| home | filosofia del Novecento | Husserl | dizionario |

Husserl: Filosofia dell'aritmetica, prime critiche di Frege

Il primo scritto di Husserl fu una rielaborazione delle tesi di abilitazione del 1887. Fu stampato nel 1891 come Filosofia dell'aritmetica e sottotitolo Ricerche logiche e psicologiche con dedica a Franz Brentano.
L'intento di Husserl è quello di mostrare il processo nel corso del quale il concetto di numero viene derivato da "fenomeni concreti di molteplicità", Inbegriffe, ovvero aggregati. Esso è conseguito muovendo da un'idea astratta di "collegamento collettivo" in quanto significato logico di un concetto più generale di "molteplicità", a sua volta ricavato per via di astrazione dall'osservazione di "aggregati". In tal modo si viene a trovare molto vicino alla teoria empirica dell'astrazione di John Stuart Mill, ma se ne discosta immediatamente in ordine alle conseguenze "psicologistiche" poste da Mill.
Husserl comprende subito che l'atto psichico che coglie il concetto di numero è caratterizzabile sia in senso psicologico che astraibile in un senso puramente logico. Secondo Mill il numero non denota i singoli contenuti dell'aggregato ma, li considera nella loro generalità di enti semplici, di unità, lasciando come residuo nella mente la loro pura e semplice "connessione concettuale".
Per Husserl, questa caratterizzazione è "esterna", non afferra tutta la complessità dell'atto di rappresentazione che consente di conseguire il concetto di "collegamento collettivo" (che potremmo dire l'atto di cogliere un insieme con un gesto gestaltico). Questo atto di rappresentazione va preso non come un processo che trascura, "non nota" i contenuti dell'aggregato, ma come atto unitario che esprime la funzione psichica dell'attenzione per tali contenuti, considerati in senso specifico come riuniti in un aggregato per somiglianza.

Husserl riprende piuttosto lucidamente le teorie di Franz Brentano: si concentra sull'atto di rappresentazione che collega la dimensione soggettiva a quella oggettiva tendendo ad un "qualcosa" come suo oggetto. Questo tendere ha un contenuto intenzionale.
L'atto di determinare il numero, ovvero la consistenza di un aggregato, è un atto di interesse che in uno stesso momento, istituisce da un lato connessioni tra i vari elementi dell'aggregato, e dall'altro ha come contenuto suo proprio la mira e l'oggetto dell'aggregato medesimo.

A questo punto, è evidente che la caratterizzazione psicologica del concetto di numero impostata da Husserl rompe decisamente gli schemi della "teoria empiristica dell'astrazione" e si mostra derivata dalla "psicologia dal punto di vista empirico" di Brentano, la quale aveva teso a distinguere recisamente il fisico dal mentale, evidenziando come gli atti mentali abbiano un'esistenza autonoma. Su questa via, Husserl è attirato dall'orbita dell'esistenza autonoma numeri come forme generali condizionanti la nostra attività conoscitiva. Corregge l'ipotesi psicologista della totale dipendenza dei concetti elementari dell'aritmetica dalla psicologia.
E' il primo passo nella direzione di una ricerca dell'autonomia (e del primato) della logica obiettiva, esistente di per sé, rispetto ad una semplice derivazione della logica da caratteristiche psicologiche.
Tuttavia, questa impostazione venne criticata da Gottlob Frege, con cui Husserl era in rapporti epistolari. Secondo Frege, Husserl si trovava nuovamente in una dimensione psicologistica e non puramente logica. Tra gli argomenti fregeani, il noto ricorso al concetto di zero. Quando mai "abbiamo contato" zero sassolini?
Contestando vi sia un'esperienza dello zero, Frege nega anche possa così sorgere nel soggetto l'intenzione di rappresentare anche il concetto di niente. Non è nell'esperienza, ma nella logica.
moses - 19 novembre 2004