Platone:il Timeo e gli ultimi ritocchi alla dottrina
delle idee negli insegnamenti esoterici
di Daniele Lo Giudice
La storia come decadenza della civiltà
Sto lavorando ad un riassunto ed ad un commento del Timeo, dialogo intitolato così perchè ne è protagonista l'astronomo Timeo di Locri. Spero sia pronto quanto prima, anche perchè vi si parla del mito di Atlantide, che a mio avviso ha un preciso significato esoterico. Lo stesso mito fu ripreso nel Critia, dialogo interrotto nel bello della narrazione. In quest'opera, Platone aveva delineato a grandi tratti il sorgere di due grandi civiltà, quella ateniese e quella di Atlantide, mostrandone la loro origine divina.
In esso si potrebbe anche trovare il nucleo di una filosofia della storia, che Platone, peraltro, non ha mai realmente sviluppato.
Secondo Platone, la storia sembra procedere non già in avanti, da una situazione barbarica e peggiore, ma all'indietro, da un'epoca d'oro, promossa direttamente dagli dei, in particolare i numi dell'Attica Atena ed Efesto, ad una di miseria, quella dominata dagli uomini.
Pur ponendo che l'idea di progresso sia qualcosa di sorto molto più recentemente, è evidente nell'intento platonico un parallelismo tra decadenza e sviluppo democratico che, tuttavia, viene messo in bocca a Critia, non a Socrate, e quindi nemmeno a sé stesso.
Poichè il dialogo non è terminato, pare azzardato imputare allo stesso Platone questa visione delle cose.
In attesa della conclusione del mio lavoro sul Timeo, un riassunto ancora più stringato ci consente di presentare l'ultima fase del pensiero di Platone, sia in ordine ad una cosmogonia che cerca una spiegazione verosimile del perchè esiste il mondo, si badi: il mondo corporeo, e non l'essere, sia in ordine alla modalità per la quale le idee ricevono una forma e si realizzano nel mondo come cose, come molteplicità, come organismi viventi.
Il primo motivo che incontriamo, sostanzialmente ribadisce quanto già noto: il mondo corporeo non può essere oggetto di vera scienza, non essendo il vero essere, ma qualcosa di intermedio tra l'essere e il non essere.
E' corretto ricorrere ad un mito, o meglio, ad un racconto verosimile o probabile, più probabile degli altri.
Il Demiurgo e le idee matematiche
Un essere buono ed animato dalle migliori intenzioni ha creato il mondo, non dal nulla, traendone cioè la materia da sé stesso, ma dal caos esistente attorno. Nel caos primordiale si agitano i quattro elementi già descritti dai filosofi della natura, ovvero l'aria, l'acqua, la terra ed il fuoco. Ma la causa del mondo non può essere il prevalere di uno di questi sugli altri, ma l'ordine, il comando pronunciato da una entità raziocinante, più forte della furia degli elementi stessi. Essi, infatti, si agitano "senza proporzione e misura" nel ricettacolo, cioè la materia.
In primo luogo il Demiurgo crea l'anima del cosmo, unendo l'identico ed il diverso, il "misto", secondo proporzioni di tipo matematico.
L'anima del mondo, pur essendo generata, diviene poi immortale per via della sua affinità con le idee e con il mondo del vero essere.
Dopo ciò, il Demiurgo crea l'universo, glia da forma sferica e lo fa ruotare su sé stesso. Si forma il cielo, si formano gli astri, e la terra viene fissata al centro del tutto, costituita anch'essa da forma sferica.
Il moto degli astri e dei cieli diviene la misura del tempo. Riprendendo e sviluppando un'antica dottrina pitagorica, Platone attribuisce ad ognuno dei quattro elementi una forma geometrica di solido regolare: il tetraedro, il cubo, l'ottaedro e l'icosaedro.
Inoltre, suppone che tutti gli esistenti siano dotati di forme ricavate da solidi geometrici, a loro volta scomponibili in superfici piane. Ogni figura piana è per Platone, come lo era per Pitagora, la somma di triangoli.
Anche le qualità sensibili delle cose, quali il sapore, l'odore, il caldo ed il freddo, ha origine matematica.
