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Terroristi in nome del Dio cristiano ed ebraico
di Carlo Fracasso

Cristiani per il dominio di Dio: l'Apocalisse prossima ventura
Ci fu un momento, nella storia recente degli Stati Uniti, in cui la cosa fu possibile. Che cosa? Una chiesa apocalittica e manichea, votata alla riaffermazione integrale del dominio di Dio sulla terra e le società umane. Il presupposto di tale ideologia non è, e non può essere riconosciuto come cristiano senza fare violenza alla sostanza stessa del cristianesimo. Si basa su una lotta eterna tra il bene ed il male che pone il male come potente antagonista del bene, quasi avesse una pari dignità, quindi un'essenza divina. I fondamenti teologici e ideologici di questa chiesa sono da cercare essenzialmente in un'ala estrema del pensiero protestante. Non già perché non siano possibili cattolici od ortodossi apocalittici e/o manichei, ma perché sia i cattolici che gli ortodossi vivono sotto l'ombrello protettivo di una chiesa filosofica, che ha sempre saputo mediare tra fede e ragione, anche nei momenti più bui. Certo, una vistosa eccezione alla regola potrebbe essere quella del cattolicesimo irlandese, il quale ha pur sempre condiviso le battaglie indipendentiste e anti inglesi, battaglie caratterizzate da azioni terroristiche. Ma, qui occorre distinguere tra nazionalismo e cattolicesimo e la caduta oggettiva del secondo elemento a favore del primo. I nazionalisti irlandesi hanno strumentalizzato l'identità religiosa non diversamente da quanto hanno cercato di fare recentemente i leghisti in Italia, contrapponendo la cattolicità dei lumbàrd all'islam degli immigrati.
Non si può dire, tuttavia, che la gerarchia ed il clero cattolico-irlandesi fossero direttamente responsabili degli atti terroristici, così come non si può dire che i parroci del varesotto o del bergamasco siano leghisti per definizione. Nemmeno, si può dire che la nascita in ambito cattolico di teologie estreme come la teologia della liberazione abbia avuto un rapporto diretto con lo sviluppo di movimenti terroristici. Sempre che si accetti la distinzione tra guerriglia, lotta armata rivoluzionaria e terrorismo puro e semplice. E sempre che si accetti un'ulteriore distinzione tra il terrorismo stragista e quello mirato a far saltare linee ferroviarie o depositi di armi.

I protestanti, al contrario, sono sempre stati esposti, fin da quando Lutero tradusse in tedesco la Bibbia, al rischio di un rapporto diretto coi testi sacri. E la filosofia tedesca, specie con l'idealismo, più che a conciliarsi con la religione, ha teso a scavalcarla, cioè a superarla, realizzando così uno scarto incolmabile tra il filosofo e gli uomini di fede.
Senza una mediazione filosofica, abbiamo le interpretazioni più stravaganti, le più estreme e le più insidiose. Ovviamente, un criterio per discriminare tra ciò che è cristiano e ciò che non lo è ci sarebbe: il Vangelo, le parole di Cristo. Non avrebbero legittimità cristiana posizioni come quelle espresse dal reverendo Michael Bray o dai fanatici della Christian Identity se solo questi invasati avessero avuto l'umiltà di leggere il Vangelo ed attenersi ad esso. Parole come "è inevitabile che ci siano scandali" o "lasciate che cresca la zizzania" non possono evidentemente essere ignorate, perché disegnano delle traiettorie inequivocabili. Il cristiano può sopravvivere in un mondo malvagio, può convivere e sopportare. Può dare esempi di vita buona e giusta anche in una società corrotta, senza farsi toccare da essa, senza farsi corrompere. Può anche lottare per cambiarla, ma in modi regolati dal rispetto per la vita altrui e per il prossimo, chiunque sia.

