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Paul K. Feyerabend
Le contraddizioni delle teorie

di Silvana Poggi
Sicuramente, rimane difficile non rimanere colpiti da un'affermazione così concepita: «Nessuna teoria è sempre in accordo con tutti i fatti compresi nel suo campo, ma non sempre la colpa è della teoria. I fatti sono costituiti da ideologie anteriori, e un conflitto tra fatti e teorie può essere una prova di progresso. Questo è anche un primo passo nel nostro tentativo di trovare i principi impliciti in nozioni d'osservazione familiare.» (1)
I disaccordi tra fatti e teoria sono di due tipi. Il disaccordo di tipo numerico viene da una predizione numerica erronea. Sono casi abbondanti nella storia della scienza, e sono l'origine dell'oceano di anomalie che aleggia attorno ad ogni teoria.
Il secondo tipo di disaccordo concerne le insufficienze qualitative: «la concezione copernicana al tempo di Galileo era tanto chiaramente e manifestatamente incompatibile con i fatti che Galileo dovette definirla "sicuramente falsa".» (2)
Vediamo alcune incongruenze quantitative e numeriche: «la teoria della gravitazione di Newton fu gravata, fin dal principio, da difficoltà abbastanza serie da fornire materiali per la sua confutazione. Anche oggi e nel campo non relativistico "esistono numerose discrepanze fra osservazione e teoria". (3) Il modello atomico di Bohr fu introdotto, e conservato, nonostante l'esistenza di precisi e incontestabili fatti di esperienza contrari. (4) La teoria speciale della relatività fu conservata nonostante chiari risultati sperimentali in conflitto con essa ottenuti nel 1906 da Kaufmann e nonostante la confutazione di D. C. Miller (parlo di confutazione perché l'esperimento, dal punto di vista delle tecniche sperimentali dell'epoca, fu condotto non meno bene degli esperimenti di Michelson e Morley). (5) La teoria generale della relatività, pur avendo ottenuto un successo grandissimo in alcuni settori... non riuscì a spiegare una discrepanza di 10" nel moto dei nodi di Venere e di più di 5" nel moto dei nodi di Marte; e ora si trova di nuovo in difficoltà in conseguenza dei nuovi calcoli del moto di Mercurio a opera di Dicke e di altri. (6)»

Quando Feyerabend parla di insufficienze qualitative, pensa esistano contraddizioni non tra teoria e "un fatto recondito", ma "con circostanze che vengono facilmente osservate e che sono familiari a tutti." Il primo esempio è indicato nella teoria dell'Uno immutabile e omogeneo di Parmenide. «Questa teoria ha molti elementi a suo favore e svolge un ruolo importante anche oggi, per esempio nella teoria generale della relatività. Usata in una forma non sviluppata da Anassimandro, ha condotto all'intuizione, ripetuta da Heinsenberg nella sua teoria delle particelle elementari, che la sostanza, o gli elementi fondamentali dell'universo non possono obbedire alle medesime leggi cui sono soggetti gli elementi visibili. » (7)
Altri esempi sono la teoria dei colori di Newton, "inconciliabile con l'esistenza di immagini speculari", perchè, se la luce è composta di raggi, uno specchio dovrebbe comportarsi come una superficie scabra. La contraddizione fu eliminata con un'ipotesi ad hoc.
Anche l'elettrodinamica classica di Maxwell e di Lorentz presenta incongruenze, ad esempio quando implica che il moto di una particella libera sia autoaccelerato. Come ha mostrato Heitler, "cariche di estensione finita possono essere portate in accordo con la relatività solo aggiungendo all'interno dell'elettrone sforzi e pressioni non verificabili."
Lo stesso problema ricompare nella teoria quantistica, solo parzialmente occultato dalla cosiddetta "normalizzazione". E c'è un altro esempio "molto istruttivo", quello riferito al teorema di Ehrenfest, che esclude il magnetismo indotto se si viene a considerare la teoria classica dell'elettrone di Lorentz congiuntamente col principio di equipartizione.
