| home | scientia | il sapere del biologo | filosofia oggi e domani | dizionario |
Il sapere del biologo
Caso, necessità e senso delle vite animali
di Giuseppina Saccone
Le cinque teorie di Darwin descritte da Ernst Mayr, nel loro insieme, sono ancora qualcosa di simile alla teoria standard che impera tra i fisici, anche se la nostra superteoria non sembra ancora standardizzata, e questo è un bene. Sono possibili molte fluttuazioni, diverse sottolineature, senza che il nocciolo della selezione naturale rimanga intaccato. Monod, ad esempio, pensava che bisognasse lottare contro «la tendenza di diffondere un'idea impoverita, ingenuamente feroce, della selezione naturale, cioè quella della pura e semplice 'lotta per la vita', espressione che d'altronde non fu introdotta da Darwin bensì da Spencer.» [Monod 1970] Per Monod, i neodarwinisti del primo Novecento «ne hanno proposto invece una visione molto più feconda, dimostrando, sulla base di teorie quantitative, che il fattore decisivo della selezione non è costituito dalla lotta per la vita, ma dal tasso differenziale di riproduzione interno a una specie.» I progressi della biologia, secondo Monod, consentono di comprendere, molto più a fondo che in passato, che «ogni 'novità' sotto forma di alterazione di una struttura proteica, verrà innanzitutto saggiata riguardo la sua compatibilità con l'insieme di un sistema già assoggettato a innumerevoli vincoli che controllano l'esecuzione del progetto dell'organismo.» [Monod 1970] Saranno accettate solo mutazioni che non riducono la coerenza della struttura teleonomica, «ma piuttosto lo rafforzano ulteriormente...»
Ciò che dice Monod è coerente con il titolo del suo libro e sviluppa le conseguenze logiche delle sue premesse. La prima diceva che la nascita della biosfera non era deducibile dai primi principi. La sua idea esprimeva una forma raffinata di antiriduzionismo, che tuttavia volgeva immediatamente al più smaccato riduzionismo. Per Monod, la cellula è una macchina chimica. Quindi si deve operare una riduzione della biologia alla chimica. Sarebbe il caso, e vi sarebbe pure la necessità, di occuparsi più a fondo di Monod, anche considerando che fu uno dei biologi in grado di produrre una filosofia della biologia e non solo, a partire dalla propria prassi e non da cervellotiche considerazioni sull'essere e il nulla. Lo farò dopo aver proceduto a più austere considerazioni.
Monod parlava di teleonomia. E' un concetto del tutto diverso da quello di teleologia.
Platone, Aristotele e stoici credevano in un fine della natura; i seguaci di Democrito (filosofo citato da Monod, ma in base ad un apocrifo) e gli epicurei, al contrario, non vedevano alcun fine superiore nella vita vegetale e animale, e nemmeno in quella umana. Per non precipitare in un nichilismo totale, Epicuro dovette premurarsi di indicare comunque uno scopo e una direzione della vita, la quale non richiedeva particolari impegni per essere vissuta. L'aristocrazia di quel tempo non doveva lottare per esistere, viveva di rendita. Epicuro propose allora di vivere piacevolmente, evitando soprattutto di cacciarsi in situazioni dolorose come la lotta per emergere politicamente o filosoficamente. Era un messaggio rivolto a chi non aveva bisogno di lavorare e di lottare per esistere. Chi vede in Epicuro un precursore del materialismo scientifico, non tiene conto che l'etica di Epicuro era un'etica dell'ignoranza e non della conoscenza. Egli riteneva inutile occuparsi di scienze naturali. Per questo rifiuto di definirmi "epicurea".
Secondo Mayr, che ha speso molte energie per chiarire, più volte, la differenza tra teleologia e teleonomia, nei secoli XVII e XVIII i teleologi videro uno scopo non solo nella scala naturae, ma anche nella totale armonia dell'universo. Leibniz fu il principale esponente di questa corrente insieme al pedagogo Comenio. Di contro, i meccanicisti, tra questi Galileo, Cartesio e Newton, vedevano un universo meccanico funzionante per leggi naturali.
