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Pierre Duhem (1861-1916)

Pierre Duhem fu storico della scienza ed autore dell'importante saggio La teoria fisica, il suo oggetto e la sua struttura del 1906. Qui ci limiteremo a dare alcuni passaggi fondamentali di questo lavoro.
Se oggi lo ricordiamo soprattutto come filosofo della scienza è perché il suo contributo si inserì in modo autorevole ed originale in un panorama mosso ed articolato che era insieme di sviluppo e di crisi delle scienze positiviste. Per quanto devoto cattolico, tenne rigidamente separate scienza e religione. Concepì la storia del pensiero scientifico come uno sviluppo nella continuità, negando che si fossero verificate grandi fratture ed osservando, piuttosto, la necessità di cercare sempre dei "precedenti" alle teorie apparentemente più rivoluzionarie. Come esempio, richiamò la comparsa del concetto di inerzia, che aveva avuto un chiaro antecedente nella discussione di Buridano sull'impetus e nelle idee della scuola mertoniana di Oxford. Questa posizione lo portò a rifiutare la teoria della relatività einsteiniana in nome della superiorità del "buon senso" sull'artificiosità del formalismo matematico, presente a suo avviso nelle geometrie non euclidee.
Duhem ammise quindi che sussistono "motivi che non discendono dalla logica e tuttavia indirizzano la nostra scelta", come appunto il buon senso. Secondo Duhem: «L'indecisione ha sempre un limite. Arriva il momento in cui il buon senso si dichiara così chiaramente in favore di uno dei partiti, che l'altro rinuncia alla lotta, nel momento stesso in cui la logica pura non ostacolerebbe la continuazione.» (La teoria fisica, il suo oggetto e la sua struttura)
Duhem, quindi, concorda fondamentalmente con Poincaré: la meccanica teorica e razionale è stata costruita ricorrendo a "ipotesi" il cui enunciato non ha alcun significato sperimentale.
In proposito osservava: «Il principio di inerzia ci insegna che un punto materiale, sottratto all'azione di ogni altro corpo, si muove lungo una linea retta di moto uniforme. Noi possiamo osservare solo i movimenti relativi, non possiamo dare un significato al principio se non si suppone scelto [...] un determinato solido geometrico preso come riferimento fisso, al quale sia rapportato il movimento del punto materiale. Fissare il riferimento fu parte integrante dell'enunciato della legge e se lo si omettesse l'enunciato risulterebbe privo di significato.» (La teoria fisica, il suo oggetto e la sua struttura)
Cos'è allora, per Duhem, una "teoria fisica"? Cerchiamo di chiarirlo.

La teoria fisica
La teoria fisica è per Duhem «non una spiegazione ma un sistema di proposizioni matematiche dedotte da un piccolo numero di principi che hanno lo scopo di rappresentare nel modo più semplice, completo ed esatto possibile un insieme di leggi sperimentali.» (La teoria fisica, il suo oggetto e la sua struttura)
Sottolineò che la previsione del verificarsi di un certo fenomeno vien fatta in base alle premesse che includono leggi ed asserzioni riguardanti le condizioni antecedenti, portando come esempio il caso nel quale la legge "tutte le cartine di tornasole blu diventano rosse quando vengono immerse in una soluzione acida" viene controllata immergendo un lembo di cartina in un liquido acido.
In tale tipo di ragionamento vi è una premessa, che corrisponde alla legge descritta, la quale porta a dedurre che se un pezzo di cartina viene immersa in un acido diventa rossa. Se ciò non accade, non viene automaticamente falsificato il principio. Questo perché possiamo mettere in questione che si tratti effettivamente di una cartina di tornasole, oppure che il liquido sia effettivamente un acido. Una sola osservazione non può di per sé falsificare le premesse, cioè una legge universalmente riconosciuta come valida.

