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Husserl: La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale
di Renzo Grassano
Questo è l'ultimo lavoro di Husserl e può essere letto anche da profani della filosofia, in particolare coloro che sanno poco di quella contemporanea. Il testo è scritto in modo scorrevole. E come hanno rilevato in molti, a cominciare da Walter Biemel che ne scrisse una presentazione, può venire considerato anche come un'introduzione alla fenomenologia, certamente la più chiara e la più vasta possibile.
Al centro della riflessione husserliana si pone sostanzialmente una domanda: come mai, malgrado il loro grandioso sviluppo, si è verificata una crisi delle scienze, che è in realtà una crisi dell'umanità europea. La riflessione di Husserl non è propriamente d'attualità, non è politica, non tocca il problema del nazismo e dei nazionalismi, delle tragedie del Novecento. Certo è che, se si volesse vedere anche qui una semplice sospensione del giudiziosui fatti del mondo, sbaglieremmo completamente strada. Husserl era ebreo, perseguitato, umiliato, radiato dall'elenco dei docenti universitari. Non poteva avere, anche guardando le cose in modo meschino, alcuna remora a dimostrarsi antinazista. Dobbiamo solo capire che la riflessione di Husserl si collocava su un altro piano: anche il nazismo, come fenomeno politico, era solo il sintomo di una malattia più profonda, che era appunto la crisi dell'umanità europea, ovvero la bancarotta di un certo modo di rapportarsi al mondo da parte dei soggetti umani.
Husserl non contesta la razionalità delle scienze, il loro valore ed i loro successi. Dice però, che a partire da Galileo e da Cartesio, si è imposta una mentalità particolare. Aggiunge che essa va rivisitata e rivista, revisionata.
Il telos sorto con la filosofia greca, quello di "voler essere un'umanità in base alla ragione filosofica e di poter essere soltanto come tale" si è dissolto. Nella dissoluzione si è perso il senso stesso della filosofia "in quanto movimento storico della rivelazione della ragione universale, innata come tale all'umanità".
Solo recuperando questo telos, mostrando come le scienze che si sono sostituite (inevitabilmente però) alla filosofia, dovevano necessariamente fallire perchè rimaneva loro ignoto il fondamento di senso, il loro stesso scopo ultimo. La loro vicenda evidenzia che la loro pretesa di totalità nella spiegazione di come stanno le cose doveva, per così dire, naufragare.
Le scienze europee hanno pagato il loro particolare successo con la loro assoluta incapacità di dare una spiegazione al senso della vita, che rimane invece una questione fondamentale.
La leva che consente ad Husserl di risollevare l'umanità sta nel contrapporre seccamente il Lebenswelt, il mondo-della-vita, al mondo-vero-in-sé della scienza.
L'attenzione deve tornare al mondo-della-vita, ovviamente in chiave precategoriale, ai fenomeni puri come si presentano al nostro sguardo intenzionale prima ancora che la scienza abbia detto che quello è un fiore, appartiene all'ontologia regionale della botanica, alla sottotipizzazione della flora, delle piante e così via: che funzione ha un fiore? A che serve? Che diritto abbiamo di porci questa domanda? Husserl non era un buddhista zen: sapeva bene che le cose in sè, inevitabilmente finiscono con tornarci utili, essere cose per noi, come i fiori di camomilla servono ad ottimi infusi calmanti, o quelli di papavero si sa. Non è questo il punto: non dobbiamo confondere Husserl con Heidegger, o considerarlo un suo precursore. La questione è tutt'altra. Per Husserl, lo spostamento di sguardo deve incontrare l'intenzione originaria, che non era quella di calpestare l'aiuola o di bruciare il giardino per fare un dispetto al giardiniere, ma, sicuramente, quella di fare il giardino, di trovare un modo migliore, "razionale" di stare nel mondo.
Nello spostare lo sguardo dall'immediatemente utile al mondo-della-vita in quanto tale dobbiamo incontrare l'Io trascendentale. Questo chiarimento sarebbe toccato alla psicologia. Ma, essendo essa stata concepita sul modello delle scienze naturali, non poteva risalire all'essenza del soggetto, trovare cioè l'uomo.
Inutile dire che tale carenza era per Husserl superabile solo attraverso la fenomenologia trascendentale che è in grado di mostrare nuovamente il telos originario.