Alle spalle degli apocalittici americani c'è un lavorio teologico che affonda le sue radici nell'anima puritana, tra i padri pellegrini, nell'oscuro sommovimento del Seicento inglese. Il movimento attuale sembra essersi costruito una teologia su misura, appoggiandosi a quelle pagine dell'Antico Testamento che trasudano odio e violenza, guerra e vendetta. Si è scelto i propri riferimenti con grande disinvoltura e spregiudicatezza. Uno dei "teologi" citati da queste chiese combattenti è Reinhold Niebuhr. E' l'autore di un libello di grande fortuna intitolato Perché la Chiesa Cristiana non è pacifista. Costruendo la propria argomentazione sulla visione del peccato originale di Agostino, Niebuhr afferma che piccoli atti di violenza ne scongiurano di più grandi. Ciò va fatto con parsimonia (sic), "con la precisione di un chirurgo che impugna un bisturi". Il. che, per la verità, suona come legittimazione alla guerra giusta e preventiva, ma non porta automaticamente alla teorizzazione del terrorismo.
Un altro degli ispiratori delle sette fondamentaliste, per quanto possa sembrare assurdo, è il teologo martire sotto il nazismo Dietrich Bonhoeffer, un progressista che pareva impossibile strumentalizzare e piegare ad un uso siffatto. Eppure, anche Bonhoeffer è indicato come esempio. Proponendosi di assassinare Hitler, egli progettò, appunto, un classico atto terroristico, uno di quegli "interventi chirurgici" teorizzati da Niebuhr.
Le idee dei fondamentalisti americani più estremi, contigui ai gruppi terroristici, sono molto semplici e rispondono alla teologia del dominio. Compito del cristianesimo è affermare il dominio di Dio sopra ogni cosa. L'America dovrebbe "funzionare come una nazione cristiana" e combattere apertamente i mali sociali e morali quali "l'aborto su richiesta, la fornicazione, l'omosessualità, il divertimento sessuale, l'usurpazione da parte dello stato dei diritti parentali e delle libertà date da Dio, il furto statalista-collettivistico ai danni dei cittadini attraverso la svalutazione del loro denaro e la redistribuzione della loro ricchezza, e il monopolio dell'evoluzionismo nell'insegnamento delle scuole pubbliche". Un programma del genere sarebbe già spaventoso di per sé, anche se semplicemente predicato con mezzi pacifici, ma diventa inquietante nelle mani di persone che non provano alcuno scrupolo nel ricorrere alla violenza.

La teologia ricostruzionista, la madre di tutti gli attentati "cristiani"
La teologia di cui stiamo parlando è stata definita ricostruzionista.
I capi ed i teorici del movimento fanno risalire le proprie idee ad un professore di teologia presbiteriano del Princeton Seminary, Cornelius Van Til. Secondo Van Til, occorre tornare a Calvino, ed al vero senso della Riforma, ricordando che è necessario, ad ogni cristiano, presupporre l'autorità di Dio su ogni questione terrena.
«Gli scrittori della teologia della ricostruzione - scrive Mark Juergensmeyer - ritengono che la storia della politica protestante abbia preso una brutta piega fin dai primi anni della Riforma e non approvano, in particolare, il concetto illuministico della separazione tra Stato e Chiesa. Ritengono necessario "ricostruire" la società cristiana prendendo la Bibbia come base dell'ordine legale e sociale di una nazione.» (1) Sulla base di queste idee, i ricostruzionisti vedono nel governo degli Stati Uniti e nella Corte Suprema un nido di vipere, specie quando a governare sono i liberal. Ma non sono teneri nemmeno con i repubblicani e i democratici conservatori. Considerano gli stessi cristiani di destra dei conigli o degli apostati, a seconda delle sfumature. I ricostruzionisti sono convinti che Cristo tornerà sulla terra solo dopo mille anni di dominio religioso, cioè dopo un autentico dominio cristiano. E quindi operano apertamente per imporre il dominio cristiano.
Ai ricostruzionisti si oppongono i premillenaristi, i quali, probabilmente in modo più consono alle scritture, ritengono che prima tornerà Cristo, e poi si avrà un millennio cristiano. I premillenaristi sarebbero più portati a disinteressarsi delle vicende politiche, restando in attesa.
L'attivismo dei ricostruzionisti è mirato alla conquista del potere negli Stati Uniti e al mutamento rivoluzionario della legislazione, non più ispirata ai principi dei diritti dell'uomo, ma alla legge biblica. Per la verità, non tutti i sostenitori del ricostruzionismo hanno appoggiato il ricorso alla violenza ed al terrorismo, ma una parte di essi ha compiuto scelte estreme.
L'omicidio del dottor Britton e della sua guardia del corpo ad opera del pastore Paul Hill, rappresenta uno dei momenti più drammatici della storia interna alle chiese ricostruzioniste. Il torto di Britton era quello di lavorare in una clinica nella quale si praticavano aborti. La dottrina che giustificava la sua esecuzione era fondata sul diritto di autodifesa e di intervento preventivo. Uccidendo Britton, i terroristi cristiani affermavano di aver salvato numerose vite umane, e che era del tutto legittimo agire in prima persona, visto che le leggi degli Stati Uniti permettevano un simile obbrobrio. Un libro del rev. Michael Bray è emblematicamente intitolato A time to Kill, e sostiene una teoria della ribellione giusta ad un sistema etico e legale profondamente ingiusto, di tipo satanico. Ma l'omicidio del dottor Britton non fu un caso isolato. Per buona parte degli anni '80 e '90, i terroristi cristiani presero di mira le cliniche nelle quali si praticavano aborti, incendiandole o facendole saltare. Un altro medico fu assassinato ed un terzo se la cavò per un pelo perché la donna che gli aveva sparato non era una campionessa di tiro.

