La vita di Platone
Secondo Apollodoro (Cronologia) Platone nacque ad Atene nel settimo giorno
di Tergellione nell'anno dell'LXXXVIII Olimpiade,
ovvero nel 428/427 aC.
Era lo stesso giorno nel quale i Deli festeggiavano
il compleanno del dio Apollo.
Il padre di Platone si chiamava Aristone
e poteva vantare una discendenza dall'antico
re di Atene, Codro. La madre si chiamava
Perictione ed era figlia di Glaucone il vecchio,
fratello di Crizia, uno dei trenta tiranni.
Aveva un fratello, Carmide, ed uno dei dialoghi
composti da Platone è dedicato proprio allo
zio.
Il vero nome di Platone era Aristocle. Il soprannome gli venne imposto, sembra,
da un maestro di ginnastica che lo aveva
trovato di ampia (platos) costituzione. Probabilmente nel senso di "spalle larghe"
più che nel significato di "rotondetto".
Diogene Laerzio scrisse che molti lo chiamavano
Platone anche per l'ampiezza del suo stile
letterario, o per quella della sua fronte.
Ricevette l'educazione tipica dei giovani
ateniesi del V° secolo, e secondo Dicearco,
in gioventù compose poesie e tragedie, ma
fu folgorato da un casuale incontro con Socrate
e distrusse la sua ultima composizione proprio
mentre si recava ad una specie di concorso
letterario.
Negli anni della giovinezza partecipò a tre
campagne militari.
Venne a contatto con Socrate solo nel 408,
anche se è probabile che fin da bambino udì
discorrerre delle sue teorie in casa del
padre e dello zio Crizia.
Come testimonia la VII lettera (autentico
scritto di Platone) ebbero grande incidenza
sugli orientamenti del giovane Aristocle
sia la sconfitta di Atene nella guerra del
Peloponneso (404 aC) , sia la conseguente
parentesi del governo dei trenta tiranni,
imposto alla città sconfitta dal generale
spartano Lisandro, sia il processo e la morte
di Socrate nel 399 aC.
<<Quand'ero giovane provai ciò che provano molti: pensavo, una volta divenuto padrone di me stesso, di entrare subito nella vita politica. Ora, questa fu la situazione politica della mia città nella quale venni a trovarmi: il governo di allora, osteggiato da molti venne rovesciato e passò nelle mani di cinquantun cittadini che divennero i reggitori dello stato, undici in città, dieci nel Pireo (tutti costoro dovevano occuparsi del mercato e di ciò che concerne l'amministarzione cittadina), ma trenta, al di sopra di tutti, ebbero potere assoluto. Alcuni fra questi erano miei familiari e conoscenti, e mi invitarono subito ad entrare nella vita pubblica come ad una attività che ben mi si conveniva. Io avevo allora sentimenti che, data l'età, non sono per niente strani: credevo che essi col loro governo avrebbero liberato la città dall'ingiustizia e le avrebbero imposto un giusto sistema di vita; perciò stavo bene attento a quello che avrebbero fatto. Ora mi accorsi che in breve tempo questi uomini facevano apparire oro il governo di prima: fra l'altro, una volta, mandarono con altri Socrate (un mio amico più anziano di me che io non ho ritegno a chiamare il più giusto degli uomini del suo tempo) ad arrestare un cittadino per metterlo a morte, in modo che egli divenisse, volente o nolente, complice delle loro azioni; ma Socrate non obbedì, preferendo esporsi ad ogni pericolo che farsi complice di azioni nefande.>>
(VII lettera di Platone)
Platone seguì da vicino il processo di Socrate,
ma il giorno della morte del suo maestro
ed amico era ammalato (probabilmente ebbe
un malore).
Nel 399, subito dopo la morte di Socrate,
andò con comuni amici prima a Megara ( a
pochi km da Atene) da Euclide (da non confondersi
con il più celebre matematico, Euclide di
Alessandria), filosofo di orientamento socratico-parmenideo
e fondatore di quella scuola megarica con cui polemizzò Aristotele.
