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Oskar Lange: la rinascita dell'analisi economica marxista
di Carlo Fracasso

Uscì nel 1962 la traduzione italiana di Economia politica di Oskar Lange, un tentativo parzialmente riuscito di aggiornare l'analisi marxista dell'economia.
Vale la pena di riscoprirlo, anche alla luce di quanto ne scrisse R. L. Meek, uno studioso di area sraffiana.
La teoria marxiana dell'impoverimento crescente del proletariato ha costituito nel tempo una sorta di scandalosa smentita alla profezia e la prova della non scientificità del marxismo stesso. Lange mosse da qui per operare una specie di riabilitazione di cui, in realtà, non c'era bisogno, perchè la fecondità dell'analisi stava nei fatti e non nelle argomentazioni logiche.
Impoverimento è un concetto assoluto solo quando si riferisce ad un reddito inferiore al livello minimo di sussistenza possibile in un certo paese ed una certa situazione. Ma diventa un concetto relativo, medio, quando, messo a confronto con un benessere distribuito in forma piramidale, si trova che non c'è potere d'acquisto sufficiente ad avere nemmeno le parti più basse della piramide stessa: minimi esistenziali quali il possesso di una stanza ciascuno oltre la cucina ed il cesso (ovviamente in comune), qualche ricambio d'abito, elettrodomestici, automobile, computer e diritto alla vacanza (non alle ferie, che sono solo un supplemento di riposo)almeno una settimana all'anno.
Questo, ovviamente in un regime sociale che garantisce gratuità dell'istruzione, l'assistenza sanitaria e la pensione di vecchiaia.
Tuttavia, per Lange, la prima cosa da osservare era che detta teoria era stata formulata ad un tale grado di astrazione che non ne permetteva alcun confronto con la realtà empirica. Il che, paradossalmente, darebbe ragione a Popper ed ai critici del marxismo: un tale livello di astrazione o è megascienza ( un orrido!) o è non scienza, ma metafisica di tipo ideologico, quindi la più scadente. Il che non corrisponde nemmeno al pensiero di Popper.
In relazione a ciò mi è venuto in mente quanto ho recentemente scritto sulla caduta tendenziale del saggio di profitto, ovviamente in un regime di concorrenza perfetta e non di monopolio reale. Anche per i capitalisti, c'è una tendenza alla diminuzione del profitto, il che porterebbe ad un appiattimento del benessere ed ad una tendenziale caduta verso il basso dei livelli di reddito. Ma questo non succede, per il semplice fatto che i meccanismi di accumulazione seguono vie diverse da quelle prefigurate dai classici e dallo stesso Marx. Ma, non era David Ricardo l'economista che si era arricchito attraverso non attività d'impresa, ma mediante la semplice speculazione finanziaria?
Certo che sì!
E perché allora, sia Marx che lo stesso Ricardo, non dedicarono al tema la sufficiente attenzione?
Dunque, la realtà dell'attuale situazione del capitalismo mondiale è la speculazione sui titoli e la compravendita di azioni, bonds, obbligazioni e titoli di stato; ed essa sta al di sopra dell'economia reale ed il lavoro di tutti i giorni, spesso condizionandoli in senso negativo e diminuendone il valore.
Ma, lungi dal diminuire anche il valore dell'analisi di Lange, mi pare che, evidenziato questo limite, che è anche la direzione che dovrebbe prendere l'analisi economica marxista, veniamo a parlare della fatica di Lange, che merita attenzione perché diceva qualcosa di importante.
La prima cosa da capire è che nelle economie precapitalistiche l'attività economica era fondamentalmente abitudinaria e tradizionale.
Nel capitalismo l'attività economica si scinde in economia domestica nella quale i fini sono dettati dai bisogni, e attività per il guadagno (produzione di merci, vendita e rivendita delle merci, compresa la forza-lavoro).
Gradatamente, l'attività per il guadagno diventa razionale.
In tale ottica diviene possibile la quantificazione dei fine e dei mezzi dell'attività per il guadagno, e ne viene conseguentemente facilitata la massimizzazione.
Emerge un principio di razionalità economica : « ... il grado massimo di realizzazione del fine si ottiene operando in modo da conseguire, con una data erogazione di mezzi, il grado massimo di realizzazione del fine, oppure comportandosi in modo che , con un dato grado di realizzazione del fine, venga attivata la minima spesa dei mezzi.» (Lange)