Questa contrapposizione fu un dilemma per Kant ed egli decise di affidarsi al teleologismo semplicemente arrendendosi di fronte al dilemma.
«Solo negli ultimi venticinque anni o quasi - osserva Mayr - la soluzione è divenuta evidente. E' ora chiaro che esistono in natura processi apparentemente diretti ad un fine che non sono in alcun modo in conflitto con una spiegazione fisico-chimica. La soluzione, come spesso avviene nella storia della scienza, fu raggiunta analizzando un problema complesso e dividendolo nelle sue componenti. Divenne ovvio (Mayr, 1974 d) che il termine "teleologico" era stato applicato a quattro diversi concetti o processi.» [Mayr 1982]
Il primo di questi, in realtà, è teleonomico. «La scoperta dell'esistenza dei programmi genetici ha dato una spiegazione meccanicistica a una classe di fenomeni teleologici. Un processo fisiologico o un comportamento il cui essere finalizzato è dovuto all'operare di un programma può essere chiamato "teleonomico". » Lo sviluppo individuale (ontogenesi), come del resto tutti i comportamenti individuali rivolti ad un fine, possono rientrare in questa casistica, evidenziando «due componenti: essi sono regolati da un programma e dipendono dall'esistenza di un qualche punto terminale o fine che è previsto nel programma che regola il comportamento.» Il fine potrebbe essere una struttura, una funzione fisiologica o uno stato stabile, la conquista di una posizione, il semplice consumo, ad esempio il mangiare. Ogni programma particolare, ovviamente, è il risultato della selezione naturale ed è costantemente governato dal valore selettivo del punto terminale raggiunto. Aristotele chiamò queste cause "cause nell'interesse di qualcosa". «Dal punto di vista del processo causale è importante precisare che il programma così come lo stimolo che evoca il comportamento volto a un fine precedono nel tempo il comportamento apparentemente finalizzato. Di solito, vi sono molteplici meccanismi di retroazione che migliorano la precisione dei processi teleonomici, ma l'aspetto veramente caratteristico del comportamento teleonomico è che vi sono meccanismi che iniziano o "causano" questo comportamento finalizzato.» [Mayr 1982]
Secondo Mayr, esistono poi i processi teleomatici. «Ogni processo, particolarmente i processi relativi agli oggetti inanimati in cui un determinato punto terminale viene raggiunto esclusivamente in conseguenza di leggi fisiche, può essere chiamato "teleomatico" (Mayr, 1974 d). Quando un masso in caduta raggiunge il suo punto terminale, il suolo, nessun comportamento finalizzato, intenzionale o programmato è in azione, ciò con cui si ha a che fare è invece semplicemente il conformarsi alla legge di gravitazione.» La medesima valutazione si può applicare ad un fiume che corre verso l'oceano, «ad un pezzo di ferro incandescente che raggiunge uno stato terminale in cui la sua temperatura e quella dell'ambiente sono uguali», infatti il conseguimenti di questo punto terminale è, dovuto al conformarsi con esattezza alla prima legge della termodinamica.
Secondo Mayr, tutta l'evoluzione evoluzione cosmica, dal primo big bang fino a oggi, è dovuta «a una sequenza di processi teleomatici ai quali si sovrappongono perturbazioni stocastiche. Le leggi di gravitazione e della termodinamica sono tra le leggi naturali che con maggior frequenza governano processi teleomatici. Così Aristotele era consapevole dell'esistenza separata di questa classe di processi, e si riferiva ad essi come ai processi causati "per necessità".» [Mayr 1982]
Esistono poi processi riguardanrti i sistemi adattivi. «I biologi naturali furono particolarmente colpiti dal carattere progettuale di tutte le strutture responsabili delle funzioni fisiologiche: il cuore che è costruito per pompare il sangue attraverso il corpo, i reni che sono costruiti per eliminare i sottoprodotti del metabolismo proteico, il tratto intestinale che esegue la digestione e che rende disponibile al corpo la sostanza nutritizia e così via. »
Darwin ha mostrato che il graduale miglioramento è dovuto a selezione naturale, pertanto, è scorretto usare il termine teleologico, nel senso di diretto a un fine, infatti può suggerire l'esistenza di forze ortogenetiche responsabili di quest'ordine, mentre, queste forze non esistono.
