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La filosofia della scienza di Karl Popper
'Verità', corroborazione e la critica alla 'probabilità delle ipotesi' di Keynes
di Guido Marenco
Popper distingue tra 'corroborazione' e verificazione non per apparire originale a tutti i costi. La verificazione è una procedura tipica dell'empirismo, il quale non 'falsifica' una teoria, quindi non la sottopone ai controlli severi che richiede la logica della scoperta scientifica dopo Einstein.
Tra verificazione e falsificazione c'è una differenza di significato, che Popper definisce asimmetrica. Per un empirista una teoria può dirsi verificata in molti modi, alcuni dei quali sono propriamente riconducibili al senso comune, mentre altri assumono forme più sofisticate. Una di queste è riportabile alla celebre affermazione del Tractatus di Wittgenstein, la 4.024: «Comprendere una proposizione vuol dire sapere che accada se essa è vera.» E' una chiara richiesta di attenzione al principio di verificabilità, che a sua volta è il nucleo del pensiero empirico. Ma è un principio che ogni empirista ha sempre interpretato alla sua maniera, estendendone o riducendone il campo di applicazione. Nel Circolo di Vienna, il cuore pulsante del neoempirismo logico del Novecento, il campo di applicazione era insieme massimo e minimo. Massimo nei confronti della metafisica, considerata inverificabile, e quindi senza senso. Minimo nei confronti delle scienze, le quali non solo si verificano nei confronti della realtà, ma proprio dalla realtà osservata intersoggettivamente traggono il loro fondamento. In tale contesto il problema del linguaggio è essenziale perché esso deve saper descrivere cosa accade nella realtà. E deve poter distinguere tra verità e falsità di un predicato.

Tarski e la teoria della 'verità' oggettiva
La questione del linguaggio non è affatto trascurata da Popper ma, egli, istintivamente, rifiuta di buttarsi nella mischia, almeno fino al fatale incontro con il logico polacco Tarski, che gli offre, nel 1935, una teoria della verità come corrispondenza tra cose e linguaggio su un piatto d'argento.
Popper intende la teoria di Tarski come un metalinguaggio che consente di parlare allo stesso tempo di asserti e di fatti, cioè asserti che descrivono i fatti. «Per poter parlare di asserti, questa teoria deve usare nomi di asserti, ovvero descrizioni di asserti, e forse anche parole quali "asserti"; la teoria deve cioè essere in un metalinguaggio, un linguaggio in cui si può parlare del linguaggio. E per poter parlare di fatti e di fatti presunti, la teoria deve usare nomi di fatti, o descrizioni di fatti, e forse anche parole come "fatto". Una volta che disponiamo di un metalinguaggio, di un linguaggio come questo in cui possiamo parlare di asserti e di fatti, è facile fare asserzioni sulla corrispondenza tra un asserto un fatto: possiamo infatti dire:
L'asserto in lingua tedesca, consistente nelle tre parole "Grass" "ist" e "grün" , in questo ordine, corrisponde ai fatti se, e solo se, l'erba è verde. » (1)
In sostanza, dice Popper, possiamo formulare in un metalinguaggio, nel nostro caso l'italiano, un asserto dato in un linguaggio (L), il tedesco, e insieme il suo criterio di verità che è costituito dalla condizione per la quale l'asserto in tedesco corrisponde alla verita: solo se l'erba è verde. Popper formalizza in questo modo: «Sia "X" l'abbreviazione di un nome italiano, o di una descrizione in italiano di un asserto appartenente al linguaggio L, e con "x" si indichi la traduzione di X in italiano (che funge da metalinguaggio di L); allora possiamo dire (in italiano, cioè nel metalinguaggio di L) in modo affatto generale:
(+) L'asserto X nel linguaggio L corrisponde ai fatti se e solo se x.
E' così possibile, anzi banalmente possibile, parlare in un metalinguaggio appropriato della corrispondenza tra un asserto e un fatto... [...] L'inattesa banalità del risultato di Tarski sembra essere una delle ragioni per cui è difficile capirlo. D'altra parte, ci si sarebbe potuti ragionevolmente aspettare questa banalità, dato che in fin dei conti tutti capiscono che "verità" ha un senso finché non ci si comincia (erroneamente) a pensare su.» (2)
Siamo quindi di fronte ad una teoria della verità oggettiva, l'unica che può interessare le scienze e chi ragiona sui metodi scientifici. Essa non può essere presentata come una credenza, tutt'altro, è «assoluta, e non relativa ad un insieme di assunti (o credenze), ché di ogni insieme di assunti noi possiamo chiederci se questi assunti siano veri.» (3)

