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Friedrich Wilhelm Nietzsche

di Renzo Grassano

Ho pensato di scrivere un testo facile e riassuntivo, data la difficoltà dell'argomento, perchè, nella mia ormai trascorsa attività di insegnante, avevo notato che la spiegazione di Nietzsche provocava e provoca, generalmente, due atteggiamenti diametralmente opposti: da un lato una sorta di rifiuto dettato da pregiudizi ideologici o religiosi, dall'altra un'adesione entusiastica non sempre dettata da una schietta passione filosofica, ma spesso provocata per motivi altrettanto ideologici, quando non antireligiosi o, perfino, politici.
In genere Nietzsche era ben accolto da giovani con forti simpatie per la destra reazionaria e l'antisemitismo, e questo mi creava grandi problemi, giacchè la vera questione, affrontando Nietzsche, è quella di comprendere al volo che il suo pensiero non è catalogabile in alcun modo come reazionario, ma semmai come un pensiero della liberazione dai dettati morali più reazionari ed ingiustificati.
Vorrei far notare che alla prima stesura di questo scritto, nella riga precedente avevo immesso la parola "autoritari" al posto di "ingiustificati". Forse, l'espressione giusta potrebbe essere "autoritari e, quindi, ingiustificati", cioè non motivati a sufficienza.
Questo, ovviamente, presuppone che si riconosca come valido l'asserto secondo il quale si ricorre a forme di autoritarismo, anche involontariamente, quando si ritiene che gli individui ai quali ordiniamo, o consigliamo, qualcosa non siano in grado di comprenderne il motivo o la necessità.
Oppure, e questo caso non è purtroppo infrequente, quando chi comanda non è all'altezza del comandato, cioè possiede cultura od intelligenza inferiori a chi dovrebbe dirigere.
Si potrebbe infine individuare un terzo caso: quello dell'incoerente e del prepotente che comanda azioni buone agli altri, pur essendo membro onorario della feccia della peggior specie. Anche questo caso non è infrequente.
Ecco, vorrei dire, che Nietzsche mi sembra carente proprio sotto questo profilo: non è mai riuscito, come filosofo, a calarsi nella situazione di chi ha comandato qualcosa in modo autoritario, a beneficio e non a danno di altri.

Qualsiasi pensiero reazionario presuppone comunque una razionalità che oppone il nobile, inteso come uomo saggio e colto, di salda esperienza, al volgo ignorante ed incapace. E' pensiero che afferma come gli uomini abbiano bisogno di una salda guida, non solo morale e politica, ma anche intellettuale e religiosa per il loro stesso bene materiale e spirituale. Tutto questo richiede istituzioni consolidate, uno stato autorevole, delle leggi indiscutibili ed un pensiero forte sul senso della vita che non ammetta deroghe e cedimenti all'illuministica illusione che ognuno sia dotato di ragione, e che dunque saremmo tutti uguali se non fosse che siamo nati, e poi stati educati, in ambiti diversi.
Il bastione di ogni autentico pensiero reazionario è che solo pochi sono i maturi, e che la massa è un gregge di bambini capricciosi. La convinzione più profonda dei rezionari è che occorre uno stato forte, dotato di una polizia superefficiente in grado di mantenere l'ordine anche prevenendo il disordine.

Nietzsche è in totale contrapposizione a tale razionalità di destra, molto spesso fondata teologicamente, prima ancora che filosoficamente, sulla difesa dei valori cristiani e della civiltà europea, dell'ordine e delle istituzioni storiche maturate nel tempo.
Nietzsche risulta eversivo rispetto a quest'ordine, tanto quanto risulta indiscutibilmente antisocialista, nemico irriducibile di tutti gli appiattimenti ugualitari che fanno polpette delle differenze di qualità.
Fu dunque una sfida sia per la destra che per la sinistra, anche se poi, storicamente, fu il nazismo a strumentalizzare il suo pensiero, deformandolo fino alla caricatura, per poi farne uno strumento di tutto quello che Nietzsche aveva aborrito: l'efficienza socialista della macchina schiacciasassi, l'organizzazione che appiattisce e rende uguali, tutti in divisa, tutti rotelle di un ingranaggio, il marchio di fabbrica della grande industria tedesca.

