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Adesso, se non vi spiace, le regole le spiego io...
di Guido Marenco
Non so come sia nata nella testa di Renzo la balzana idea che mettere in piazza il dissenso e la discussione tra noi serva a sollevare l'audience e che io faccia del mio meglio per spettacolarizzare i contrasti.
Non è così.
Nella discussione vedo sempre una possibilità di arricchimento, quel potere maieutico che dovrebbe avere la dialettica, se non pilotata alla Socrate verso un approdo prestabilito, cioè la verità secondo Socrate o, più probabilmente, secondo Platone.
Io non dico di non sapere, io so di conoscere alcune cose, prevalentemente alcuni fatti, e ne ignoro molti altri. La discussione mi potrebbe aiutare a venire a conoscenza di fatti che ignoravo ed allo stesso tempo mostrare come altri li hanno valutati.
Allo stesso tempo, però, in tutti i dibattiti, quindi anche in questo, vedo un grande rischio, cioè l'emergere di un gusto per la polemica fine a sé stessa. Come fossimo su uno dei tanti newsgroup della rete. Da chi scrive di filosofia mi aspetterei un atteggiamento più costruttivo e misurato. D'accordo sul fatto che anche la polemica possa servire, ma trascinarla fino a certi punti ed a certe ripicche è certamente umano, troppo umano, ma non è utile.
Utile a che? Utile a capire e capirci meglio. Utile al fine di chiarire alcuni concetti che utilizziamo con disinvoltura ma, sui quali non abbiamo ragionato a sufficienza. Non dico utile alla verità perché di questo termine ormai si nutre un sacro orrore tra appassionati di filosofia. Però, lo userei volentieri, lo dico spassionatamente, perché nella verità io credo ancora. Non nell'esattissima corrispondenza tra l'intelletto, i fatti e le intenzioni di chi agisce per fare, ma in qualcosa che le intenzioni di chi agisce le avvicini sul serio.
Ecco perché, prima di attribuire intenzioni a chicchessia, ci penserei almeno due volte. Sbagliando non siamo ad un semplice errore, siamo alla calunnia.
Quindi, consentitemi, di rispondere a chi mi ha attribuito qualche intenzione di troppo. Non pubblico i files più discutibili perché mi propongo di intervenire successivamente con un'opera di demolizione. A volte, com'è capitato in più occasioni con Daniele, le obiezioni le sollevo prima. Altre, per ragioni di tempo, non sono in grado di poterlo fare, e quindi intervengo a posteriori, dopo aver ragionato a sufficienza.
Vorrei dire che se Carlo Fracasso si sente sotto tutela perché ancora sottoposto alla regola di mandare i suoi scritti all'indirizzo di Renzo, grasslawrence@hotmail.com, deve solo rendersi conto che così è perché tra noi si era convenuto che esiste un responsabile del "progetto storia della filosofia", che è cosa diversa dal webmaster.
Fracasso ne ha parlato come di un responsabile scientifico, ma la parola "scientifico" non è stata usata. Personalmente avevo parlato della necessità di un coordinatore unico di tutto il progetto, asserendo che la scelta non poteva che cadere sulla persona di maggiore competenza: Renzo Grassano.
Ma questo, se permettete, era un problema risolto. Ci torno solo perché a Fracasso è parso di no.
La sezione "commenti politici" è nata senza una vera e propria istituzionalizzazione. Di fronte a terrorismo, guerra, tensioni politiche interne ed altre cose ancora, ci si è trovati di colpo, e senza seconda intenzione alcuna, ad esternazioni spontanee da parte di Renzo, il quale evidentemente nutre una sorta di vocazione per il giornalismo politico. Non ho esitato a pubblicarle con il dovuto rilievo perché, a mio avviso, erano prova di un impegno civile e non di volgare partigianeria.
E' semplicemente falso che abbia mai pensato di appiccicare sui muri virtuali di Moses un cartello di monito del genere "Qui non si fa politica", con scritto in caratteri più piccoli e meno visibili "se non quella che attualmente ispira la lista del triciclo."
Ora, di fronte alle piccate reazioni, anche quella di Daniele era piccata, ho ritenuto opportuno chiedere, era implicito, se non fosse il caso di istituzionalizzare anche la sezione "commenti politici" fissando all'uopo alcune regole, magari traendole dalla tradizione del giornalismo indipendente, in particolare quella migliore, cioè quella anglo-americana.