E' certamente difficile, se non "impossibile" esaminare tutte le conseguenze "interessanti", ma anche "assurde" di una teoria. «Questo dato di fatto può dipendere da insufficienze nei metodi matematici esistenti, ma può essere dovuto anche all'ignoranza di coloro che difendono la teoria. In tali circostanze, il procedimento più comune consiste nell'usare fino ad un certo punto (che viene spesso scelto in modo del tutto arbitrario una teoria anteriore, e nel fare ricorso poi alla nuova teoria per affinare i risultati del calcolo. Da un punto di vista metodologico questo procedimento è una vera assurdità.»

Feyerabend motiva il giudizio di assurdità ricorrendo al calcolo relativistico dell'orbita di Mercurio e conclude che le 'stranezze' non si possono spiegare con la risposta abituale, che cioè ci occupiamo pur sempre di 'approssimazioni'. Rileva, innanzitutto, che alla base della spiegazione relativistica vi sono inammissibili premesse tratte dalla teoria newtoniana, cioè da un'opposta visione dello spazio e del tempo. Poi, osserva che il calcolo relativistico si disinteressa del mondo reale, cioè della nostra "galassia asimmetrica", bensì si occupa "del caso del tutto immaginario di un universo a simmetria centrale contenente una singolarità nel suo centro e nient'altro". Ecco perché saremmo alle prese con 'approssimazioni'. Gli scienziati dicono di ricorrere a formule classiche non perché la relatività sia incompleta, "né si ricorre al caso della simmetria centrale perché la relatività non offra niente di meglio". Tutto scorre esclusivamente purché tralasciamo grandezze troppo piccole perché valga la pena di considerarle". Che equivale a dire: stiamo usando la teoria della relatività e nient'altro in modo adeguato e conforme.
Ma non è vero: «Si osservi come quest'idea di approssimazione differisca dall'idea legittima. Di solito si ha una teoria, si è in grado di calcolare il caso particolare a cui si è interessati, si osserva che questo calcolo conduce a grandezze inferiori al margine d'errore sperimentale, si omettono tali grandezze, e si ottiene un formalismo molto semplificato. Nel caso presente, procedere alle semplificazioni richieste significherebbe calcolare relativisticamente l'intero problema degli n corpi (comprese risonanze a lungo termine fra le diverse orbite planetarie), trascurando le grandezze inferiori al margine di precisione raggiunto nell'osservazione e dimostrando che la teoria così abbreviata coincide con la meccanica celeste quale fu corretta da Schwarzschild. Questo procedimento non è stato usato da nessuno semplicemente perché il problema relativistico degli n corpi non ha ancora trovato una soluzione. Non ci sono soluzioni neppure approssimate per problemi importanti, come per esempio, il problema della stabilità (uno dei primi grandi ostacoli per la teoria di Newton). La parte classica della spiegazione, perciò, non è dovuta semplicemente a ragioni di convenienza, ma è assolutamente necessaria. E le approssimazioni non sono il risultato di calcoli relativistici, ma sono introdotte allo scopo di poter applicare la relatività alle osservazioni. Le si potrebbe perciò designare come approssimazioni ad hoc.» (8)
Contrariamente a quanto afferma Popper, Feyerabend osserva che le approssimazioni ad hoc abbondano nella fisica post-newtoniana. Le troviamo nella teoria quantistica e nel principio di corrispondenza. Le conseguenze di tale presenza "occultano le differenze qualitative, quando addirittura non le eliminano completamente".
