| home | filosofia nel III millennio |

Frankestein è venuto a casa mia
di Renzo Grassano

Stavo nervosamente passeggiando per casa, pensando di aver appena avuto un'idea geniale in grado di aggirare la provocatoria richiesta di Guido, che avrebbe voluto farmi scrivere un'introduzione generale alla filosofia del III millennio (ma che?!) quando, per errore sono entrato nella camera di mia figlia Elena e l'occhio mi è caduto, devo dire avidamente, sulla copertina di una rivista che stava sulla sua scrivania. Divulgazione scientifica, Darwin, il primo numero di quest'anno.
Adesso vi devo dire in che consisteva l'idea geniale, così capite anche cosa ho pensato e perché.
Dunque, mi dicevo, non ha senso fare un elenco di filosofi e filosofie, di indirizzi e di scuole, di dottrine ed antidottrine. Lo si vede dall'indice. Anzi, lo si vedrà, perché per ora l'indice di questo terzo millennio piange miseria. Nemmeno ha senso riprendere la questione del senso del filosofare dopo tutto sto travaglio millenario. Rischi di ripetere banalità al limite della sciocchezza.
Potrebbe aver senso fare piuttosto un elenco dei problemi, alcuni dei quali semplicemente umani, altri politici, altri sociali, altri schiettamente filosofici. Tutta roba su cui il filosofo avrebbe qualcosina da dire, forse con un certa freschezza di idee e di intenti.
Per farla breve, la rivista di mia figlia, che avevo colpevolmente ignorato per ben cinque numeri, mi attizzava. Opportunisticamente poteva aiutarmi un filo a fare meglio l'elenco dei problemi regalandomi qualche idea.
Detto fatto, l'agguantai, la sfogliai, l'occhio mi cadde sull'articolo che lessi d'un fiato. Baang! Un colpo al fegato ed un uncino al mento.
Di colpo ero rientrato nella realtà, mica da ridere.
Il filosofo ha bisogno di questi shock. Se vive e pensa nei suoi mondi di sognante teoria, si sveglia bruscamente, ed avverte dolore e vertigine. Poi balbetta qualcosa, infine viene preso nel vortice dell'interrogazione, cerca disperatamente soluzioni, si rende conto che anche le formule kantiane sull'etica non hanno poi tanto senso e pregnanza se non riesce a trovare la risposta al come agire in modo da essere d'esempio per tutti. Questa di Kant è pur sempre una grande idea, ma rischia di paralizzarti invece che di stimolarti.
Orbene, l'articolo. E' di un biologo, Lewis Wolpert, intitolato Frankestein ed altri miti.
Devo dire che l'uomo non manca di ammirevole coraggio e sfacciataggine, su punti a dir poco scabrosi. E' una sfida alla nostra razionalità, presunta o reale che sia.
Sentite,anzi, leggete: «L'immagine di Frankestein è stata distorta dai media e si è trasformata in una pornografia genetica all'unico scopo di preocccupare e spaventare. I bioeticisti ne hanno approfittato facendo della clonazione uno spauracchio universale e i soloni della morale hanno unito le forze per metterci di fronte agli orrori di individui fotocopia. Negli Stati Uniti Jeremy Rifkin ha chiesto un veto mondiale e una condanna "di portata equivalente a quella dello stupro, della violenza contro i minori e dell'omicidio". »
« Il punto chiave - prosegue Wolpert - mi sembra sta nel come verrà salvaguardato il futuro bambino. Se pensiamo alla gamma di orrori che gli esseri umani infliggono gli uni agli altri, nonché ai bambini, la clonazione non merita certo il primo posto. A meno che questa non serva a sostituire i nostri veri problemi con falsi problemi.»
Ed eccoci al dunque: «Personalmente non vedo perché un genitore non possa scegliere per il proprio figlio dei geni in grado di promuovere la salute e di evitare una malattia. Persino il desiderare gli occhi azzurri o l'intelligenza non mi sembra scandaloso, benché per quanto riguarda quest'ultima siamo lontanissimi da un qualsiasi pur modesto risultato, visto il numero ingente di geni coinvolti.» Vi venisse da dire: meno male! Ebbene, sappiate che l'ho detto anch'io!
Ma è davvero un "meno male"? Pensiamoci insieme andando avanti nella ricognizione sul Wolpert pensiero.
Ad esempio: discute il diritto di coppie menomate dall'AIDS o dall'uso di droghe ad avere figli per via naturale. E provocatoriamente ci chiede di riflettere sugli OGM, ricordandoci che dalla sperimentazione potrebbe venire "un pomodoro capace di prevenire disturbi cardiaci". E ancora: "... chi rifiuterebbe insulina o un ormone della crescita unicamente perchè sono stati prodotti con l'uso geneticamente modificati?"

Non pago di queste stilettate che stenderebbero il 50% dei filosofi di mia conoscenza, Wolpert, dopo aver accennato ad un problema bioetico non da poco quale "le somme ingenti di denaro" che richiede la sperimentazione, e il conseguente "costo della cure" non accessibile alla massa, senza inferirne, peraltro, alcun "obbligo" etico e politico alla socializzazione, passa disinvoltamente a sollevare, forse, il più scabroso di tutti i problemi. «Esistono campi di ricerca così sensibili dal punto di vista sociale che la sperimentazione in quella direzione debba essere scoraggiata o persino proibita? Un possibile ambito è quello degli studi sulle basi genetiche dell'intelligenza e, in particolare, sugli eventuali legami tra appartenenza etnica e intelligenza. Esistono, dunque, come ha sostenuto il critico letterario George Steiner "categorie di verità in grado di inquinare l'essenza stessa della vita politica e di avvelenare irrimediabilmente i rapporti - già fin troppo tesi - tra determinate classi sociali e determinate comunità?" Il filosofo della scienza Philip Kitcher è arrivato a sostenere che il lavoro sul genoma umano dovrebbe essere sospeso, in quanto potrebbe evidenziare differenze razziali avvalorando la presunta superiorità di un gruppo su un altro in determinati campi dell'attività umana. A suo avviso una simile eventualità metterebbe gli svantaggiati in situazioni di maggiore difficoltà. Kitcher - prosegue Wolpert - potrebbe anche avere ragione, ma non ha mai neanche preso in considerazione la possibilità di una società capace di mettere in piedi dispositivi di compensazione a favore degli svantaggiati, come accade spesso per le persone affette da malattie genetiche.»