Poi intraprese lunghi viaggi che lo misero
in contatto con tutti i più rilevanti ambienti
intellettuali del Mediterraneo. Stabilì contatti
con Teodoro di Cirene, il pitagorico Archita
di Taranto, visitò Creta ed altri paesi,
probabilmente anche l'Egitto.
Nel 388 è storicamente certo che egli fu
a Siracusa, alla corte del tiranno Dioniso
il vecchio e qui strinse amicizia con Dione,
cognato di Dioniso, impressionato dagli ideali
politico-filosofici di Platone.
Le critiche che Platone osò muovere alla
scostumata e corrotta corte di Dioniso furono
certamente causa delle sue disgrazie posteriori.
Imbarcato su una trireme diretta ad Atene
in qualità di ambasciatore dello stesso tiranno
Dioniso, fu invece sbarcato nell'isola di
Egina, in guerra con Atene, dal capitano
della nave e venduto come schiavo, anche
se immediatamente riscattato da Anniceris
di Cirene. (L'aneddoto in Diogene Laerzio,
Vite dei filosofi)
Tornato finalmente ad Atene nel 387 aC vi
fondò l'Accademia con lo scopo precipuo di
formare una scuola per presenti e futuri governanti.
Era ovviamente un altro modo, indiretto,
di intervenire nella vita politica che tuttavia
non rinnegava l'ispirazione precedente.
Platone aveva comprato un terreno presso
un famoso ginnasio situato nel giardino dedicato
all'eroe Academo e vi aveva fatto costruire
un santuario dedicato alle Muse e alcuni
locali destinati all'insegnamento, ai dibattiti
e all'abitazione.
L'Accademia raccolse ben presto l'adesione
di figure di rilievo del mondo politico e
culturale ellenico.
Innanzitutto Dione di Siracusa; poi Erasto
e Corisco, in seguito signori di Asso; Eufreo
di Oreo, consigliere di Perdicca re di Macedonia;
Aristonimo, Formione e Menedemo, anch'essi
consiglieri di governanti; gli ateniesi Iperide,
Cabria, Licurgo e Focione. Ben presto furono
ospiti dell'Accademia anche insigni matematici
ed astronomi quali Eudosso di Cnido, Eraclide
Pontico e Filippo di Opunte, il medico di
Siracusa Filistione ed altri ancora.
E' sicuro che alcuni dialoghi platonici furono
composti in precedenza all'attività accademica
vera e propria, in particolare quelli che
evidenziano il contributo originale di Socrate
alla definizione del modello filosofico-politico
cui Platone si ispirava.
Tra questi sono probabilmente: Apologia, Critone, Jone, Eutifrone,Carmide,
Lachete, Liside,Alcibiade I, Ippia Maggiore,
Ippia Minore, il I libro della Repubblica,
Menesseno, Protagora e Gorgia.
Questo è l'elenco che si trova in "Platone" di Francesco Adorno (Laterza 1978, Bari)
Altri studiosi considerano pre-accademico
l'Eutidemo e non Protagora e Gorgia.
A me pare improbabile che il Gorgia sia stato scritto così presto in quanto è
alla luce della competizione con la scuola
d'Isocrate che si pongono i problemi trattati
nel dialogo, tuttavia credo che orientativamente
sia accettabile l'elenco summenzionato e
quindi si possa studiare l'evoluzione del
pensiero di Platone muovendo da questo primo
nucleo di opere.
La scelta del dialogo come forma di espressione
è indicativa di una impostazione che Platone
non rinnegherà nemmeno successivamente e
rispecchia una certa fedeltà-infedele agli
insegnamenti socratici, cioè la superiorità
della discussione viva e presente rispetto
ad ogni forma di trattatistica scritta.
Il dialogo è, quantomeno, una rappresentazione di discussioni
veramente avvenute, una sorta di verbale.
Questo anche se ovviamente non sembra probabile
che queste discussioni siano avvenute realmente, ad esempio tra Socrate e Gorgia, ma solo
per analogia di situazioni e personaggi.