Non mi pare siano arrivate proposte in questo senso. Ed allora, scusate, la brutalità, le regole le propongo io.
Per prima cosa in un qualsiasi tipo di statuto, od atto costitutivo, si fissa la ragione sociale, cioè il fine per cui ci si mette assieme. Quando io e Renzo abbiamo cominciato a collaborare, abbiamo anche discusso a lungo. E, Parmenide a parte, abbiamo raggiunto un'intesa di tipo etico, un'intesa che è la base stessa della nostra comune concezione della filosofia. Entrambi, sulla scia di una rilettura del Kant politico e filosofo della pace, abbiamo convenuto che in nessun caso il fine giustifica i mezzi. E' un principio metafisico, purtroppo non è un dogma religioso. Non lo è per l'islam, non lo è neanche per i cattolici, i quali ne hanno tanti altri, inutili ed assurdi, ma non hanno questo. Non lo è nemmeno per i protestanti. E, assurdo fino al paradosso, non lo è nemmeno per gli Ebrei che seguono i partiti religiosi in Israele.
La prima conclusione cui pervenimmo è che la filosofia del cactus da cui ero partito molto donchisciottescamente (col significativo sottotitolo "una soluzione bio-logica a questioni spinose") non era adeguata alla bisogna. Era vitalistica, astrattamente neoaristotelica, insufficiente. Renzo propose Mosè, la legge, la legalità, il principio del rispetto reciproco che nasce e si offre all'umanità dei veri eletti nella notte dei tempi. Con il cactus aveva qualcosa in comune: il deserto e la spinosità. Ma l'analogia finiva lì. Io dissi "Moses" e Moses fu.
Noi crediamo in una filosofia che insegni i valori fondamentali dell'etica kantiana perchè non c'è di meglio. Grassano crede anche nel fatto che Kant possa rinnovare la Chiesa Cattolica. Io no. Non ha potuto nemmeno rinnovare quella protestante, come potrebbe rinnovare quella cattolica? C'è in giro un potenziale papa "kantiano", uno che prima di insegnare il vangelo, abbia ben chiaro che significa "educazione civica", "rispetto per il prossimo" prima ancora che "amore"?
Lasciamo perdere, probabilmente ci sono molti buoni vescovi, e moltissimi buoni sacerdoti, pastori e così via, ma di cattolici "kantiani" non ne conosco.
I cattolici continuano a nutrire un sacro rancore per questo saputello di Königsberg che ha osato dire cose ancora più giuste e razionali di quelle insegnate da loro stessi e dai loro libri. Negano di essere stati superati, ma in realtà lo sono. Con un pizzico di umiltà potrebbero riconoscere in Kant un correttore ed un'educatore, ma sono superbi, d'una superbia persino fastidiosa, salvo rarissime eccezioni, che ha una precisa origine: l'ignobile persuasione di essere giustificati per fede e non per comportamento. Quando riconosceranno di avere sbagliato sarà forse troppo tardi e i giustificati per fede, come Bush e Bin Laden, ci avranno fatto a pezzi.
Un esempio particolarmente ripugnante di questi giustificati per fede è purtroppo quel poveretto di Don Gianni Baget Bozzo. Ci sono dei momenti in cui mi viene persino il rimorso di infierire su di lui citando le sue stesse parole, perchè è come dargli dell'idiota. E perché rimorso? Perché dare dell'idiota a qualcuno è giustificarlo. Che ci si può aspettare da un idiota? Ed io non ho alcuna intenzione di giustificare gente simile per infermità mentale.
Bene. Chiarito che il fine sociale di Moses è seminare parole di pace e buon senso, dunque un perenne invito ad uscire dallo stato di minorità (ma non più solo nei confronti della religione, ma anche della scienza, della pseudo-filosofia, della politica, del calcio e degli svaghi di massa, dei miti fabbricati dall'industria culturale) è ovvio che sia io che Renzo si senta a fior di pelle e con i nervi scoperti l'essere contro il terrorismo (sotto qualsiasi forma si presenti) senza se e senza ma. Sia quello selettivo che caratterizza l'estremismo terroristico europeo di sinistra o nazionalista, sia quello stragista di destra e islamico fondamentalista. Che il secondo sia peggiore del primo non riduce di un grammo l'inesorabile condanna del terrorismo sedicente comunista o nazionalista.