La verità delle deduzioni
Risolto il problema della corrispondenza tra realtà e asserzioni che descrivono un evento o una proprietà, Popper ricorda come anche le deduzioni diventino 'vere'. «Un'inferenza può esser detta valida se e solo se trasmette invariabilmente la verità dalle premesse alla conclusione; vale a dire, se e solo se tutte le inferenze della medesima forma logica trasmettono la verità. Ciò si può anche spiegare dicendo: un'inferenza induttiva è valida se e solo se non esiste alcun esempio in contrario.» (4)
«L'inferenza deduttiva, dunque, come la verità, è oggettiva, ed anche assoluta. Oggettività non significa, ovviamente, che possiamo sempre accertare se un dato asserto sia vero o falso. Né possiamo sempre accertare se una data inferenza sia valida. Se conveniamo di usare il termine "vero" esclusivamente in senso oggettivo, allora ci sono molti asserti dei quali possiamo provare che sono veri; ma non possiamo avere un criterio generale di verità. Se possedessimo un tal criterio, saremmo onniscienti, almeno in potenza, ciò che invece non siamo. Stando ai risultati di Gödel e Tarski, non possiamo avere un criterio generale di verità neanche per gli enunciati aritmetici, anche se naturalmente siamo in grado di descrivere infiniti gruppi di enunciati aritmetici che sono veri. [...] E' dunque falso dire che l'inferenza deduttiva si basa sulla nostra intuizione. E' ovvio che se non abbiamo stabilito la validità di un'inferenza, allora possiamo lasciarci guidare da tentativi di indovinare, vale a dire dall'intuizione; dell'intuizione non possiamo fare a meno, ma non è raro che essa ci conduce fuoristrada.» (4)

Corroborazione di teorie
In La ricerca non ha fine, Popper torna, a tarda età, sulla situazione in cui è nato il ragionamento contenuto nella Logica, descrivendolo così: «l'idea era di raccogliere, in una formula breve, un resoconto sul modo in cui una teoria ha superato - o non ha superato - i suoi controlli, compresa una valutazione della severità dei controlli: dovrebbero contare solo le prove intraprese con uno spirito critico - tentativi di confutazione. Superando questi controlli, una teoria può "dimostrare la sua tempra" la sua "capacità di sopravvivere".» Quelle tra virgolette sono espressioni già contenute nella Logica. In molti casi, la corroborazione si realizza meglio se la procedura di controllo è allargata e confrontata in rapporto a teorie alternative. La corroborazione non dipende tanto dal numero delle prove corroboranti cui è sottoposta la teoria, quanto dalla severità dei controlli. In Congetture e confutazioni, Popper allargherà il criterio fino a chiedere che, ammesso che una teoria sia non-falsificabile, essa possa essere sostituita da una teoria più controllabile.
Quando una qualsiasi ipotesi falsificante venga provata da un esperimento negativo, la teoria in questione deve essere abbandonata. Geoffrey Stokes osserva che «Popper concederà che una corroborazione positiva possa essere rovesciata da una negativa, ma non l'inverso; dopo che una teoria è stata falsificata in modo decisivo non può più essere risuscitata, cosicché sembra che per Popper la falsificazione implichi il rifiuto di una teoria, indipendentemente dalla disponibilità o meno di una teoria alternativa.» (5)
Lo stesso Popper, tuttavia, nella Logica ammette che nella maggioranza dei casi «prima di falsificare un'ipotesi ne abbiamo già un'altra in serbo: infatti l'esperimento falsificante è di solito un esperimento cruciale destinato a decidere tra le due.»

