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Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 - 1831)

8. La filosofia dello Spirito Assoluto e la storia della filosofia

di Renzo Grassano


Posto lo stato come realizzazione di Dio nel mondo e quindi come forma storica culminante dello spirito oggettivo, rimane aperto un problema che Hegel non fatica a risolvere: lo spirito oggettivo realizzato non rappresenta ancora la conclusione del processo per il quale l'assoluto diviene consapevole di sé.
Lo spirito deve ammettere un momento ulteriore, definito Spirito Assoluto, nel quale esso si riconosce come attività puramente spirituale. Le tre forma in cui si realizza questa attività spirituale sono l'arte, la religione e la filosofia.
Il problema è il seguente: sono arte, religione e filosofia attività che trascendono la storia attingendo a verità eterne, oppure sono coinvolte anch'esse nel processo del divenire?
Rispondere enfatizzando una sorta di autonomia dell'arte, della religione e della filosofia dalla storia stessa comporta il riconoscere un'apertura alla trascendenza presente indipendente dalle circostanze storiche, ambientali ed umane in cui si realizzano queste attività. Se, al contrario, si sottolineano le influenze storiche, si storicizza sia l'arte che la religione, che la stessa filosofia, ovvero esse finiscono con l'essere espressione del tempo, condizionate dal periodo.
Pertanto, non si può non riconoscere che tutto ciò che accade è, comunque, nella storia. Ne viene un rigoroso e, discutibile, immanentismo, cioè, che tutto quello che è posto e compreso, e quindi realizzato, risiede nell'Io, secondo quanto aveva insegnato Fichte. E' umano e non divino, trova realizzazione perchè lo spirito è umano, espressione dell'umanità e non della trascendenza.
Ma, così facendo, si viene proprio a negare il ruolo trascendente della religione, per non dire dell'arte, o della stessa filosofia.
Le successive polemiche tra "destra" e "sinistra" hegeliana, alla morte del caposcuola, si giocheranno in gran parte su questo punto.
Tuttavia, è indubbio che Hegel, diamogliene atto, aveva già risolto il problema, asserendo nella sua ferrea logica dell'affermare per negare e sintetizzare, che si trattava sia dell'uno che dell'altro. Lo spirito si apre alla trascendenza, che diamine, ma nelle forme storiche che gli sono concesse!
Non a caso, egli stesso considerò le attività puramente spirituali come superiori alla vita etica e politica. Ancora pescando in Aristotele, riaffermò dunque la superiorità della vita speculativa e contemplativa su quella attiva, anche se, a ben guardare, l'arte non si potrebbe affatto collocare tra le operazioni contemplative, se non dal suo lato passivo: contempliamo quando fruiamo di una visione estetica, o di un ascolto musicale.
In ogni caso, va compreso questo: sia l'arte, sia la religione, sia la filosofia hanno il medesimo oggetto, e parlano della stessa materia: l'assoluto.
Esse non si differenziano se non per la forma e le procedure: l'arte conosce l'assoluto nell'intuizione sensibile, la religione nella forma della rappresentazione e la filosofia nel concetto.
Nei prossimi tre capitoli vedremo dunque la filosofia dell'arte, cioè l'estetica hegeliana, la filosofia della religione e il senso e la funzione della filosofia.

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RG -10 gennaio 2003