In generale non è molto corretto partire dalla fine ma, in questo caso mi sembra quanto mai utile. Dopo il 1889, come tutti sanno, Nietzsche impazzì. Portato alla clinica universitaria di Basilea, fu prima assistito dalla madre, e poi dalla sorella. Fu questa ad entrare in possesso di tutti i suoi scritti, e fu lei a promuovere una interpretazione distorta del suo pensiero, aiutata in questo da Peter Gast. Ne venne che l'edizione postuma de La volontà di potenza (Der Wille zur Macht) fu ritenuta largamente inattendibile da buona parte degli studiosi. Essa contiene valutazioni di tipo biologistico, per esempio, che furono ovviamente assimilati dalle dottrine nazionalsocialiste.
Lo scrivente non ha mai letto quest'opera (come del resto non ha letto molte opere di Nietzsche) e quindi non può fornire valutazioni di prima mano. Però la mia impressione, ricavata dalle comunque attente letture di alcuni testi di questo filosofo, Zarathustra, Aurora, La gaia scienza, La nascita della tragedia, Ecce homo, mi porta a credere sia logicamente impossibile ricavare parole d'ordine di tipo antisemitico, o un qualsivoglia mito della razza.

Piuttosto si tratta di questo: contrapponendo la sua accettazione del tragico greco ad ogni tentativo di razionalizzare l'esistenza ed a volgerla a coltivare virtù civili, egli non fece che ribadire antiche concezioni sofistiche e presofistiche in nome del diritto del più forte di rendersi protagonista di grandi imprese e di vivere fedele alla terra ed agli istinti, e non al cielo ed a insegnamenti spirituali.
Non a caso Nietzsche mosse dalla contestazione di Socrate e Platone, cercando di demolire le loro teorie e di opporre ad esse una altrettanto forte teoria dell'umano irriducibile a qualsiasi tentativo di razionalizzazione etica.
Ma la sua 'predicazione' aveva connotati individualistici che andavano contro la massificazione. L'eroe di Nietzsche era un cavaliere individuale, non un caporale dell'esercito e men che meno una sfilata oceanica di torce accese nella beluina notte del terzo Reich sotto l'odioso simbolo della svastica.

Friedrich Wilhelm era figlio di un pastore protestante. Nacque a Röcken, in Sassonia il 15 ottobre 1844 ed alla morte del padre (1849), ancora bambino si trasferì con la famiglia a Naumburg dove frequentò in seguito il ginnasio reale di Pforta. Studiò teologia e filologia avendo come insegnante Friedrich Wilhelm Ritschl, e più tardi lo seguì a Lipsia, quando questi si trasferì.
Qui iniziò a leggere Schopenhauer e strinse una importante amicizia con Erwin Rohde.

L'incontro con il pensiero di Schopenhauer fu di importanza fondamentale. Si può dire che è da questa lettura che prese avvio la reinterpretazione del mondo greco e della decadenza della civiltà occidentale nel suo insieme a cui porre rimedio con l'apertura di una prospettiva di rigenerazione dello spirito umano attraverso l'arte e la musica.
Dalla lettura di Schopenhauer, Nietzsche ricava la convinzione della irrazionalità del divenire cosmico e dell'esistenza umana. La vita, priva di un senso trascendente, è in tale assurdo contesto nulla più che il guizzo effimero di una fiammella.
Ma, se per Schopenhauer la soluzione al non senso rimaneva l'ascesi, cioè il distacco dai beni e dai valori considerati tali dall'umanità, unita alla noluntas, cioè al rifiuto di vivere seguendo la volontà cosmica, per Nietzsche venne presto a maturare una strada del tutto alternativa: quella dell'accettazione, un sì alla vita pronunciato con slancio e senza esitazioni.
Non noluntas, ma voluntas, declinata quindi a partire dal sentimento tragico della vita, a modello dell'esperienza artistica, del tutto alternativa a quella delle scelte razionali che dovrebbero guidare la vita del filosofo e di chi ama la filosofia e le virtù civili.

