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Benedetto Croce: la conoscenza filosofica, ovvero la logica, anzi la storia
Prima di svolgere compiutamente la sua concezione idealistica della filosofia, Croce fu costretto a fare i conti con quello che era allora l'idealismo per antonomasia, cioè la filosofia di Hegel. Dapprima lo dovette studiare, perché non lo conosceva a sufficienza. Ma non divenne "hegeliano", almeno nel senso auspicato da Gentile, che avrebbe voluto attirare Croce in orbita teoretica. Croce, in realtà, affrontò Hegel con in testa qualcosa che a Hegel era già irriducibile. Tra il 1905 ed il 1907 egli si sbarazzò del problema, e nel 1907 diede alle stampe il Saggio sullo Hegel, che conteneva il celebre Ciò che è vivo e ciò che è morto nella filosofia di Hegel.
Di Hegel, Croce accettava solo lo storicismo e, in senso parziale, l'identificazione di reale e razionale, l'immanenza, e, soprattutto lo spietato realismo politico. «Morta è la distinzione tra fenomenologia e logica, la concezione teologizzante della logica come momento anteriore alla concreta vita dello Spirito, pensiero divino precedente la creazione del mondo; morta la filosofia della natura e così la filosofia della storia. Viva, certo, è la dialettica degli opposti, a insegnare che, "se il termine negativo non fosse, non sarebbe lo svolgimento; e la realtà e con essa il termine positivo, cadrebbe", e che dunque "il negativo è la molla dello svolgimento; e l'opposizione è l'anima stessa del reale." Ma anche questa dialettica va riformata, dal momento che Hegel l'ha estesa al di là dei confini della sua validità, commettendo l'errore di pensare attraverso di essa tutte le articolazioni della realtà.» (1)
Così Hegel ha finito con il risolvere tutto il problema della realtà in una sintesi finale, la filosofia stessa, nella quale si dovrebbero placare tutte le opposizioni, di fatto una fine della storia, visto che c'è storia perché si danno contrasti risolvibili solo con la guerra, la polemica, il trattato di pace e la firma di un concordato
Hegel, secondo Croce, arriva ad una forma di "panlogismo" inaccettabile. Ad esso contrappone il suo metodo, secondo cui, filosofia, arte, azione economica e volontà morale sono momenti distinti ma non opposti e nemmeno "confusi", perché ognuno di essi esprime un momento positivo, concreto ed autonomo.
E' qui che si sviluppa pienamente la proposta crociana di una riforma della dialettica. Le opposizioni, secondo Croce, operano solo all'interno delle singole forme dell'attività spirituale. L'opposto del bello è il brutto, l'opposto del vero il falso, l'opposto dell'utile il dannoso e l'opposto del bene il male. Ma tra queste dinamiche prese ognuna per conto suo e tutte le altre c'è solo un rapporto di distinzione. Pertanto, lo spirito è unità di distinti, e ognuno di essi sintesi di opposti.
Forte di questa acquisizione, Croce era pronto ad affrontare la fatica di approfondire il suo concetto non hegeliano di filosofia, cioè un distinto del tutto particolare.
Eccoci alla Logica del concetto puro, opera pubblicata da Laterza nel 1909.
La seconda forma dello spirito, un distinto del tutto particolare, è la logica. E' il distinto da cui procede la conoscenza concettuale. Per Croce, fare filosofia è produrre conoscenza e la forma logica deve svolgere "la sua discesa dall'universale verso l'individuale". Se la forma artistica coglie l'individuale nella sua immediatezza, compito della filosofia è cogliere sempre l'individuale, ma in un tessuto di giudizi organizzati secondo la dimensione dell'universalità. In altre parole, svolgere un discorso logico, cioè filosofico, significa sempre fare riferimento a rappresentazioni individuali poiché si dà "una condizionalità individuale e storica di ogni pensamento". Tuttavia, di questi individuali si danno predicazioni di carattere universale. In Croce, quindi vi è identità tra il giudizio e il giudizio definitorio che lo esprime, tra il giudizio individuale, o percezione, e quello stesso giudizio definitorio. Filosofare significa allora definire che cosa sono l'arte, la logica, l'attività economica e quella morale. E' nella filosofia che che lo Spirito assume consapevolezza di sé come unità dei distinti e circolarità di pensiero e azione.