Come osserva giustamente Enrico Berti nella
sua Storia della Filosofia (Laterza 1992,vol.
I, Bari pag 53)
"Il motivo per cui Platone scrisse dei
dialoghi è intuitivo: egli scelse la forma
letteraria più adatta a rappresentare le
conversazioni orali praticate da Socrate,
abbandonando quella adottata dai filosofi
precedenti, il trattato, per via della sua
stessa concezione della filosofia come discussione
dialettica.
La sfiducia da lui dichiarata più volte nei
confronti dell'esposizione scritta (sia nel
Fedro che nella VII lettera) non deve pertanto
essere riferita ai dialoghi, che sono il
tipo di scrittura più somigliante alla discussione
orale, ma alla trattatistica."
Nel quadro che andiamo disegnando deve giocoforza
entrare la considerazione che ad Atene esisteva
già una scuola di filosofia e politica strutturata,
quella di Isocrate, fondata nel 391, dunque
pochissimi anni prima dell'Accademia.
Isocrate era stato allievo del sofista Gorgia;
tuttavia si era evoluto rispetto al pensiero
del maestro giungendo a riconoscere il bisogno
di una rigenerazione morale.
La differenza di impostazione tra Isocrate
e Platone non stava dunque nell'obiettivo
finale dell'educazione quanto nel metodo
e proprio il dialogo intitolato Gorgia, opportunamente confrontato con le opere
di Isocrate,ci consente di intendere la qualità
del dissenso.
Per Isocrate era evidente l'impossibilità
di dedurre scientificamente regole per l'azione politica ed il giusto
discorso. Esse si trovavano attraverso il
confronto di opinioni ed un saggio inserimento
nelle circostanze, per risolvere al meglio
i problemi "pragmaticamente" e
secondo un preminente concetto utilitaristico.
Un'altra differenza sostanziale era quella
del modo migliore per esporre le opinioni.
Isocrate era un retore ed insegnava l'arte
di parlare e scrivere con proprietà da cima
a fondo.
Platone non credeva in quelle forme di politica
e di educazione alla politica; quanto al
modo d'espressione predicava la superiorità
della dialettica, cioè del dialogo, per la
ricerca della verità; sempre più credeva
che attraverso il procedimento dialettico
fosse possibile giungere ad una sorta di
scienza del bene (e del male) da intendersi ovviamente come
scienza politica.
Proprio nel Gorgia, come segnala l'Adorno,
Platone polemizzò con l'epidissi, il discorso
lungo del modello retorico.
"Ad essa Platone contrappone - scrive
Adorno - il metodo dialettico, mediante cui
si possa scientificamente determinare il
modo di vivere eticamente, che fondandosi
appunto su premesse non accolte nell'ambito
dell'opinione, della dòxa (su cui empiricamente si basa la retorica),
determina modi di vita, un'etica le cui regole
appaiono ai più paradossali (fuori della dòxa)" (cit.)
Il periodo che va dall'apertura dell'Accademia
al secondo viaggio a Siracusa fu contrassegnato
da una intensa produzione di opere e da un'altrettanto
laboriosa evoluzione del pensiero.
In dialoghi quali Cratilo, Fedone, Simposio, i successivi libri della Repubblica, Parmenide, Fedro, Teeteto, venne precisandosi il pensiero di Platone
sia come coerente eredità dell'ispirazione
socratica, sia come elaborazione autonoma
volta soprattutto ad affermare la scientificità
e quindi la stabilità del "vero sapere",
cioè il sapere del "bene".
Già nell'Eutifrone, ad esempio, la dottrina delle idee era
stata abbozzata, già nel Gorgia la vita era
stata identificata con l'anima, (ed anche
il corpo, ricettacolo di tutte le passioni
sconvenienti, soma) era diventato sema, cioè tomba dell'anima, ma fu nel Fedone che Platone cercò di dimostrare l'esistenza
delle idee ed in particolare l'idea del "bello
in sè", l'idea della grandezza, e quindi
del "grande in sè", pervenendo
così ad una compiuta forma di "idealismo".