Nella Nascita della tragedia, Nietzsche cominciò a rendere chiaro questo suo atteggiamento antisocratico rivalutando Eschilo e Sofocle, ed esaltando la musica di Wagner.
In questo testo è chiaro anche un atteggiamento anticlassico ed antiumanistico: la classicità greca, secondo Nietzsche, in quanto equilibrio delle forme e senso della misura e della proporzione, dipenderebbe dall'immagine deformata del mondo greco che ci hanno trasmesso i primi pensatori cristiani. Contro questa immagine deformata, Nietzsche rivaluta i pensatori presocratici e denuncia con grande forza tanto il razionalismo quanto lo stesso classicismo (alla Winckelmann) come una negazione della vita.

L'analisi di Nietzsche, nella Nascita della tragedia, porta ad individuare due figure, o meglio, due impulsi vitali che la forza istintiva dell'uomo presocratico recava in se: il dionisiaco e l'apollineo. Il primo carattere è la più schietta espressione dell'ebbrezza creatrice e la cui massima espressione sarebbe la musica.
L'Apollineo esprime invece le forme limpide tipiche della scultura. La tragedia e la poesia sarebbero quindi il risultato di una sintesi di questi due caratteri diversi.
Tuttavia, già nelle tragedie di Euripide, secondo Nietzsche, la sintesi comincià a spezzarsi per il prevalere dell'apollineo sul dionisiaco. In un certo senso, l'apollineo diventa filosofia, una scultura di concetti e di considerazioni razionali sui comportamenti umani. In tale quadro la pretesa socratica, e prima ancora pitagorica, di dare un quadro esaustivo del perchè le cose appaiono, crescano e scompaiono, attraverso la spiegazione razionale di cosa accade dopo la morte, segna l'inizio stesso della decadenza occidentale.
La contrapposizione tra anima e corpo, tra vita del pensiero e vita della carne, segna la mortificazione della vita.
E' vera virtù, per Nietzsche, ogni impulso che conduca alla resurrezione della vita stessa.
Ma, l'attacco colpisce anche lo stesso principio di causalità, cercato da Socrate in poi, come pretesa di trovare cause metafisiche a situazioni fisiche governate dal caso e dal caos.
Con Nietzsche, l'intero impianto metafisico-filosofico della tradizione occidentale vien quindi rimesso totalmente in discussione.

Un punto assai importante appare quello della critica alla storiografia.
Nella seconda delle Considerazioni inattuali, quella intitolata Sull'utilità e sul danno della storiografia per la vita, Nietzsche critica l'eccesso di storia che caratterizza l'uomo moderno, e la concepisce come estrema conseguenza dell'incapacità di agire. L'uomo contemporaneo, schiavo della mentalità storiografica si aggira come un turista ozioso nel giardino della storia, ma è incapace di crearne una nuova.
Il che, se si pensa a tutto quello che è accaduto durante la vita di Nietzsche, e dopo, pare francamente una barzelletta.
Comunque, è bene sapere che il nostro vide nei confronti della storia tre atteggiamenti possibili: la storia monumentale, determinata dalla visione del passato come esempio; la storia antiquaria, caratterizzata dalla raccolta dei reperti del passato come qualcosa da esibire e collocare nei musei; la storia critica, cioè l'atteggiamento vigile che discerne e condanna ciò che è di impedimento alla realizzazione del presente.

Ovviamente, Nietzsche simpatizza per questo ultimo atteggiamento.
Nel 1876 intervengono nella vita di Nietzsche alcuni fatti importanti. Anzi, già nel 1875 egli aveva conosciuto il musicista Peter Gast (pseudonimo del sig. Heinrich Köselitz), ma nel '76 conobbe lo psicologo Paul Rée, con il quale, insieme a Lou Salomé, ebbe un intenso confronto. Nel '76, inoltre, si consumò la rottura con il grande musicista Richard Wagner e la consorte Cosima von Bulow.
Potremmo dire che inizia, in questo periodo, una seconda stagione sempre caratterizzata dall'accettazione della vita, ma, al contempo dall'abbandono degli estetismi tragici giovanili, per abbracciare una tensione scettica e relativistica.
La scrittura degli aforismi contenuti in Umano, troppo umano segna l'inizio di questo percorso.
La critica del civiltà occidentale, anzichè proiettarsi verso l'ideale di una rinascita del tragico, si declina piuttosto verso una critica radicale della morale occidentale. Ricco serbatoio di idee sono i moralisti e gli illuministi francesi, così come alcune posizioni del positivismo naturalistico. Opere quali Aurora e La gaia scienza mostrano un certo interesse per la chimica, la fisica, l'astronomia, discipline nelle quali Nietzsche coglie un sapere analitico ed antimetafisico.

