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John Rawls - La teoria della giustizia - 4
di Daniele Lo Giudice

Come garantire che la cooperazione sociale durerà nel tempo?
Come essere certi che i cittadini rimarranno fedeli ai valori politici fondamentali che consentono un giusto assetto sociale?
Rawls ricorre ad un'idea realtivamente nuova: il consenso per intersezione (overlapping consensus).
Si può avere, in altre parole, un consenso che potremmo definire minimo comun denominatore di credenze e valori diversi e differenziati, certamente compatibili l'uno con l'altro, quindi adatti ad una convivenza pacifica entro coordinate "multiculturali".
L'adesione ai valori politici fondamentali, definiti dalla teoria della giustizia come equità, viene così resa possibile.
«Entro un simile consenso le dottrine ragionevoli fanno propria, ciascuna da suo punto di vista, la concezione politica. L'unità sociale si basa su un consenso intorno alla concezione politica; la stabilità è possibile quando le dottrine che compongono questo consenso sono affermate dai cittadini politicamente attivi e il conflitto tra i requisiti della giustizia e di interessi essenziali dei cittadini, creati e incoraggiati dai loro assetti sociali, non è troppo acuto.» (1)

L'adesione al nucleo di valori politici, circoscritto by the overlapping consensus, avviene, secondo Rawls, per ragioni pubbliche definite dalla ragionevolezza degli attori sociali.
Rawls assume che i cittadini dispongano tutti delle capacità necessarie per divenire a pieno titolo membri cooperativi di una società considerata come equo sistema di cooperazione.
Tali capacità sono alla base della fiducia che tutti i teorici della democrazia hanno mostrato di avere nei confronti degli esseri umani educati ad assumere responsabilità pubbliche, sia esercitando il diritto di voto che quello di esprimere opinioni.
Tutti dovrebbero possedere la capacità del senso di giustizia e quindi quella di concepire il bene.
«Il senso della giustizia è la capacità di comprendere e applicare la concezione pubblica della giustizia che caratterizza gli equi termini della cooperazione sociale, nonché di agire in base a essa; e data la natura della concezione politica, che specifica una base pubblica di giustificazione, il senso di giustizia esprime anche una disponibilità ad agire verso gli altri [...] La capacità di concepire il bene è capacità di formarsi, rivedere e perseguire razionalmente una concezione del proprio vantaggio razionale, o bene.» (1)
Rawls chiama queste capacità "poteri morali".
Sulla base di essi, ogni individuo può agire sia razionalmente che ragionevolmente: la razionalità ci spinge a realizzare un progetto di vita consono alle nostre aspirazioni particolari, e ci consente di perseguire i nostri interessi.
Ma la ragionevolezza, che Rawls, forse troppo ottimisticamente, fa coincidere con l'avere un senso di giustizia, ci porta a mediare le nostre aspirazioni di tipo egoistico con quelle di tipo "idealistico" e cooperativo. Possiamo entrare in conflitto con altri egoismi, ma possiamo anche giungere ad intersezionare volontà e desideri simili ai nostri, riducibili ad un denominatore di ragionevolezza.
Tra soggetti ragionevoli vi è spesso la medesima preoccupazione di non "tirare troppo la corda", insieme alla persuasione dei benefici collettivi che reca la cooperazione.
E' singolare che Rawls definisca il "razionale" come dimensione degli interessi egoistici.
Francamente non capisco questa tipo di classificazione, anche se mi sono sforzato di capire che, secondo Rawls, la razionalità ha radici nel soggettivismo e non può che avere radici cartesiane.
Comunque sia, secondo Rawls, proprio la razionalità, sarebbe colpevole di una sorta di mascheramento: anche quando persegue interessi collettivi e progetti di pubblica utlità, fonda sempre le proprie opzioni sul calcolo dei costi e dei benefici personali. O meglio, cerca di persuaderci che una certa scelta conviene anche all'egoismo dei soggetti attratti dalla discussione.
Al contrario, la ragionevolezza, può accettare aspetti altruistici. Conviene dire che a me sembra piuttosto vera un'altra cosa, ovvero che un atteggiamento autenticamente razionale non possa che essere anche ragionevole, e quindi sia in grado di parlare a persone che capiscono sia gli argomenti altruistici che quelli egoistici, e che una ragionevolezza senza ragione non sia altro che una moderazione vacua ed inconcludente che potrebbe volr conciliare l'inconciliabile.
C'è ancora qualcuno, oggi, parlo di persone ragionevoli e razionali, anche solo per un'ora al giorno, che non abbiano compreso che a lungo andare comportamenti troppo egoistici ci si ritorceranno contro, anche se è ancora tutto da dimostrare che l'altruismo venga premiato in sé stesso?

L'idea rawlsiana di ragionevolezza comunque ci permette di comprendere che esistono forme di dissenso ragionevole che per Rawls è alla base dei conflitti pluralistici: « [...] le fonti di un dissenso ragionevole fra persone ragionevoli - gli oneri del giudizio - non sono altro che i numerosi rischi impliciti nell'esercizio corretto (e coscienzioso) dei nostri poteri di ragione e giudizio nel corso normale della vita politica» (1)
Tutt'altro dalla ragionevolezza, la quale si può anche manifestare come dissenso ragionevole, sono le posizioni irragionevoli di coloro che perseguono razionalmente, solo in base al calcolo della convenienza personale, il proprio unico beneficio.
Rawls dice espressamente che le dottrine e gli orientamenti ragionevoli sono comprensivi. Ovvero sanno farci riconoscere il valore di prospettive diverse e divergenti dalle nostre. Noi possiamo anche non aderire ad una dottrina, però possiamo capirne il senso ed il valore.
A questo punto Rawls opera un'importante distinzione tra consenso per intersezione, modus vivendi e consenso costituzionale.

Il consenso come modus vivendi deriva da un calcolo prudenziale, per cui agenti razionali decidono che condividere un determinato nucleo di valori fondamentali è conveniente da un punto di vista personale: si tratta di un accordo instabile, retto da ragioni contingenti e preferenze che in ogni momento possono, tuttavia, mutare o venire meno.
Il consenso costituzionale, pur non implicando un accordo sostanziale sui principi politici, produce un accordo formale sugli stessi: i principi, cioè, " vengono accettati semplicemente in quanto principi, e non in quanto fondati sulle idee di società e persona di una concezione politica, né - a maggior ragione - su una concezione pubblica condivisa.".
Il consenso per intersezione, riesce ad andare più in profondità.
Connette tra loro due nozioni sostanziali: da un lato la nozione di individuo, in quanto cittadino, dall'altro un'idea di collettività, come schema di cooperazione per il reciproco beneficio. Come spiega lo stesso Rawls, infatti, "il consenso si spinge fino alle idee fondamentali che fanno da cornice alla costruzione della giustizia come equità; presuppone un accordo abbastanza profondo da toccare idee come quella della società come equo sistema di cooperazione, o dei cittadini come persone ragionevoli, razionali, libere e uguali".



note:
John Rawls - Giustizia come equità/Una riformulazione - Feltrinelli, 2002