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Sviluppi della medicina e della biologia nella prima metà dell'ottocento

Capitolo I
Un antefatto : Andrea Vesalio, ovvero la rinascita della medicina attraverso l'anatomia
di Guido Marenco

Forse pochi sanno che il mondo fu creato il 26 ottobre del 4004 a.C. alle 9 del mattino.
Non è uno scherzo. E' quanto si credette per molto tempo sulla base delle indicazioni di James Ussher, un erudito esponente della chiesa anglicana.
Ancor oggi, scrive J.Douglas Macdougall (Storia della terra - Einaudi - Torino, 1999 - or. 1996), in molte facoltà di geologia di tutto il mondo il 26 ottobre si festeggia il compleanno della terra. Questo pizzico d'umorismo non fa male.
Un giorno i nostri discendenti potrebbero ridere di Macdougall, come del resto già noi potremmo sorridere, non solo di Ussher, che proprio se l'è cercata, ma anche di Lazzaro Spallanzani, di Ernst Haeckel, o persino di Isaac Newton, scienziato di giorno ed alchimista tenebroso di notte. Potremmo anche sorridere di Lamarck e un po' d'ironia su Buffon non sarebbe fuori luogo.
A scavare nella storia della scienza si trovano molti scheletri negli armadi, non solo scapole di pitecantropi e crani neanderthaliani, ma proprio "enormità" , o meglio, teorie ed affermazioni che a noi paiono "enormità" ma che, ai loro tempi potevano venire in qualche modo credute come vere.
Il nome dell'abate Lazzaro Spallanzani, importante e stimabilissimo studioso della vita, non viene a caso.
Egli morì nel 1799, giusto un anno prima che la nostra storia inizi, e morì convinto della correttezza della teoria dell'ovismo nella formazione dell'embrione. Spallanzani negava un ruolo attivo e formativo allo spermatozoo: esso si limitava a stimolare l'ovulo femminile, ma solo questo svolgeva una funzione generativa e determinante nei caratteri del futuro individuo.
Ciò, come dicevamo, può far sorridere, ma non lede che in minima parte il merito di questo scienziato, che giocò un ruolo decisivo nell'affermare e nel dimostrare che non esisteva alcuna generazione spontanea di creature viventi da materia organica in decomposizione, come allora si credeva, e si continuò a credere per buona parte dell'ottocento, se è vero com'è vero, che persino il sommo Claude Bernard coltivò dubbi anche di fronte agli esperimenti ed agli argomenti di Louis Pasteur.

Si può sorridere di tutti questi errori, certo. Ma solo chi sa ridere di sè, dei propri limiti e della propria stupidità; solo chi, pur prendendosi sul serio, non si prende troppo sul serio, potrà affrontare con la giusta larghezza di vedute anche i clamorosi errori dei nostri avi.
Arriva sempre il giorno in cui qualche nostra credenza ritenuta assoluta, o quantomeno fondata sulla scienza, crolla miseramente come un castello di carte. Mi è capitato recentemente, ad esempio rispetto al principio antropico, e vi assicuro di non essermi mai sentito così ridicolo come in quel momento.
Analogamente, sono fortemente convinto dell'autonomia dello psichico rispetto ai modelli genetici di spiegazione delle malattie nervose e dei disturbi psichici. Ma, proprio per evitare di trovarmi in un'altra situazione ridicola, tengo porte e finestre spalancate sull'aggiornamento costante delle ricerche compiute dai genetisti. Può essere che tutte queste storie sul "gene della depressione" siano vere. Perché collocarsi contro a priori? Oppure, perché non ritenere validi entrambi i modelli?

Per capire la "nostra storia" qualche passo indietro è necessario: come in tutti i romanzi che si rispettano, ci sono preamboli ed antefatti, storie prima della storia.

L'importanza di Spallanzani nella storia della biologia, che ai tempi suoi non esisteva ancora come disciplina autonoma, è pari, forse, a quella del belga Andrea Vesalio (1514- 1564) nella medicina. Quest'ultimo resuscitò una scienza morta, l'anatomia, e gettò le basi dell'anatomia moderna. Il periodo che va dal II secolo d.C. (Galeno) al cinquecento, salvo il fugace momento di Erofilo di Alessandria, è un buco nero. Le opere di Erofilo andarono disperse, e non è escluso che vennero distrutte per colpa del mai abbastanza vituperato califfo Omar, quello che fece incendiare la bib lioteca di Alessandria, sostenendo che tutto il sapere era nel Corano e che il resto dei libri era opera del diavolo.
La chirurgia divenne nel medioevo affare da barbieri e guardata con disgusto dai medici. La chiesa svolse, come quasi sempre, la sua parte oscurantista, proibendola agli ecclesiastici, che a quel tempo erano anche gli unici "possibili" scienziati.
Gli errori contenuti nei libri anatomici di Galeno sono molti ed alcuni di essi davvero inspiegabili, anche se Galeno, con la sua teoria del doppio seme, nella questione della formazione dell'embrione, era andato più vicino alla verità di quanto ci andò Spallanzani.