Ma cosa intende realmente Popper per corroborazione?
«Io parlo di "corroborazione" di una teoria, e la corroborazione può essere espressa soltanto come una valutazione. (Da questo punto di vista non c'è nessuna differenza tra corroborazione e probabilità). Inoltre, anch'io sostengo che non si può asserire che le ipotesi sono asserzioni vere", ma che sono "congetture provvisorie" (o qualcosa del genere); e anche questo punto di vista può essere espresso solo per mezzo di una valutazione di queste ipotesi.» (6)
La valutazione della corroborazione non è un'ipotesi. Infatti può essere derivata se sono date la teoria ed il corredo di asserzioni-base accettate. La valutazione, dunque, «asserisce il fatto che queste asserzioni-base non contraddicono la teoria, e l'asserisce con il dovuto riguardo al grado di controllabilità della teoria e alla severità dei controlli ai quali la teoria è stata sottoposta, fino al periodo di tempo stabilito.»
Una teoria è perciò corroborata finché regge ai controlli. «La valutazione che asserisce la corroborazione (la valutazione corroborativa) stabilisce certe relazioni fondamentali: compatibilità e incompatibilità. Consideriamo l'incompatibilità come falsificazione della teoria. Ma la compatibilità, da sola, non deve farci attribuire alla teoria un grado positivo di corroborazione: ovviamente il semplice fatto che una teoria non sia ancora stata falsificata non può essere considerato sufficiente. Nulla infatti è più facile che costruire un qualsiasi numero di sistemi di teorie che siano compatibili con un qualsiasi sistema dato di asserzioni-base accettate. (Quest'osservazione vale anche per tutti i sistemi "metafisici").»
Popper non ha obiezioni da presentare a chi sostiene che si possa assegnare un qualche grado positivo di corroborazione ad una relazione di sola compatibilità tra enunciato generale della teoria e singole asserzioni accettate. Tuttavia, fa notare l'insufficienza della posizione. Il grado di corroborazione non può essere stabilito, come si è visto sopra, facendo il conto dei casi corroboranti. «Può infatti accadere che una teoria appaia molto meno ben corroborata di un'altra, anche se abbiamo derivato moltissime asserzioni base con l'aiuto della prima e solo poche con l'aiuto della seconda. Come esempio potremmo confrontare l'ipotesi "Tutti i corvi sono neri" con l'ipotesi "La carica di un elettrone ha il valore determinato da Millikan". Anche se è presumibile che nel caso di un'ipotesi del primo genere abbiamo incontrato molte più asserzioni corroboranti che non nel secondo, riterremo che l'ipotesi di Millikan sia la meglio corroborata delle due. »

Naturalmente, la severità dei controlli dipende così dal grado di controllabilità. Che Popper definisce finalmente come semplicità dell'ipotesi. L'ipotesi falsificabile al grado più alto è la più semplice. Pertanto è anche corroborabile al grado più alto. Ma il grado di corroborazione non dipende solo dal grado di falsificabilità. Potrebbe darsi che una teoria risulti superata da un'altra in quanto meglio controllabile. Può darsi che il grado di corroborazione di due asserzioni non sia confrontabile sempre, non più di quanto lo sia il loro grado di falsicabilità. In realtà, non si può definire un grado di corroborazione in termini numerici esatti. Si può parlare solo approssimativamente in termini di gradi positivi o negativi di corroborazione. Ciò nonostante, qualche indicazione metodologica può essere individuata e Popper parla di diverse e svariate regole. Una di queste è che non si dovrebbe continuare ad assegnare grado positivo di corroborazione ad una teoria falsificata da un esperimento controllabile intersoggettivamente. «In generale, consideriamo definitiva una falsificazione controllabile intersoggettivamente... proprio in questo si fa sentire l'asimmetria tra verificazione e falsificazione delle teorie.»

Controllabilità vs probabilità logica
La controllabilità è, per Popper, l'inverso del concetto di probabilità logica. Questo concetto è strettamente imparentato con quello di probabilità oggettiva, in altre parole di probabilità degli eventi. Per il fatto che la corroborazione risulti legata con il concetto di probabilità degli eventi, potrebbe sorgere l'idea di una connessione con la teoria della probabilità delle ipotesi. Ma Popper ha già ferocemente criticato questa idea, perché la probabilità delle ipotesi non può essere ridotta alla probabilità degli eventi. «L'errore più comune consiste indubbiamente nel credere che le stime ipotetiche di frequenze, vale a dire le ipotesi che riguardano la probabilità, possano, a loro volta, essere soltanto probabili; o, in altre parole, nell'assegnare alle ipotesi di probabilità qualche grado di una supposta probabilità delle ipotesi. Possiamo forse essere in grado di produrre un argomento persuasivo in favore di questa conclusione erronea, se ricordiamo che le ipotesi concernenti la probabilità non sono, per quanto riguarda la loro forma logica (e senza alcun riferimento alla nostra richiesta metodologica della falsicabilità) né verificabili né falsicabili. Non sono verificabili perché sono asserzioni universali, e non sono strettamente falsificabili perché non potranno mai essere contraddette logicamente da un'asserzione base. Sono dunque (come la mette Reichenbach) completamente indecidibili. Ora, come ho tentato di mostrare, possono essere "confermate" meglio o meno bene, e ciò vuol dire che possono concordare, più o meno con asserzioni base accettate.»
E questo sarebbe proprio il momento in cui potrebbe risorgere la logica della probabilità, che poi è il fondamento dell'induttivismo. Nella logica induttivistica classica opera ancora il presupposto di una possibile correlazione tra asserzioni probabilistiche indecidibili a una qualche scala di gradi di validità, che Popper, citando Reichenbach, presenta come «gradi continui di probabilità i cui limiti, superiore e inferiore, limiti peraltro irraggiungibili, sono la verità e la falsità.» (7)
Per Popper le asserzioni probabilistiche sono metafisiche in quanto indecidibili. Si potrebbe però renderle falsicabili, accettando un metodo, e qui bisognerebbe mettere un punto interrogativo perché non sempre la procedura sembra possibile. Comunque sia, di fronte alla non-falsicabiltà, è chiaro che le asserzioni probabilistiche non possono essere corroborate empiricamente.
Popper è convinto, così, che i fisici facciano ricorso ad asserzioni probabilistiche come trattano le altre ipotesi, cioè come falsificabili. Il che equivarrebbe a dire che i fisici fanno metafisica e non sanno di farla. Rimane che, rispetto a ciò, Popper ribadisce che il suo punto di vista è non-contraddittorio, inoltre, è anche libero «da quelle difficoltà che intralciano gli altri punti di vista. E' incontestabilmente impossibile provare che il mio punto di vista è corretto e può ben darsi che una controversia coi sostenitori di un'altra logica della scienza si riveli futile. Tutto ciò che si può mostrare è che il mio approccio a questo particolare problema è una conseguenza della concezione della scienza che sono andato difendendo.»

