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Introduzione a Marx / 5 Forze produttive e rapporti di produzione
di Carlo Fracasso
Secondo Marx, lo sviluppo storico reale è sempre contrassegnato da due elementi fondamentali: le forze produttive ed i rapporti di produzione.
Per foorze produttive si intendono:
1) gli individui che lavorano e costituiscono la forza-lavoro
2) i mezzi di produzione, ovvero tecniche e macchinari
3) le conoscenze tecniche e scientifiche
I rapporti di produzione sono dati dalle relazioni che si stabiliscono tra gli individui nella sfera della produzione, e trovano la loro espressione giuridica nei rapporti di proprietà: «... l'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica alla quale corrisondono forme determinate della coscienza sociale.» (da Per la critica dell'economia politica)
Per Marx non sono le leggi, lo stato, la cultura e la religione a determinare la struttura economica, ma questi a determinare quelli. Quindi, è nella dimensione della struttura che si sviluppa la contraddizione fondamentale che produce la storia:« ... ad un dato punto del loro sviluppo.le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà. [...] Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura.» (da Per la critica dell'economia politica)

La contraddizione crescente tra lo sviluppo delle forze produttive in senso dinamico e rapporti di produzione statici è dunque la chiave di volta di tutta la filosofia marxiana della storia: il materialismo storico.
Marx mostra che in ogni situazione storica, quando interviene un mutamento rilevante (per esempio: un progresso tecnico), si genera uno sviluppo delle forze produttive. Ma queste, ingabbiate nei vecchi rapporti di produzione, devono rimuovere l'ostacolo. Si entra così in una situazione di contraddizione reale: i vecchi rapporti negano le nuove forze produttive. Dalla necessità del cambiamento emerge un momento di rivolgimento sociale e politico.
Per Marx, come del resto per i positivisti suoi contemporanei,il tipo di società che emerge dal conflitto è sempre superiore al precedente: le forme produttive più sviluppate sono il contrassegno di forme di esistenza individuale e sociale, nonchè di sovrastrutture giuridiche e culturali progredite.

Come è stato mostrato da alcuni studiosi, in particolare Werner Hoffmann (1), la dialettica materialistica distingue tra essenza e forma fenomenica della realtà. Ma il procedimento teoretico che arriva all'essenza di uno stato di cose (peraltro sempre dinamico) rimane empirico. Infatti, continua ad ascrivere l'essenza dei rapporti di produzione e l'essenza delle forze produttive ad una dimensione reale e non metafisica, esponendole così ad ogni possibile verifica.
«Con ciò - scrive Hoffmann - l'essenza ed il fenomeno non vengono considerati equipollenti: l'essenza spiega i fenomeni ed il loro nesso, e non inversamente il fenomeno l'essenza. E' perciò ovvio che quest'ultima è di natura diversa dall'immagine fenomenica generalizzata (per esempio a "tipo" oppure a "modello"), e non è semplicemente la forma che si ripete. ( Da ciò deriva la condanna marxista del "formalismo" del pensiero). Poiché soprattutto nella società mercantile il fenomeno delle cose è al tempo stesso anche la loro parvenza, è evidente che la spiegazione dell'economia moderna, in modo specifico, esige il particolare sforzo di una teoria che penetri anche dietro le cose.» (1)
Il che, detto allo stesso modo di Marx, porta ad un'osservazione piuttosto importante: non vi sarebbe bisogno di scienza (nel senso di indagine sistematica, empirica e sperimentale) se fenomeno ed essenza coincidessero sempre.

Chiarita questa fondamentale fondazione empirica dell'analisi marxiana dei processi storici, abbiamo che nella grandiosa ( ma criticata) visione storica di Marx la società borghese, affermatasi compiutamente con la rivoluzione industriale e la rivoluzione francese, è una sorta di mondo rovesciato perché il potere e la ricchezza prodotti dagli uomini si staccano da essi e li dominano in modo cieco.
Per questo il cambiamento rivoluzionario è oggettivamente inevitabile: la società borghese produce essa stessa le condizioni materiali per il superamentodi questa situazione.
Il comunismo diviene così nella prospettiva di Marx, non «... uno stato di cose di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente.»

(continua)
note:
1) Werner Hoffmann - Da Babeuf a Marcuse - Mondadori
CF - 7 maggio 2004