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On The Algebra of Logic. A contribution to the Philosophy of Notation
di Charles Sanders Peirce (estratto da Collected papers, 3.374 - Harvard University Press 1965)
Il problema è quello di vedere il senso che in logica è il più utilmente attribuito ad una proposizione ipotetica. Ora, la peculiarità della proposizione ipotetica è che essa va oltre lo stato attuale di cose e dichiara quel che capiterebbe se le cose fossero diverse da come sono o possono essere. Il vantaggio che ne deriva è che essa ci pone in possesso di una regola, cioè che "se A è vero, B è vero", tale che se in seguito dovessimo imparare qualcosa che ora non sappiamo, e cioè che A è vero, noi in forza di questa regola, troveremmo che sappiamo qualche altra cosa, cioè che B è vero. Non v'è alcun dubbio che il Possibile, nel suo significato primario, è ciò che può esser vero per quanto ne sappiamo, e della cui falsità non sappiamo nulla. Lo scopo è raggiunto, allora, se nell'intero ambito della possibilità, in ogni stato in cui A è vero, anche B è vero. La proposizione ipotetica può pertanto essere falsificata da un singolo stato di cose, ma solo da uno in cui A è vera mentre B è falsa. Stati di cose in cui A è falsa, come quelli in cui B è vera, non possono falsificarla. Se, dunque B è una proposizione vera in ogni caso nell'intero ambito delle possibilità, allora la proposizione ipotetica, presa nel suo senso logico, va considerata come vera, quale che sia nel discorso ordinario. Se, d'altro canto, A non è vera in alcun caso, nell'ambito delle possibilità, è indifferente che la proposizione ipotetica sia intesa come vera o falsa, poiché non è impiegabile. Ma è più semplice classificarla tra le proposizioni vere, poiché i casi in cui l'antecedente è falso non falsificano un'ipotetica, in ogni altro caso.