Galeno aveva descritto il cuore come diviso in tre parti, ad esempio, e l'utero come segmentato. Solo nel 1521, Berengario da Carpi, professore nell'antichissima università di Bologna, corresse questo errore, sezionando di persona cadaveri umani. La lezione di Berengario non cadde nel vuoto. Vesalio riuscì nell'impresa di migliorare ed approfondire il lavoro, consegnando al mondo un quadro del tutto nuovo circa l'organizzazione del corpo umano.
Un testo uscito recentemente ( Le 10 più grandi scoperte della medicina - di Meyer Friedman e Gerald W. Friedland - Baldini&Castoldi - Milano, 2000 - http://baldini.editore.it ) racconta che il giovane Vesalio, nato a Bruxelles nel 1514, studente a Lovanio, Parigi e Padova, fu guidato dalla "fanatica" determinazione ad apprendere, a qualunque prezzo, i segreti del corpo umano.
Disturba l'aggettivo fanatico usato in questo contesto. Potrà sembrare una questione di dettaglio, una sfumatura di linguaggio di scarsa importanza. Tuttavia, un fanatico è, in genere, il difensore dogmatico di qualche dottrina, il servo sciocco di un potere, di un partito, di una religione. E, se vogliamo, anche di una scienza dogmatica. Può essere assimilato, o messo in rapporto, alla nozione moderna di paranoico; ma non credo si possa dire fanatico nè un investigatore, nè un ricercatore, nè uno scienziato interessato a svelare qualche mistero od a rispondere a qualche interrogativo, a meno che lo stesso non sia motivato da qualche movente di tipo preconcetto.
Potremmo parlare di un fanatismo di Vesalio, ad esempio, se egli si fosse impegnato in una crociata per dimostrare la giustezza della teoria galenica, o solo per dimostrarne l'assoluta inconsistenza e falsità.
Proprio non sembra il caso. Vesalio era interessato a scoprire la verità; solo secondariamente ne venne che Galeno aveva sbagliato, teorizzando, ad esempio, che il fegato fabbricava il sangue.

Friedman & Friedland insistono su un ritratto di Vesalio a dir poco inquietante e grottesco: «Faceva scempio dei corpi con ferocia, per ricavarne le ossa, e rivaleggiava con i cani selvaggi per la carne. Che dire di un uomo che incoraggiava gli studenti a registrare i pazienti dei loro insegnanti per sottrarne il cor po a decesso avvenuto? Che tipo di persona poteva riuscire a dormire per diverse notti di fila accanto a cadaveri in decomposizione in camera da letto? E con quale esigente pignoleria doveva trattare pittori e scultori per far sì che costoro arrivassero a rappresentare un organo o un tessuto esattamente come lo vedeva lui sul tavolo settorio? Di certo, nessuno lo avrebbe considerato affascinante o di animo pietoso: era soprattutto freddo, determinato e tremendamente ambizioso.»
Posso convenire solo sulla considerazione che Vesalio fosse "freddo, determinato ed ambizioso", ma portatore di quel tipo d'ambizione che risponde ad una realizzazione del proprio talento e non ad una vana ricerca della gloria.
Scrivendo che faceva scempio dei corpi, per ricavarne le ossa, e rivaleggiava coi cani...si arriva alla deformazione romanzata ed indebita, alla caricatura, una vera e propria falsificazione della personalità.
Bisognerebbe piuttosto sottolineare la precocità di Vesalio, unita a qualche pillola di saggezza. Egli finì di comporre la sua opera fondamentale quando aveva solo ventotto anni. Nella prefazione scriveva: «Non mi nascondo che il mio tentativo, a causa della mia età, sarà poco autorevole e non rimarrà senza critiche per la frequente denuncia di assiomi galenici non rispondenti al vero...»

