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La filosofia di Platone: l'inizio (parte I)
di Guido Marenco

1. Leggere Platone
2. Autodifesa di Platone come l'ho immaginata
3. La questione socratica: ipotesi sulle differenze tra Socrate e Platone
4. Etica della scrittura
5. Thriller all'Accademia
6. Differenza, differenze
7. Passione e razionalità: il vero inizio
8. L'educazione come paideia


1. Leggere Platone

Dirò subito che il mio rapporto con Platone non è stato dei migliori.
Ho sempre faticato a comprendere il punto di vista platonico e non è detto che ora le cose stiano in modo differente dal primo approccio e dal primo 'litigio' a proposito di certe posizioni espresse in Repubblica.

Platone mi ha costretto a pensare tante volte contro natura, o, per dirla ancor meglio, contro il senso comune delle cose e dell'esperienza, fino a capovolgere il mio punto di vista, e trovarmi come l'Appeso nei tarocchi, appunto con la testa all'ingiù ed un malessere comprensibile.
Ad un certo punto mi sono detto: ha ragione chi, non ricordo il nome, ha sostenuto che si nasce o aristotelici o platonici.
La questione è presto spiegata: in Aristotele prevarrà la convinzione che noi abbiamo idee perchè abbiamo fatto esperienze. In Platone, al contrario, le esperienze possono deviare dalla vera conoscenza, la quale nasce da un lato misteriosamente, come reminiscenza della vita precedente, cioè come ricordo, e dall'altro, come un salire all'intuizione intellettuale ed alla comprensione delle idee, le quali esistono di per sè, anche se nessuno le pensa. La questione è irrisolvibile, ovviamente. Chi preferisce dare importanza ad un approccio soggettivo, a come egli stesso è pervenuto ad avere concetti astratti, sceglierà Aristotele, dunque la strada di una ricerca storica e genetica dei concetti. Chi preferisce dare importanza all'esistenza di un oggetto intellettuale obiettivo, che tutti potrebbero o dovrebbero cogliere, sceglierà Platone.
Alla fine, ci si potrebbe ugualmente incontrare, perchè Aristotele non ha mai negato che esistano idee e principi che consentono di comprendere meglio e più a fondo, e che sono un patrimonio comune, così come Platone non ha mai affermato che l'esperienza sia di per sé negativa e fuorviante.

Per conoscere davvero Platone, non sembri una banalità, occorre leggere i suoi scritti. Non ci si può accontentare dei riassuntini, nemmeno dei nostri, che sono fantastici, ma possono portare a credere che esista un sistema, cioè una rigida concatenazione di nessi logici a partire da un vertice ideale e privo di ulteriori presupposti. Forse, Platone lo ha visto alla fine della sua vita. E certamente lo ha cercato, ma non lo ha trovato subito bello e pronto.
Può darsi che nelle famose dottrine non scritte, qualcosa di questo sistema fosse anche insegnato.
Ma, visto che nessuno può arrogarsi il diritto di poterle riprodurre, è preferibile attenersi agli scritti, i quali non sono sistematici, se non nel metodo, quello di una dialettica sistematica, che riflette l'insegnamento socratico.
Potremmo giocare anche a trovare qualche incoerenza clamorosa tra un dialogo e l'altro. Ma le incoerenze, spesso, lo si dovrebbe capire, sono il frutto di una definizione diversa della stessa idea o dello stesso principio.
Un approccio giusto è quello di osservare con cura lo sviluppo del pensiero di Platone dalle prime opere alle più tarde. Troveremo più coerenze fondamentali che incoerenze spicciole. Ma troveremo anche svolte clamorose, come quella operata nel Sofista, e quell'altra operata nel Filebo, senza contare i passaggi e le contorsioni che interessano l'evoluzione del Platone politico dalla Repubblica alle Leggi.