Controllabilità e probabilità logica: critica di Keynes
Torniamo a dove ci eravamo fermati, cioè alla controllabilità come inverso della probabilità logica. Per dimostrare questa tesi Popper ricorre ad un esempio suggestivo. «Una delle ragioni per cui non attribuiamo un grado positivo di corroborazione alle profezie tipiche dei salmisti e degli indovini è che le loro predizioni sono così caute ed imprecise che la probabilità logica che siano corrette è estremamente alta. E anche quando ci dicono che predizioni di questo genere, più precise e perciò meno probabili logicamente, hanno avuto successo, ciò di cui siamo propensi a dubitare non è tanto, di regola, il loro successo, quanto la loro supposta improbabilità logica. Dal momento che tendiamo a credere che queste profezie siano non-corroborabili, tendiamo anche a ragionare, in tali casi, dal loro basso grado di corroboralità al loro basso grado di controllabilità.
Se confrontiamo - continua Popper - questi miei punti di vista con ciò che è implicito nella logica (induttiva) della probabilità, otteniamo un risultato veramente notevole. Secondo il mio punto di vista la corroborabilità di una teoria - e anche il grado di corroborazione di una teoria che ha effettivamente superato controlli severi - stanno, per così dire, in rapporto inverso con la sua probabilità logica: entrambi, infatti, crescono con il grado di controllabilità e di semplicità della teoria. Ma il punto di vista implicato dalla logica della probabilità è esattamente l'opposto di questo. I suoi sostenitori fanno crescere la probabilità di un'ipotesi in proporzione diretta alla sua probabilità logica, anche se non c'è dubbio che intendano che la loro "probabilità di un'ipotesi" sta esattamente per la stessa cosa che io tento di indicare con "grado di corroborazione"»
Come si vede facilmente, Popper, ancora una volta martella l'induttivismo, perché il concetto di probabilità logica non è che un altro modo di dire che, dopo un milione e due avvistamenti di corvi neri, possiamo arrivare a dire che la quasi totalità dei corvi attualmente visibili sul pianeta terra sono neri con il massimo della probabilità logica possibile. Non è un caso, allora, che Popper dedichi molte pagine alla confutazione del concetto difeso e argomentato da Keynes (8)e da Kaila (9).
Keynes era un economista, e il lavoro dell'economista consiste nell'analizzare il passato per prevedere il futuro in determinate condizioni. Ovviamente, non tiene conto di quante farfalle battano le ali a Pechino in questo istante, ma si attiene ad una più pertinente valutazione di quante farfalle (così una volta si chiamavano le cambiali) abbiano firmato gli italiani per comprare la seconda casa, o i norvegesi per comprare un battello adatto alla caccia della balena o alla pesca del merluzzo. Inoltre deve spesso ricorrere a valutazioni di impatto psicologico degli eventi ancora più complesse di quelle richieste in precedenza, perché mancano di precisione scientifica e non possono appellarsi alla statistica e alla frequenza. Più ci si addentra in simili questioni, più ci si accorge che concetti come determinismo e indeterminismo sono ormai insufficienti a definire quale linea di ragionamento seguire e in base a quali criteri. Si può essere ragionevolmente deterministi sulle conseguenze della propensione degli italiani ad avere una seconda casa e si può essere altrettanto indeterministi su come reagiranno i mercati di fronte a determinati eventi come la sempre possibile estinzione del merluzzo. Senza contare che l'elemento della speculazione, del trading disonesto e così via, può giocare un ruolo decisivo.

