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Introduzione a Marx / 1. La critica ad Hegel
di Carlo Fracasso
Persino Karl Raymund Popper, sicuramente il più lucido e coerente antimarxista dell'ultimo secolo, riconobbe l'onestà intellettuale, il senso dei fatti,, il disprezzo della verbosità moraleggiante e l'atteggiamento antipsicologico tipici di Karl Marx.
«Egli - scrisse Popper - ci aprì gli occhi e ce li rese più acuti in molti modi. Un ritorno alla scienza sociale pre-marxiana è inconcepibile. Tutti gli autori hanno un debito nei confronti di Marx, anche se non lo sanno.» (Da La società aperta ed i suoi nemici, voll II)
Miglior riconoscimento è difficile trovare, neppure tra gli amici e gli eredi (o supposti tali), i suoi fedelissimi, o persino i suoi "fanatici".
Eppure, si dice, il marxismo è in crisi totale, irrimediabilmente confutato dalla storia, dal crollo del comunismo, dalla sua fine vergognosa e ingloriosa.
Qualcosa di vero c'è. Ma vanno fatte alcune precisazioni.
Marx e marxismo non sono la stessa cosa. Come non lo sono marxismo e comunismo. Sono esistiti più marxismi ed anche più comunismi e socialismi. I regimi che sono caduti non erano, ormai, che caricature del comunismo.
La Cina non è un paese comunista. Nemmeno il Vietnam lo è. La Corea del Nord è, con tutta probabilità un morbo.
Quanto a Cuba, potrei dire che solo con la fine di Fidel Castro potremo dare un giudizio più analitico e completo. Oggi prevalgono gli aspetti di un'odiosa dittatura, non del proletariato, ma di un vecchio rincitrullito e della sua polizia segreta che vede nemici e complotti dappertutto.
Ma non bisogna dimenticare, come spesso accade, che proprio Cuba rappresenta un'oasi di mediocre benessere in un'area tra le più povere ed ingiuste del mondo intero. Basti pensare a come si vive in Giamaica, ad Haiti e nelle isole vicine per rendersene conto. Se il comunismo cubano è fallimentare, cosa dovremmo dire del capitalismo giamaicano o del tribalismo haitiano? E questi, si badi, sono parte del cortile di casa dello zio Sam.
Ecco, cominciamo da un punto essenziale: Marx e marxismo non sono la stessa cosa. Io sono fermamente convinto che Marx non avrebbe sottoscritto una sola riga di tanti scritti di autori marxisti, compresi i vari Lukacs, Korsch, Bloch, o persino Gramsci, Lenin e così via. Il marxismo è diventato presto una scolastica in senso deteriore, anche se alcune correnti hanno conosciuto momenti di profonda fecondità, ed hanno saputo rinnovarsi.
Distinguere tra Marx ed i marxismi è dunque il primo compito di chi voglia riassumere in modo chiaro il pensiero del "Moro".
Il secondo è certamente quello di ricostruire genesi e sviluppo del pensiero di Marx secondo cronologia. Cosa che molti marxisti non hanno potuto fare che parzialmente, dato il lungo periodo di indisponibilità di molte opere giovanili.
Personalmente ritengo importanti gli scritti del primo periodo. Mi ripropongo di darne una interpretazione più dettagliata in altra sede. Qui mi limito per l'evidente ragione che sto scrivendo un Vi presento Marx, poco più che un biglietto da visita.
Crescendo a contatto con gli ambienti della sinistra hegeliana, leggendo Ruge, Bruno Bauer e, soprattutto Feuerbach, matura nel giovane Marx l'esigenza di restituire alla filosofia una funzione critica nei confronti del mondo com'è realmente. Il primo scoglio fu il confronto con Hegel. Nacque la Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico che si concentrò nel commento dei paragrafi § 261- 313 dei Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel.
La critica fu innanzitutto metodologica.
Marx rimproverò ad Hegel di aver adottato una prospettiva di tipo logico per spiegare il formarsi di realtà empiriche. Come se, appunto, la famiglia, la società civile e lo Stato fossero manifestazioni necessarie dello Spirito. Ne veniva che tutto il sistema hegeliano era un sistema speculativo astratto, rovesciato rispetto alla realtà.