Orbene, sia io che Grassano eravamo e siamo convinti che nei comportamenti dei servizi segreti, e non solo di questi, di stati sedicenti democratico-liberali sia rintracciabile una forma di terrorismo. Non perché fare la guerra sia sinonimo tout court di terrorismo, ma perché la si fa in un certo modo. Primo esempio: nel Kossovo gli alleati hanno spianato la via all'UCK, una bella banda di tagliagole che ha sistematicamente usato il terrorismo, compreso quello infame dei cecchini, per fare una contropulizia etnica. Dei Serbi è meglio tacere. Ma gli esempi potrebbero continuare con un bel libro nero dei misfatti della CIA e del Mossad, dei servizi italiani, francesi, inglesi e così via. Se crediamo che il fine non giustifichi i mezzi, è evidente che nessuna ragion di stato possa ancora aver una qualsiasi ragione.
Sia io che Renzo crediamo che l'intervento americano in Afghanistan fosse in qualche modo giustificato. Il paese governato dai taliban era diventato il covo dell'internazionale terroristica. Però, anche qui, non possiamo tacere sui metodi utilizzati. L'esercito dell'Alleanza del nord, i puri fedelissimi del leone Massud, era forse meglio dell'UCK? Banda di tagliagole pure quelli. Ne hanno fatte di cotte e di crude. Inammissibile e vergognoso. Vergognoso anche il tacere con l'idea che tanto, fra un po', ci saranno registi hollywoodiani coraggiosi che faranno film del tipo "non credete al mito delle giacche azzurre, guardate piuttosto cosa hanno combinato in Afghanistan".
Ci dicono che quando si va alla guerra non ci si può permettere di andare troppo per il sottile. Noi lo neghiamo, recisamente. Se è così, non si fa la guerra, la si rinvia a tempi migliori. Oppure si istituisce da subito un tribunale militare e civile che persegua in modo inflessibile tutti i crimini ed i criminali, compresi quelli commessi dai propri alleati, compresi quelli commessi dai soldati del proprio paese. La sola minaccia di un'istituzione di questo genere potrebbe avere un qualche effetto preventivo.
E' evidente che, in quest'ottica, l'unico esercito autorizzato ad intervenire per portare la pace dovrebbe indossare il casco azzurro delle Nazioni Unite. Noi sappiamo benissimo che l'ONU è in crisi, è screditato, si è persino macchiato di scandali. Ma non c'è altra strada, se si vuole davvero la pace. E quindi occorre fare di tutto per resuscitarlo.E quindi, occorre contestare agli americani il diritto di fare quello che gli pare. Solo così siamo anche amici degli americani; se li assecondiamo in ogni cosa, siamo solo degli ipocriti. E se loro si incazzano perché non li assecondiamo, dimostrano di essere ometti di piccolo calibro, gente che ha la potenza ma non la ragione.
In questa linea stanno dunque i commenti di Renzo che, però, come tutti gli esseri umani, ci mette del suo. Per me la questione è semplice, se non siete d'accordo con lui, intervenite per spiegare le vostre ragioni.
Ed è qui che interviene la necessità di un insieme di regole vere e proprie. Esse, però, hanno senso se si condivide il fine sociale. Altrimenti che discutiamo a fare?
La regola numero 1 è che il webmaster si consulta, chiede consigli, richiede contributi, ma alla fine decide responsabilmente da solo titoli ed impaginazione.
La regola numero 2 è che il webmaster si può cambiare. Noi abbiamo detto che sta in carica tre anni, cioè il tempo ritenuto necessario a portare a compimento un determinato progetto. Poi se ritira perché ne avrà anche le palle piene. Ma se si ritiene che agisca scorrettamente, non avete che da sostituirlo. Io, sia chiaro, non alcuna intenzione di dimettermi, anzi mi propongo quale garante della linea politica-culturale e filosofica maturata con Renzo in questi anni.
Ovviamente sono d'accordo con Daniele quando richiede una maggiore attenzione alle questioni ecologiche ed alla salvezza del pianeta.
gm - 25 marzo 2004