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La critica della ragion pura (in versione
"light") - 11
Critica alla psicologia razionale metafisica
di Daniele Lo Giudice
Sono quelle che esaminiamo tra le pagine più difficili (ed insieme più stimolanti) di tutto il capolavoro kantiano.
Vediamo di andare subito al problema. Se il più piccolo elemento empirico venisse ad inquinare la purezza dell'io penso, dice Kant, l'intero edificio di una metafisica che sostiene l'eternità e l'immortalità dell'anima, la sua sostanziale indipendenza dal corpo nonché la sua pre-esistenza, andrebbe in rovina.
Una dimostrazione sarebbe possibile attraverso il ricorso alle categorie trascendentali.
L'anima è sostanza, dice Kant.
Rispetto alla qualità, è semplice.
Rispetto ai tempi diversi è identica, quindi unità.
Nello spazio è in rapporto con oggetti possibili.
Da ciò viene che è immortale, incorruttibile. Come sostanza intellettuale da la personalità.
I tre elementi ora considerati danno la spiritualità.
Nel rapporto con lo spazio abbiamo il commercium.
Ecco che l'anima diventerebbe così il fondamento dell'animalità, cioè della vita, e questa stessa vita, capace di proseguire oltre la morte fisica, limitatamente alla spiritualità, darebbe l'immortalità.
Cosa non va nel ragionamento?
Secondo Kant l'intero marchingegno si regge su quattro paralogismi.
«Il paralogismo logico consiste nella falsità di un ragionamento rispetto alla forma, qualsivoglia sia il contenuto. Ma in paralogismo trascendentale c'è una motivazione trascendentale che spinge a concludere falsamente rispetto alla forma. Pertanto un siffatto ragionamento erroneo avrà il suo fondamento nella natura dell'umana ragione, e recherà seco un'illusione inevitabile, quantunque non insolubile.» (1)
Il più importante tra i quattro è quello che trova espressione nel sillogismo: «Ciò che non può essere pensato diversamente che come soggetto, non esiste diversamente che come soggetto, perciò è sostanza.
Ma un essere pensante, considerato semplicemente come tale, non può essere pensato diversamente che come sooggetto.Dunque, esso esiste soltanto come tale,ossia come sostanza.»
La conclusione di questo sillogismo è inferita, secondo Kant, per sophisma figurae dictionis.
«Nulla di permanente noi abbiamo nell'intuizione interna, non essendo l'io che la coscienza del pensiero.»
Nel paragrafo intitolato Confutazione della dimostrazione di Mendelssohn della permanenza dell'anima, Kant approfondisce la critica asserendo che Mendelssohn non si accorge dell'impossibilità di negare all'anima, come ad ogni altro esistente, una quantità intensiva, ovvero un grado di realtà.
Ma se questa è la condizione necessaria, questo stesso grado di realtà può diminuire fino a ridursi a nulla per decomposizione e progressivo sminuimento.Dunque, sia la coscienza che la facoltà di essere coscienti di sé hanno un grado di suscettibile di diminuizione.
La permanenza dell'anima è quindi indimostrabile.
«Non c'è dunque una psicologia razionale come dottrina capace di incrementare la conoscenza di noi stessi, ma c'è solo come disciplina la quale assegna, in questo campo, limiti invalicabili alla ragione speculativa, per un verso perchè non si arrenda a un materialismo negatore dell'anima, e per l'altro perché non si perda dietro ai sogni di uno spiritualismo, infondato, per noi, nella vita; disciplina che ci esorta a ravvisare, in quanto rifiuto della nostra ragione a dare una risposta esauriente alle domande indiscrete che varcano i limiti della vita, un monito affinchè indirizziamo la conoscenza di noi stessi verso un fruttuoso uso pratico, anziché perderci in una sterile ed inconsistente speculazione. » (1)
La conclusione di Kant è la seguente: non è legittimato dalla ragione applicare all'io il concetto di sostanza. Molti potrebbero interpretare questa affermazione in un senso spinoziano, ma mi permetto di dissentire radicalmente. Quello dava tutto per scontato, muovendo dall'unica sostanza, cioè Dio, che mantiene il mondo in vita con tutte le sue creature, le quali esistono come appendici della sostanza, ma non hanno nulla di sostanziale.
Qui, si nega, o meglio, si ritiene indimostrabile che esista una sostanza metafisica dell'io come lo percepiamo attraverso l'esperienza.
Ciò nonostante, conclude Kant, nulla va perduto della speranza.
Parla di diritto e necessità di una vita futura. «[...] la prova semplicemente speculativa, infatti, non ha mai potuto influire sulla comune ragione dell'uomo; tale prova è collocata sulla punta di un capello e la scuola è in grado di mantenerla in quella posizione solo facendolo girare incessantemente su se stessa come una trottola; ai suoi stessi occhi, essa non è dunque in grado di offrireuna salda base su cui possa edificare qualcosa.» (1)
(continua)
note:
(1) Immanuel Kant - Critica della ragion pura
DLG - 18 aprile 2004