Platone si fa leggere volentieri; anzi, i dialoghi platonici sono quanto di più piacevole possa capitare in generale ad una persona che ami la lettura.
Rappresentano il modo più facile, scorrevole e persino leggero di scrivere di argomenti pesanti.
Essi danno, ovviamente, molto da pensare, ma sono stati scritti per questo scopo. Danno da pensare perchè volevano insegnare a pensare.

Certo, vi è un modo giusto e corretto di pensare, ad esempio, la 'politica'. Con Platone ci avviciniamo a questo modo, nel senso che riusciamo a pensare non tanto il bene in sè, che è comunque un'idea necessaria alla comprensione intellettuale, quanto il bene della comunità, cioè cosa è meglio per tutti gli appartenenti ad un 'insieme'.
Da qui, noi possiamo seguire differenti ipotesi rispetto a Platone. Faccio un esempio: ci è possibile credere, anche perchè siamo nel 2002, che la democrazia sia un po' meglio di un governo monarchico o di un governo aristocratico, e che la libertà sia comunque preferibile a qualunque garanzia forte di ordine e sicurezza così come ci viene proposta da integralisti, statalisti e fascisti di tutte le specie.
Ma, è questo il punto su cui vorrei insistere, nessuno che conosca davvero a fondo Platone, potrebbe imputare allo stesso una prassi illiberale.
Il suo metodo fu quello della discussione razionale. Anche quando propose delle censure, quelle contro le quali mi sono rivoltato e continuerò a rivoltarmi, perchè le sento un insulto alla ragionevolezza ed alla dignità degli individui, oltre che un invito involontario e fortissimo alla trasgressione ed alla disobbedienza, Platone non si è mai ritirato dietro a formulazioni prescrittive. Ha sempre dato ragione delle sue persuasioni, invitando a discuterne, ribadendo, ovviamente, che questo sarebbe meglio per tutti, e non solo per me. Mi pare di sentirlo.
Ho risposto: allora riconosci l'esigenza di un dualismo educativo. Di' chiaramente che alcune persone devono essere educate diversamente da altre, secondo la loro inclinazione, altro che allevamento di polli!

2. Autodifesa di Platone come l'ho immaginata

Mi sono sentito dire: l'Accademia non è mai stata frequentata da gallinacei, ma solo da chi sapeva di geometria. Cioè, sapeva ragionare. Quello è stato il mio dualismo pratico. Prima divisione: chi sa ragionare e chi no.
Quanto alla faccenda del percorso educativo personalizzato, sappi, bello mio, che ogni mentore (ogni tutor, si direbbe oggi) aveva un rapporto confidenziale con i suoi allievi. S'è mai visto Socrate discutere con le folle? No, ha sempre discusso con poche persone, e con ognuna ha stabilito una relazione diversa. Questo era il mio modello.
Callicle, come ho fedelmente riportato nel dialogo Gorgia, accusò Socrate persino di immaturità perchè la filosofia sarebbe stata, a suo avviso, un'attività utile ai giovani, ma indegna per un uomo maturo, portato dai suoi stessi anni, ad interessarsi più da vicino ai veri problemi della città.
I contemporanei, e tra questo molti amici, mi hanno spesso rimproverato di aver separato la filosofia dalla politica, senza rendersi conto che non esistevano le condizioni perchè un uomo onesto e dabbene partecipasse a quei riti dionisiaci che erano le assemblee popolari, nelle quali si faceva solo a gara a chi gridava più forte e le sparava più grosse.
Decisi di salvare la filosofia per salvare insieme un'idea politica e trasmetterla ai posteri.
Pensai che molti dei guasti riscontrabili nei figli venivano dalla leggerezza dei padri, dal loro riporre la fiducia in una buona educazione nelle mani sbagliate.
Mi impegnai per mostrare che era possibile dar vita ad un nuovo tipo di educazione. In parte ci riuscii, in parte no. Ma, nessuno può venirmi a dire di non aver fatto abbastanza.

