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Il romanticismo tedesco e la filosofia -
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di Renzo Grassano
Le lettere sull'educazione estetica dell'uomo di Schiller sono del 1795. In esse il drammaturgo sostenne che, visti gli esiti della rivoluzione francese, il popolo non era ancora pronto per la libertà perchè non ne aveva compreso il valore morale. Se la rivoluzione si era mutata in terrore e tirannia, questo dipendeva dalla ineducazione del popolo. Alle illusioni rivoluzionarie andavano opposte pratiche di educazione degli uomini tramite l'arte, che è il solo modo per trovare la pacificazione del momento razionale con quello sensibile.
Quella di Schiller era una posizione tipica. Il mito della rivoluzione quale luogo della rigenerazione spirituale, è già tramontato. La stessa idea che l'assoluta libertà possa essere ottenuta da una rivoluzione politica è ora in declino, e non solo perchè lo scrisse Schiller. Più di Kant, forse, fu lo stesso Schiller ad interpretare le sensazioni e le opinioni di una moderata ed onesta intelligentsia tedesca fatta di maestri e professori, nobili di piccole proprietà e borghesucci acculturati.
Ormai, il principio secondo il quale la vera rivoluzione è di tipo spirituale, era diffuso. I terreni propri della rivoluzione non erano la politica, ma l'arte, la religione e la filosofia, cioè nell'ideale che, tuttavia era reale, perchè modificava la vita dei singoli, non già attraverso un cambiamento delle loro condizioni esteriori, ma mediante una rivoluzione interiore, un diverso approccio al mondo. Giusto, anche se non esatto al cento per cento, risalire alla riforma protestante, a questa diversità radicale rispetto ai paesi cattolici, come la stessa Francia per spiegare la differenza. Liberandosi dalla chiesa di Roma, la Germania ha già attuato una sua rivoluzione, come del resto l'Inghilterra. Il numero di persone che leggono, pensano, discutono è decisamente superiore. Lo spiritualismo tedesco è anche un fenomeno di quantità, oltre che di qualità.
Per questo la rivoluzione tedesca ha da essere rivoluzione culturale; essa deve solo recuperare la sua tradizione religiosa e proseguire. E nel bersaglio della critica entra, quindi, non già la tradizione ma, l'illuminismo tout court.
L'insieme, o meglio, gran parte degli intellettuali tedeschi all'inizio dell'ottocento, sostiene che l'illuminismo ha edificato un sistema spirituale in cui l'uomo trova solo la propria crisi. L'illuminismo è intellettualistico, sopravvaluta l'analisi scientifica, comporta la perdita della dimensione religiosa, riduce la natura a legge matematica e causalità deterministica, produce una caduta della fantasia creatrice, origina una caduta dei valori ed un volgare edonismo; in una parola: provoca la perdita del senso autentico dell'esistenza umana.
Schiller, sotto questo profilo, rimase un passo indietro, come del resto lo era Goethe. Per Schiller, che dopo l'esperienza di drammaturgo, si volse decisamente alla filosofia, insegnandola all'università, rimane valido uno schema dualistico. Oppone ancora ragione e sentimento ed auspica una ricomposizione, mediante l'arte. E' questa la differenza tra lui e Goethe. Mentre in quello la ricomposizione del dissidio va cercata negli studi sulla natura, nella ricerca di Dio nella realtà naturale, in Schiller la ricerca rimane poetica: è l'arte il momento della superiore unità.
Ma, lo straripamento romantico è alle porte, testimoniato dagli eccessi anticlassici di von Kleist, da Jean Paul, da altri personaggi di una lista interminabile.
In questo clima balzano in primo piano la figura di Friedrich Schlegel(1772-1829) e di suo fratello August Wilhelm Schlegel.
Insieme a Novalis ed a Leopold Tieck promuovono la rivista Athenäum e consolidano una feconda e duratura esperienza di collaborazione a Jena, passando alla storia come il gruppo di Jena.
In Schlegel è forte una tendenza speculativa e filosofica. Nel 1798 pubblica una Storia della poesia dei greci e dei romani nella quale anticipa diversi motivi del proprio sviluppo intellettuale.
Nel saggio Sullo studio della poesia greca, del 1797, Friedrich Schlegel delinea tre periodi della teoria estetica: quello primitivo caratterizzato dal principio di autorità, quello dogmatico dell'estetica razionale ed empirica, e quello critico. Parimenti riconosce alla filosofia di Fichte il merito di aver condotto a compimento l'estetica critica.
Scriveva: " Dacchè Fichte ha scoperto il fondamento della filosofia critica, esiste un principio sicuro per rettificare, completare e portare a termine il piano kantiano della filosofia pratica; e non è più giustificato il dubbio sulla possibilità di un sistema oggettivo delle scienze estetiche, pratiche e teoriche."
