Il silenzio di Dio (e le difficoltà della Chiesa)
di Renzo Grassano
Per tradizione questo sito non prende posizione su temi di stringente attualità.
Questa scelta è dovuta al fatto che l'attenzione alla quotidianità richiederebbe doti giornalistiche e tempestività di scrittura. Caratteristiche che vengono impiegate altrove, per parlare di rock 'n' roll.
Se questa volta violo la regola, è perchè l'attualità, cioè, in questo caso, la notizia di un Papa che parla a proposito dello sdegno di Dio nei confronti dell'umanità, impegna, non solo i credenti, ad una riflessione di ampio respiro e di grande interesse. La vicenda va molto al di là dello scalpore che ha provocato sui giornali del giorno dopo. Non se ne parla già più. Persino sui siti cattolici la cosa è quasi introvabile. Eppure non si tratta di una questione da poco.
1) Le inequivocabili parole del Santo Padre tradiscono un forte stato di ansia ed incertezza per le sorti del mondo. Lungi dall'essere alla fine della storia, come scrisse il vanesio Fukuyama qualche anno fa, siamo purtroppo all'inizio di una fase delicatissima. Il mondo sta per scoppiare; in molti luoghi si vive nell'incubo del terrorismo e delle barbarie, seguito a ruota da quello della rappresaglia. Sangue che chiede sangue. "Nel silenzio della grande aula Nervi - scriveva Marco Politi sulla Repubblica del 12 dicembre 2002 - Giovanni Paolo II ha pronunciato parole gravi: « C'è una tragedia maggiore, quella del silenzio di Dio, che non si rivela più e sembra essersi rinchiuso nel suo cielo, quasi disgustato dall'agire dell'umanità.» Per la folla, a sentire la voce calma e ferma del vecchio pontefice, è passato un brivido."
E, per dirla ancora con le parole del Papa, tutto questo è dovuto alla solitudine esistenziale degli uomini che hanno rinunciato a Dio "come roccia di salvezza." Se l'uomo rifiuta Dio, Dio si allontana dall'uomo, e lo lascia in balia degli eventi, libero di decidere tra il bene ed il male, o come preferisco io, tra il meglio ed il peggio. Ma, è sottointeso, secondo il Papa, che l'uomo che si è allontanato da Dio, non è affatto in grado di decidere per il bene.
Si tratta di una posizione forte, facilmente comprensibile dal punto di vista della Chiesa, ma assai più discutibile da un punto di vista filosofico e civile. L'ateo non è mai stato, né mai sarà un uomo da poco e privo di morale. E' un'immagine comoda e falsa, una deformazione semplicistica che fa torto soprattutto a chi la usa.
L'ateismo non è praticato da furfanti privi di scrupoli, ma da individui ragionevoli, spesso memori che la Chiesa è stata al servizio dei potenti, e non certo degli umili per troppi secoli. Tutto ciò che si può rimproverare all'ateo è di non aver mai distinto a sufficienza tra ciò che è di Dio e ciò che invece è solo frutto di sconsiderati uomini di chiesa, o sedicenti tali. Questa è una storia lunga e tormentata; purtroppo non sembra aver insegnato gran che nè agli uni, né agli altri.
Ciò nonostante, tra gli atei vi sono stati uomini eccellenti. Nel tempo si è rivelata una morale laica che non ha nulla da invidiare a quella ricavata dalla religione, e che sotto certi aspetti la supera.
La filosofia greca ha anticipato su molti temi il cristianesimo di oltre quattrocento anni. Tra i grandi del pensiero greco, alcuni, come Epicuro, erano dichiaratamente atei; altri, come Aristotele, erano quantomeno laici nel senso moderno che ha questa parola. Il fariseismo ebraico non nacque per moto spontaneo, dall'interno del mondo giudaico, ma venne stimolato dall'esterno, dalla contaminazione filosofica ellenistica. E pur mantenendo forti caratteri della tradizione ancestrale, non si può non considerare che la credenza nella sopravvivenza dell'anima è stato importata dall'esterno. Nella Bibbia non c'è traccia di questa dottrina fino ai libri dei Maccabei, dove sconsiderati kamikaze antelitteram si immolovano per l'indipendenza combattendo un nemico cento volte più forte, credendo di rinascere in un paradiso.
Pertanto, anche il Cristo storico raccontato dai Vangeli, quello stesso che cresceva in sapienza, quello stesso che disputava con i farisei, conobbe qualcosa del pensiero greco, anche se negli stessi Vangeli si racconta che egli rifiutò di ricevere dei greci che volevano vederlo. La frase che accompagna il rifiuto è altamente istruttiva: fino a che il Figlio dell'uomo non sarà innalzato! Che è come dire che quei greci disprezzavano l'uomo, e quindi Dio.
E' una menzogna che l'ateo sia per l'aborto facile, la libertà sessuale sconsiderata, l'immoralità dilagante e la distruzione della famiglia.