La ragione per cui il principio di razionalità va considerato come una conquista di tale portata consiste nel fatto che esso può essere facilmente astratto dalla sua scorza (l'impresa privata) e applicato alla pianificazione del sistema economico. La razionalità sociale può diversificarsi radicalmente dalla razionalità privata, ma resta pur sempre razionalità. Il metodo di contabilità capitalistico è all'origine del " secondo grande progresso storico nello sviluppo della forma della razionalità economica".
Siamo alla contabilità nazionale.

La prasseologia è la scienza generale dell'azione razionale. Essa si suddivide in due branche: 1) l'analisi razionale. 2) la scienza della programmazione.
Sostiene Lange che sebbene la prasseologia sia oggi un completamento del marxismo, fu vista come economia borghese che si opponeva al marxismo.
Di fatto, essa dipendeva dall'indirizzo soggettivistico introdotto da Jevons, quindi dallo studio del comportamento secondo il principio dell'economicità, allo scopo di massimizzare il piacere collegato al possesso dei beni. Tale indirizzo rifiutava l'idea classica che l'analisi economica debba muovere dai rapporti sociali fra gli uomini nella sfera della produzione, e la sostituì con l'idea che essa debba partire dal nesso psicologico tra uomini e beni prodotti.
Si pretendeva che i consumatori massimizzassero l'utilità. Ciò fu interpretato dapprima in termini di psicologia utilitaristica, e poi, abbastanza tardivamente, come interpretazione prasseologica, la quale "concepisce l'utilità come il grado in cui l'obiettivo dell'attività economica, indipendentemente dalla sua natura, viene realizzata".
Così diventa la "logica della scelta razionale" avente come obiettivo quello di massimizzare le preferenze.
In tale contesto teorico si arriva a Robbins, che afferma: « l'economia politica esamina un certo aspetto di qualsiasi attività umana razionale. Trasforma virtualmente l'economia in un settore della prasseologia - scienza della programmazione.»

Lange stigmatizza il soggettivismo, ma gli riconosce un merito: storicamente l'indirizzo soggettivistico stimolò lo sviluppo della prasseologia.
Ma rimane che Lange considera il soggettivismo stesso come "una teoria mancata dell'economia politica." Dopo Ricardo, in luogo di economisti, abbiamo avuto "pugilatori a pagamento".
«La borghesia ha perduto interesse allo sviluppo ulteriore dell'economia politica. Man mano che questa, utilizzata dal movimento operaio, diviene per la borghesia incomoda e persino pericolosa, compare la tendenza a liquidarla in quanto sceinza dei rapporti sociali ed a sostituirla con l'apologetica, cioè con la giustificazione dei rapporti sociali capitalistici.»
Ma non si poteva liquidare del tutto. Esiste una sfera dei processi economici in cui operano "leggi" che la borghesia deve conoscere.
Ad esempio:
«1. Certi elementi dell'economia politica, relativi alla legge della circolazione monetaria e del credito e agli effetti delle tariffe doganali, restano attuali nei circoli borghesi e perfino, in parte si sviluppano. Essi continuano a costituire la base necessaria per dirigere il sistema monetario, specialmente per quanto riguarda la valuta aurea, e per la politica doganale. Perciò... certi elementi isolati di economia politica si mantengono o persino si si sviluppano. Essi sono legati allo studio dei fenomeni di mercato, soprattutto nella formazione dei prezzi, della congiuntura, della circolazione monetaria, del credito, del commercio e di pagamenti internazionali. In questi campi gli economisti legati alla borghesia realizzano progressi scientifici reali, benché frammentari.

2. Accanto a questi elementi frammentari di economia politica, si sviluppano ancora nei circoli borghesi diverse discipline economiche come la storia economica e la statistica economica.