Tutto lo sviluppo della metafisica moderna si spiega come una fase dello sviluppo verso la fenomenologia. E' una tesi un po' ardita, tutto sommato, se siamo convinti che un pensiero si presenti, in fondo, solo quando è necessario al presente, cioè sotto un aspetto anche pragmatico. Ma in questa concessione alle filosofie contemporanee, dobbiamo vedere un superamento delle stesse, o meglio, della loro inesistente concezione della storia. Ritrovare il telos originario, la tensione essenziale non è un compito sovraumano (quel dio che solo ci può salvare di Heidegger): Semmai, ogni uomo può fare la sua parte, attraverso il ritrovamento della ragione intenzionale, dell'io umano e trascendentale.
Biemel interpreta Husserl in modo ottimista: « Con una comprensione vera e propria del "mondo-della-vita" viene localizzato insieme anche il fondamento su cui si muovono già sempre le scienze pur senza vederlo.» (1)
Non sarei così sicuro: le conferenze tenute da Husserl evidenziano in modo quasi drammatico la sua condizione di maestro isolato, ammirato ma non seguito. La concezione fenomenologica della filosofia necessita del concetto di filosofo quale funzionario dell'umanità e quale portatore di ragione. Il filosofo non può essere , nemmeno quando il terreno è incerto, un opinionista. Deve sforzarsi di superare anche le proprie opinioni: vedere le cose da tutti i lati possibili, col distacco dell'epoché. Invece, ora come allora, è ancora privo di quella prospettiva omnicomprensiva che, secondo alcuni teologi, dovrebbe portare " a vedere il mondo con gli occhi di Dio". Ma, i teologi, si sa, a volte rasentano il blasfemo. Preferisco interpretare Husserl come un essere umano, consapevole della propria finitudine, anziché un presuntuoso che ha visto il mondo come avesse il telescopio divino.
Husserl vorrebbe che il filosofo non si limitasse al divertimento nel filosofare, costruendo con ogni sorta di espediente la propria filosofia. Il filosofo dovrebbe sforzarsi di costruire la scienza rigorosa fondata sull'uso della ragione, ed orientata al telos originario. Ma proprio Husserl aveva dei colossali dubbi sulla possibità di questo. Era consapevole di essere circondato, nel mondo della filosofia, se non da vanesii, certo da accademici chiusi nella loro arroganza sapienziale e da giovanotti tanto brillanti ed "informati", quanto inconcludenti e del tutto privi di del senso del telos originario.
Non si può essere funzionari dell'umanità se si serve qualche fazione, qualunque essa sia (lo psicologismo, o la fisica, o la biologia, o il meccanicismo,o persino il vitalismo). Ma non si può essere funzionari dell'umanità, nemmeno se si serve il proprio narcisismo filosofico.
A questo proposito, non è un caso che Enzo Paci, scrivendo la prefazione alla seconda edizione italiana della Crisi, avesse polemicamente sottolineato che mentre il mondo della cultura aveva accolto Husserl con grande attenzione, (registi, poeti, scrittori, pittori ed altri) il pianeta filosofia aveva reagito in modo sordido e negativo.
Era un grosso problema, anche a dramma consumato, cioè dopo la guerra, negli anni '50.

Tuttavia, la vera questione, se torniamo al punto di vista husserliano, stava nel fatto che le scienze contemporanee, nel loro oggettivismo, avevano perso la Lebensbedeutsamkeit, il loro significato per la vita.
Con la crisi di senso inevitabile che ormai si viveva, nella vita accademica come in quella reale, di cui erano specchio la letteratura e la scrittura filosofica, venivano però poste le condizioni per la riscoperta del mondo-della-vita come unico luogo possibile per il ricostituirsi di ogni oggettività e per comprendere che ogni oggettivazione è da riportare al soggetto costituente.
L'ideale di una nuova universalità scientifica fondata sulla intersoggettività, una sorta di nuova Enciclopedia, era dunque la via da seguire per recuperare il senso originario della filosofia: essere guida ragionevole per l'umanità.
Husserl non venne seguito e compreso che da piccole avanguardie. Ed è così che avvenne la tragedia della seconda guerra mondiale e dei campi di sterminio. Il sonno della ragione genera mostri, anche quando è un sonno parziale, quando si è svegli solo rispetto ai propri particolari interessi.
RG - 1 dicembre 2004