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Quando incomincia una vita
di Daniele Lo Giudice

Può tornare utile al dibattito che si svilupperà in vista del referendum sulla legge n.40 affrontare alcune questioni in modo meno generico di quanto si sia fatto finora.
Suppongo sia chiaro che alla questione della fecondazione assistita appartenga il problema dello statuto ontologico dell'embrione, ovvero: che cosa è un embrione?
In ambito cattolico le posizioni non sono univoche, e, se ben guardiamo, non lo sono da sempre, cioè da quando esiste un vero e proprio pensiero cattolico.
Tommaso d'Aquino, ad esempio, non sarebbe d'accordo oggi, sulla base delle sue convinzioni di allora, con le posizioni di chi sostiene la teoria dell' animazione immediata al momento del concepimento. Fedele alla divisione aristotelica in tre generi di anima (vegetale, animale, razionale), il "dottore della Chiesa" fu tra i primi ad avanzare l'idea di una animazione tardiva, supponendo che l'anima propriamente detta (quella destinata alla salvezza o alla dannazione) cominciasse a dimorare nel corpo solo quando questo avesse raggiunto un sufficiente livello di organizzazione che noi diremmo fisiologica e neurologica.
Per molti secoli la maggioranza dei pensatori cattolici credette che l'anima razionale si installasse nel corpo molto tempo dopo il concepimento dello stesso, e fors'anche, molto tempo dopo la nascita.
Oggi, non è più così. La maggioranza dei cattolici crede nell'animazione immediata e difende tale principio. Già l'embrione è una persona. Esiste una persona dal concepimento.
Su posizioni radicalmente opposte, estremisticamente alternative si colloca un pensatore come Michael Tooley (al confronto del quale il biologo Lewis Wolpert, che tanto scandalo ha suscitato in Renzo, potrebbe sembrare un angioletto).
Per Tooley esiste una persona solo da quando si manifesta un'autocoscienza. E questa è la condizione imprescindibile per avere, secondo Tooley, un diritto alla vita.
Dev'esserci un "io" in grado di interpretare se stesso come un'entità continua nel tempo, quindi di immaginarsi un futuro e di desiderarlo. Per Tooley si è in vita da persone, e non da entità genericamente animali, solo in presenza di capacità cognitive evolute.
Né feto, né bambino (persino!), almeno fino a quando questo non acquisisca il significato e l'uso linguistico del termine "io", sono persone.
Distruggendo un embrione o procurando un aborto, o persino uccidendo un neonato, noi non uccideremmo una persona, ma elimineremmo soltanto una possibilità di vita umana.
Per quanto io non sia cattolico e credente, e per quanto ritenga tutto sommato aleatorio il dibattito sull'ontologia dell'embrione, devo dire che questa interpretazione, in fondo non così distante dal pensiero e dalle distinzioni operate dal "dottore della Chiesa", sia pure in altro ambito ed a fronte di intenti del tutto diversi di quelli di Tooley, ripugna anche a me.
Le prove che il feto sia un essere vivente e senziente, ipersensibile agli umori della madre, sono ormai talmente evidenti che sarebbe inutile segnalarli.
Quando parliamo di feto, quindi, ci riferiamo ad un'entità che è molto più di una possibilità di vita, anche se non possiamo dire che un feto sia già una persona.
Un contributo più moderato alla definizione di "identità individuale" è venuto da Derek Parfit, il quale ha insistito sul concetto "debole" di identità, descritta come una sorta di presenza parziale di sé.
E' un concetto utile a comprendere che il nucleo psicologico del futuro individuo comincia a costituirsi durante la gestazione, attraverso l'organizzazione di tratti fondamentali quali l'istinto, il piacere di fluttuare nel liquido amniotico, ed anche le emozioni negative.
Nel feto il sistema nervoso è separato da quello materno. Tuttavia, le emozioni intense vissute dalla madre, che causano un sommovimento ormonale, si trasmettono al feto.
Se non si tiene conto di tale descrizione, che è proprio la scienza ad offrire, si rischia di postulare qualcosa di erroneo, come a me pare il postulato di Tooley.
Personalmente, se cerco un principio al quale riferirmi per un orientamento, credo sia utile sbarazzarsi delle rappresentazioni aristoteliche-tomistiche dei tre tipi di anima, non già perché esse non siano in un certo senso vere, ma in quanto credo che nella generazione sessuata la vita cominci proprio con il concepimento, anche se non esiste nulla di simile ad un "io" strutturato.
Il rispetto di questa vita, che non è ancora esistenza "cosciente", ma nemmeno possiamo trattare come semplice res extensa, fa parte dei principi fondamentali di quel diffuso movimento culturale che interessa l'insieme del mondo civile e che si è definito come "ecologia profonda". Non si tratta di un generico ambientalismo che si oppone alla guerra, al nucleare ed alle tecnologie più disinvolte ed aggressive, ma ad un tentativo scientifico-filosofico di realizzare una visione più matura e responsabile dell'uomo, della natura e della vita. L'idea, molto forte in Niles Eldridge, ad esempio, che la biodiversità vada rispettata e non umiliata, è in fondo sia una potente ipotesi scientifica che non teme falsificazioni, sia un'ipotesi filosofica che non attende altro che essere discussa da persone veramente razionali.

Personalmente, voterò sì al referendum sulla legge n.40 perché ritengo che le leggi debbano tener conto di ciò che una maggioranza (o minoranza rilevante che sia) ritiene moralmente accettabile, anche a fronte di una maggioranza (o minoranza che sia, ed a cui sento di appartenere) che lo ritiene moralmente inaccettabile.
La grande questione che abbiamo di fronte, non solo da un punto di vista bioetico, è quella della tolleranza. La società civile mondiale è sfidata, su questo terreno, ad elaborare regole che tengano conto di diverse sensibilità culturali, filosofiche e religiose, dunque di rispettare, nei limiti del possibile, posizioni che noi riteniamo razionalmente erronee.
Ad esempio: esiste un problema specifico nella tematica della procreazione assistita che è quello di donne sole, spesso anziane, che vogliono, costi quel che costi, baloccarsi con una propria creatura. Ritengo che tale desiderio sia moralmente inaccettabile da me, ma non riesco a trovare alcuna ragione forte per scatenare una campagna volta ad mpedire che ciò sia permesso in base ad una legislazione. Tanto più che ciò ormai può avvenire, purché si abbia denaro a sufficienza per comprare un'assistenza medico scientifica in qualche repubblica delle banane. Acconciarsi a sopportare per qualche tempo che tali pratiche si realizzino anche nel nostro paese è dunque la via più ragionevole per contrastare culturalmente l'idea della procreazione assistita.
Non è con la coercizione che si vincono pratiche che riteniamo malvage, ma con la discussione civile. Chi ha più argomenti, li spari a raffica. Non può che venirne un bene certamente superiore all'ignoranza che è tipica di chi crede ai "miracoli della scienza" dopo aver consultato una cartomante ed aver visto nel proprio futuro l'arrivo di un figlio del miracolo e non della natura.
note: queste riflessioni sono state provocate dalla lettura di La bioetica di Adriano Ossicini e Laura Mancini - Editori Riuniti 1999

DLG - 25 febbraio 2005