«Esse creano perciò un'impressione erronea dell'eccellenza della nostra scienza. Ne segue che un filosofo che voglia studiare l'adeguatezza della scienza come immagine del mondo, o che desideri costruire una metodologia scientifica realistica, deve guardare con particolare cautela alla scienza moderna.» (9)
A prescindere da questo errore 'terminologico' (chiamando scienza moderna quella del Novecento, come chiameremo quella di Galileo e Newton?), avrà ragione Feyerabend a definirla più 'opaca' e 'molto più illusoria' della scienza del Seicento?
Questi sembrano più giudizi di tipo estetico che di sostanza. Tanto che aggiunge: «La scienza ci dà teorie di grande bellezza e sofisticazione.» Eppure nonostante queste performance di estetica matematica, rimane che le contraddizioni "sono state spinte all'interno del rapporto fra teoria e fatti". Così sono anche sparite, hanno perso visibilità.
Ci arriva così la richiesta, specie da Popper, che Feyerabend qui evita di citare con nome e cognome, di rifiutare una teoria se essa è contraddetta da asserzioni-basa riguardanti fatti. Ma tutto ciò è inutile. I metodologi possono insistere sul carattere decisivo della falsificazione, "ma si servono tranquillamente di teorie falsificate".
Ed a questo punto che Feyerabend innesta uno dei suoi migliori pezzi di retorica antiepistemologica. Lo riporto per intero. «Secondo Hume le teorie non possono venire derivate da fatti. La richiesta di ammettere solo quelle teorie che derivino da fatti ci lascerebbe senza alcuna teoria. Perciò la scienza quale noi la conosciamo può esistere solo se lasciamo cadere questa richiesta e rivediamo la nostra metodologia.
Secondo i nostri risultati attuali - prosegue Feyerabend - difficilmente una una teoria può mai essere in accordo con i fatti. Anche la richiesta di ammmettere solo quelle teorie che siano in accordo con i fatti disponibili e accertati ci lascerebbe senza alcuna teoria. (Ripeto: senza alcuna teoria, poiché non esiste una singola teoria che non presenti qualche discordanza con i fatti.) Perciò una scienza quale noi la conosciamo può esistere solo se lasciamo cadere anche questa richiesta e rivediamo la nostra metodologia, ammettendo ora, oltre a ipotesi non sostenute dai dati sperimentali, anche la controinduzione. Il giusto metodo non deve contenere norme che ci costringano a scegliere tra teorie sulla base della falsificazione. Le sue norme devono consentirci anzi di scegliere fra teorie che siano già state sottoposte alla prova sperimentale e che siano state falsificate.» (10)

Feyerabend non solo è convinto che fatti e teorie siano in costante disaccordo ma, che essi non siano mai separabili nettamente. Le regole metodologiche parlano di teorie e di osservazioni, e anche di risultati sperimentali come si trattasse di oggetti distinti. Ma non è così. Ciò che valuta realmente lo scienziato è indeterminato, e non è mai pienamente separato dallo sfondo storico. «Questo materiale è sempre contaminato da principi che egli non conosce e che, quand'anche gli fossero noti, sarebbero estremamente difficili da verificare. Opinioni discutibili sulla cognizione, come l'opinione che i nostri sensi, usati in circostanze normali, diano un'informazione attendibile sul mondo, possono inficiare il linguaggio stesso in cui descriviamo le nostre osservazioni, stabilendo i termini dell'osservazione oltre la distinzione fra apparenze veridiche e illusorie. I linguaggi nei quali vengono descritte le osservazioni possono perciò risultare legati a strati più antichi del pensiero speculativo, i quali possono incidere quindi, in questo modo indiretto, anche sulla metodologia più progressiva.» (11)
Ma, anche la componente soggettiva della percezione recita la sua parte. Secondo Feyerabend essa 'si fonde' col testo fino a comporre un 'tutto non strutturato' che può essere sbrogliato dall'esterno solo grazie ad un procedimento controinduttivo. Inoltre, c'è sempre bisogno di ricorrere a premesse ausiliarie per disporre di conclusioni verificabili.