L'attacco a Keynes è logico e metodologico insieme. Popper comincia col descrivere la pretesa keynesiana di come si possa arrivare ad una probabilità a priori in base ad una generalizzazione con la condizione, detta antecedente o protasi, e la conclusione, detta conseguente, o apodosi. Diceva Keynes che quanto più comprensiva è la condizione, e quanto è meno comprensiva la conclusione, tanto maggiore è la probabilità a priori che attribuiamo alla probabilità. E aggiungeva che tutte le volte che si incrementa la condizione, la probabilità cresce, e se si decrementa la conclusione, la probabilità cala. Popper rimprovera a Keynes una mancata distinzione tra probabilità di generalizzazione e la sua probabilità a priori. E subito fa notare la differenza tra probabilità di un'ipotesi e grado di corroborazione. Ma, dopo ciò, Popper pretende di far dire a Keynes che egli si sentirebbe ingiustificatamente 'corroborato' da un semplice aumento della probabilità, mentre ci si può sentire 'corroborati' solo dopo una falsificazione mancata o riuscita. «Per dirla nella mia terminologia - scrive Popper - la teoria di Keynes implica che la corroborazione (o probabilità dell'ipotesi) decresca insieme alla controllabilità. Egli è condotto a questo suo punto di vista dalla sua credenza nella logica induttiva.» Credenza che postula la possibilità di rendere le ipotesi più certe. Ora, osserva Popper «questo punto di vista porta a negare il valore della predizione.» Infatti, aveva scritto Keynes, «La virtù peculiare della predizione ... è completamente immaginaria. I punti essenziali sono invece il numero dei casi esaminati e le analogie tra essi; e la questione se si dia il caso che una particolare ipotesi sia stata proposta prima o dopo che i casi sono stati esaminati prima o dopo è del tutto irrilevante.»
Popper obietta che il modo keynesiano di ragionare è ineccepibile sotto il profilo logico, ma alla fine ci spinge ad interrogarci sul perché dovremmo, in tali condizioni, generalizzare. Se vogliamo fare scienza, insomma, la strada non è questa, perché saremmo sempre e solo davanti a incrementi e decrementi di probabilità. Saremmo, cioè, sempre nell'incertezza.
Popper non ha concesso a Keynes l'attenuante della disciplina di provenienza, un coktail piuttosto composito di saperi e atteggiamenti, cui non possono mancare ingredienti assai poco scientifici quali la saggezza e la prudenza, il margine di rischio e il tirare a indovinare. E si è anche dimenticato che proprio ragionando induttivamente, Keynes aveva previsto, nel 1919, che le pesantissime condizioni imposte alla Germania dopo la I guerra mondiale, avrebbero precipitato questo paese nel baratro. Insomma, l'induttivismo probabilistico non porta sempre fuori strada, spesso ci azzecca. Keynes non era un fisico, e nemmeno un econometrista, bensì un economista con una visione storica e politica dell'economia.
Queste obiezioni non sono superflue ai fini della comprensione del pensiero di Popper, perché, come vedremo nei prossimi files, la questione della prevedibilità riveste comunque importanza decisiva. Una teoria scientifica deve vietare determinati eventi, cioè prevedere l'impossibilità di qualcosa, ma deve anche prevedere ciò che accadrà certamente, cioè fare asserzioni su come gira l'universo. Popper effettuerà una strana virata: dal determinismo passerà all'indeterminismo. Non sempre è chiaro perché questo avvenne. Non lo comprese nemmeno Einstein.

(continua)

1) K. R. Popper - La ricerca non ha fine / Un'autobiografia intellettuale - Armando 1976 - III edizione 1997
2) idem
3) idem
4) idem
5) G. Stokes - Popper - Il Mulino 2002
6) K. R. Popper - La logica della scoperta scientifica - Einaudi 1970.
7) Hans Reichenbach - titolo del saggio non menzionato da Popper, contenuto in "Erkenntnis", I - 1930
8) J. M. Keynes - A Treatise on Probabilty - Mc Millan 1921
9) E.Kaila - Die Prinzipien der Wahrescheinlichkeitslogik (I principi della logica della probabilità) - Annales Universatis Aboensis, Turku 1926
gm - 1 settembre 2006