In questa fase, Nietzsche assume come bersaglio polemico il platonismo, la morale ebraico-cristiana, le ideologie democratiche e socialiste. Il tratto comune che le caratterizza è la negazione della vita. Il platonismo, introducendo la dottrina dei due mondi, quello sensibile e quello ideale e metafisico, negando la corporeità che è l'unico vero mondo. Identico il giudizio sul cristianesimo, considerato come un'anestesia della vitalità.
Secondo Nietzsche, l'amore per il prossimo, l'ugualitarismo, la pietà, il senso di colpa sono alla base della decadenza e sono la morale del gregge, anzi, una morale da schiavi.
Riprendendo una topica di alcuni sofisti, denuncia con grande vigore come dietro ai "valori comuni" predicati da tale morale, vi sia il risentimento degli spiriti deboli contro spiriti forti.
Questo predicare virtù civili non sarebbe altro che un mascheramento della debolezza del volgo. Al di là del bene e del male, sarebbe dunque nascosto il vero contrasto tra grandi ed aristocratici e la plebe più volgare e depravata.

Per Nietzsche si tratta quindi di rovesciare la morale tradizionale e affermare una morale da signori, che affermi la vita, la forza, il coraggio, mediante una trasformazione radicale definita trasmutazione di tutti i valori.
Questa trasformazione deve avvenire attraversando l'esperienza della morte di Dio e del nichilismo.
Occorre abbandonare il crocefisso e riabbracciare Dioniso.
Ma, la morte di Dio non è qualcosa che va attuata nel presente. Non si tratta di uccidere Dio, Egli è già morto. La negazione dei valori ebraico- cristiani è già in atto. Davanti abbiamo un vuoto, un nichilismo compiuto che non è per nulla uno stare meglio di prima.
Quello di Nietzsche, pertanto, non è un ateismo facile, cui si giunge con leggerezza.
Nietzsche si mostra consapevole di quanto sia difficile vivere senza Dio, e attraversare il deserto del nichilismo che cresce.
Rispetto a ciò esistono due vie: quella del nichilismo passivo, tipico di chi subisce la consumazione dei valori tradizionali con spirito succube e tremante, come fanno i servi a cui è morto un buon padrone, ed esiste poi la via del nichilismo attivo, perfetto, il nichilismo che aiuta a cadere ciò che sta crollando con una robusta spallata.
Nietzsche si autodefinì come "il primo perfetto nichilista d'Europa.

Zarathustra e terza fase del pensiero di Nietzsche
Nel 1883 esce lo Zarathustra, opera che secondo alcuni rappresenta una terza fase nel pensiero di Nietzsche, già gravemente segnato dalla malattia. Questa fase sarebbe segnata da tre distinte dottrine: quella della volontà di potenza, quella del superuomo, e quella dell'eterno ritorno.
Ma questa fase, a partire dalla sua stessa esistenza, è piuttosto controversa. Gli interpreti non sono affatto concordi nel riconoscere un senso preciso e comune.
Se la volontà di potenza può essere facilmente riconosciuta, infatti, come il principio di ogni vita, come qualcosa che spinge ogni cosa al suo compimento, non già come intendeva Aristotele, in modo finalistico e teleologico, ma come impulso ad essere più forte, ad andare oltre la mera conservazione di sé, ma per imporsi, per potenziarsi ulteriormente, pur trattandosi di un impulso finito. Nell'uomo la volontà di potenza è portata alle estreme conseguenze. Ed in questa prospettiva che nasce l'Uebermensch, il super-uomo, od anche, forse in modo più consono al pensiero di Nietzsche, l'oltre-uomo, l'uomo che, superata la crisi dei valori tradizionali, diventa in grado di capovolgere il tu devi nell'io voglio. L'Uebermensch sarebbe dunque da interpretare non già in senso biologico e razzista, ma come risposta alla storia e al declino della civiltà del tu devi, anche se non capisci bene perchè lo devi, in un io voglio che accada quello che dovevo far accadere.
Solo in questo contesto l'Uebermensch è possibile, ed inizia una nuova era dell'uomo che non si lascia più lusingare ed ingannare dalle balle metafisiche e dalle promesse ultraterrene.

