LA STORIA DI MOTTA BALUFFI È molto difficile riuscire a trovare notizie in merito alla storia di Motta Baluffi. I primi documenti che parlano del paese risalgono al XII secolo, ma sicuramente ancora prima c’era qualche tipo d’insediamento, visto che a Solarolo (frazione di Motta Baluffi) sembra vi fosse un importante porto fluviale longobardo. Il nome "Motta" è abbastanza diffuso, in numerose località, quali ad esempio, solo in Lombardia, Motta San Damiano, Motta Visconti e Motta San Fermo. Fra le molte ipotesi, quella che è più verosimile propone la derivazione dal germanico "Mot" o "Gemot", che significa adunanza pubblica, oppure il luogo dove si teneva l’adunanza. Nel linguaggio diplomatico del Medioevo il termine fu mantenuto per designare l'assemblea del Popolo, successivamente, nel dialetto lombardo, il termine acquisì il senso di numero o quantità, e dunque mucchio. Nel dialetto "vecchio" (fino all’inizio del secolo XX) erano ancora in uso le espressioni: "una motta di terra, una motta di gente" ecc. Il termine Baluffi quasi sicuramente deriva dal cognome di una famiglia nobile che aveva possedimenti in zona. Infatti molti paesi vicini hanno il nome costituito da due parole, la prima di denominazione e la seconda d’appartenenza ad una o l’altra famiglia nobile proprietaria delle terre, (es. (Botti, Ponzoni, Raineri, Geroldi, Boldori ecc.). In un’antica carta cinquecentesca ad opera di Alessandro Capra compare il nome Motta Baluco, in altre Motta Belusi, ma sicuramente si tratta di errori ortografici. Secondo un’altra ipotesi invece fa derivare il termine Baluffi dal dialetto Luf (lupo).Sembra infatti che vi fosse una famiglia nobile in zona, la famiglia Lupi, quindi Motta dei Lupi, in dialetto "di luf", e da qui è facile trasformarla in Baluffi. Il paese sorge lungo l’antica strada degli argini che costeggiando il fiume Po conduce da Cremona a Casalmaggiore. Secondo alcuni storici lungo questa strada sarebbero sorti degli insediamenti etruschi, tutti localizzati lungo il tratto che collegava l’antica Brescello (Brixellum) e Cremona. Lo storico cinquecentesco Giuseppe Bresciani riferisce poi, che Motta Baluffi era anticamente denominato "Vico Liberio" dal nome di un capitano di Ottaviano Augusto, ma quest’affermazione però non è suffragata da alcun altro documento se non il suo. Al contrario, Tacito scrive che la zona inferiore dell'agro cremonese, e del Casalasco, era in epoca romana in buona parte ricoperta da acque palustri. Il Po morto infatti (cioè quel ramo del fiume in parte impaludato che oggi ha modificato il suo corso) cominciava tra i confini dei territori di Scandolara Ravara. Nella "Chiesa Vecchia" di Scandolara esiste un affresco che mostra la chiesa in questione lambita dalle acque del fiume.
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In epoca longobarda poi le opere di contenimento delle acque realizzate dai romani furono abbandonate, per mancanza di cultura del territorio e a causa di pestilenze. Successivamente i Benedettini procedettero ad una sistematica bonifica, abbattendo selve e dissodando terreni. Essi costruirono anche eremi lungo le principali vie di comunicazione e presso il corso dei fiumi per poter ospitare i pellegrini, assistere i malati ed i poveri. Ciò avvenne anche a Motta Baluffi, dove nel XII secolo esisteva un importante ospedale per il ricovero e la cura degli infermi, dei pellagrosi ed in genere dei poveri, detto San Cataldo della Motta dal titolo della parrocchiale. Inoltre l’aggettivo Monasterolo aggiunto al toponimo della frazione Solarolo indica l'esistenza in questo borgo di un altro insediamento di monaci, in particolare "gli Umiliati". Osservando infatti le costruzioni che circondano la parrocchiale di Solarolo , sembra infatti di scorgere l’architettura tipica di un chiostro monastico. Si sa per certo che Motta Baluffi divenne parrocchia indipendente dalla "chiesa Vecchia" di Scandolara, intorno al 1449, con la nomina di un sacerdote. Nel 1521 una lega armata dall'imperatore Carlo V e dal Papa riportava a Milano Francesco Sforza, fratello minore dello spodestato duca Massimiliano, e poneva l'assedio a Cremona, ancora occupata dai francesi, che si arrendevano solo l'anno seguente. Nel corso delle varie operazioni militari, i veneziani, alleati dei francesi, tolto il campo che avevano posto presso San Secondo nel Parmense, trovandosi nella necessità di dover passare rapidamente il Po costruirono un ponte a Motta Baluffi, che permise loro dì giungere presto a Bordolano, dove si accamparono. Sempre nel XVI secolo, il nome del paese è legato a quello di un importante rappresentante del mondo letterario lombardo ed italiano in genere, il poeta vescovo cremonese Marco Gerolamo Vida. Divenuto nel 1519 priore della chiesa di Cremona intitolata alle SS Margherita e Pelagia, nel 1520 fu investito anche di questa piccola parrocchia rurale da parte del papa Leone X. All’epoca l'investitura di parrocchie del contado non significava necessariamente la presenza in loco dell'ecclesiastico e poco si sa sui rapporti effettivi che il Vida ebbe con Motta Baluffi, tanto più che a partire dal 1532 otterrà la carica di vescovo di Alba, poi mantenuta per tutta la vita. Per ottenere ulteriori notizie storiche bisogna attendere le guide ottocentesche che indicano la presenza a Motta Baluffi dei dugali Riolo e Riglio che, permettendo l'irrigazione di una parte dei terreni, li rendevano "ubertosissimi di biade, fave... viti e gelsi". Si parla inoltre del poderoso argine maestro che riparava i campi dalle acque del Po. Nel corso del XIX secolo inoltre, essendo posta in un una zona di confine fra varie provincie parecchi suoi abitanti erano dediti al contrabbando, tanto che il vescovo Geremia Bonomelli in una sua visita pastorale definisce "una camorra terribile di ladri, aggressori, assassini ecc." Ai giorni nostri si tratta di un tranquillo paese di provincia, dove la gente è dura, chiusa, ma che sa soprattutto dare a chi ha bisogno.
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RESIDENTI AI CENSIMENTI 1861-1991
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