3. La questione socratica

Da sempre lo storico della filosofia si trova in difficoltà a stabilire con esattezza una distinzione tra il
pensiero socratico e quello propriamente platonico.
Il problema fu originato dallo stesso Platone, il quale, salvo pochissimi casi, scrivendo dialoghi con Socrate come protagonista, non prese mai apertamente posizione in prima persona con espressioni del tipo "io credo", "io penso", "io dico che..." o, tantomeno, "io mi distinguo da Socrate in questo e quest'altro..."
Ciò non impedisce, ovviamente, una ricostruzione del pensiero di Socrate e, nello stesso tempo, una definizione dei lineamenti fondamentali del pensiero platonico e della sua evoluzione nel corso degli anni.
Tuttavia resta un margine di ambiguità.
Alcuni hanno persino osservato che tutta la filosofia di Platone non sarebbe altro che un tentativo a posteriori di pubblicare Socrate, scrivere una sorta di "vangelo" di Socrate, cioè dell'uomo ritenuto come il più giusto e così, da un lato, proseguirne l'opera, e dall'altro, immortalarne la figura. Sarà, ma non ci ho creduto.
Ho pensato, piuttosto: Socrate è diventato un espediente letterario, e Platone ha inventato la prima forma di romanzo storico a puntate, o se preferite, il racconto storico, mescolando realtà e fantasia. Probabilmente non era questa la sua intenzione.
Eppure, è l'unica giustificazione al suo piccolo grande misfatto.

4. Etica della scrittura

Diogene Laerzio, nella vita di Platone, riporta un'aneddoto secondo il quale Platone avrebbe composto il Liside con Socrate ancora in vita e lo stesso, dopo una lettura dell'opera, avrebbe esclamato: - Quante cose mi ha messo in bocca questo giovanetto!
Non sappiamo se credere o no a questa testimonianza. Tuttavia, il fatto stesso che essa esista in questa forma dimostra che qualcuno degli antichi compagni di Socrate aveva mosso qualche obiezione al modo, spesso disinvolto, nel quale Platone faceva dire a Socrate cose che lo stesso non aveva mai neppure pensato.
Questo dato, in sostanza, pone in evidenza un possibile problema di etica della scrittura.

Che l'intento di Platone fosse quello di usare Socrate per rafforzare le proprie tesi, oppure all'opposto, fosse quello di ingigantire Socrate per riabilitarlo di fronte alla comunità che lo aveva condannato, o ancora, si proponesse di rammentare il vero Socrate ai suoi sconsiderati discepoli (Antistene, Euclide ed altri) in fondo, non sposta il problema.
Uno dei motivi per i quali dissento gravemente da Platone sta proprio nel fatto che rese comunque una 'falsa' testimonianza di Socrate. E qui ha poca importanza stabilire se pro o contro. Ne va della verità storica e per uno come Platone, che cercava la verità, che combatteva per la verità, questa mi sembra una leggerezza 'etica' non da poco.

Recentemente, ho fatto una riflessione che potrebbe addolcire questa critica.
Quando lo ha ritenuto opportuno, Platone non ha esitato, come nel Critia, o nel Sofista, a cambiare il personaggio attorno al quale ruota il dialogo. Segno che sentì la necessità di dare a Socrate quel che è di Socrate. In questa luce, potrebbe essere plausibile pensare che tutti i dialoghi con Socrate protagonista furono, comunque, per Platone, scritti che rispecchiavano qualche abbozzo socratico allo stesso problema. E' dura da digerire, lo so, ma perchè mai dovremmo credere il contrario? E' più affidabile Diogene Laerzio o Platone? Potevano Senofonte ed Aristotele, citati spesso come testimoni di un "altro" Socrate, conoscere quello che Socrate aveva detto in separata sede a Platone?