Timothy McVeigh, stragista per conto di Dio
Mercoledì 19 aprile 1995: un devastante boato scuote Oklahoma City. La facciata dell'Alfred P. Murrah Federal Building crolla in una tempesta di polvere. Le vittime saranno 168. Tra morti e feriti ci sono decine di bambini ospitati nell'asilo nido, figli di americani e americane che lavorano. Così Mark Juergensmeyer racconta la storia. L'imponente edificio ospitava «gli uffici regionali del Bureau of Alcohol, Tabacco and Firearms (Atf), che aveva agenti a Waco, nel Texas, per far rispettare le leggi sul possesso di armi nel quartier generale della setta dei davidiani, in un confronto che si era trasformato in un assedio. Per questa ragione gli uffici di Oklahoma City dell'Atf, insieme agli uffici regionali della FBI (sempre ad Oklahoma City, ma a una cinquantina di isolati di distanza dal Murrah Building) erano stati spesso oggetto di minacce e insulti da parte dei membri delle milizie di destra. Il marciapiede di fronte al Murrah Building era luogo di dimostrazioni antigovernative da parte delle due estremità dell'arco politico: i manifestanti pacifisti per la sinistra e i sostenitori del diritto al possesso di armi per la destra. [...] L'edificio preso di mira era un simbolo della normale attività governativa. Nello scenario del terrorismo le vite dei lavoratori erano, come l'edificio, parte della scenografia, costituivano la scena in cui il dramma veniva rappresentato. Se l'edificio fosse stato attaccato di notte, senza i lavoratori presenti, l'esplosione non avrebbe rappresentato un serio colpo per l'attività governativa, e la società non avrebbe sentito così fortemente il dolore per l'evento. Se gli impiegati fossero stati uccisi a colpi di mitragliatrice mentre uscivano dal lavoro, con l'edificio lasciato intatto, il simbolismo di un attacco contro la normale attività governativa sarebbe stato incompleto. Obiettivi come il World Trade Center e l'edificio federale di Oklahoma City costituivano immagini eclatanti di un potere economico e politico stabile e apparentemente invulnerabile...» (2)

L'autore di questo orrore era Timothy Mc Veigh, sedicente cristiano. La domanda che ci dobbiamo fare è: come può un "cristiano" arrivare a tanto? Forse leggendo un libro apocalittico?
O anche solo sentendo certi sermoni? Secondo Juergensmeyer dietro a questo signore c'è una subcultura di gruppi cristiani militanti diffusa in tutti gli Stati Uniti. Nella storia di Timothy Mc Veigh e della sua "chiesa" ci sono però motivi particolari che non si trovano nella subcultura cristiana di altre chiese. La differenza sta tutta nella predicazione di William Pierce e in una singolare teologia che fin dal suo apparire si annunciò come razziale ed antisemitica. Secondo questa dottrina, che non trova alcun aggancio alle scritture e quindi è frutto di macabra e perversa fantasia, i veri discendenti delle dieci tribù disperse dell'antico regno d'Israele sarebbero stati i popoli britannici precedenti la conquista normanna. Gli attuali ebrei, al contrario, sarebbero i discendenti del regno di Giuda, mescolati con razze inferiori e quindi non più popolo eletto ma razza bastarda. Anche Gesù, sarebbe stato, dunque, di razza ariana. In tali scemenze ebbe un ruolo guida il pastore della Union Congregational Church of Brooklyn, il famigerato Joseph Wild. Le radici della dottrina Pierce affondano anche nel Ku Klux Klan e nella sua conclamata xenofobia. Il KKK era stato fondato nel dicembre del 1865 nel Tennessee. Il suo scopo fondamentale era impedire ai neri il godimento dei diritti civili. Si sciolse (o venne sciolto, non è chiaro) nel 1871, tuttavia risorse dalle sue ceneri ad Atlanta nel 1915, ad opera di William J. Simmons, che riuscì ad avviare un movimento di massa con slogans ispirati alla supremazia bianca e protestante, mobilitando i nativi americani, non gli indiani, certo, ma i discendenti dei padri pellegrini e delle prime ondate provenienti dall'Inghilterra. Nel mirino del KKK stavano neri, ebrei e cattolici, in particolare gli irlandesi.
Cos'era il KKK? Lo spiega il rev. E. H. Laugher: «una crociata del popolo americano che ha cominciato a capire di aver ripudiato il proprio dovere pubblico e religioso di schierarsi in difesa dell'americanismo.» (4) Nel 1916 uscì il fortunato libro The Passing of the Great Race, un vero e proprio manifesto razzista composto da Madison Grant, che si scagliava contro il melting pot esaltato dai progressisti e dai tolleranti con l'argomento che esso avrebbe portato al dominio della mediocrità. Bisognava difendere la purezza della razza nordica minacciata dall'immigrazione di slavi, italiani e peggio.

