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Jacques Maritain (1882-1973)
“... un filosofo non giura fedeltà a nessuno, né ad alcuna scuola e nemmeno, se è tomista, alla lettera di san Tommaso e a tutti gli articoli del suo insegnamento.”
[da Il contadino della Garonna - Morcelliana 1969]

Jacques Maritain fu sicuramente uno dei più importanti filosofi cattolici del secolo trascorso, se non il più importante. Il termine "cattolico" non deve in questo caso pesare come una sorta di pregiudizio, giacchè, al di là dell'ispirazione fondamentale orientata da una fede rinnovata, genuina, perfino straordinaria, Maritain rimase un filosofo e non fece mai della filosofia un travestimento per contrabbandare una teologia dogmatica. Ciò significa, a parer nostro, che anche una filosofia neotomistica può presentare elementi di validità, entro i suoi limiti ed i suoi schemi di ragionamento, ovviamente.
La storiografia più recente suole caratterizzare la biografia e l'attività di Maritain in quattro periodi distinti. Quello giovanile va dal 1900 al 1906 e comprende anche il momento della conversione al cattolicesimo, avvenuta nel 1905.
In questa fase ancora formativa ebbero importanza pensatori come Charles Péguy, Henri Bergson e Léon Bloy.
Dal 1906 al 1930 Maritain contribuì alla rinascita del tomismo essenzialmente con tre lavori: La filosofia bergsoniana nel 1914, Introduzione alla filosofia del 1921 e Antimoderno, del 1922. Fu un periodo caratterizzato dall'adesione al movimento reazionario Action françoise di Charles Maurras, che aveva affermata l'esigenza di ripulire il Vangelo dal "suo veleno rivoluzionario". Maritain abbandonò Maurras nel 1926, dopo la condanna pronunciata da Pio XI nei confronti di Action françoise. Ma non dobbiamo interpretare questa seconda svolta come un atto di obbedienza alla gerarchia ecclesiastica. Fu il frutto di una riflessione sul senso del cristianesimo e del Vangelo che finì con l'andare ben oltre le posizioni moderate di Pio XI.
Il terzo periodo è quello che va dal 1930 al 1960. Escono le opere della maturità: oltre a Religione e cultura, Maritain pubblicò Distinguere per unire e Umanesimo integrale del 1936, sicuramente l'opera più famosa. A causa delle persecuzioni razziali naziste, Maritain si trasferì negli Stati Uniti con la moglie Raissa Oumançoff, che era un'ebrea russa. Qui Maritain insegnò a Princeton e alla Columbia, tenne numerose conferenze e pubblicò I diritti dell'uomo e la legge naturale, Da Bergson a Tommaso d'Aquino, Breve trattato dell'esistenza e dell'esistente, La persona e il bene comune. Il lungo soggiorno americano, durato fino al 1960, fu solo brevemente interrotto dal 1944 al 1948, quando Maritain fu ambasciatore della Francia libera presso la Santa Sede.
Nel 1951 uscì il libro di filosofia politica L'uomo e lo stato che rappresenta la Summa del pensiero politico di Maritain e che poneva con forza il problema dell'inscindibilità del rapporto tra democrazia ed educazione, sviluppando insieme una critica nei confronti della pseudodemocrazia nonché una evidenziazione del carattere cristiano della democrazia moderna.
L'ultimo periodo della vita di Maritain fu segnato dal ritiro presso i Piccoli fratelli di Gesù a Tolosa. Durante il Concilio ecumenico Vaticano II fu più volte interpellato da Paolo VI per la migliore definizione di alcune importanti questioni teologiche. Alla fine dei lavori conciliari ricevette il Messaggio del Concilio destinato agli intellettuali di tutto il mondo. Nel 1966, Maritain pubblicò Il contadino della Garonna, un'importante riflessione sul Concilio e sulle prospettive post-conciliari. Morì a Tolosa nel 1973.