4.Thriller all'Accademia

Pochi giorni or sono ho terminato di leggere un intrigante giallo dello psichiatra cubano Josè Carlos Somoza, intitolato La caverna delle idee, ed ambientato, pensate un po', nell'Accademia ai tempi di Platone.
Si tratta di uno scritto strano, truculento, allucinato, e improbabile, che denuncia nell'autore un misto di genialità e follia.
Genialità che si rivela, in particolare, presentando un personaggio come il filosofo Diagora, un bravuomo, ma niente più che un fanatico delle idee di Platone, del tutto inadatto ad avere rapporti schietti con i giovani.
Dapprima, mi ha fatto piacere, trovare, per la prima volta, qualcuno che la pensa come me sull'etica della scrittura. Poi, per quella strana reazione di disagio che viene spesso quando vedi la tua idea in bocca a qualcun altro che non la espone nel modo migliore, mi sono anche irritato.
Questo Somoza viaggia troppo all'ingrosso.
Resta che il nostro cubano strizzacervelli ha colpito Platone sul suo stesso terreno: il romanzo storico. Ora abbiamo anche un falso ritratto di Platone. Può rallegrarsene la musa della letteratura, ma non la verità storica.
E, per di più, abbiamo, nella sedicente rivelazione finale, anche una falsificazione di Eraclìto ed Euripide, entrambi accusati di appartenere ad una setta misterica di dionisiaci furiosi. La calunnia è un venticello, si sa.

6. Differenza, differenze

Certo, un'evidente differenza corre tra i primi dialoghi, dei quali è protagonista un Socrate che fa domande ma, non perviene ad una conclusione definitiva "positiva",  da quelli nei quali le domande sono spesso lo spunto per l'esposizione di una teoria positiva.
La mia sensazione è che Platone abbia deciso su ciò che Socrate non aveva deciso, su problemi che Socrate aveva solo posto.
Questo non sempre, ovviamente non su tutto, però in larga misura sì.
Non v'è dubbio, ad esempio, che L'apologia, cioè l'autodifesa pronunciata durante il processo a Socrate esprima il pensiero di quest'ultimo. Non v'è dubbio che il discorso di Socrate nel Critone sia farina del sacco di Socrate. E non v'è dubbio che i dialoghi Ione, Lachete, Liside, Carmide, Eutifrone contengano discorsi schiettamente socratici., anche se, proprio il Liside, è stato citato quale esempio di testimonianza non veritiera.

Ma, stabilire dove cominci veramente Platone diventa problematico.
Aristotele scrisse che la dottrina delle idee è di Platone, non di Socrate. Ok. Però, ragioniamo
Quando Socrate inizia a chiedersi ed a chiederti cosa è quello di cui stiamo cianciando, chiede conto di quale ideatu hai di una certa cosa. Da qui il passo ulteriore: esistono idee oggettive? Al di là della mia e della tua rappresentazione? Quando parliamo di città, di cosa parliamo? E quando parliamo di bene, di cosa parliamo?
Platone decise di mettere in chiaro la questione: le idee esistono oggettivamente. Non ne fa una genesi. Non sente l'esigenza di ricostruire la sua storia intellettuale personale.
Le idee esistono dall'eternità in un mondo immutabile. Se vogliamo dialogare e capirci, dobbiamo avere non solo un linguaggio comune, ma una scienza del linguaggio, una scienza che ci consenta di capire che se dico "bello", non dico carino, nice o pretty, dico "bello", ho un'idea di misura, proporzione, forma, colore, simmetria; insomma tutto ciò che porta al bello, idea oggettiva a cui sono arrivato non con con le mie esperienze, ma con l'intuizione intellettuale che va al cuore della cosa, pardon, dell'idea.

Questa fu la mossa iniziale di Platone.

Un'altra vera differenza sta nel fatto stesso di mettersi a scrivere.
In Socrate non c'era questa esigenza. Si dice che ciò fosse dovuto alla sua sfiducia nella possibilità di scrivere qualcosa di universalmente valido. Si riportano gli argomenti contro la scrittura contenuti nel Fedro.
In realtà, credo che in Socrate sia mancata semplicemente la capacità di scrivere, fare affermazioni, e quindi uscire dal dubbio.
E' un dubbio che interessa anche me. Lo scritto, a meno che non sia una lettera, una mail, una pagina di diario, insomma, una comunicazione personale, ha sempre in sè qualche artificio retorico.