L'eterno ritorno dell'uguale (die ewige Wiederkehr des Gleichen)
Distrutte tutte le favole, il superuomo sa che ciò che veramente vuole è l'eterno ritorno dell'uguale, non già in una prospettiva di tipo cosmologico, come in certe dottrine orientali, o nella stessa filosofia di Eraclìto, e quindi da non intendersi come un semplice ritorno alla visibilità di ciò che è scomparso nella danza cosmica del divenire.
Sarebbe infatti un acconciarsi a credere ancora alle favole della metafisica.
Volere l'eterno ritorno, infatti, significa per Nietzsche, rimanere fedeli alla terra ed al nichilismo compiuto, vivendo il presente come se lo si volesse vivere infinite volte, abbandonando del tutto la prospettiva metafisica per la quale si vive per qualcosa che sta oltre la vita sensibile, l'al di là che ci premierà o ci punirà in ragione del nostro comportamento.
Ogni attimo ha un suo senso compiuto, e trova il suo fine nell'attimo stesso.
Volere l'eterno ritorno è per il super-uomo uno stimolo a vivere senza spiegazioni trascendenti, fedele solo all'istinto ed al presente, al di là del bene e del male intesi in senso teologico.

Scrive Eugen Fink: "Con l'Eterno Ritorno, Nietzsche concepisce lo spazio ed il tempo di ogni movimento della Volontà di Potenza. La dottrina dell'Eterno Ritorno insegna proprio la mancanza di senso e di valore del Tutto, nel quale ogni valore si attua. <<Il valore complessivo del mondo non è valutabile.>> Avere valore è la determinazione fondamentale che Nietzsche dà all'Essere dell'Ente finito; mancanza di valore la fondamentale determinazione della totalità dell'Essere, e della totalità del divenire, secondo l'idea dell'Eterno Ritorno.
Nella quadruplice articolazione della sua problematica, come nella impostazione fondamentale della sua filosofia dei valori, Nietzsche continua a dipendere dalla metafisica.
Ma la questione centrale di ogni interpretazione di Nietzsche rimane se questa dipendenza dalla metafisica, da lui stesso appassionatamente combattuta, sia completa, oppure se egli riesca in qualche modo a superarla. L'interpretazione di Nietzsche di Heidegger nei Holzwegen nega un'irruzione di Nietzsche nella libertà di una nuova aurora del mondo. Secondo Heidegger, Nietzsche rimane prigioniero della metafisica, in quanto egli ne porta a compimento in un determinato modo le tendenze fondamentali." (E. Fink - La filosofia di Nietzsche - Marsilio editori, 2° ed. corretta, 1976)

E' su questo punto che il dibattito su Nietzsche è apertissimo tutt'oggi. Come se fosse davvero così importante per le nostre sorti future stabilire se siamo dentro alla metafisica quando pensiamo che un giorno la nostra vita finirà e l'unica nostra speranza rimane che un paradiso esista sul serio, altrimenti siamo fritti, cioè finiti. Nell'attesa, che fare? Vivere pensando a vivere, che altro? Si può vivere di metafisica? Non conviene, forse, pur evitando le esagerazioni nicciane, vivere nel miglior modo che ci è possibile, secondo umana saggezza, giusta considerazione per i deboli, grande senso della tolleranza e rispetto per il prossimo? E finirla di cercare problemi che non sono problemi?


RG - 10 gennaio 2003