Il romanzo di Pierce, The Turner Diaries, pubblicato nel 1978, descrive una battaglia apocalittica tra combattenti per la libertà e un governo americano apertamente dittatoriale, condizionato dal complotto giudaico-massonico di ebrei e progressisti. Più che come romanzo, il cui valore letterario è sottozero, il libro è stato utilizzato come manuale del perfetto cristiano combattente ed ha prodotto i suoi nefasti effetti sulle menti più deboli. Robert Matthews se ne è servito per assassinare in nome di Dio un conduttore radiofonico ebreo a Denver nel 1984. Mc Veigh si ispirò quasi punto a punto alla descrizione di un attacco alla Casa Bianca, finita nelle mani di ebrei e comunisti, per preparare l'attentato al Murrah Building.

Terroristi perché "illuminati" e repressi?
Ho parlato di "menti deboli" e non credo di aver esagerato. Il terrorista religioso, ma non tanto diversamente da un terrorista laico - rosso, nero o verde che sia - crede di aver goduto il privilegio di una rivelazione riservata a pochi eletti. Una convinzione di questo genere non si può accordare con una mentalità veramente critica, acquisita studiando filosofi, compresi quelli cristiani, o letterati, e confrontando il loro pensiero, dialogando con altri che la pensano diversamente. Il terrorista cristiano, quando non è ancora un terrorista, è spesso un individuo marginale in una società opulenta che lo invoglia a "peccare" fino alla perdizione, ma non gli fornisce denaro e opportunità a sufficienza. L'individuo emarginato, dapprima viene raggiunto da messaggi d'amore e redenzione. Solo successivamente, in gran segreto, egli viene illuminato da una "grandiosa visione" che fa "bang bang" nel cervello. La più classica di queste visioni è la lotta tra la luce e le tenebre, il bene ed il male, che si svolge dall'eternità, ancor prima della creazione del mondo, senza che nessuno, tra i comuni mortali, tra i pecoroni che fanno massa e opinione pubblica, se ne renda conto. Di colpo l'individuo emarginato viene elevato ad eletto tramite l'iniziazione ad un segreto supremo. "Fino a ieri ero niente", "da oggi sono un predestinato alla salvezza che ha ricevuto la grazia di credere e di combattere". Una delle condizioni che rendono possibile la seduzione della militanza in formazioni paramilitari di tipo religioso è l'ignoranza, meglio ancora se estesa agli stessi presunti misteri delle religioni. Meno si conosce della storia, della teologia, delle dottrine, meglio è. L'individuo può anche possedere una cultura ed un'istruzione di tipo tecnico e scientifico, ma deve ignorare l'humanitas in tutte le sue più svariate espressioni. Come è stato osservato, un terrorista fanatico e la poesia stanno agli antipodi.
La seduzione della militanza è particolarmente efficace anche nei confronti di quegli individui che si sentono minacciati nella loro collocazione sociale futura. Pur essendo generalmente "bianchi, maschi e protestanti", quindi membri di un gruppo attualmente ancora privilegiato, tali individui vedono che la società americana segue una direzione pericolosa. Devono agire per impedire che tale degenerazione si sviluppi.
Un ruolo non secondario è svolto dal crescere del potere e dello spazio delle donne nella società e dallo sviluppo dell'omosessualità pubblica. Tutto ciò costituisce una minaccia all'ordine e un attacco ai principi fondamentali. L'individuo educato ai più severi principi del tradizionalismo si sente sfuggire il mondo dalle mani. Donne, lesbiche, gay, occupano potere, poltrone, spazi televisivi. Sono avvocati, procuratori, imprenditori, perfino soldati. In alcune chiese, chi lo avrebbe mai detto, le donne salgono sul pulpito e osano interpretare le scritture. Nasce una teologia femminista, una teologia "nera". L'omofobia diventa la risposta. Entrare in una comunità dichiaratamente omofoba e virile significa ritrovare una certezza, un'identità sessuale negata. Imparare a combattere, sparare, tagliare gole, rimettersi in divisa, diventa una grande opportunità per prendersi la rivincita, per dimostrare che si hanno le palle e che a qualcosa servono.