Duhem era interessato a situazioni molto più complicate e dubbie di quella richiamata. Evidenziò pertanto che se le condizioni antecedenti di casi che sottoponiamo a controlli sperimentali sono state correttamente enunciate, la mancata realizzazione del fenomeno previsto deve quindi limitarsi a a falsificare l'indebito accostamento tra premesse e conseguenze. In tali situazioni lo scienziato sarebbe libero di alterare una qualsiasi delle ipotesi presentate nelle premesse e potrebbe decidere di conservarne alcune e sostituirne altre. Tuttavia, osservò che adottare una simile decisione significa attribuire all'ipotesi confermata lo status di una convenzione. E per la convenzione, la questione della verità o falsità di essa non si pone mai. Duhem, però, non compilò un elenco di ipotesi che avrebbero dovuto essere considerate come convenzionali.
Credeva che in presenza di una disconferma, bisognerebbe lasciare al giudizio degli scienziati la decisione riguardo a cosa mantenere e cosa lasciare. In certi casi, infatti, si possono presentare buone ragioni per operare cambiamenti in certo assunto piuttosto che in un altro. Duhem applicò la sua analisi all'idea di "esperimento cruciale" di Bacone, cioè quegli esperimenti che decidono fra due teorie in competizione. Ad esempio richiamò la determinazione sperimentale di Léon Foucault che la velocità della luce è maggiore nell'aria che nell'acqua. Secondo il fisico Jean-François Arago, l'esperimento di Foucault aveva dimostrato non solo che la luce non è un fascio di particelle, ma anche che è un moto ondulatorio. Secondo Duhem, Arago si era sbagliato. L'esperimento di Foucault, infatti, falsificava solo alcune ipotesi. Nelle teorie corpuscolari della luce di Newton e Laplace, la previsione che la luce viaggi più velocemente nell'aria che nell'acqua è dedotta solo da un gruppo di proposizioni. Pertanto, i sostenitori della teoria corpuscolare di fronte all'esperimento di Foucault avrebbero potuto mantenere comunque gran parte delle loro premesse, limitandosi quindi ad alcune correzioni. Secondo Duhem, l'esperimento di Foucault non provava che la luce è un'onda.
Né Arago, nè gli scienziati potrebbero dimostrare che la luce deve essere o meno "sciame di corpuscoli" o un moto ondulatorio. Duhem sottolineò che un esperimento sarebbe "cruciale" solo se si fosse eliminato in maniera risolutiva una delle due alternative in contrapposizione. La scienza, scrisse, non funziona come un orologio. Un orologiaio non può smontarla per cercare la parte difettosa. E' più simile ad un corpo umano, funzionante come un tutto. La sue ipotesi sono interconnesse e non possono essere disgiunte. Tuttavia, certi elementi in un sistema di ipotesi sottoposte a controllo sperimentale, considerati virtualmente incontrovertibili, possono venire riesaminati confrontandoli coi dati che li falsificano, applicando le revisioni ad un numero più ristretto di ipotesi.

Impossibile rovesciare un principio astratto con un verdetto sperimentale
In base a quanto osservato fin qui, appare quindi sufficientemente coerente l'idea di Duhem per la quale i principi di teoria sufficientemente astratti come quelli della geometria o della meccanica non possono venire capovolti da un verdetto sperimentale. Ciò che viene controllato empiricamente non è una singola ipotesi, ma un insieme teorico, cioè un sistema di proposizioni interconnesse. Duhem parla di tre tipi di controlli: «In primo luogo, un'ipotesi non sarà una proposizione in sé contraddittoria, poiché il fisico non intende enunciare dei non sensi. In secondo luogo, le diverse ipotesi non si contraddiranno tra loro, infatti la teoria fisica non deve trasformarsi in un ammasso di modelli disparati e incompatibili, essa intende difendere gelosamente l'unità logica. Un'intuizione che non siamo in grado di argomentare ma che neppure vogliamo nascondere ci dice infatti che soltanto a queste condizioni la teoria tenderà verso la sua forma ideale, verso la forma di classificazione naturale. In terzo luogo, le ipotesi saranno scelte in modo tale che la deduzione matematica possa trarre dal loro insieme conseguenze che rappresentino, con sufficiente approssimazione, l'insieme delle leggi sperimentali.» (La teoria fisica)

La teoria come classificazione
Per Duhem, la teoria scientifica deve essere considerata come un dispositivo per la classificazione dei fatti. Per questo non va considerata sotto l'aspetto "vera o falsa", ma solo come "comoda o scomoda", adatta o non adatta. Essa mantiene un carattere ambivalente. In tal senso, Duhem paragonò il lavoro del fisico al processo di classificazione di un naturalista in cerca di un sistema naturale, contrapposto ad uno artificiale. «La facilità con cui ogni legge trova il suo posto nella classificazioni create dal fisico, la chiarezza abbagliante che si diffonde su questo insieme perfettamente ordinato, ci persuade totalmente che una tale classificazione non è solo artificiale, che un tale ordine non è il risultato di un raggruppamento puramente arbitrario imposto alle leggi di un ingegnoso organizzatore. Senza poter dimostrare la nostra convinzione, ma al tempo stesso senza potercene liberare, vediamo nell'ordinamento esatto del sistema il segno distintivo di una classificazione naturale; senza pretendere di spiegare la realtà sotto i fenomeni di cui ragguppiamo le leggi, sentiamo che i raggruppamenti stabiliti dalla teoria corrispondono a reali affinità tra le cose.»
(La teoria fisica)