Le cose terrene partecipano alle idee ed è solo attraverso il riconoscimento
di questa partecipazione che non perveniamo
alla vera conoscenza, cioè alla conoscenza
diretta e superiore delle idee, le quali
sole, ci garantiscono l'intellegibilità,
cioè la vera comprensione.
Nei libri della Repubblica egli arricchì ulteriormente la dottrina delle
idee evidenziando che esiste un'idea suprema,
superiore a tutte le altre, ovvero l'idea del bene.
Tratteremo dettagliatamente di questi argomenti
nei files dedicati più propriamente all'esame
dei capisaldi filosofici di Platone.
Qui conviene solo ricordare che questa rincorsa
alla scientificità, cioè ad un sapere incontrovertibile
di cosa sia il bene, anche nel senso di bene
comune, bene dell'insieme dei cittadini e
dello stato-polis, necessitava infine di
controprove pratiche che non giungevano mai
e sicuramente inducevano stati di frustrazione
sia in Platone che nella cerchia più ristretta
dei suoi allievi.
Pertanto quando si presentò l'occasione di
un secondo viaggio a Siracusa per "testare"
l'applicabilità di queste teorie, quelle
che si trovano espresse nella Repubblica, Platone colse la palla al balzo ed accompagnò
l'amico Dione con la speranza di una rapida
conversione di Dioniso il giovane, nuovo
tiranno di Siracusa. Era l'anno 367 e Platone
era già sessantenne.
La conduzione dell'Accademia fu temporaneamente
affidata ad Eudosso di Cnido.
Anche questa seconda spedizione si risolse
in un disastro perchè Dionisio il giovane
era tuttaltro da una brava persona e fraintese
completamente gli insegnamenti di Platone
e di Dione.
Ben presto sorsero dei dissidi tra il nuovo
tiranno e lo stesso Dione, il quale venne
sospettato di complottare e quindi fu esiliato.
Nel 364, vista l'impossibilità di influire
minimamente su Dionisio e quindi di imprimere
una svolta rivoluzionaria alla vita della
città, Platone si imbarcò per Atene e tornò
a guidare l'Accademia.
Durante la sua assenza era successo un fatto
nuovo e di estrema importanza; dall'estremo
nordest della Grecia era giunto ad Atene,
per frequentare i corsi dell'Accademia, un
giovane di diciassette anni: Aristotele.
Il bello di questa storia infinita tra Platone
ed i tiranni di Siracusa è che nel 361 l'inquieto
Dionisio il giovane mandò ad Atene una trireme
per prelevare Platone.
Ed ancora una volta Platone sessantaseienne
accettò l'invito intraprendendo l'avventuroso
viaggio verso Siracusa, speranzoso di riuscire
finalmente a dimostrare la realizzabilità
delle proprie teorie politiche.
Questa volta egli spiattellò tutta la sua
filosofia in poche ore e Dioniso era talmente
convinto di averla compresa che subito si
mise a comporre un "trattato" (orrore,
per Platone un trattato era, come si è visto,
satanasso in persona!)
Inoltre il disgraziato si rifiutò di richiamare
Dione dall'esilio. Sorse così un nuovo conflitto
tra Platone ed il tiranno. Dionisio fece
allora consegnare il filosofo ai mercenari
con il probabile intento di metterlo successivamente
a morte. Fu solo per l'intervento del pitagorico
Archita, tiranno di Taranto, che Platone
fu lasciato libero di tornare ad Atene nel
360 aC.
Anni dopo Dione raccolse un esercito per
occupare Siracusa, ma fu tradito da uno dei
suoi compari, che pure era stato allievo
di Platone. La VII lettera, scritta da Platone
agli amici di Dione, per spiegare la sua
estraneità alla congiura, fu dunque originata
da questi avvenimenti.
Ritornato ad Atene Platone riprese con vigore
l'attività filosofica e politica fino alla
morte, avvenuta nel 348, o forse nel 347,
all'età di ottant'anni.
gm - 28 10 1999