Il mistero dell'antisemitismo
In effetti, l'antisemitismo di un'ala particolare del terrorismo cristiano sviluppatosi negli Stati Uniti sarebbe incomprensibile se non si vedesse il nesso tra giudaismo, capitalismo, liberalismo, comunismo, industria dei consumi, catene di Mc Donald, reality show, culattoni strapagati per esibire le tette al silicone in tv e chi più ne ha più ne metta. L'ebreo è visto come il male mortale in quanto opportunista, veniale, materialista, fondatore di scienze nefaste quali la relatività, il marxismo e la psicoanalisi. L'ebreo è il finanziere, il padrone del vapore e della borsa, il nemico degli allevatori e degli agricoltori, di chi si guadagna denaro e proprietà col sudore della fronte, il livellatore delle differenze. Parassita per definizione, assassino di Cristo, l'ebreo è l'incarnazione del male assoluto e radicale, il pericoloso estremista che protegge i negri e le razze inferiori, il magnaccia di tutte le puttane. Per superare la contraddizione logica di un Cristo ebreo, di un Dio degli Ebrei, si è dovuto ricorrere alla falsificazione, che è possibile solo grazie all'estrema ignoranza dei cow-boys. Ma insistere su questo punto, nel momento in cui si presenta un salto di qualità generazionale, sarebbe inutilmente insidioso. Si può combattere assai meglio il nemico satanico se si sposta il bersaglio e si aggiusta l'analisi. La colpa dell'ebreo sta nel suo rifiuto a convertirsi. L'ebreo aspetta ancora un messia di tipo secolare, il cristiano militante ha già visto di meglio. Il cristiano combattente ha il dovere di imporre il dominio di Dio sulla società, affinché tutto torni all'ordine. Se l'ebreo si oppone, allora è il nemico. Questa distinzione poggia su un condizionale. Se l'ebreo è abortista, se l'ebreo è comunista, se l'ebreo fa l'indiano. Tutto sommato, se l'ebreo fa il sionista, la questione si può ridiscutere. E' così che tra determinati ambienti delle chiese più reazionarie si è verificata un'inaspettata apertura di credito nei confronti degli ebrei. Sion è diventata il baluardo della civiltà cristiana contro tutti i nemici.
Una strana alleanza si fa così strada. E sulla scena appare il rabbino Meir Kahane.

Il dottor Baruch Goldstein
In Israele tutti ricordano Baruch Goldstein. Il problema è che una parte di quelli che lo ricordano vorrebbe considerarlo un eroe, invece che un fetuso. Un giorno, questo Goldstein, che era un seguace del rabbino estremista Meir Kahane, si sentì gravemente offeso dal fatto che alcuni ragazzi palestinesi avevani disturbato una cerimonia religiosa ebraica con schiamazzi e slogans politici. «Goldstein si voltò e vide che che le guardie armate mandate dal governo israeliano a sorvegliare il sito ignoravano il tumulto. Erano passivi. Goldstein ne rimase oltraggiato e provò un sentimento di umiliazione per il giudaismo e per il popolo ebraico.
Ne aveva avuto abbastanza. La mattina dopo, il giorno del Purim, prima del sorgere del sole, tornò al santuario, questa volta entrando nella moschea dal lato mussulmano dell'edificio, dove i fedeli più mattinieri iniziavano le loro preghiere del mattino. Goldstein tirò fuori un fucile d'assalto Galil che teneva nascosto nell'impermeabile e cominciò a sparare indiscriminatamente sulla folla di uomini e ragazzi devotamente inginocchiati sul pavimento coperto di tappeti. Dopo aver sparato 111 colpi e aver ucciso più di trenta fedeli e averne ferito decine e decine, Goldstein fu sopraffatto dalla folla e linciato.»
Molta gente, in Israele, credette che Goldstein avesse fatto la cosa giusta. Qualcuno voleva erigere un mausoleo in suo onore a Hebron, sulla tomba dei patriarchi.