3. La sfera delle conoscenze economiche necessarie alla borghesia aumenta nella sfera del capitalismo di monopolio. Infatti la politica economica dell stato estende il suo campo d'azione e diviene possibile alle organizzazioni capitalistiche private condurre una propria poltica economica... ciò presuppone la conoscenza delle leggi economiche che agiscono sul mercato, ed una espressione quantitativa concreta delle relazioni incluse in quelle leggi. Contemporaneamente il campo d'azione dello stato si allarga, sia come forma di intervento nei processi economici... come attività fondata sulla nazionalizzazione di certi mezzi di produzione. Si formano così nuove discipline economiche, mentre quelle già esistenti si trasformano e ne sorgono di ausiliarie dell'economia politica. L'econometria... la contabilità sociale... l'analisi operazionale... la scienza della programmazione... la cibernetica.

4. Il problema delle crisi e del ciclo congiunturale, nonché quello correlato della disoccupazione di massa, hanno da qualche tempo costretto il pensiero economico borghese a oltrepassare i limiti posti dall'economia del soggettivismo e della scuola storica, e persino dell'economia volgare tradizionale, costringendolo ad occuparsi del processo della riproduzione e accumulazione capitalistica... [ Dopo la crisi del 1929-30] sorge la famosa teoria della dell'occupazione di John Maynard Keynes, che considera la disoccupazione di massa e la stagnazione economica come tendenze insite nel sistema capitalistico contemporaneo, contro le quali lo stato dovrebbe reagire mediante una speciale politica d'intervento. Sotto l'influsso di Keynes, e in parte parallelamente, ma anche prima, cominciarono a sorgere tendenze economiche che presentavano una certa somiglianza con la teoria marxista della riproduzione e dell'accumulazione. [ nota: i modelli del ciclo: Frisch, Tinbergen, Lundberg, Samuelson, Hicks, Goodwin, Phillips e Kalecki. Kalecki deriva più da Marx che da Keynes.]

5. [nacquero] teorie dello sviluppo economico. La teoria dello sviluppo economico esce fuori dalla problematica sia dell'indirizzo soggettivista che dall'economia volgare e dalla cosiddetta scuola neoclassica. Volente o nolente, essa deve occuparsi delle relazioni esistenti tra lo sviluppo delle forze produttive e il carattere dei rapporti di produzione, che determina la possibilità e gli incentivi dell'accumulazione; deve dunque penetrare in un campo ove opera l'indirizzo marxista... La teoria dello sviluppo economico deve dunque prendere in prestito i suoi strumenti teorici dal marxismo, oppure cercarsene dei propri, molto somiglianti a quelli usati dall'economia marxista.»

Giunti a questo punto, appare chiaro che al di là del polverone sollevato dalla critica antimarxista di tipo apologetico, si è verificata una non riconosciuta rinascita del marxismo teorico e delle sue categorie proprio nel circolo dei pensatori economici obbligati a pensare i problemi reali e non i loro fantasmi e le loro distorsioni.
A tutto ciò va aggiunto ciò a cui abbiamo assistito in molta parte della seconda metà del Novecento: una critica del regime monopolistico privato da parte della media borghesia, una critica dell'imperialismo americano (ed europeo) da parte delle borghesi nazionali dei paesi emergenti. Il tutto si è riversato su una maggiore professionalizzazione della scienza economica, la quale ha riconquistato, almeno in parte, una sua dignità ed autonomia dalle ideologie borghesi, concentrandosi nelle Università e negli istituti di ricerca scientifica. Si è avuta, quindi, un'autonomia dei ricercatori, sempre più slegata dall'ambiente sociale in cui è sorto il pensiero economico borghese.
A fronte di queste osservazioni estremamente interessanti, Lange conclude però in modo probabilmente miope e stereotipato: l'economia politica, secondo lui, è realmente sistematica e ideologicamente non mistificata solo come scienza legata al movimento dei lavoratori.
Personalmente, sono molto più d'accordo con Meek che con Lange: si può solo concedere, che le ideologie conservatrici in campo economico hanno teso a mistificare la realtà, mentre quelle progressiste hanno teso a chiarirla. Non sempre. Senza dimenticare il carattere borghese che ha sempre avuto la scienza economica fin dal suo nascere, configurandosi comunque come progressista.
CF - 29 agosto 2004