Perché antimoderno vuol dire ultramoderno
Nel 1982, l'Università Cattolica di Milano organizzò un convegno su Maritain e, nell'occasione, Giovanni Paolo II inviò un messaggio nel quale si esprimeva un generoso e ponderato riconoscimento del valore e dell'importanza del pensiero di Maritain, centrato su caratteri quali il primato della sfera spirituale, l'affermazione dei diritti della persona e la ricerca dei mezzi di azione corrispondenti alla dignità umana. «Senza dubbio -osservava Nicola Abbagnano - questi temi sono anche quelli sui quali oggi lavora la filosofia laica positiva, cioè quella che non si chiude nella critica distruttiva della società contemporanea o nell'attesa dell'Apocalisse. Solo che Maritain scelse come punto di riferimento costante per lo sviluppo di quei temi la filosofia di San Tommaso che, col suo solido realismo, gli forniva un appoggio sicuro contro tutte le negazioni e le intemperanze.» (1)
La scelta neoscolastica di Maritain può essere ovviamente valutata in modi diversi, non ultimo quello dell'assoluta inattualità e antimodernità di un pensiero cresciuto in epoca medioevale. E ciò anche alla luce del fatto che nella Chiesa cattolica, ma non solo, la filosofia di San Tommaso ha cessato di essere la sola filosofia ammessa dall'autorità religiosa. «Eppure - osserva ancora Abbagnano - il richiamo a San Tommaso o a certi punti cardine della sua dottrina, è valso spesso, e ancora vale, a impedire gli scantonamenti teologici o a limitarne gli effetti negativi sulla fede religiosa. A rendere più efficace questo richiamo hanno contribuito soprattutto pensatori cattolici che hanno visto nel tomismo, non già l'antitesi alla filosofia moderna ma un modo per comprenderla e valutarla, cogliendone gli insegnamenti essenziali. Maritain si può ritenere difatti il miglior mediatore che la filosofia cattolica abbia avuto con la filosofia laica contemporanea.» (2)
Maritain ha negato l'idealismo e l'immanentismo, rifiutando così di riconoscere nella soggettività umana una sorta di principio creatore del mondo. Scegliendo il realismo critico, non ha fatto altro che porre come solida base di ogni conoscenza valida la realtà oggettiva così come si manifesta all'uomo.
I compiti della filosofia erano, per Maritain, risolvibili nella "conoscenza scientifica che, mediante la luce naturale della ragione, considera le cause prime o le ragioni più alte di ogni cosa" (3)
«San Tommaso e Aristotele (al quale San Tommaso si ispirava) sono perciò, secondo Maritain, i maestri filosofici che non subiranno tramonti finché l'uomo vorrà porre su solide basi, non solo la sua conoscenza, ma l'intera sua vita spirituale. E da questo punto di vista - prosegue Abbagnano - il tomismo non è un sistema chiuso da prendere o lasciare ma una saggezza essenzialmente aperta e senza frontiere che può affrontare ogni nuovo problema che nel campo della conoscenza o della vita si presenti all'uomo. Esso non si oppone alla scienza, ma dal suo canto la scienza, con tutti i suoi progressi e le sue innovazioni, non può contraddirlo perché parte dal riconoscimento preventivo della realtà dei suoi soggetti: riconoscimento che è per l'appunto il realismo tomistico.» (4)
L'approccio antimoderno non sfocia in Maritain in una affermazione dogmatica del neotomismo, ma pretende di pervenire ad un superamento ultramoderno, delle aporie e dei limiti del pensiero moderno da Cartesio in poi. L'Antimoderno di Maritain diventa così "una filosofia per i tempi nuovi". «Così va inteso l'umanesimo integrale, che è prima di tutto valorizzazione dell'uomo in termini di integralità dell'uomo in termini di integralità antropologica e integrazione assiologica. Si tratta infatti di un umanesimo che vuole porre al centro dell'attenzione tutto l'uomo, e dunque essere rispettoso dell'integralità della persona umana, valorizzare quanto quanto vi è di positivo nelle diverse concezioni dell'uomo realizzando una loro feconda integrazione. E' questo il duplice significato dell'aggettivo "integrale" con cui Maritain qualifica il suo umanesimo, connotato come un "ideale storico concreto" da individuare attraverso una pars destruens (la critica alla "tragedia dell'umanesimo") e una pars construens (la proposta di una "nuova cristianità").» (5)

L'individuo contro il collettivismo, una società comunitaria contro l'individualismo
La presa di posizione antimoderna di Maritain si giustifica inizialmente come critica della filosofia della separazione e dell'identità. Maritain imputa la separazione a I tre riformatori: Lutero, Cartesio e Rousseau. Secondo Maritain, essi hanno separato e contrapposto, rispettivamente, natura e grazia, ragione e fede, natura e ragione. La critica a Rousseau pare particolarmente originale. Quanto all'identità, è evidente per Maritain che essa sia opera dell'idealismo e del positivismo congiunti. Il tomismo, secondo Maritain è in grado di difendere l'uomo e la persona dal rischio dell'individualismo e dal pericolo di ogni forma di trascendentalismo.