Itzhak Rabin
Rabin, primo ministro israeliano e padre della pace impossibile, fu assassinato prima degli aventi narrati, da un ebreo, in nome di Dio. Per giustificare tale esecuzione, rabbini di destra (non so come chiamarli...) avanzarono tre ragioni. "Una era che il governo di Rabin fosse, dal suo punto di vista, «illegittimo», essendo formato da una coalizione di voti di ebrei progressisti e di arabi e avendo negoziato segretamente con l'OLP. La seconda ragione era «l'antiebraicità» della politica di Rabin che confiscava agli ebrei la loro autorità, e la terza era il «tradimento» che cedeva terra dello Stato. In tempo di guerra ... la punizione per il tradimento dev'essere la morte".
Un rabbino di destra, un tizio di nome Yoel Lerner, alla notizia della morte di Rabin, disse "di aver provato lo stesso sentimento di sollievo che si può sentire quando si riesce finalmente a riportare sotto controllo un «treno in fuga» Il treno, disse, «era stato fermato». Qualcuno aveva dovuto farlo, disse Lerner, e riteneva che Yigal Amir meritasse di essere trattato come un patriota della nazione". Amir, per chi non lo ricordasse, era l'assassino di Rabin, l'angelo della morte, un ex-soldato che aveva studiato diritto ebraico, ma lo aveva imparato a rovescio.

