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Helmut Gollwitzer (1908-1993)
Nato il 29 dicembre 1908 a Pappenheim im Altmühtal, Baviera, studiò Teologia evangelica e filosofia a Monaco, Erlangen, Jena e Bonn, nel 1937 si laureò con Karl Barth a Basilea. Durante la guerra svolse il servizio militare come infermiere. Fu prigioniero dell'armata rossa dal 1945 al 1949.
Gollwitzer divenne professore di teologia sistematica a Bonn dal 1950 al 1957 e poi insegnò teologia evangelica alla libera università di Berlino dal 1960 al 1975.
Durante il '68 strinse amicizia con il leader studentesco Rudi Dutschke e svolse persino "le funzioni" di padre spirituale nei confronti della futura terrorista Ulrike Meinhof. Si confrontò vivamente con il movimento degli studenti, manifestando per la pace e contro l'aggressione americana al Vietnam del Nord.
Negli anni seguenti si impegnò a fondo per la pace e la distensione, accentuando in particolare i temi della non-violenza.

Già da queste brevi note, si intuisce come Helmut Gollwitzer fu teologo aperto al dialogo; nello sforzo di chiarire la propria fede giunse paradossalmente a definirsi insieme "credente" e quindi "non credente", assumendo poi il concetto fondamentale anselmiano del "credo per intendere" come orientamento principale.
Nei suoi scritti sottolineò che la "fides può muovere verso l'intellectus, vero la comprensione del senso delle sue asserzioni, solo affrontando tutte le questioni che tali asserzioni possono far nascere."
Secondo Gollwitzer era quindi ineludibile il problema di come la fede possa legittimarsi di fronte alla ragione.
In tale ottica, egli sottolineò tuttavia che il credente ha già deciso; deve solo chiarire perché lo ha fatto.
Se il messaggio cristiano pone problemi radicali, il credente non deve però mettersi in questione dall'esterno della fede: deve affrontare l'assalto del dubbio all'interno della fede, intendendo il dubbio non come una minaccia ma come una feconda opportunità. Gollwitzer, in sostanza, colse il lato costruttivo e solidificante del dubbio sulla scia di Lutero: il dubbio fa sì che "la fede rimanga fede e Dio rimanga Dio." Il dubbio fu quindi per Gollwitzer un evento provvisorio, e una fase di passaggio ineliminabile per la fede.
Gollwitzer si sentì molto impegnato a "combattere proprio quest'opinione, secondo cui sarebbe la verità, proprio ciò che [al credente] dice l'assalto del dubbio, la ragione che esso gli pone di fronte per metterlo in questione: questo è l'incoraggiante imperativo che egli avverte, nel mezzo delle tenebre, provenire dalla parola promessa."
Pertanto, come in tutti i teologi evengelici dialettici, anche per Gollwitzer, "Il messaggio cristiano non è un risultato del pensiero umano e non è pertanto dipendente dai risultati della filosofia, né può essere da essa messa in pericolo."
Tuttavia, Gollwitzer non ritenne mai che il pensare costituisse un pericolo per la fede. Credere è infatti un momento del pensare, un momento di acuta crisi e trapasso che porta a considerare la superiorità della fede che feconda la ragione, una fede che infine giudica cosa può essere pensato e cosa no.
La filosofia, da sola, non è in grado di capire, così come non lo è l'uomo lasciato solo.
A tale proposito, Gollwitzer parla di Grundbescheid, notificazione fondamentale, circa la verità dell'uomo e del mondo che viene dalla fede..
Fede significa confidare in Dio, ritenere la sua Parola non solo come rivelazione, ma anche come promessa che attende la legittimazione della verità. Ovviamente, essa è un "rischio".

L'oggetto della fede non è visibile, la sua vicenda è "una storia nascosta".
"Ciò che profeti e gli apostoli hanno udito, noi lo abbiamo solo nella testimonianza che essi hanno dato della loro fede e della loro intima commozione, solo nell'espressione che di sé stessi hanno dato questi uomini storici."
Purtroppo, per i credenti contemporanei, il messaggio di costoro risulta "mediato e secondario", parola di uomini concreti secondo la loro disposizione soggettiva.
"Noi - prosegue Gollwitzer - non abbiamo 'il' messaggio se non interpretando la sua figura, le asserzioni di coloro che recano il messaggio."
Per indurre a credere ai testimoni, Gollwitzer giunse a realizzare un'analogia tra il credente e l'innamorato e parlò di Lebensbewährung, legittimazione offerta dalla vita.
Infatti, "con questo messaggio si può vivere"; "esso si offre come un aiuto indispensabile per la vita e fa leva sul suo mostrasi come tale". Porta al dominio di sé, amore del prossimo, modestia, fiduciosa certezza, superamento della paura della morte, della codardia e dell'egoismo.
E, per accentuare il carattere rigenerante dell'assunzione della fede in Cristo Gesù, Gollwitzer finisce con un'affermazione paradossale: anche le illusioni possono produrre l'effetto di modificare la vita in senso positivo. Ma la fede, ovviamente, non è un'illusione.
di Helmut Gollwitzer sono disponibile diverse opere in lingua italiana, tra esse: La rivoluzione capitalista - Queriniana editrice 1978; Vivere senza armi - Claudiana, Torino 1978; Incontrarsi dopo Auschwitz. Ebrei e cristiani a confronto, Claudiana, Torino 1986.
moses - 3 marzo 2005