L'ateo che pensa cerca solo di vedere un po' meglio se, nella nebbia che ci circonda, taluni comportamenti siano accettabili, sopportabili, e non abbiano solo conseguenze negative, ad esempio nell'educazione dei figli.
La differenza sta nel fatto che mentre il religioso pretende di ricavare i precetti dalla rivelazione divina, l'ateo ricava il suo sistema morale dalla ragione umana e dalle esperienze storiche. Molto semplicemente, egli non si sente, per onestà intellettuale, di contrabbandare quello che la sua mente gli ha consentito di pensare come ispirazione divina.
Al contrario, dobbiamo dirlo, altrimenti nascondiamo la testa nella sabbia come gli struzzi, la maggior parte dei crimini che una parte dell'umanità sta commettendo, è sacrilegamente spacciata come volontà di Dio.
Allah istiga alla guerra santa; God bless America; tutti si scannano in nome di valori ritenuti sacri quali la patria e la razza. Nulla riesce ad essere mobilitante quanto la parola Jihad, guerra santa di sterminio contro gli infedeli.
Il messaggio del Papa, a questo punto, risulta quindi largamente incompleto, come d'altronde, lo è la sua lunga azione pastorale. Giocando contemporaneamente su più tavoli, egli ha privilegiato il dialogo tra le religioni, e quindi tra i religiosi, ed ha palesemente abbandonato la dimensione del dialogo con l'ateismo, probabilmente visto come il nemico numero 1, anzichè un potente alleato per la moralizzazione della società e la liberazione dell'uomo dai suoi istinti peggiori, uno dei quali è l'intolleranza per il diverso.
Ma, questo era stato proprio il tema centrale del Concilio Vaticano II: l'apertura al dialogo dei credenti con gli altri uomini, non solo con gli altri teologhi, in una dimensione umana e non accademica.
Sarebbe interessante, in questo contesto, dedicare qualche riflessione su Fides et Ratio, e su come il Papa, ad un certo punto del suo pontificato, abbia voluto tracciare parole quasi definitive sul rapporto tra fede cattolica e ricerca filosofica. Ma questo ci porterebbe troppo lontano.
Qui preme evidenziare, sostanzialmente, che, ancora una volta, con assai scarsa considerazione per il singolo individuo, si è finito con l'indicare un nemico che non c'è, evitando accuratamente di indagare sul nemico che c'è, che alligna in tutte le religioni e che è ben visibile negli stessi libri considerati sacri, e quindi fonte di rivelazione.
Prendiamo la Bibbia e la apriamo, certo non a caso, ma su un passo che tutti i teologi ed i commentatori moderni hanno evitato come la peste. Andiamo al I Samuele, versetto 15,1 e leggiamo: « Samuele disse a Saul: "E' stato il Signore a mandarmi a consacrarti re sul popolo di Israele: ora ascolta le parole del Signore. Così dice il Signore degli eserciti: <Voglio vendicare quello che Amalek ha fatto ad Israele quando gli sbarrò la via mentre usciva dall'Egitto>. Ora va' e colpisci Amalek; vota all'anatema tutto quello gli appartiene, non avere pietà di lui, uccidi uomini e donne, ragazzi e lattanti, buoi e pecore, cammelli ed asini."
Ecco come il delirio di un vecchio pazzo si è trasformato magicamente e tragicamente in Parola di Dio, comando del Signore.
Colpisce in modo profondo il disinteresse dei Pontefici e delle loro curie per questioni del tipo ma davvero tutto ciò che è scritto nella Bibbia è ispirato e da considerarsi Parola di Dio?
Può darsi lo abbiano fatto in privato, nel chiuso delle loro celle di preghiera e di meditazione. Ma, pubblicamente, nisba.
Il che, tutto sommato, mostra in quanta considerazione continuino a tenere la gente comune, le greggi che dovrebbero guidare. Essi hanno pietà di noi, ma non ci stimano affatto, al punto che credono che noi non leggiamo i testi sacri e nemmeno ci ragioniamo attorno.
Intendiamoci, io non dico di arrivare ad un concilio ed epurare la Bibbia. Sarebbe un crimine contro la verità. Io dico che certe pagine andrebbero commentate e presentate per quello che sono, non Parola di Dio, ma discorsi di pazzi furiosi. Da queste parole traluce la fondamentale immaturità dell'uomo convinto di parlare da profeta e da illuminato, quando è solo, spesso, nient'altro che un ricovero per pidocchi e pensieri immondi e blasfemi.
Ecco dove alligna il vero nemico della religione, nella religione stessa, nell'idea insana che alberga ancora in teologi assai poco preoccupati di presentare Dio come amore e giustizia, cioè Dio come Padre e non come tiranno insensato e sanguinario.
Questo Papa aveva iniziato con forte determinazione una revisione del cammino millenario della Chiesa, chiedendo scusa agli ebrei, scusa a Galileo, scusa agli eretici bruciati, perdono per gli inquisitori più intemperanti.
Quanto dovremo aspettare per avere le scuse sentite agli amaleciti, agli atei ed a tutti quelli che sono stati considerati immondizia della terra e non creature di Dio?