Il concetto della poesia romantica che matura in Schlegel corrisponde al concetto di infinito nella filosofia fichtiana. Dunque, la poesia diviene capace di assorbire in sé la totalità del mondo e ripresentarlo nella sua interezza, ed artista romantico è chi esprime una sua visione dell'infinito ed un suo senso della religione, giacchè avere una visione dell'infinito è, per Friedrich Schlegel, avere una religione. Non il teologo dogmatico, ma l'artista è il vero mediatore tra l'infinito ed il genere umano. Scrive ancora Schlegel: "Mediatore è colui che avverte il divino in sé e si sacrifica e s'annienta per annunciare questo divino, partecipando a rappresentarlo a tutti gli uomini col costume e con l'azione, con le parole e con le opere. Se manca questo impulso, ciò che era stato avvertito non era divino e non era particolarmente forte. Mediare ed essere mediato: ecco tutta la superiore vita dell'uomo; ed ogni artista è mediatore per tutti gli altri."
Tuttavia, sarebbe una deformazione ottica limitare il romanticismo ad una concezione estetico-filosofica. Una lettera del fratello di Friedrich, August Wilhelm Schlegel, inviata all'amico Fouqué, testimonia quanto meno una tensione metapolitica: "La nostra epoca è malata... di fiacchezza, indecisione, di indifferenza, di spezzattamento della vita in dispersioni meschine, e di incapacità di rispondere ai più gravi bisogni, di nuotare tutti insieme nella corrente, quali che siano i pantani di miseria e di vergogna in cui ci possa trascinare. Abbiamo bisogno perciò di una poesia niente affatto sognante, ma ben sveglia, immediata, energica e soprattutto patriottica. Questa è un'età violenta, che ci mette ad una durissima prova: destinata a dar vita, dopo lunghi ed indicibili dolori, a una nuova immagine del mondo, o a distruggere tutta la civiltà europea sotto un giogo uniforme. Forse sarebbe bene che, fin quando la nostra indipendenza nazionale, anzi, la sopravvivenza stessa del nome tedesco sono così gravemente minacciati, la poesia facesse luogo all'eloquenza..."
Sono parole che rendono l'idea di come i romantici avvertissero il pericolo napoleonico e l'annullamento delle particolarità nazionali (e regionali) non in un universale ma, nella dittatura di un particolare sugli altri, di un particolare finito sull'universale infinito. Un'Europa unita sotto il dominio della Francia non piaceva che a pochi.
V'era, innegabilmente, nei romantici tedeschi, una forte componente nazionalistica, corroborata dalla visione universalistica che il popolo e gli intellettuali germanici dovrebbero svolgere nel mondo, ed insieme ridimensionata dal realismo caustico, dall'ironia che è una caratteristica forte del romanticismo tedesco.
Novalis ne fu un fulgido esempio e basterebbe questa citazione per darne il senso: " I tedeschi, a quel che si dice, sono, in quanto a livello di sensibilità artistica e di spirito scientifico, il primo popolo del mondo. Non c'è dubbio: solo che esistono pochissimi tedeschi."
E' questo tipo di ironia, che smontava i grandi propositi e le grandi considerazioni finite alla radice, un salutare antidoto contro le stesse esagerazioni romantiche. Ma, a volte, l'ironia romantica debordò in qualcosa di diverso, diventando molto più che irriverente, specie nei confronti delle posizioni avverse.
Novalis fu, sotto questo aspetto, un vero prototipo. Si chiamava in realtà Friedrich von Hardenberg ed era nato nel 1772, discendente di una famiglia aristocratica della Turingia. Studente a Jena, conobbe le filosofie di Schiller e Fichte, e nel 1791, trasferitosi a Lipsia, conobbe Friedrich Schlegel, da cui fu attratto per le affinità del sentire il momento storico-culturale. Dapprima giurista, Novalis fu attratto dalla professione di minatore e divenne assessore minerario a Weissenfels. Fece un'esperienza straziante quando la sua giovanissima fidanzata, Sophie, morì nel 1797, a soli 15 anni. Il nome di Sophie divenne per Novalis il simbolo della sophia, la divina sapienza di cui aveva parlato Jakob Boehme. Attratto dalla mistica boehmiana, cominciò a convincersi che nelle segrete forze della natura esiste una verità nascosta, una potenza magica. Prese coscienza che, se nelle visioni filosofiche e scientifiche tradizionali, basate su una logica separante, la causa e l'effetto sono interdipendenti, nell'idealismo magico tutto confluisce insieme: ogni parte, ogni evento è sincronizzato col tutto, il quale, solo, è depositario del significato della cosa, o dell'evento anche più insignificante. Ogni esistenza è in magico rapporto con ogni altra. In questa visione unitaria di ciò che accade al di qua e di ciò che è al di là, nella ruota della vita e della morte, si spiega così anche il frammento che abbiamo riportato nell'introduzione: il vero significato di romanticizzare. Non è solo evasione dalla realtà, anzi, questo potrebbe essere considerata una deformazione del pensiero di Novalis. E' davvero un altro modo di concepire la realtà.