La teoria come asserzione di una parte di verità sul mondo
Duhem desiderava quindi una teoria realistica della conoscenza, e non poteva fare a meno di auspicare un accordo di teorie. La teoria è più di un semplice strumento,o convenzione; è qualcosa che dice una parte di verità sul mondo.
«Il fisico non saprebbe spiegare tale convinzione: il metodo di cui dispone è limitato ai soli dati dell'osservazione; non sarebbe quindi in grado di dimostrare che l'ordine stabilito tra le leggi sperimentali riflette un ordine trascendente l'esperienza, a maggior ragione non sarebbe in grado di prevedere la natura dei rapporti reali cui corrispondono le relazioni stabilite dalla teoria.» (La teoria fisica)

La "forma" della teoria fisica è composta da "simboli matematici che consentono ad essa di rappresentare le diverse quantità e qualità del mondo fisico" e "i postulati generali che gli servono da principi". A partire dai principi si può costruire una struttura matematica esente da contraddizioni logiche, non altrimenti passibile di alcun'altra restrizione strutturale. Dato questo impianto, osservando a quali conclusioni porta, si tratta infine di sottoporre le conclusioni stesse a prove empiriche. «Questo confronto tra le conclusioni della teoria e la verità dell'esperienza è dunque indispensabile dal momento che soltanto il controllo dei fatti deve colpire esclusivamente le conclusioni della teoria, perché esse soltanto si presentano come l'immagine della realtà. I postulati, punti di partenza della teoria, gli intermediari con i quali si passa dai postulati alle conclusioni non devono essere sottoposti a prova empirica.» (La teoria fisica)
Si presenta perciò una difficoltà: come si possono collegare i controlli sperimentali e le osservazioni con le conclusioni rappresentate matematicamente dalle teorie? Le due cose sono infatti frutto di procedure diverse, e i controlli sperimentali si realizzano in laboratorio, non alla scrivania, mentre i teoremi sono espressi in termini matematici. C'è «una disparità tra il fatto pratico, realmente osservato, e il fatto teorico, cioè la formula simbolica ed astratta enunciata dal fisico.» (La teoria fisica)
Tra simbolo e fatto potrebbe esserci corrispondenza, ma non "parità completa". A giudizio di Hilary Putnam, con questo interrogativo Duhem diede inizio a" quella grande vacca sacra" del positivismo logico che è la distinzione tra linguaggio di osservazione e linguaggio teorico.

Ciò dimostra che l'etichetta appiccicata a Duhem di convenzionalista conservatore potrebbe andargli un po' stretta. Leggiamo ad esempio:«da ciò deriva forse che le ipotesi poste al riparo della smentita sperimentale diretta non devono temere più nulla dall'esperienza,che esse restano immutabili, qualunque siano le scoperte che l'osservazione dei fatti ci riserva? Pretenderlo sarebbe un grave errore. Prese isolatamente, le diverse ipotesi non hanno alcun significato sperimentale, e non può esserci alcun problema di confemarle o di smentirle mediante l'esperienza. Ma queste ipotesi entrano come fondamenti essenziali nella costruzione di certe teorie della maccanica tradizionale, della teoria chimica, della cristallografia che hanno per oggetto la rappresentazione delle leggi sperimentali e pertanto sono schemi destinati essenzialmente ad essere confrontati con i fatti. Certamente questo confronto un giorno potrebbe farci riconoscere che una delle nostre rappresentazioni si adatta con fatica alla realtà da rappresentare, che le correzioni che complicano il nostro schema non sono sufficienti a produrre un accordo sufficiente tra schema e fatti, che la teoria, ammessa per tanto tempo incondizionatamente, deve essere respinta, che si deve costruire una teoria tutta diversa a partire da ipotesi interamente nuove. Quel giorno qualcuna delle nostre ipotesi che, prese da sole, sfidano la smentita diretta dell'esperienza, crollerà, insieme al sistema da essa sostenuto, sotto il peso della contraddizione inflitta dalla realtà alle conseguenze di questo sistema preso nel suo insieme.» (La teoria fisica)

Bibliografia:
P. Redondi - Epistemologia e storia della scienza. Le svolte teoriche da Duhem a Bachelard - Feltrinelli 1978
moses - 8 giugno 2005