O non si vorrà, per caso, presentare tutto questo come evoluzione di Dio, od ancora peggio, come necessità storica, come se i lattanti e le capre amalecite fossero d'ostacolo al pieno dispiegamento della verità?
2) Per quanto mi senta molto vicino alle ragioni dell'ateismo, devo confessarlo con molta franchezza, sono un semicredente nel senso che pur dubitando dell'esistenza di Dio, mi auguro con tutto il cuore che esista e che esista un paradiso per le persone buone e giuste.
Le sorti della Chiesa Cattolica mi stanno a cuore. Storicamente essa ha svolto una importante funzione civilizzatrice. Se i rapporti umani sono, nella società civili, più dolci e pacifici, se c'è più rispetto per il prossimo, tanto dobbiamo al cattolicesimo più che ad ogni altra corrente culturale, compreso il socialismo riformista a cui mi richiamo.
Personalmente, preferisco vivere in una civiltà che ha timor di Dio in senso cattolico, ed amore per il prossimo in un senso profondamente cristiano, che in una società pagana, o completamente priva di religione. Sono del tutto consapevole di quali rischi siano insiti anche nell'ateismo radicale e nella caduta di ogni speranza nell'al di là, anche se è del tutto evidente che occorre una maggior cura per i problemi dell'al di qua, per evitare che questo mondo diventi un inferno nel quale la vita di un essere umano vale meno di un soldo.
Ora, oltre la leggenda maturata attorno a questo Papa per la sua presunta capacità di grande comunicatore, a me pare che la Chiesa oggi viva un dramma del tutto contrario alla leggenda: non ha strumenti in grado di comunicare. Con il crollo della prima repubblica ha perso il controllo della RAI. Tutto ciò che veicola Mediaset è antitetico ai valori autenticamente cristiani. I cattolici emergenti nell'empireo dei media sono davvero figure strane ed ambigue, personaggi che impugnano il rosario invece che argomenti. Non credo che Radio Maria, per capirci, possa realmente soddisfare il bisogno di parlare all'uomo contemporaneo.
Avvenire e l'Osservatore Romano sono letti da pochissime persone. L'ultima risorsa rimasta è, dunque, l'immarcescibile settimanale Famiglia Cristiana, che da tempo si barcamena tra strategie editoriali e contenuti che cercano costantemente di aggiornarsi, curando di affrontare problemi sentiti dalla gente, con un taglio niente affatto moralistico.
Ma è una goccia nel deserto, qualcosa che funziona che con chi cattolico lo è già, ma non funziona affatto con chi non lo è.
Pertanto, la vera questione è questa: se Dio non parla più all'uomo, nel mondo contemporaneo, la colpa è anche della Chiesa e delle sue gerarchie. Non ha più strumenti di comunicazione, e forse sono davvero poche le persone in grado di trasmettere il senso profondo del cristianesimo, anche perchè, passatemi il concetto, pochi vivono realmente da cristiani e possono quindi essere esempi viventi.
3) Il filosofo Massimo Cacciari, nel commento alle parole del Papa pubblicato sempre su Repubblica del 12 dicembre, ha fatto osservazioni sostanzialmente giuste. E' tempo che si sciolgano tutte le ambiguità. Si deve dire chi sono i sepolcri imbiancati, gli ipocriti, i falsi, i mercanti di guerra ed i nemici dell'uomo.
In altre parole: il silenzio di Dio, sdegnato ed offeso dal comportamento umano, è la corrispondenza perfetta del silenzio della Chiesa, che non ha voce, ma nemmeno osa dire sottovoce quel che andrebbe detto e predicato nei megafoni. Paralizzata da una strategia perdente, quella del confronto con chiese e teologi, invece che con l'uomo moderno ed i suoi veri problemi, faccia a faccia, che altro rimane se non ripartire dal Concilio Vaticano II? Dal perchè ci sono crisi di vocazioni, dal perchè la missione del prete è ormai roba da extracomunitari in cerca di sistemazioni, oppure da animucce belle, sognanti e sprovvedute.
Tutto ciò che ora legittima ancora e, perfino, salva la Chiesa, è il volontariato, la missione, l'opera indefessa di coraggiosi che ancora predicano il Vangelo, costruiscono scuole ed ospedali con umiltà e dedizione, accolgono ogni essere umano come un fratello e non come un ladro od un impostore, ed infine rischiano la pelle tra feroci tagliatori di teste nel centro dell'Africa.
Quando incontri un cristiano siffatto, ecco che Dio, il vero Dio rivelato da Gesù di Nazareth, e quindi per un ateo, la più bella e santa immagine di Dio mai costruita nella storia, parla ancora.
Ma, non sarà, stimato Santo Padre, che cristiani siffatti sono in via di estinzione, e che è questo il vero problema, sia per Dio, che per la sua Chiesa?
E non sarà, dunque, che anche la Chiesa, abbia le sue responsabilità, e sia, quindi venuto il momento di denunciare pubblicamente le sue incapacità?
Buon Natale a tutti.
RG - 21 dicembre 2002