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"Nietzsche"
Gli scritti pubblicati nel 1961 sotto il titolo Nietzsche contengono il testo delle lezioni tenute da Heidegger tra il 1936 ed il 1940 insieme a molti scritti ad esse relativi composti nel decennio 1936-1946. Tali scritti affrontano la relazione tra storia e metafisica, constatano la fine di quest'ultima e vorrebbero mostrare la necessità del suo superamento.
Per Heidegger non si deve pensare la storia come semplice successione di epoche "quasi un nastro o filo che annoda le epoche" per dedurle l'una dall'altra. La vera storia è quella dell'epoché, termine da intendersi in modo diverso da Husserl, quindi non come sospensione del giudizio, ma come assentarsi dell'essere. In realtà, ogni epoca, dopo un inizio segnato da un massimo di rivelazione dell'essere, e quindi da un minimo di occultamento, si è sempre conclusa con un massimo di occultamento ed un minimo di rivelazione. C'è un epoca propria della metafisica, iniziata nel mondo greco con la massima rivelazione dell'essere nella physis. Essa si è conclusa al tempo del soggettivismo moderno nel massimo occultamento della stessa physis, che ha raggiunto il proprio culmine con la filosofia di Nietzsche.
Per comprendere veramente Heidegger, occorre dunque intendere come egli vede l'assentarsi dell'essere: «Ciò che propriamente accade è la solitudine dell'essere dell'ente; accade ciè che l'essere abbandona l'ente a sé stesso e in ciò si rifiuta.» Ma questo nascondersi-rifiutarsi, ancora secondo Heidegger, consente all'ente stesso di emergere. Quindi il rifiuto dell'essere è l'avvenire dell'essere dell'ente. Ne viene che ciò che va pensato rispetto alle varie epoche è proprio ciò che non viene mai pensato, perché nascosto nell'epoché dell'essere, cioè nel suo nascondersi-rifiutarsi.

Proprio Nietzsche concepì l'essere dell'ente come volontà di potenza, la quale vuole sé stessa, e non ha altro termine da raggiungere che non sia la pura e semplice esplicazione di se medesisma. Il telòs di Aristotele, la ricerca del sommo bene di Platone e di Socrate sono quindi destinati, fin dall'inizio, a naufragare nel nichilismo. Grecità, mondo romano, pensiero medioevale, modernità e illuminismo segnano le tappe di questo progressivo occultamento dell'essere. Col mutamento essenziale verificatosi con il mito della caverna di Platone, l'essere ha cominciato a ritrarsi, e nello spazio lasciato vacante dalla sua pienezza si è instaurato il primato dell'ente. In questo senso, la storia della metafisica non è altro che vicenda della dimenticanza dell'essere, quindi nichilismo, visto che "l'essenza del nichilismo è la storia nella quale dell'essere non ne è più niente."
Anche il cristianesimo è complice della dimenticanza. «Con [esso] la domanda che chiede che cosa sia l'ente sembra nel frattempo aver trovato una risposta definitiva ed essere stata accantonata in quanto domanda. [...] La rivelazione biblica, che secondo la sua stessa indicazione poggia su un'ispirazione divina, insegna che l'ente è stato creato da un Dio creatore personale e da lui viene retto e governato. Con la verità rivelata, proclamata dalla dottrina della Chiesa come assolutamente vincolante, la domanda che chiede cosa sia l'ente è diventata superflua. L'essere dell'ente consiste nel suo essere creato da Dio (omne ens est ens creatum) [...] Coloro che trattano in questo modo di ciò che l'ente nel suo insieme è sono "teologi". La loro "filosofia" è tale solo di nome, perché una "filosofia cristiana" è ancora più assurda di un cerchio quadrato. [...] A ben guardare, però, la doctrina christiana non vuole trasmettere un sapere sull'ente,, su ciò che esso è, ma la sua verità è senz'altro verità di salvezza. Si tratta di assicurare la salvezza dell'anima individuale immortale. Tutte le conoscenze sono riferite all'ordine della salvezza e stanno al servizio dell'assicurazione e della promozione della salvezza.»

Nell'età moderna la centralità dell'uomo assume la massima evidenza: si sostituisce all'essere per assicurarsi il possesso incondizionato dell'ente. Così l'umanism, sorto con Platone, si libera della soggezione alla teologia e si presenta come l'incondizionato che condiziona i caratteri di ogni ente. anzi, l'ente diventa oggetto, e la verità consiste nel rappresentare (vor-stellen) l'oggetto nel senso di porselo davanti. Conoscere diventa "rappresentare", e l'uomo diventa "luogo della verità", abbandonando da un lato il realismo dell'aedequatio (ossia la corrispondenza dell'intelletto con la cosa), per assumere l'atteggiamento della certezza (Gewissenheit).
La forma della certezza corrisponde a come il mondo viene formato (gebildet) dall'immagine. "Immagine del mondo" significa perciò che il mondo è così come noi lo vediamo. Rifacendosi all'etimo della parola matema (anticipazione), Heidegger definisce matematico il vedere anticipante. Ed è così, attraverso la visione matematica, che l'uomo si presenta l'ente come oggetto del soggetto. L'uomo è al centro, è il "centro", e da qui dispiega tutta la sua potenza scientifica e tecnica attraverso il calcolo e la pianificazione. Ecco che la scienza occidentale, avviata da Platone con la separazione dell'ente dall'essere, può disporre dell'ente come oggetto a volontà.
moses - 5 ottobre 2005