In un secondo tempo, l'impegno di Maritain, specie dopo l'allontanamento dall'organizzazione reazionaria di Mauras, si viene precisando come antitotalitario, ugualmente critico sia dell'ideologismo fascista che del comunismo. «Maritain propone un'epistemologia e una metafisica essenziali, improntate a un pluralismo noetico e realistico alternativo nei confronti dell'ontologismo classico e dello scientismo moderno, sia dell'idealismo e del positivismo, e si fa assertore di un personalismo che, caratterizzato in senso solidaristico, va inteso come come difesa della dimensione individuale contro il collettivismo, e della dimensione comunitaria contro ogni deriva individualistica, quindi come valida alternativa al liberalismo e al socialismo, che approdano, nei loro esiti estremi, al totalitarismo nazista e sovietico.» (6)
Secondo Maritain, tutto ciò che c'è di buono nel liberalismo e nel socialismo non è altro da valori cristiani secolarizzati. La sua posizione, però, non va interpretata come mediana, e quindi nemmeno come tentativo di sintesi in senso liberal-socialista, ma come reale alternativa alla secolarizzazione deficitaria delle due dottrine.
Su questa strada, Maritain non poteva non venire a conflitto coi relativismi e con i nichilismi postbellici. Ancora una volta egli trovava nel neotomismo e nell'aristotelismo che vi è implicito (ed esplicito) la spina dorsale del proprio atteggiamento filosofico. Il contesto storico-culturale è mutato, ma il fondamento della filosofia di Maritain rimane solidamente ancorato. «La nuova sfida è dunque quella della società complessa, caratterizzata dalla tentazione del relativismo. Da qui l'attenzione riservata al problema del rapporto tra verità e libertà e del significato della tolleranza. Quest'ultima non va intesa come "sopportazione" del diverso (dietro a cui si cela l'integralismo) né come indifferenza (che approda allo scetticismo), ma come dialogo che si realizzi nell'"amicizia civile", cioè nel confronto, nella collaborazione e nel rispetto della "giustizia intellettuale", cui deve ispirarsi anche il principio della difesa teoretica della propria concezione.» (7)

Le scienze, la metafisica e la filosofia della natura
La metafisica continua a rimanere in Maritain una filosofia dell'essere. L'essere non è solo un tutto ciò che è, ma un'articolazione. Rispetto a questa premessa, vale per ogni sviluppo la distinzione tomista tra essere propriamente detto (actus essendi) ed essenza come potentia essendi. Si può quindi dire che, con San Tommaso, Maritain condivide una quasi completa identità di vedute. All'inizio di ogni conoscenza filosofica vi è l' ente, che rappresenta il concreto esistente. L' essenza è l'astratto, l'idea ricavata dall'ente. L'essenza dell'uomo, allora, nasce dalla conoscenza e dall'esperienza di uomini ed essa ci porta a concetti come l'umanità. L'ente si può intendere in due modi. Il primo dice che esso può essere reale o logico, e quello reale risulta di molti e diversi generi. Se l'ente è il concetto fondamentale, allora ogni nuovo concetto deve aggiungere qualcosa all'idea di ente. Il concetto di ente rimane implicito ad ogni altro concetto.
