stesso discorso vale per una copia che abbia data relativa ad esempio al 1971, ma recante timbro del secondo tipo. Soltanto l'esperienza ci può comunque dare una soluzione definitiva, e non ci sono regole fisse al riguardo. Da notare che le date sul vinile sono presenti, in alcuni casi, anche in dischi di altre discografie come nelle edizioni coreane, in quelle colombiane, in quelle yugoslave, in quelle messicane ed anche in quelle portoghesi ma, a differenza di quelle italiane, queste date sono scritte a mano (in gergo, "written").

In definitiva, è così stato chiarito il mistero sulle date sul rim-off dei vinili italiani: si riferisce alla data del "lacquer-cutting" e che il numero romano è il numero del lacquer.