Con ciò, si spiega anche la vicinanza di Novalis a Schelling ed alla sua filosofia della natura. E' tutto ciò che si può dire agli antipodi della scienza moderna, alle misurazioni di Galileo ed alla tavola delle induzioni baconiane.
Ma, non per questo, non è filosofia e desiderio di scienza.
Nell'introduzione ai Frammenti editi da Rizzoli nel 1976, Enzo Paci forniva utilissime ed acute indicazioni per leggere Novalis. "In realtà, talvolta inconsapevolmente, ma, a momenti, con piena coscienza, nei frammenti noi assistiamo alla ricerca di un metodo ideale, di un modello del sapere che poi permetta il dispiegarsi di tutta la cultura, di trovarsi ovunque come a casa propria. Questo modello, questo metodo ideale, appare come qualcosa di misterioso ed enigmatico e la sua presenza nella ricerca filosofica ci dà come l'impressione di un colloquio con una realtà misteriosa. In tal senso la filosofia, come la poesia, rappresenta il contatto con l'assoluto e con il mistero inviolabile dell'assoluto. Per questo la tradizione della storia del pensiero è anche, per lui, la tradizione misteriosa dell'idea della filosofia."
Nulla di meglio che riportare per intero l'intero frammento 27: " Ci sono in noi certi poemi che sembra abbiano un carattere del tutto diverso dagli altri poichè sono accompagnati dal sentimento della necessità, eppure non hanno alcun motivo esteriore. L'uomo ha l'impressione di trovarsi in una conversazione e che qualche ente spirituale e ignorato lo induca in maniera arcana a sviluppare pensieri più evidenti. Questo ente dev'essere un ente superiore perchè entra con lui in una specie di rapporto che non è possibile per nessun ente legato a fenomeni. Dev'essere un ente omogeneo perchè tratta l'uomo come un ente spirituale e lo esorta soltanto alla più rara attività personale. Questo io di qualità superiore sta all'uomo come l'uomo alla natura o il savio al fanciullo. L'uomo aspira a diventare uguale a lui allo stesso modo che cerca di equiparare a sé il non-io.
Descrivere non si può questo fatto. Ciascuno lo deve vivere da sé stesso. E' un fatto di natura superiore che soltanto l'uomo superiore incontrerà. Gli uomini prò devono sforzarsi di provocarlo in sé stessi.
Il filosofare è una dissertazione di sé del tipo sopraindicato, una vera e propria rivelazione di sé, un suscitare l'io reale mediante l'io ideale. Il filosofare è il fondamento di tutte le altre rivelazioni. La risoluzione di filosofare è un'esortazione rivolta all'io reale affinchè si renda conto di sé, si desti e sia spirito. Senza filosofia nessuna autentica moralità e senza moralità niente filosofia."
Letture:
J.G. Herder - Ancora una filosofia della storia per l'educazione dell'umanità - Einaudi (1 ed. 1951)
J.G. Herder / Lord Monboddo - Linguaggio e società - a cura di Nicolao Merker e L.Formigari, Laterza 1973
F.Schiller - Saggi estetici - Utet - 1951
H. von Kleist - Opere - Guanda - 1980
J.W. Goethe - I dolori del giovane Werther -
J.W. Goethe - Teoria della natura - Boringhieri - 1958
W. von Humboldt - Scritti sul linguaggio - Guida - 1989
F. Schlegel - Frammenti critici e scritti di estetica - Sansoni - 1967
F. Hörderlin - Le liriche - Adelphi - 1977/1978
F. Hörderlin - Iperione o l'eremita in Grecia - Studio Tesi -1985
Novalis - Opere - Guanda -1982
Novalis - Frammenti - Rizzoli - 1976
L. Mittner - Ambivalenze romantiche - D'Anna - 1954
L. Mittner - Storia della letteratura tedesca. Dal pietismo al romanticismo (1700-1820) - Einaudi -1964
L. Pareyson - Etica ed estetica in Schiller - Mursia - 1983
P. Szondi - La poetica dell'idealismo tedesco - Einaudi - 1974
C. Schmitt - Romanticismo politico - Giuffrè - 1981
RG - 17 gennaio 2003