Ovviamente, come in Tommaso, l'ente riceve da Dio materia, forma e sostanza. Mentre negli enti vi è, e filosoficamente vi deve essere, distinzione reale tra essenza ed esistenza, in Dio si realizza da sempre la coincidenza tra essenza ed essere. Per questo Dio è l'essere e gli enti lo ricevono. Ma l'essere degli enti in realtà è un'articolazione di forme disparate. Le diversità costituiscono tuttavia gruppi di analoghi: il principio di analogia ci evita sia la confusione derivante da un'unità indifferenziata dell'essere, sia una concezione equivoca della realtà come una somma disarticolata di diversi irriducibili. Il principio di analogia distingue per unire e costruisce un quadro ontolgico intellegibile. Ad esso si dirige ogni intelletto umano. In Maritain è evidente che oggetto della conoscenza non sono le idee, ma le cose stesse, anche se le cose si conoscono sempre sotto qualche determinazione. Questa forma di realismo risulta quindi decisamente controcorrente rispetto alle principali filosofie della conoscenza presenti nel Novecento. In particolare egli si rivolge contro marxismo e positivismo, accomunati dalla pretesa che vi è "solo una scienza, la scienza dei fenomeni... E non c'è sapienza, accecata dall'empirismo logico o allucinata dalla spiegazione storica, l'intelligenza è una schiava al servizio del senso". (8)
Nei confronti dell'empirismo logico, Maritain osserva che è importante il suo insistere sul fatto che "la scienza nel senso moderno del termine non è affatto una filosofia e di conseguenza (mi sia concesso questo barbarismo) domanda di disontologizzare completamente il proprio lessico nozionale" (9) Tuttavia, Maritain non ritiene fondato il purismo positivistico, che dimentica che "se la scienza raggiunge l'essere delle cose solo obliquamente e per mezzo di costruzioni di ragione, è pur sempre l'essere che essa raggiunge in una maniera enigmatica e cieca". (10)
Il wiener Kreis sbaglia radicalmente nel misconoscere "l'irriducibile tendenza realistica della scienza dei fenomeni". E sbaglia ancor di più nel confondere "ciò che è vero per la scienza dei fenomeni con ciò che è vero per ogni scienza e per ogni sapere in generale".
La critica al marxismo insiste sulla duplice connotazione della concezione marxista della scienza che cade da un lato nel praticismo e dall'altro nel dialetticismo. Il marxismo fa consistere la conoscenza stessa in una pratica delle cose, in un'attività di dominio sulla materia. Ma questo è praticismo. Mentre il dialetticismo "pretende di ritrovare anche nelle scienze il processo tipico della dialettica intesa nel senso che Marx da a questo termine". Positivismo e marxismo sono dunque accomunati da un monismo epistemologico. Per superare i loro limiti, Maritain propone il pluralismo epistemologico e il realismo critico. Secondo tali metodi, la scienza, nel suo significato di sapere rigoroso, non è qualcosa di uniforme, ma un procedere duttile e differenziato, che muta di grado in grado. Arriviamo così alla rappresentazione metodologica dei gradi del sapere.
«Per questo in Maritain l'idea di epistemologia si configura non come semplice teoria della scienza in senso empirico, ma come teoria del sapere, e il sapere comprende tanto quello sapienziale (tipico del pensiero classico) quanto quello scientifico (privilegiato dal pensiero moderno). Ne consegue che l'epistemologia, se vuole essere integrale, deve occuparsi di "scienza e sapienza".» (11)
Maritain costruisce, in base ai gradi del sapere una sorta di gerarchia delle discipline, cominciando a dividere le scienze in empiriche e formali. Le prime si distinguono in empiriometriche (cioè matematizzate) ed empirioschematiche, ossia non-matematizzate. Le scienze empiriometriche non hanno fondamento senza la matematica e sono quindi subordinata ad essa. Le scienze empirioschematiche sono invece subordinate alla filosofia, anche se in forma debole. Infatti possono costituirsi senza filosofia (affermazione che riteniamo assai discutibile) ma mantengono con essa una relazione di reciproco completamento. Maritain, in sostanza, ritiene che sia le scienze matematiche che quelle empirioschematiche siano legittime. Tuttavia, ponendo una differenza di gradi, finisce col proporre una differenza gerarchica che non ci sembra consona al carattere stesso dell'impresa scientifica. Secondo Maritain, comunque, la scienze sperimentali si collocano al primo grado di astrazione, e quella matematiche al secondo.