Ora, volendo presentare davvero un fanatico della scienza dogmatica, abbiamo purtroppo a disposizione Iacobus Sylvius, ovvero Jacques Dubois, il maestro di Vesalius all'Università di Parigi, quello che gli aveva insegnato a sezionare e vivisezionare i cani.
Costui rimase letteralmente sconvolto dalla pubblicazione del De humanis corporis fabrica, libri septem, la principale opera di Vaselio, edita in modo a dir poco lussuoso e corredata da illustrazioni e tavole che erano capolavori d'arte.
Scrivono ancora Friedman & C. : « La maggior parte dei colleghi di Vesalio restarono di primo acchito sbalorditi d all'assoluto buon gusto e dalla sontuosità della Fabrica. Ma il contenuto dei sette libri scandalizzò molti suoi contemporanei, mandandone persino su tutte le furie alcuni.»
Si noti, per inciso, del "buon gusto" riconosciuto a Vesalio. Non è in contraddizione con tutte le considerazioni prima avanzate da Friedman e Friedland, che quasi ce lo hanno presentato come una sorta di Hannibal Lecter?

Tra quelli favorevolmente colpiti dal lavoro del nostro ci fu l'allora imperatore Carlo V, che lo accolse nella cerchia dei suoi medici personali. Questo, per Vesalio, fu un successo che coronava un sogno.
Sylvius, al contrario, angustiato dalle confutazioni dell'anatomia galenica, che egli aveva insegnato acriticamente per anni, ebbe una reazione non solo dogmatica, ma violenta. Non si limitò, in sostanza, a confutare, e nemmeno si prese la briga di verificare. Impugnò uno stilo, con mano sdegnata e vibrante, e vergò una lettera aperta indirizzata all'imperatore Car lo V: « Imploro sua Maestà Imperiale di punire severamente, come merita, questo mostro nato e cresciuto nella sua stessa casa, questo pessimo esempio d'ignoranza, ingratitudine, arroganza ed empietà, di sopprimerlo perchè non avveleni il resto d'Europa con il suo soffio pestilenziale.»
La reazione di Sylvius riassunse i caratteri fondamentali della debolezza psichica del fanatico dogmatico, di chi si è preso un po' troppo sul serio: insicurezza, rabbia, timore di confrontarsi con le nuove posizioni, desiderio di sopprimere sia l'opera che il suo autore. Il tutto condito dalla considerazione che opinioni dissonanti da quelle del regime culturale dominante, se diffuse, avrebbero minato la purezza della scienza, il sistema dei valori e chissà cosaltro.
Fortunatamente la petizione non ebbe la risposta sperata, anche se Sylvius aveva, nel frattempo, lanciato una campagna denigratoria ed aveva rinominato Vesalio come vesanus, cioè pazzo delirante.
Ma il destino di Vesalio era segnato dalla sua stessa resa alle circostanze negative, forse troppe, che seguirono la pubblicazione dell'opera.
Sdegnato e demoralizzato dalla fredda ed ostile accoglienza degli accademici, egli interruppe i suoi studi e non scrisse più nulla. Si limitò a fare il medico e come tale conobbe anche insuccessi, spesso dovuti al fatto che si trovò a combattere battaglie impossibili e dall'esito scontato.
La vita di corte era senza dubbio disincentivante, del tutto opposta a quell'ideale di riservatezza e libertà personale che richiede lo studio e la ricerca individuale (compresa la ricerca sui cadaveri o cavie da esperimento). Inoltre la compagnia degli altri medici e intellettuali di corte, non doveva essere tra le più stimolanti.
Friedman & C. interpretano questo ripiegamento solo in termini di successo mondano. Raggiunto lo scopo ambizioso di diventare medico del sovrano, appagato del successo, Vesalio si sarebbe lasciato andare alle mollezze della vita agiata ed al tran tran della professione.
Io credo piuttosto ad una demoralizzazione profonda. Vi sono dei momenti nei quali uno si chiede a che diavolo serve cercare, combattere, inseguire la verità delle cose, se poi incontri un muro di invidia, di ostilità, e persino rischi di perdere la vita. Se invece di consensi e gratitudine, non in senso strettamente mondano, trovi rancori e commenti idioti.
Vesalio fu dunque vittima del suo stesso ardire, ed ebbe un crollo psicologico. Era preparato ad incontrare incomprensione, ma non si sarebbe mai aspettato tanto odio.
Purtroppo, interrompendo le ricerche, egli mancò la sua piena realizzazione, e spiritualmente morì ancor prima di morire fisicamente.

