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L'ontologia è uno scongiuro
L'ontologia di Marx è una hantologie
di Mario Cornarino
Delirio. Forme deliranti. Queste le forme dell'economia borghese. Eppure, dice Marx, «sono forme di pensiero socialmente valide, quindi oggettive, per i rapporti di produzione di questo modo di produzione sociale storicamente determinato, della produzione di merci. Quindi, appena ci rifugiamo in altre forme di produzione, scompare tutto il misticismo del mondo delle merci, tutti i sortilegi che circondano di una nebbia fantomatica i prodotti del lavoro sulla base della produzione di merci.»
Nebbia fantomatica. Revenants. Tutto è avvolto nella nebbia. come nella notte in cui il ghost appare ad Amleto. Ma l'esorcismo, osserva Derrida, non distrugge la critica. o, quantomeno, non annulla la globalità del suo evento. «Qui acquisiamo infatti che il pensiero non viene mai a conclusione della pulsione scongiuratoria. Piuttosto, ne nascerebbe. Giurare o scongiurare, non è forse la sua chance e il suo destino, per quanto anche il suo limite? Il dono della sua finitezza? Ha forse mai altra scelta, il pensiero, che non sia quella fra più scongiuri? Come ben sappiamo, anche la questione, e la più ontologica e la più critica e la più arrischiata di tutte, continua a proteggersi. La sua stessa formulazione eleva barricate e scava trincee, si circonda di ostacoli, moltiplica le feritoie. Raramente procede a corpo morto. In maniera magica, rituale, ossessiva, la sua formulazione usa formule che talvolta sono procedure incantatorie. ... La problematizzazione critica continua a battersi contro i fantasmi. Ne ha paura come di se stessa.»
Se il problema era spiegare la riduzione del feticcio denaro al feticcio merce, allora esso è diventato v i s i b i l e, al punto da accecare. Così giungiamo all'ideologico. Ma nel Capitale è evidente che solo operando una torsione, entrando nella "regione nebulosa del mondo religioso" si può comprendere la produzione nella sua forma attuale e il suo autonomo assumere sostanza di feticcio. E' necessario guardare a tale analogia tra forme fantasmagoriche, perché è la sola possibile. Come la religione è un prodotto della testa degli uomini, analoga alla testa di legno del tavolo capace di produrre chimere, nella sua testa fuori della sua testa, così il carattere feticistico della merce s'appiccica ai prodotti del lavoro non appena prodotti in quanto merce, in vista del commercio. Non appena c'è produzione, c'è feticismo, ovvero idealizzazione, autonomizzazione, automatizzazione. Dematerializzazione e incorporazione spettrale. Ma il religioso, osserva Derrida, non è produzione di ideologia fra le altre. «Per un verso, dà la sua forma originaria o il suo paradigma di riferimento, la sua prima "analogia", alla produzione del fantasma o del fantasma ideologico. Peraltro (e innanzitutto, e certamente per la stessa ragione) il religioso informa anche, insieme al messianico e all'escatologico, sia pure nella forma necessariamente indeterminata, vuota, astratta ed arida che qui privilegiamo, lo "spirito" emancipatorio del marxismo, di cui ribadiamo l'ingiunzione, per quanto sembri segreta o contraddittoria.»

Potremmo dire che lo "spirito" del religioso trapassa in Marx mutandosi nel suo opposto. Irreligiosità. Compiendosi e superandosi nella filosofia hegeliana la religione cessa, solo per alcuni, s'intende, solo per quei filosofi che hanno colto come avviene il suo superamento astratto (nel pensiero), di essere spettro e di fare paura. Ma non cessa di fare qualcos'altro, cioè di seminare speranze messianiche, le quali hanno però necessità di qualche avveramento-inveramento temporale. In Marx, l'aspetto messianico è senza Dio, per il semplice fatto che è la testa dell'uomo ad aver prodotto questo grande fantasma. Ai fantasmi minori che si aggirano nel mondo di chi vede fantasmi aggirarsi in ogni dove, l'ebreo ha avuto la geniale capacità di opporre un fantasma che rispecchia l'uomo e lo "spirito umano", una particolare forma di spirito, già declinata in un particolare senso di giustizia, incorporando il diritto, ma anche scorporando l'uno dall'altro. Marx, alla maniera dei profeti, si colloca nello spazio ancora indeterminato tra diritto (del più forte, del più intelligente, del più astuto) e giustizia, che è ben più del diritto nudo e crudo. Lo spirito di Marx sta in tale interstizio, intersecazione, rifiuto di un diritto costruito dal più forte e dal più astuto, ricerca e tensione ad una giustizia che non è ancora, che è semplice fantasma, ma fantasma di uno spirito. Occorrebbe, forse, costruire il concetto di tale passaggio del tipo "porta stretta", ma non si potrebbe chiedere questo a Derrida. Egli de-costruisce, è il de-costruttore di ogni costruzione e di ogni costrizione. E prima di costruire qualcos'altro, qualcosa che il mondo non ha mai visto, un mondo senza spettri, bisogna prima de-costruire le costruzioni.
Marx è stato tra i filosofi più decostruttivi del periodo pre-de-costruttivo del pensiero. La sua ontologia è stata in realtà una hantologie. E con questo gioco di parole che andrebbe preso sul serio, dice Derrida, possiamo anche concludere il discorso, pardon, il testo che, questa volta, ha non solo scandagliato la metafisica della presenza, ma ha saputo anche rovistare in quella dell'assenza, o meglio, nell'assenza.presenza della metafisica, una spettralità su cui c'è ancora molto da lavorare.
MC - 30 marzo 2007