«Hanno invece una caratterizzazione ontologica la filosofia della natura, che si colloca al primo grado di astrazione, e la metafisica che si colloca al terzo grado di astrazione formale. Occorre peraltro ricordare che tutti e tre i gradi della visualizzazione astrattiva fanno riferimento, a livelli diversi, all'essere. Per Maritain si tratta insomma di tenere ferma la verità di Aristotele e Tommaso (il sapere ontologico della natura) e la verità di Galilei e Kant (il sapere empiriologico della natura); il problema contemporaneo è quello di sviluppare la filosofia della natura tenendo conto dei progressi della scienza della natura. Lo sviluppo della filosofia della natura è positivo in relazione sia al sapere scientifico sia alla metafisica.» (12)

Saggezza, filosofia, teologia e saggezza del "mistico"
La metafisica è per Maritain "una saggezza della ragione" che "è naturale per sua essenza". Il suo territorio specifico è quello dell'ontologia. Ma oltre la metafisica stessa esiste una "teologia dogmatica", descritta come "una saggezza di fede e di ragione, una saggezza di fede che usa la ragione". Ma ancora oltre, si offre una "teologia mistica", cioè una "saggezza di amore e di unione". Questo è il culmine dei gradi del sapere, un apice da tenere distinto ma unito a tutti gli altri gradi. A chi fosse convinto che ogni qualvolta si dice "mistico" si dice "indicibile" o irrazionale, la risposta è servita. Definire il mistico come una suprema forma di saggezza significa sfidare le filosofie analitiche, il neopositivismo, perfino Wittgenstein.
A nessuno può sfuggire, tuttavia, che porre in questo modo il rapporto tra filosofia e teologia, significa riproporre una visione vecchia di quasi un millennio, una visione seriamente sfidata dall'idealismo con l'assoluto nel pensiero, e poi dal neopositivismo e da tutte le filosofie del primo Novecento. Eppure, il saggio Sulla filosofia cristiana ritorna a presentare la filosofia come ancilla theologiae.
L'origine del concetto è ascrivibile a Pier Damiani, "che intendeva con con ciò far tacere la filosofia. La posizione della scolastica - scrive Maritain - è ben diversa. Per essa, è solo nell'uso della teologia stessa, quando questa si serve della filosofia come strumento di verità per stabilire delle conclusioni non filosofiche ma teologiche, è soltanto allora che la filosofia è al servizio della teologia; ancilla e non serva, giacché la filosofia è trattata dalla teologia secondo le sue proprie leggi: non è una schiava, è un segretario di stato. Quando invece svolge il proprio lavoro, la filosofia non è strumentale, essa è libera, in quanto è una sapienza". (13)

La proposta politica: democrazia e educazione alla democrazia
Il percorso politico di Maritain procedette, non senza svolte brusche, di pari passo con le sue posizioni filosofiche. Dopo un'iniziale adesione al socialismo ed al materialismo, quando da protestante divenne cattolico, egli aderì ad una visione sostanzialmente antimoderna e quindi reazionaria, emblematicamente rappresentata dal suo rapporto con Action françoise. Anche dopo il ripudio di tale adesione, rimasero in Maritain elementi forti di una critica alla democrazia che solo le tragiche esperienze del fascismo e del nazismo resero più problematiche. Si fece così strada l'idea di un superamento della democrazia di facciata attraverso uno sviluppo reale della democrazia stessa, la quale rimaneva comunque un rischio se abbandonata sia al libero gioco delle opinioni sia alle capacità di manipolazione delle stesse da parte di chi usa tecniche machiavelliche di dominio e controllo politico. Fu su questo punto che la tensione morale si congiunse a quella etico-politica.