Il contributo fondamentale di Andrea Vesalio al rinnovamento della medicina sta indubbiamente nella riunificazione di teoria e pratica e nel superamento di un modo assurdo di studiare anatomia nelle università. La gran parte delle lezioni, infatti venivano tenute da medici che sedevano in cattedra, mentre i loro assistenti barbieri, sezionavano cadaveri sotto gli occhi degli studenti. I professori, quasi del tutto ignari di quanto avveniva sotto i loro occhi, si limitavano a leggere e commentare le pagine di Galeno, e quindi a perpetuare gli oltre 200 errori riscontrati dallo stesso Vesalio.
L'insegnante tradizionale " gracchia dall'alto di una cattedra con rara presunzione" - annotava egli stesso.
E' anche il ricorso a questo tipo di linguaggio irriverente ed aggressivo che provocò reazioni come quelle di Sylvius.
Come scrive Paolo Rossi nel saggio Cose prima mai viste (sta in: Storia della scienza moderna e contemporanea - a cura di Paolo Rossi - vol 1 - tomo 1 - Tea - Milano, 2ooo) : « Nel momento in cui affermava con energia la necessità di una piena saldatura tra la medicina clinica e la dissezione ( e la chirurgia), polemizzava con forza contro una medicina ridotta a cultura libresca, lottava per la convergenza, nella medicina, della teoria e dell'osservazione diretta. Vesalio proponeva in realtà una nuova immagine del medico, del professore di medicina e del rapporto che intercorre, nelle scienze "sperimentali", fra il lavoro delle mani e le opere dell'intelletto. Il "disprezzo per l'opera della mano" gli appare una delle ragioni della degenerazione della medicina.»
Un secondo punto di estrema importanza, trascurato fino a quel momento, consisteva nel ruolo delle ossa nella strutturazione e nel mantenimento del corpo vivente. Vesalio sottolineò con molta energia che non solo esse davano sostegno, ma erano organizzate in modo da essere articolabili e permettere la mobilità. Inoltre, proteggevano gli organi delicati, come il cuore ed il cervello, da eventuali colpi.
Nel primo dei sette libri della Fabrica dedicò 168 pagine alla trattazione di questo argomento.

Ma anche Vesalio commise degli errori. « Troppo spesso - scrivono Friedman e Friedland - descrivendo gli organi viscerali (fegato, reni ed utero ) ha ritratto quelli di un cane o di un maiale al posto di quelli di un uomo. Ha altresì ignorato la presenza del pancreas, delle ovaie e delle ghiandole surrenali, del resto alquanto difficili da identificare, specie in cadaveri già in decomposizione. Tuttavia avrebbe potuto far di meglio a proposito dell'utero.»
Certo, come riconoscono Friedman e Friedland, ebbe difficoltà nel reperire cadaveri femminili.
Ma il punto che occorre comprendere, per non cadere in giudizi ingenerosi, è che Vesalius aveva una gran fretta. Voleva "tutto e subito", forse tormentato dalla preoccupazione che qualcuno arrivasse prima di lui, e magari in modo peggiore ed inesatto.
Quando si fanno ricerche, anche non di questa importanza, non bisogna mai avere fretta di arrivare a conclusioni.
Meglio meno, ma meglio. Ed anche se arriviamo in ritardo, poco importa. I lavori di Darwin e Wallace, come vedremo, non differiranno di molto. Tuttavia il lavoro di Darwin fu più certosino, più preciso e convincente perchè riassunse anni di lavoro e di riflessione.

Vesalio morì in circostanze avventurose, in seguito ad un naufragio, di ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa.
Probabilmente stava per lasciare l'incarico di medico di corte ed accettare la proposta ricevuta dall'Università di Bologna per una cattedra. Si dice anche che il motivo vero del viaggio a Gerusalemme fosse dovuto ad una condanna, convertita in una sorta di penitenza dalla magnanimità del re di Spagna. Vesalio avrebbe infatti cominciato a sezionare il cadavere di un nobile che era in coma profondo, sembrava morto, ma non lo era ancora. Davvero una tragedia. Occhio a chi smania di trovare cadaveri per i trapianti di organi: sincerarsi che il morto sia morto è sempre obbligatorio. E attenzione a non ammazzarne uno per salvarne un altro.

Bibliografia consultata:
Storia della medicina - Giovanni Maconi - Ambrosiana - Milano, 1991
L'arte lunga / Storia della medicina dall'antichità ad oggi - Giorgio Cosmacini - Laterza, 1997
Cose prima mai viste (sta in: Storia della scienza moderna e contemporanea - a cura di Paolo Rossi - vol 1 - tomo 1 - Tea - Milano, 2ooo)
Le 10 più grandi scoperte della medicina - di Meyer Friedman e Gerald W. Friedland - Baldini&Castoldi - Milano, 2000 -
Storia della biologia - Pascal Duris e Gabriel Gohau - Einaudi - Torino, 1999
Le grammatiche del vivente / Storia della biologia e della medicina molecolare - Gilberto Corbellini - Laterza, 1999

gm - 6 aprile 2004