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Kant e la natura in uno scritto di transizione del 1786
Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft
di Guido Marenco
Dopo l'uscita della Critica della ragion pura, incontriamo una serie di scritti di grande interesse che approfondiscono in vario modo il pensiero kantiano lungo linee di coerenza, ma anche di parziali ritocchi e correzioni. Kant non amava porre solo domande, cercava anche risposte, quantomeno provvisorie. Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft (Fondamenti metafisici della scienza della natura) impegnarono Kant a definire alcuni concetti fondamentali della scienza newtoniana - in primis forza e spazio - e lo portarono poi a provare la determinazione dell'ambito di possibilità di una vera scienza della natura. La quale sarebbe ben poco se dovesse prescindere o rinunciare ad una biologia, che a sua volta sarebbe pochissimo se dovesse rinunciare o prescindere da una chimica organica.
Ma queste sono considerazioni condotte col metro attuale di valutazione. Ai tempi di Kant le cose non stavano in modo così chiaro, ed a noi interessa capire se Kant contribuì al rischiaramento.
In quel quadro, Kant distingueva due tipi di scienze: una meccanica ed una dinamica. Ne venivano due diverse "filosofie della natura". La prima, quella meccanica, era "un modo di spiegare la differenza specifica della materia...in base alla costituzione ed alla composizione delle loro parti più piccole". La seconda derivava, invece, la differenza specifica della materia non da una concezione che la vedeva e la interpretava come macchina, ovvero "puri e semplici strumenti di forze che li mettono in movimento dal di fuori", ma delle "forze di attrazione e repulsione" che sono proprie (interne, immanenti) alle materie stesse, causando movimenti e trasformazioni.
In altre parole: per Kant, l'essere della materia (Materie) non risultava da una posizione originaria, ma veniva fatta derivare. L'esistenza della materia (Stoff) era l'espressione dell'agire di forze inconoscibili come noumeni (cose in sé), ma riconoscibili come fenomeni., appunto, di attrazione e repulsione.
Con tale distinzione, Kant veniva così ad opporsi al meccanicismo (che era anche un materialismo volgare) di alcune correnti, più scientifiche che filosofiche, a mio avviso. Affermando, ad esempio, che "la materia non riempie il suo spazio per l'assoluta impenetrabilità, ma per mezzo di una di una forza repulsiva che ha la sua gradazione, la quale gradazione può essere diversa nelle diverse materie", andava a cogliere elementi fondamentali dei fermenti in atto negli ambienti delle scienze chimiche e fisiche, soprattutto in Francia. Osservando che detta "gradazione", nulla avendo in comune con "la forza che è conforme alla quantità di materia", doveva risolversi nella forza repulsiva in guisa tale che diverse materie, pur avendo differenti gradi di repulsività, fossero in possesso della medesima forza di attrazione. Abbiamo che così ragionando "di conseguenza anche il grado di estensione di queste materie consente originariamente delle grandi differenze specifiche con la stessa quantità di materia."
Kant rimproverava alla filosofia meccanica della natura un'ambizione eccessiva, quando voleva imporre il suo approccio metodologico a questioni non propriamente meccaniche, o non riducibili alla meccanica. Per Kant, in sostanza, il solo metodo fisico-matematico non era adatto a spiegare come "forze date - e apparentemente diverse - " potessero venire ricondotte "ad un piccolo numero di forze e di facoltà" sufficienti a chiarire la dinamica della realtà (e del vivente). Solo "principi esplicativi dinamici" potranno farci "sperare in leggi determinate, e di conseguenza in veri rapporti razionali tra le spiegazioni".
Che significa "rapporti razionali"?
Vuol dire che la mente trascendentale, può istituire relazioni e confronti tra specifiche proprietà delle materie, muovendo dall'esperienza, oltre che da applicazioni matematiche. Non da un'ideale astratto della materia (qui davvero la res extensa cartesiana), che verrebbe necessariamente postulata da una trattazione solo matematica.
Per questo anche la scienza dinamica e la sua filosofia non può essere definita esclusivamente a priori ma, nemmeno può ridursi al piano dell'osservazione empirica e contingente. Per avere una scienza e non un cumulo di annotazioni confuse e forse contraddittorie, bisognerebbe sapere da dove muovere e come muovere.
Ecco perchè, in ultima istanza, allo stato dei fatti del suo tempo, per Kant, la scienza della natura era, e non poteva essere altrimenti, che metafisica applicata.
Essa elaborava i dati offerti dall'esperienza, traendone concetti. Poi li organizzava a partire dai propri principi a priori.
E ogni scienza, per avere una validità, doveva avere questi principi. "Una dottrina razionale della natura - scriveva Kant - merita il nome di scienza della natura solo se le leggi che ne stanno a fondamento sono conosciute a priori e non sono semplici leggi di esperienza."
Nell'enfasi di questa lapidaria - ma chiara -affermazione, questa volta è rinvenibile il filo di un'inquietudine che sfocerà nella teleologia della natura vivente della successiva Critica del Giudizio. Ci torneremo, perché è evidente che tra l'a priori delle scienze esatte e delle certezze trascendentali, ed il mondo della vita, anche inteso semplicemente come fenomeno, i conti non tornavano affatto. Spallanzani, Buffon, Bonnet...? Preformismo? Generazione spontanea? Evoluzionismo?
gm - 26 ottobre 2004