«Il problema allora - e siamo al terzo periodo che va dal saggio L'educazione al bivio (1943) alla seconda edizione di Per una filosofia dell'educazione (1969), e trova il suo momento forte nell'opera L'uomo e lo stato (1951) - è quello di evidenziare il fondamento umanistico della politica, il che significa per un verso stugmatizzare la tentazione del machiavellismo, e per l'altro richiamare alla dimensione etica della convivenza democratica, senza mai trascurare l'imprescindibilità del nesso educazione-democrazia.» (14)
Ma che significa "democrazia"? La riflessione di Maritain giunge così a cogliere un altro nesso inscindibile: quello con il pluralismo. Senza pluralismo non c'è valorizzazione della persona, e solo attraverso il pluralismo è possibile il perseguimento del bene comune che è lo scopo della democrazia.
Abbiamo così che ad una fondazione teologica della democrazia, ne segue, ora, una laicista. Questo aspetto è stato fortemente sottolineato da Abbagnano, che a sua volta richiamava l'introduzione di Vittorio Possenti a L'uomo e lo stato. «Per lui lo Stato, che è "una parte, un organo strumentale del corpo politico" non ha né indipendenza completa né potere supremo su tutto, né diritto che gli appartenga in proprio. Il suo potere e la sua indipendenza sono supremi solo rispetto alle altre parti del corpo politico e sottoposti quindi alle leggi e all'amministrazione di esso, così che il diritto all'indipendenza gli deriva solo dallo stesso corpo politico in virtù della costituzione che esso si è dato. L'esercizio di questo diritto resta perciò sottoposto al controllo del corpo politico. Non c'è dubbio che tale concezione dello Stato è quella che emerge da buona parte del pensiero laico-politico contemporaneo e che viene oggi difesa contro il totalitarismo che domina alcuni paesi e minaccia altri.» (15)

Arte ed estetica, responsabilità dell'artista e censura etica
Non senza un certo debito con il pensiero di Charles Péguy, Maritain volle evitare l'intellettualismo e l'irrazionalismo estetici: l'arte si distingue per un duplice carattere: è intellettuale in quanto virtù dell'intelletto pratico, e autonoma perché nel suo dominio è sovrana.
L'arte trova nella poesia la sua espressione più elevata. La caratteristica peculiare della poesia è l'intuizione (o emozione) creatrice, che nasce dall'inconscio spirituale che è stato trascurato dalla psicoanalisi, la quale ha insistito solo sull'inconscio materiale. In tal modo, Maritain sulla concezione tomistica dell'arte come recta ratio factibiliuminnesta una concezione moderna - espressa in opere come Frontiere della poesia e L'intuizione creatrice nell'arte e nella poesia - della poesia come creatività, che " nasce nell'anima alle misteriose fonti dell'essere ", per cui la poesia risponde all'esigenza di creare e manifestare in bellezza. Per Maritain la poesia è per un verso naturalmente arte, e per altro verso trascende l'arte medesima: sia perché la poesia è attuazione della libera creatività dello spirito (nell'arte invece l'attività creativa non è libera, ma finalizzata alla produzione e fruizione dell'opera), sia perché la poesia esprime conoscenza, un modo suo di comunione spirituale con l'essere.
Ciò significa che la poesia oltrepassa l'arte (come tecne), e che una speciale espressione poetica può rientrare in qualsiasi attività, quando l'animo dell'uomo abbia però raggiunto certe grandezze. In tal caso, però, la poesia è limitata.
L'artista nella sua autonomia non è però un semidio al di sopra di ogni valutazione e di ogni critica. L'artista ha rilevanza sociale, è un esempio sociale, contribuisce in misura rilevante al formarsi di opinioni, correnti culturali e attegiamenti esistenziali. E più è grande la sua opera, maggiore è la sua "responsabilità di artista". Maritain rifiuta la concezione anarchica (secondo cui " non ha importanza ciò che si scrive ") e quella totalitaria (secondo cui " ciò che si scrive deve essere controllato dallo stato "), così come rifiuta l'estetismo (secondo cui l'arte è per l'arte) e il populismo (secondo cui l'arte è per il popolo).