Tutto ciò diventava mistificante quando si passava dal piano filosofico a quello politico.
Il "misticismo logico" di Hegel non poteva che condurre alla legittimazione dell'esistente, a quella riconciliazione tra individuo e Stato prussiano contestata dai progressisti.
"Tutto ciò che è reale, è razionale": diceva Hegel.
In realtà, Marx non vide solo gli errori della filosofia di Hegel, ma anche i suoi meriti.
In particolare, gli riconobbe di aver scovato il principio dell'opposizione dialettica e di averne fatto un formidabile strumento interpretativo. Grazie ad esso era diventato possibile evidenziare uno dei concetti fondamentali della realtà moderna, ovvero la separazione tra società civile e Stato.
Tra uomo produttore, il bourgeois con i suoi interessi privati, e il citoyen, l'individuo come membro di una comunità sociale c'era ormai una scissione, come non si trattasse più della stessa identica persona. Come borghese egli è convinto di vivere un'esistenza dedita a soddisfare i suoi interessi ed i suoi appetititi. Come cittadino è convinto di vivere in cielo, nella città divina di Agostino, immerso nell'intera dedizione all'interesse collettivo. Dimensione quest'ultima, del tutto illusoria.
Nella realtà non è lo Stato che innalza la società civile all'universalità dell'interesse comune, ma è la società civile che abbassa lo Stato a difendere i privilegi, la proprietà privata ed i diritti dei potenti.
La cosa è particolarmente evidente in questa glossa al paragrafo § 307 nella quale Marx dice: «Hegel ha fatto un pezzo di bravura: ha dedotto dall'idea assoluta i pari per nascita, il bene ereditario ecc, questo "sostegno del trono e della società".
Il più profondo in Hegel è che egli sente come una contraddizione la separazione di società civile e società politica. Ma il falso in lui è ch'egli si appaga dell'apparenza di questa soluzione e la spaccia per la cosa stessa, allorché le cosiddette teorie, da lui spregiate, esigono la "separazione" delle classi civili dalle classi politiche, e con ragione, perché esse esprimono una conseguenza della moderna società, essendo in questa l'elemento politico di classe precisamente niente altro che l'espressione effettiva del reale rapporto di Stato e società civile, la loro separazione.
Hegel non ha chiamato la cosa di cui qui si tratta col suo nome conosciuto. E' la controversia circa la costituzione rappresentativa e la costituzione per stati. La costituzione rappresentativa è un progresso certo, poiché essa è l'espressioneaperta, non falsificata, conseguente, delle condizioni moderne di dello Stato. Essa èla contraddizione smascherata.»
Hegel difende principi astratti realizzati nello Stato ma, questa non è che mistificazione. Dietro alla proclamazione di un principio formale si nasconde il fatto sostanziale della diseguaglianza.
Lo Stato reale, secondo Marx, non ha carattere universale (non è piena attuazione oggettiva dello Spirito), ma si rivela Stato di una parte contro l'altra, l'organizzazione dei borghesi contro i proletari.
La Rivoluzione Francese, proclamando la libertà individuale, il principio della proprietà e quello della rappresentanza, non ha fatto altro che rendere legale e legittimo il fondamento a-sociale, per non dire anti-sociale, dello Stato moderno.
Marx, dunque, comincia con l'affermare che occorre un nuovo modello sociale e vede nel suffragio universale un primo passo verso il cambiamento.
Una serie di articoli pubblicati a Parigi a partire dal 1844 negli Annali franco-tedeschi, accanto all'idea che l'emancipazione dell'uomo sia legata alla ricomposizione della frattura tra individuo e comunità, comincia anche a presentare l'insufficienza dello strumento politico democratico.
L'emancipazione non è possibile tramite il solo esercizio formale dei diritti politici (in buona parte ancora da conquistare).
Dalla morsa dell'individualismo borghese ci si può liberare solo con la critica alle cause reali che privano l'uomo della sua "essenza", che lo alienano da se stesso.
A questo punto Marx comincia ad individuare nel proletariato il soggetto dell'emancipazione: i lavoratori sono il cuore della rivoluzione; la filosofia sarà il cervello.
(continua)
CF - 20 aprile 2004