Idee matematiche e principi supremi
Secondo quanto ci ha lasciato in testimonianza Aristotele, ad un certo punto della sua vita, Platone avrebbe ammesso l'esistenza di realtà intermedie tra le cose sensibili e le idee: numeri e grandezze geometriche.
Per la verità, di ciò si parlava già nella Repubblica.
Ma, più avanti, ancora Aristotele sembra suggerire una modifica radicale alla teoria delle idee professata fino ad allora. Ogni idea è identificabile da un numero, quasi come i capitoli di un libro, o i paragrafi. Una traccia di questi insegnamenti, per altro non chiarissima, si trova nel dialogo Filebo.
Le idee-numero o numeri ideali sono il ritmo e la proporzione delle figure: attraverso la loro disposizione si formano le immagini geometriche, che, a loro volta, producono le immagini generali.
L'Uno e la Diade
Sempre nel Filebo, troviamo traccia ( nascosta) anche della teoria dell'Uno e della Diade, cui Platone non ebbe probabilmente il tempo di lavorare, perchè colto dalla morte mentre procedeva al suo testamento politico: le Leggi. Ma, questa dottrina, testimoniata da Aristotele, faceva indubbiamente parte delle dottrine insegnate all'Accademia solo ai membri interni.
Nel Filebo, dialogo di grandissima profondità speculativa intorno all'opposizione tra conoscenza e piacere, Socrate, ad un certo punto, si vede costretto ad un'astratta ripartizione delle cose esistenti, proprio per arrivare ad una soluzione del problema di quale cosa (conoscenza o piacere) debba avere la preminenza nella vita terrena degli uomini assennati.
Avendo già accennato all'esistenza dell'illimitato e del limite, Platone completa lo schema di questi principi fondamentali per la comprensione del carattere del divenire, con altri due generi: il terzo, ovvero la mescolanza, risultante da illimitato e limitante, ed il quarto, ovvero la causa della mescolanza.
Il carattere essenziale dell'illimitato sta nel suo essere capace di crescere e diminuire, e di non essere capace di di quantità determinate.
Al contrario, il limite è tutto ciò che si può concepire in proporzioni fisse quali il numero, l'uguale, il doppio, il triplo, il vero, il bello e concetti simili.
Il mescolato è il risultato di questa combinazione nella pratica. Nella pratica né l'illimitato, né il limitante esistono realmente. Aristotele dirà, con altre parole, ma con identica intenzione, che l'infinito non è mai in atto, ma esiste solo in potenza.
E' interessante notare che la causa viene definita come ciò per cui si genera ciò che si genera, ovvero ciò che mette in movimento la trasformazione dal divenire all'esistenza.
Questa prospettiva è chiaramente propedeutica alla determinazione dei concetti ultimi elaborati da Platone circa la struttura della realtà e, vengono direttamente dai pitagorici.
L'Uno e la Diade, insegnava Platone, sono i principi supremi.
Dall'Uno viene la determinatezza, la Diade la riceve nella sua indeterminatezza infinita, sia nel senso del grande che nel verso del piccolo. Nell'unione dell'Uno con la Diade, si genera il numero ideale, essendo ognu numero niente altro che un rapporto determinato tra due grandezze.
Questa dottrina avrebbe assunto, sempre in corrispondenza con gli insegnamenti pitagorici, anche un significato etico, poichè anche dalla commistione dell'Uno con la Diade vengono il Bene ed il Male., non nella loro purezza, ma nella loro mescolanza.
E' certamente difficile, se non impossibile, procedere oltre in quest'esposizione delle dottrine non scritte. Platone finisce qui.
Credo sia evidente che a tarda età egli sentì l'esigenza di mettere per iscritto anche buona parte del suo insegnamento precedentemente impartito solo a viva voce ai membri interni dell'Accademia. Il Timeo ed il Filebo, insieme alle Leggi, costituiscono buona parte di questa parte.
Letture consigliate:
Platone - Opere - Laterza 1971
Giovanni Reale - Storia della filosofia antica, 5 vol. - Ed. Vita e Pensiero 1976-'80
Daniele Lo Giudice - 30 novembe 2002 -