Un modo di aggirare l'ostacolo fu l'invenzione del Dialogo. Grande invenzione. Sfuggendo alle trappole della trattatistica, il dialogo evidenzia come ai diversi problemi siano possibili tanti approcci quante sono le teste dei presenti, ed a volte, degli assenti. Il fine del dialogo è trovare l'idea oggettiva, mostrarla, ritornarci sopra più volte, abbandonarla un attimo, per seguire un'altra pista, poi riprenderla da capo, infinite volte.

Uno dei più importanti insegnamenti di Socrate fu: ognuno di noi ha in sé stesso ragione a sufficienza per arrivare a disfarsi del falso sapere, delle opinioni più triviali.
Conoscendo davvero noi stessi, la nostra vera anima, ci arriviamo.
Il compito del filosofo non sta nell'imporre la sua visione superiore, ma solo nel distruggere le rigidità mentali attraverso provocazioni, cioè stimoli a dialogare e non a scontrarsi verbalmente.
Socrate pose, spesso, solo problemi, seppellendoci di domande; fu Platone che provò a risolverli, di fronte alla dissoluzione del pensiero del maestro nelle correnti dei cosiddetti socratici minori.

7. Passione e razionalità: il vero inizio

Socrate aveva profondamente impressionato Platone, fino a sconvolgerlo.
Incontrando Socrate, Platone, 'poeta' e 'letterato', scoprì la dimensione della razionalità.
E subito gettò via quella fresca composizione con la quale voleva partecipare ad un concorso letterario, considerandola evidentemente come 'vergognosa'.
Da questo incontro sconvolgente in poi, Platone non fu più libero di descrivere e raccontare la vita e le passioni umane. Fu costretto a combatterle in nome, paradossalmente, della sua più grande passione, cioè il bene dell'umanità.

Dunque, in origine il vero confronto era tra passione e ragione, azioni spontanee dettate dal desiderio o dal bisogno, e razionalità.
Se chiami con altri termini i due atteggiamenti, capisci meglio: irruenza e saggezza.


Senonchè, con Socrate, la saggezza conosce una metamorfosi radicale, diviene ricerca non già di cosa probabilmente sia meglio per l'uomo secondo il costume, le tradizioni, l'insegnamento di mamma e papà, ma ricerca di cosa sia meglio per l'uomo, andando anche contro il costume e la tradizione, non esclusi mamma e papà.

Lo compresero Meleto e Anito, che accusarono Socrate di empietà, sovversione, reati ideologici e d'opinione.


Forse, e qui il 'forse' è davvero importante, Socrate si era limitato a constatare che nell'uomo esiste una sfera più nobile: l'anima. Non aveva intenzione di spaccare l'uomo in due, dicendo che una parte di esso è male.

E, probabilmente, non aveva nemmeno intenzione, di dire che tutto il male viene dal corpo: ci doveva essere anche un male dell'anima. Il corpo ha esigenze, è l'anima che coltiva i desideri e guida il corpo a realizzarli. Normalmente, si cita il dialogo Sofista, opera della vecchiezza, per evidenziare che Platone giunse a dire che l'anima è in grado di agire e di patire, quindi di subire ed attuare il movimento. Ma quest'affermazione è già presente nel Fedro. Il male dell'anima è soprattutto la sua ignoranza. Patisce una deviazione quando è attratta dai piaceri più bassi, e come Pinocchio, è attirata da presunti maestri, come Lucignolo, nel paese dei balocchi.

Da un punto di vista generale, diciamo di storia del pensiero umano intorno alla realtà ed alla condizione umana, quello evidenziato da Platone è un vero problema: vincere le passioni, orientare l'istintuale e la natura umana alla nobiltà, volgere la psiche (l'anima) alla razionalità.
Perchè? In nome della passione più grande di tutte le altre, cioè l'amore per l'umanità, il desiderio di un avvenire più giusto e mano cruento, per tutti. Tutte le passioni portano a qualche atto sconsiderato, a perdere la testa, far male a qualcuno per il bene di qualcun altro.