In questa prospettiva si deve collocare la libertà dell'arte, che pertanto non ha carattere assoluto, in quanto la società umana legittimamente può volersi proteggere da nefaste conseguenze prodotte da opere artistiche. Coerentemente con le sue posizioni politiche, egli afferma, chiamiamo le cose col loro nome, che la censura non può essere demandata allo Stato, perché essa " è compito della comunità sociale più che dello stato ". Ciò impone comunque una discussione pluralistica e tollerante, il reperimento di criteri. Bisogna ricorrere all'esercizio di valutazione, all'autoregolamentazione responsabile. Si devono soprattutto richiamare la prima e l'ultima di queste funzioni: quella dell'educazione, che " fornisce alla mente i poteri vitali di resistenza, criticità e discriminazione ", e quella della critica, che ha " un compito di purificazione e illuminazione incessante, prima riguardo all'attività creativa stessa dell'artista, in secondo luogo riguardo alla consapevolezza comune delle persone ".
Sono impostazioni troppo generiche, a nostro avviso, per fornire criteri di ammissibilità e non-assimilità all'altezza dei tempi. Un'etica è fatta di abitudini e tradizioni, ma il comune senso del pudore ha una dinamica interna che non risponde affatto né alle abitudini né alle tradizioni,bensì a sollecitazioni, provocazioni e condizionamenti. Sottovalutando Freud, Maritain compie evidentemente un mezzo passo falso, che si evidenzia nell'allontanamento dal fondamentale precetto aristotelico della catarsi.
Ciò non toglie che la linea Maritain di "politica culturale" sia significativamente tra le meno ideologiche e dogmatiche del pensiero cattolico contemporaneo. E che questa linea offra al laicismo meno estremo e più attento alle esigenze di un autentico pluralismo culturale la solida base di un terreno comune di confronto.

Dopo il Concilio: Le paysan de la Garonne
Dopo il Concilio, si sa, il cammino della Chiesa cattolica non si risolse in una marcia trionfale, quanto meno in Italia e nell'Europa cattolica, tutt'altro, anche se non dobbiamo guardare alla vicenda ecclesiale occupandoci solo delle vicende italiane. Il Concilio, in realtà, servì molto al progresso della Chiesa nel mondo. Analisi di destra e di sinistra si sono intrecciate e sovrapposte per comprendere le ragioni di questa impasse, ma è certo significativo che tra i protagonisti del ripensamento vadano annoverati gli stessi protagonisti del Concilio. Tra essi Maritain, estremamente preoccupato non tanto del mancato decollo cattolico, quanto delle distorsioni e degli errori dovuti a interpretazioni a suo giudizio avventurose del Concilio stesso. Maritain giunse a parlare di una deriva "neomodernista", quindi di una perdità di identità e di bussola. Era una riflessione finale preoccupata, anche se non suonava propriamente come un'autocritica, un vero e proprio pentimento. Lasciamo questo tipo di interpretazioni molto volentieri in mano ad altri siti, assai distanti da noi, ed invitiamo piuttosto tutti coloro che sono interessati a queste tematiche a leggere direttamente le sue opere.

(1) N. Abbagnano - La saggezza della filosofia - Milano 1993
(2) ivi
(3) J. Maritain - Introduzione alla filosofia - Città Armoniosa 1981
(4) N. Abbagnano - La saggezza della filosofia - Milano 1993
(5) Giovanni Fornero / Salvatore Tassinari - Le filosofie del Novecento - Bruno Mondadori 2002
(6) ivi
(7) ivi
(8) J. Maritain - Quattro saggi sullo spirito nella condizione d'incarnazione - Morcelliana 1978
(9) ivi
(10) ivi
(11) Giovanni Fornero / Salvatore Tassinari - Le filosofie del Novecento - Bruno Mondadori 2002
(12) ivi
(13) J. Maritain - Sulla filosofia cristiana - Vita e pensiero 1978
(14) Giovanni Fornero / Salvatore Tassinari - Le filosofie del Novecento - Bruno Mondadori 2002
(15) N. Abbagnano - La saggezza della filosofia - Milano 1993