La rivoluzione copernicana contraddisse in realtà quasi tutte le regole metodologiche oggi concepibili. Tra le scienze ausiliarie che agivano da sfondo vi erano leggi di meteorologia, di ottica e del comportamento della luce, e leggi di dinamica che descrivono il moto. Tutte queste leggi "contenevano una teoria della cognizione che postulava una certa relazione semplice fra percezione e oggetti fisici". Feyerabend avverte che non tutte tali scienze ausiliarie era esplicite, il che riduce, a mio avviso, anche la portata delle sue affermazioni. Tuttavia, egli insiste nel trarre la conclusione che una teoria possa entrare in contrasto con i dati dell'esperienza non perché essa sia scorretta, ma perché i dati sperimentale possono essere contaminati. Feyerabend conclude che sarebbe "estremamente imprudente permettere che siano i dati sperimentali a giudicare sulla bontà delle nostre teorie direttamente e senza darsi pensiero d'altro".
Giudicare le teorie sulla base dei fatti, porterebbe all'eliminazione di teorie solo perché non si adattano a qualche cosmologia più antica. Inoltre, l'ossessione dell'osservazione e della concordanza tra fatti e ipotesi è per Feyerabend ideologia dell'osservazione. Essa va esaminata, cosa che non si è mai veramente fatta. "Come possiamo criticare i termini nei quali esprimiamo abitualmente le nostre osservazioni? Vediamo!"
Occorre una misura di critica, cioè qualcosa cui riportare una comparazione. Si tratta perciò di fare un primo passo consistente o nell'uscire dal circolo fatti-teorie, o nell'inventare una nuova teoria, «che non si concili con i risultati d'osservazione stabiliti con la massima cura e confonda i principi teorici più plausibili» (12) Oppure importare tale nuovo modo di pensare da altre scienze, dalla religione, dalla mitologia, o persino dalle farneticazioni dei pazzi! E' un passo nella mentalità controinduttiva, è la constatazione che senza un tale atteggiamento la scienza non potrebbe esistere. Trattasi pertanto di mossa legittima. Vedremo presto in che senso.
(continua)

(1) P. K. Feyerabend - Contro il metodo - Feltrinelli 1979
(2) Feyerabend si riferisce ad un passo del Saggiatore di Galileo
(3) Feyerabend cita lavori mai tradotti in italiano, a conferma della generale assenza di un pubblico di lettori per testi scientifici non divulgativi nel nostro paese. Tra le assenze significative non poteva mancare R. H. Dicke - Remarks on the Observational Basis of General Relativity, New York 1964.
(4) cfr. Lakatos / Musgrave - La falsificazione e la metodologia dei programmi di ricerca scientifici in Critica e crescita della conoscenza - Feltrinelli 1976
(5) Nella nota, stesa di pugno da Feyerabend, si legge: Kaufmann formulò la sua conclusione in modo molto chiaro, e in corsivo. "I risultati delle misurazioni non sono compatibili con l'assunto fondamentale di Lorentz e di Einstein." Lorentz reagì così: "... pare molto probabile che dovremo abbandonare del tutto quest'idea." Così, la riluttanza di Poincaré ad accettare la nuova meccanica di Lorentz può essere spiegata, almeno in parte, con l'esito dell'esperimento di Kaufmann. Il solo Einstein considerò i risultati di Kaufmann "improbabili perchè l'ipotesi di base, dalla quale è dedotta la massa dell'elettrone in movimento, non è suggerita da sistemi teorici che abbraccino complessi di fenomeni più ampi."
(6) Una eccellente delucidazione di questo punto nel saggio di Giulio Giorello Incommensurabilità e confrontabilità, in Introduzione alla filosofia della scienza - a cura dello stesso Giorello - Bompiani 1994
(7) P. K. Feyerabend - Contro il metodo - Feltrinelli 1979
(8) idem
(9) idem
(10) idem
(11) idem
(12) idem
SP - 2 dicembre 2006