I sistemi adattivi vanno studiati chiedendosi il perché dell'esistenza di apparati funzionali come la circolazione sanguigna, del perché esistono valvole nelle vene, del perché cola il sangue dal naso, del perché si è rotto un capillare. Mayr cita Sherrington: «Non si può (...) trarre il profitto dovuto dallo studio di ogni riflesso particolare, a meno che non si possa discutere il suo fine immediato come riflesso adattato (...) Per la ricerca scientifica, lo scopo di un riflesso sembra essere un oggetto di studio altrettanto legittimo e urgente quanto il colore di un insetto o di un fiore. E, ciò che è importante per la fisiologia, il riflesso non può essere realmente intellegibile al fisiologo finché egli non ne conosca lo scopo.» [Mayr 1982]
La teleologia cosmica. Aristotele partì dall'individuale, ma finì per estendere la teleologia al cosmo e quando si imbattè nel problema dell'adattamento
concepì due sole alternative: la coincidenza (il caso) o il fine. Poiché non può essere una coincidenza che i molari siano sempre piatti e gli incisivi affilati, la differenza va attribuita all'esistenza di un fine. In effetti così tante cose nell'universo riflettono un fine apparente, che può apparire legittimo postulare una causa finale. «A tempo debito, questo concetto di teleologia cosmica, particolarmente quando viene combinato con il dogma cristiano, diventò il concetto prevalente di teleologia. E' questa teleologia che la scienza moderna rifiuta senza riserve. Non vi è e non vi è mai stato alcun programma sulla base del quale si sono verificate sia l'evoluzione cosmica che l'evoluzione biologica. Se vi è un apparente aspetto di progresso nell'evoluzione biologica dai procarioti di o tre miliardi di anni fa agli animali e alle piante superiori, questo si può spiegare interamente come risultato di forze selettive generate dalla competizione tra gli individui e le specie e dalla colonizzazione di nuove forze adattive.» Di contro a questa convinzione darwiniana, sono però apparsi pensatori che, nel corso del tempo, hanno cercato di dimostrare che vi è una forzza immateriale che guida l'evoluzione, da Lamarck a de Chardin.
La stessa teoria dell'ortogenesi è stata ripresa da fisici duri. Eigen nella sua teoria degli ipercicli è convinto che «l'evoluzione della vita (...) deve essere considerata un processo inevitabile, nonostante il suo corso indeterminato.» [Mayr 1982]
Questi chiarimenti hanno una grande importanza perché potrebbero mettere fine ad oziose discussioni sul senso delle cose. E' evidente che il concetto di teleonomia serve a negare che vi sia un piano dell'evoluzione, un programma divino che si attua secondo un progetto progressivo, senza negare che in natura esistono programmi limitati, e leggi di sviluppo degli organismi, a volte contrastanti. Monod vide questi programmi come una necessità. Una volta affermato, che l'emergenza della biosfera è un caso, non incontrò soverchie difficoltà a riconoscere un dominio della necessità. Mayr gli rimproverò di aver trascurato, paradossalmente, la selezione naturale.
