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Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 - 1831)
11. La storia "filosofica" della
filosofia
di Renzo Grassano
Coerentemente con la visione della storia generale dell'umanità che Hegel ha espresso, anche la particolare storia del pensiero filosofico diventa comprensibile in una chiave del tutto inedita. Se è una superiore "ragione" invisibile che governa il mondo, manovrando sia i grandi individui che i piccoli uomini, in uno stile "usa e getta, ma salva il residuo, cioè il nocciolo di verità", anche la filosofia ed i filosofi non si sottraggono a questo destino.
Vista da un angolatura astratta, cioè parziale, la storia della filosofia potrebbe sembrare una "filastrocca di opinioni." Riconsiderata con gli occhi dell'Assoluto, essa diventa "identica alla successione che si ha nella deduzione logica delle determinazioni concettuali dell'Idea." Ciò significa, ad esempio, che la categoria del pure essere corrisponde alla filosofia di Parmenide, quella del divenire a quella di Eraclìto e quella dell'essenza alla filosofia di Aristotele, valutato da Hegel come il più grande filosofo dell'antichità nel senso del meno astratto.
Vista in questa luce, la filosofia appare come un movimento, una successione di figure ideali che muove dal più semplice, immediato, e quindi "astratto", a sistemi sempre più complessi e quindi corrispondenti ad un grado maggiore di verità e concretezza.
Ogni sistema precedente, dal più antico ai giorni suoi, possiede, per Hegel, una sua verità proprio perchè esprime una determinazione necessaria dell'idea. Quindi, a suo avviso, la storiografia filosofica non dovrebbe orientarsi più di tanto in ricostruzioni analitiche dei sistemi del passato, quanto cogliere in ogni pensiero l'elemento della verità, ovvero il suo principio.
Si tratta, come si vede, di uno sviluppo dinamico del principio enunciato da Aristotele nella Metafisica, ovvero che "tutti gli uomini concorrono alla verità". Qui, in particolare, si sottolinea che tutti i filosofi del passato hanno concorso alla verità.
Ma, la ragione di questo non sta, evidentemente nell'abilità di ogni singolo filosofo. Lo svolgimento dei sistemi è determinato dalle esigenze della dialettica interna dell'idea: "Il finito non è vero - scrive Hegel - non è come dev'essere: perchè esista, occorre la determinatezza. Senonchè l'idea interna distrugge le formazioni finite, perchè la sua forma non è la vera. (Enciclopedia)
Ma, significativamente, aveva detto prima: "Ciò che ogni generazione ha fatto nel campo della scienza, della produzione spirituale, è un'eredità cui ha contribuito coi suoi risparmi tutto il mondo anteriore... Quest'ereditare è ad un tempo un ricevere ed un far fruttare l'eredità. Questo plasma l'anima di ogni generazione seguente, ne forma la sostanza spirituale sotto forma di abitudini, ne determina le massime, i pregiudizi, la ricchezza; e nello stesso tempo, il patrimonio ricevuto diventa a sua volta materiale disponibile che che viene trasformato dallo spirito. In tal guisa, ciò che si è ricevuto viene mutato, e la materia elaborata, grazie appunto all'elaborazione, s'arricchisce ed al tempo stesso si conserva. (idem)
Questa impostazione comporta, evidentemente, delle forzature: in particolare non si sfugge all'impressione di una penalizzazione delle filosofie più analitiche a vantaggio di quelle più sintetiche e totalizzanti, oppure di quelle più mistiche, come nel caso di Jakob Boehme.
Indubbiamente, uno dei meriti di Hegel fu quello di aver mostrato che per fare filosofia correttamente, occorre una conoscenza della storia della filosofia precedente. Questa ricapitolazione consente di comprendere a quale livello e con quale tensione sono stati affrontati e risolti determinati problemi, alla luce del cammino dello Spirito.
La storia della filosofia si articola, per Hegel, in tre fasi (ritorna qui il ritmo triadico che abbiamo già conosciuto a proposito della dialettica, della logica, dell'arte e della religione).
La prima fase corrisponde alla filosofia greca che concepisce l'Assoluto ancora come sostanza, quindi come oggetto.
La seconda corrisponde alla filosofia medioevale, che immagina l'Assoluto come Spirito, ma ancora estrinseco all'uomo.
La terza è la fase della filosofia moderna, che finalmente realizza l'Assoluto come soggetto.
La filosofia antica è considerata da Hegel come la più povera ed astratta. Ciò nonostante, è quella che gode delle più grandi attenzioni per il semplice fatto che tutte le determinazioni concettuali che incontriamo nella storia della filosofia erano già presenti nel pensiero metafisico di Platone ed Aristotele.
Ovviamente, la filosofia moderna incomincia, per Hegel, con Bacone, Boehme e Cartesio e culmina nell'idealismo tedesco, passando per Kant. Culmina cioè nella stessa filosofia di Hegel, intesa come una sorta di soluzione finale, preparata dai sistemi elaborati in precedenza da Fichte e Schelling.
RG - 30 dicembre 2002