Insomma, l'avete capito, se cercavo di trovare problemi reali da aggiungere alla lista, sono stato accontentato mica male.
Ma ecco il vero duro colpo. Alla sera ho discusso, disposto a grande apertura, con mia figlia le posizioni di Wolpert e mi sono reso conto di una cosa che avrei già dovuto sapere e invece no. Anche i giovani dotati di grande senso umanitario sono sensibili al richiamo dell'ingegneria genetica e non vedono niente di male nel programmare i propri figli per renderli più belli ed intelligenti. Come a dire: avete voluto la scienza? Adesso non meravigliatevi se la usiamo per fare la nostra volontà e realizzare i nostri desideri!
Le preoccupazioni di Kircher (e di Wolpert) sulla presunta inferiorità razziale (o sociale) non fanno né caldo né freddo perché l'esperienza quotidiana dimostra che ci sono "arabi stupidi ed arabi intelligenti, così come esistono italiani stupidi ed italiani intelligenti". Ciò che può smentire e falsificare un'ipotesi rimane la realtà empirica.
Devo convenirne, queste "vecchie sciocchezze di destra" sono smentite dalla destra stessa che negli Stati Uniti ha elevato al rango di potenti individui dalla pelle nera come Condoleeza Rice. "Ciò che conta è l'opportunità educativa" dice mia figlia. Mica male. Infatti la giustizia sociale comincia proprio da qui, dal mandare tutti alla scuola delle pari opportunità.
Infine: "ai malati di AIDS ed ai drogati dev'essere proibito di avere figli, sia naturali che adottivi". Notevole l'aggiunta: "ai gay ed alle lesbiche no, purché siano sani e non tossicodipendenti."
Non ho replicato su nessun punto. Mi interessava solo ascoltare mia figlia, che nel III millennio dovrà vivere, spero, qualche decennio in più rispetto a me.
Ma l'ho presa male. Sono depresso. Avverto una distanza di "spirito" e "mentalità" che mi fa soffrire ed a cui non trovo soluzioni comunicative e dialogiche.
So di aver ragione io. So che le idee di Wolpert, pur non essendo malvage di per sé, sono, (come spiegarsi?), pericolose e dall'esito incerto, quando non sicuramente esiziale. Certamente non credo sia un valido argomento affermare che, visto che gli uomini si sono resi resi finora responsabili di qualunque sconcezza, tanto vale arrendersi al male minore di una innocente volontà di fare figli sani ed intelligenti, con gli occhi possibilmenti azzurri. Se hanno i soldi... per poterlo, certo, perché questo rimane poi il punto fondamentale. Potrei consolarmi con l'idea che è rispetto a questo orizzonte che il detto evangelico "Beati i poveri" assume un significato, ma temo che la gente, da un filosofo si aspetti ben altro, e credo abbia ragione. Tanto più che i poveri oggidì non sono affatto beati, e il solo parlare di queste cose rischia di essere una grave offesa alla loro condizione.
Orbene, l'elenco di problemi che avevo in mente, dopo la lettura di Wolpert, risulta praticamente sconvolto, perde persino di senso.
C'è un solo vero problema, credo, davanti a noi: la democrazia, cioè l'illusione che anche una cuoca possa elevarsi a dirigere lo stato, secondo il famigerato detto di Lenin, ha bisogno di cultura, di retta informazione, forse di una vera e propria formazione dei popoli alla responsabilità globale. Tutto questo potrebbe migliorare la situazione, ma non smetterà di generare conflitti, persino tra le mura di casa, persino tra genitori e figli. L'importante è che tutto questo continui in una dimensione civile, di rispetto.
Mi ci proverò.
Noi di Moses ci sentiamo impegnati in tale direzione, questo per ora è l'unico punto fermo. Epperò, attenzione, perché non vorrei essere frainteso. Questa mia struggente confessione non vuole in nessun caso essere interpretata come una contrapposizione tra scienza e filosofia, e come un riprendere tematiche di sapore vetusto quali quelle propinate da Tullio Regge sui "nipotini di Heidegger". Discorsi di retroguardia che rispetto alla qualità di problemi quali: la mancanza di investimenti nella ricerca, ritardo tecnologico, esodo di cervelli (compresi quelli orientati alle scienze umane) e così via, rischiano solo di alimentare polemiche di basso profilo e nessun costrutto.
Nel III milennio, il filosofo segue la scienza, ne riconosce l'importanza fondamentale, la difende dagli assalti di qualsiasi oscurantismo e fondamentalismo. Si batte, ad esempio, affinché il darwinismo non siano cancellato dai programmi scolastici e per l'assoluta libertà di ricerca. Assoluta? Uhm, ho esagerato. Ci sono dei limiti, appunto quelli previsti da Kant. Uscendo di paralisi, mi pare che senza scomodare Dio e le dottrine della Chiesa, anche i laici e gli atei più impenitenti potrebbero trovare nella massima di considerare un essere umano mai come un mezzo e sempre come un fine, la luce necessaria ad orientarsi. Altrimenti siamo al buio.
RG - 14 febbraio 2005