La posizione di Monod era originata dal rifiuto da una qualsiasi immagine del mondo che raffigurasse i processi storico-evolutivi come guidati da un fine superiore. Nel suo tentativo di trovare un'alternativa, descrisse l'origine della vita come un caso unico. Gli esseri viventi non sono frutto di un progetto, ma esistono solo perché «il nostro numero è uscito alla roulette.» Evidentemente, era colpito, nel quadro del suo sapere, dall'emergere di un sistema di necessità chimiche e biochimiche, sebbene la «probabilità a priori» della formazione casuale di un tale sistema fosse «quasi nulla.» Ciò dipendeva dall'incidenza negativa di questo fatto sulla capacità degli scienziati di investigare l'origine della vita. Infatti, se abbiamo a che fare con un evento altamente improbabile, non abbiamo grandi probabilità di ricostruirlo in laboratorio secondo evidenti principi. Ma la credenza nella "roulette" non si basava esclusivamente sul «partito preso» della negazione del grande architetto. Monod muoveva dai suoi studi teleonomici delle proteine cellulari. Riconobbe che le proteine sono macchine meravigliosamente elaborate la cui funzione dipende dalla loro struttura. Soprattutto, affermò che l'organismo «è una macchina che si costruisce da sé. Non è l'intervento di forze esterne a imporgli la sua struttura macroscopica ma questa si costituisce in modo autonomo grazie a interazioni costruttive interne.» [Monod 1970] E' da notare che per Monod la sequenza di ogni proteina non è «perfetta», non presenta alcuna regolarità, nemmeno un carattere restrittivo. Pertanto non segue alcuna regola oltre la legge del caso. La struttura di una proteina è «solo la casualità della sua origine.» «Nel 1952, F. Sanger descrisse la prima sequenza completa di una proteina globulare. Fu questa, ad un tempo, una rivelazione e una delusione. In tale sequenza, che definiva la struttura, e quindi le proprietà elettive, di una proteina funzionale, (l'insulina), non si scorgeva nessuna regolarità, nessuna particolarità, nessuna limitazione. Ma si poteva ancora sperare che, con il sommarsi di documenti del genere, si sarebbero delineate alcune leggi generali di associazione come pure certe correlazioni funzionali. Oggi si conoscono centinaia di sequenze [...] Da esse e da un loro confronto sistematico realizzato con l'aiuto dei moderni mezzi di analisi e di calcolo, si può dedurre la legge generale: quella del caso.» [Monod 1970]
Tutto ha inizio, per Monod, «da un gioco completamente cieco», ed è proseguito fino alla creazione di una macchina funzionale e teleonomica dovuta all'operare della selezione naturale. Ma dove comincia, allora il dominio della necessità? Dalla selezione naturale. «Ancora oggi molte persone d'ingegno non riescono ad accettare e neppure a comprendere come la selezione, da sola, abbia potuto trarre da una fonte di rumore tutte le musiche della biosfera. In effetti, la selezione agisce sul prodotto del caso e non può alimentarsi altrimenti; essa opera però in un campo di necessità rigorose da cui il caso è bandito.
Da queste necessità - prosegue Monod - e non dal caso, l'evoluzione ha tratto i suoi orientamenti generalmente ascendenti, le sue successive conquiste, il dipanarsi ordinato di cui offre apparentemente l'immagine.» [Monod 1970]
Ma c'è un altro punto che suggerisce la necessità. Monod condivide il Dogma centrale della Biologia formulato da Crick: «Infine si deve aggiungere, e questo punto è molto importante, che il meccanismo della traduzione è assolutamente irreversibile. Non si è mai constatato, e d'altronde non sarebbe concepibile, un trasferimento d'informazione in senso inverso, dalla proteina al DNA. Questa nozione si basa su una serie di osservazioni oggi complete e sicure e le sue implicazioni, soprattutto nella teoria dell'evoluzione, sono molto importanti tanto che essa si deve considerare uno dei principi fondamentali della Biologia moderna.» [Monod 1970]
Mayr E. [1982] - Storia del pensiero biologico - Bollati Boringhieri - 1990
Monod J. [1970] - Il caso e la necessità - Mondadori 1970
GS - giugno 2012