Il terrorismo ebraico: l'ideologo fu Meir Kahane
Le idee del dottor Goldstein e di Amir erano tutte tratte dal breviario del rabbino Meir Kahane. Costui aveva sostenuto e diffuso una visione della storia definita da altri come «messianesimo catastrofista». Kahane era persuaso che il messia giungerà nel cuore di un «grande conflitto» durante il quale gli ebrei trionferanno glorificando Dio. Kahane interpretava così l'espressione kiddush ha-Shem, «santificazione di Dio». "Ogni evento umiliante per gli ebrei - dice Juergensmeyer - non era solo un motivo d'imbarazzo, ma un passo all'indietro nel progresso del mondo verso la salvezza. Questa è la ragione per cui il dr. Goldstein era rimasto così turbato la vigilia del Purim, la sera prima del suo ingresso nella Tomba dei Patriarchi per uccidere mussulmani innocenti. Seguendo gli insegnamenti di Kahane, sentiva di essere stato profondamente umiliato - e con lui tutti gli ebrei - dagli inviti dei giovani arabi a «sterminare gli ebrei», insulti che non erano stati fermati né contrastati dalle guardie israeliane presenti sul posto".
Ovviamente, tale linea di pensiero non era un'esclusiva di Kahane, ma con Kahane assunse toni estremi. Per il rabbino capo della Palestina pre-israeliana, lo stato laico di Israele avrebbe dovuto essere l'avanguardia della costruzione di uno stato religioso. Per Avraham Yitzhak ha Kohen Kuk, tale il nome di questo signore, lo stato laico avrebbe contenuto «una scintilla nascosta» del sacro, espressione spesso usata nella mistica religiosa. "Questo sionismo messianico - ricorda Juergensmeyer - ha ricevuto grande impulso dai successi israeliani nella Guerra dei Sei Giorni, nel 1967. La vittoria militare portò ad una grande euforia nazionale, la sensazione che Israele avesse repentinamente preso una direzione espansiva e trionfale. I nazionalisti ebrei influenzati dalla teologia di Kuk ebbero l'impressione che la storia stesse marciando rapidamente verso il momento della redenzione divina e della ricreazione dello Stato biblico di Israele."
Le idee di Kahane, tuttavia, andavano ben oltre quelle di Kuk. Egli non vedeva alcuna «scintilla nascosta» nello stato laico. Anzi, lo condannava. Lo stato laico era impotente di fronte alle umiliazioni quotidiane che gli ebrei subivano. E nemico di Israele era chiunque ostacolasse la ricostruzione dello Stato religioso. Dunque, uno dei nemici era lo stato laico di Israele. Presto divenne «il nemico». I suoi capi, i suoi sostenitori, devono essere trattati come ostacoli alla venuta del messia. E si poteva anche ricorrere alla violenza per battere un simile nemico "interno". " Come spiegava uno dei suoi colleghi - ricorda Juergensmeyer - loro non avevano «nessun problema» a «usare la forza» per conseguire scopi religiosi. Mi ricordavano che la legge ebraica consentiva due tipi di guerra giusta: obbligatoria e ammissibile. La prima era necessaria per la difesa, e la seconda era permessa quando uno Stato riteneva prudente intraprenderla. La decisione sull'esistenza o meno delle condizioni per una guerra giusta veniva presa da un consiglio degli anziani - il Sanhedrin - o da un profeta, nel caso della guerra ammissibile. Nel caso della guerra obbligatoria, la decisione poteva essere presa da un governo retto dalla legge giudaica, uno stato halakhico (da halakhah: è il corpus giuridico ebraico). Dal momento che una simile entità religiosa attualmente non esiste, qualsiasi autorevole interprete della Halakhah, come un rabbino, può decidere sull'esistenza delle condizioni. Kahane, naturalmente, era un rabbino e si considerava pertanto libero di emettere un giudizio sulla moralità delle azioni del movimento."
Moralità che potremmo definire a «maglie larghe ed elastiche». Kahane, infatti, giustificava sistematicamente il ricorso alla violenza e la rivogeva sempre verso un obiettivo doppio con la seguente asserzione: «Ogni ebreo ucciso ha due assassini, l'arabo che l'ha ucciso e il governo che glie lo ha lasciato fare.» Per Kahane, pertanto, non solo era lecito uccidere «arabi», ma anche cittadini di Israele che la pensavano diversamente e qualunque ebreo contrario alle sue dottrine. "Quando si usa la violenza contro avversari universali" - spiega Juergensmeyer - Kahane sottolineava che "la vita dei singoli individui presi di mira non è importante". "Noi crediamo nella giustizia collettiva", diceva uno dei più fedeli collaboratori di Kahane. Ciò comportava, ovviamente,che ogni individuo facente parte del gruppo nemico potesse venire ucciso. Per la guerra combattuta in nome di Dio, non esistono vittime innocenti, tutti sono «soldati potenziali.» Il bello della faccenda è che Kahane affermava di non odiare gli arabi. Riteneva solo giusto cacciarli da Israele e credeva che il terrorismo nei loro confronti avesse il solo «santissimo scopo» di spaventarli, di non farli sentire mai sicuri, protetti dallo stato di diritto laico. Sarebbe interessante fare l'elenco delle vittime del terrorismo ebraico teorizzato da Kahane, ma il nostro viaggio nell'universo terroristico verrebbe un poco rallentato. Kahane fu assassinato il 5 novembre del 1990 nel centro di Manhattan. Dopo pochi giorni due vecchi contadini palestinesi furono assassinati sulla strada di Nablus, in Cisgiordania, ovviamente per vendicare Kahane. E' interessante notare che poco prima di morire, Kahane aveva fatto un discorso ai suoi seguaci americani "profetizzando" la necessità da parte degli ebrei di abbandonare l'America e tornare in Israele, perché un'imminente crisi economica avrebbe portato ad un nuovo «olocausto».
Gli assassini di Kahane, ovviamente, erano islamici fondamentalisti.

(continua)

(1) Questa citazione, come pure molte altre citazioni e notizie cui faccio riferimento, sono tratte dal lavoro di Mark Juergensmeyer - Terroristi in nome di Dio - Laterza 2003. Alcune analisi, peraltro sempre acute e documentate, sono superate dagli eventi. Parlando di Hamas, ad esempio, Juergensmeyer enfatizzava il rifiuto di mettersi in gioco sul piano del consenso democratico, evitando di partecipare alle elezioni palestinesi. Tuttavia, il libro di Juergensmeyer rimane un testo chiave per "capire" il terrorismo dei fondamentalisti.
(2) idem

(4) citazione tratta da Giovanni Borgognone - La destra americana - Laterza 2001
CF - 26 giugno 2006