8.L'educazione

In questo ultimo periodo mi sono davvero convinto di questo: tutta la filosofia platonica è comprensibile se interpretata come un titanico sforzo volto ad educare i giovani, e non solo i giovani, ad una vita sana e virtuosa per il bene del singolo e per il bene di tutti. Bravo! - direte - hai scoperto l'acqua calda.
In realtà, a volte, è proprio dell'acqua calda che c'è bisogno. Quando ci ripetiamo stancamente una formuletta imparata a memoria, non è detto che l'abbiamo davvero presente nel suo significato.
Su sollecitazione di Socrate, Platone prese ad interrogarsi: come è possibile educare qualcuno?
Ci pensa e ripensa, scopre che basta guardare alla propria esperienza: "Socrate mi ha educato!"
In realtà, caro Platone, ti ha soprattutto impressionato, affascinato e turbato. Era un individuo unico, inimitabile e sconvolgente che attirava i giovani inquieti. Glie lo hai fatto dire tu stesso, nell'Apologia.
La fortuna sta nell'incontrare personaggi siffatti. Ma, pensare di imitarne il modello, trasferirlo nelle mani di filosofi ordinari, ti sembra una grande trovata? Non ti pare che ogni insegnante abbia il diritto di essere un po' più sé stesso ed un po' meno Socrate?
(Questa volta non sento alcuna risposta, il feeling si è rotto.)
Devo rispondere io, allora.
Assumere un metodo non significa annullare il proprio carattere. Il problema vero è da sempre lo stesso: capacità di trovare il modo migliore di applicarlo ( e variarlo) a seconda delle circostanze.
Darei atto a Platone di aver provato a insegnarlo.
Educazione, per Platone, non significa istruire in modo mnemonico e nozionistico, richiedendo terribili tour de force alla memoria, ma dialogo, progressiva presa di coscienza, risveglio di tutte le facoltà.
Educare significa formare, cioè aiutare ad autoformarsi, dunque, e non semplicemente informare delle mie idee di grande filosofo.
In questa luce, educare, significa soprattutto insegnare a guardarsi dagli inganni della retorica, partendo da una delle grandi acquisizioni socratiche, ovvero che la vera virtù è insegnabile.
Nel Menone, Socrate riceve una sfida: "Ma in qual modo, Socrate, andrai cercando quello che assolutamente ignori?" Domanda che sembra terribile, e che, in realtà lascia il tempo che trova, perchè noi cerchiamo il senso delle cose e le ragioni per le quali le cose stanno così e non cosà. E per questo ci interessiamo di filosofia, di scienza, di arte e musica.
Ma lo stesso Socrate sembra turbato dalla domanda. Avverte il problema: "...l'argomento secondo il quale non è possibile all'uomo cercare né quello che sa, né quello che non sa: quel che sa perchè conoscendolo non ha bisogno di cercarlo; quel che non sa perchè neppure sa cosa cerca."


La risposta al prossimo file


guido marenco - prima stesura 20 ottobre 1999 - seconda stesura 28 novembre 2002


Libri consigliati:
almeno i seguenti dialoghi nell'edizione che vi capita: Eutidemo, Fedro, Menone, Fedone, Gorgia, Protagora, Repubblica.
D. Ross - Platone e la scrittura filosofica - Il Mulino, Bologna 1989
W. Jaeger - La formazione dell'uomo greco - vol. II/ Alla ricerca del divino - vol. III/ Il conflitto degli ideali di cultura nell'età di Platone - La Nuova Italia - Firenze, 1959
F. Adorno - Platone - Laterza - l'anno cercatelo voi.
Pierre Hadot - Che cos'è la filosofia antica - Einaudi, Torino 1998