Secondo Croce, comunque sia, il giudizio filosofico è sempre un giudizio storico, "sicchè il vero pensare - scrive Nicola Abbagnano - il pensare logico, è sempre pensare storico". «Tuttavia - prosegue Abbagnano - quel concetto che finisce per rivelarsi identico al sapere storico è piuttosto il Concetto: cioè lo stesso Spirito infinito nella forma della sua autocoscienza razionale. Non ha perciò niente a che fare con quelli che si chiamano concetti nel linguaggio comune e nella scienza; e questi, secondo Croce, non sono veramente concetti ma pseudo-concetti o finzioni concettuali. Per spiegarne l'origine e la funzione, Croce ricorre alla forma pratica dello spirito e riproduce la dottrina di Mach circa la funzione economica dei concetti scientifici. Gli pseudo-concetti servono l'interesse pratico di provvedere alla conservazione del patrimonio delle conoscenze acquistate.» (2)
Dice, infatti, Croce nella Logica: «Sebbene in senso assoluto tutto si conservi nella realtà e niente che sia stato una volta fatto o pensato sparisca dal grembo del cosmo, la conservazione della quale ora si parla ha il suo uso, perché è propriamente una facilitazione al ricordo della delle conoscenze possedute e all'opportuno richiamo di esse dal grembo del cosmo o dell'apparentemente inconscio e dimenticato. A tal fine si costruiscono gli strumenti delle finzioni concettuali, che rendono possibile, per mezzo di un nome, di risvegliare e chiamare a raccolta moltitudini di rappresentazioni, o almeno di indicare con sufficiente esattezza a quale forma di operazione convenga ricorrere per mettersi in grado di ritrovarle e richiamarle.» (3)
Questo atteggiamento deriva da un'interpretazione semplificata, per non dire semplicistica del convenzionalismo: la scienza ha un valore pratico, ma non è vera conoscenza. Le scienze ci consentono solo di prevedere certi fatti, quantomeno di calcolarne la probabilità. Sul piano della logica vera e propria Croce considera gli studi di Boole, Peano, Couturat "giochetti formalistici". Per la verità, i concetti logici hanno sicuramente universalità, ma non hanno concretezza. Al contrario, i concetti storici riescono ad unire universalità e concretezza, quella concretezza che arriva alla rappresentazione storica individuale. Di più, Croce svaluta anche il sapere sociologico e psicologico, perché anch'esso è un modo di generalizzare che non tocca l'individuale, porta solo ad un nozionismo classificatorio che non produce conoscenza teorica.
C'è da osservare, ed hanno concordato in molti su questo, che una così radicale negazione del valore teoretico della scienza esercitò una nefasta influenza sulla cultura italiana nella prima metà del Novecento, ed anche oltre. Considerando che l'Italia era un paese arretrato, scarsamente motivato ad interessi scientifici, non si può negare che per molti, acculturarsi significava volgersi a studi filosofici, estetici, giuridici o letterari. Croce segnava la sconfitta del Positivismo, ma questa, a sua volta, trascinava tutta la cultura dell'utile volgare in una sorta di limbo dal quale solo gli appassionati riuscirono ad emergere in qualche modo. Il sapere scientifico degradato a tecnologia operativa diventava una specie di classe per somari, figli di povera gente, oppure ambiziosi desiderosi di farsi largo nel mondo della tecnica per un tornaconto personale. L'obiettivo di chi amava veramente il sapere era una laurea in lettere.
1) B. Croce - Logica della scienza del concetto puro - Laterza 1909
2) N. Abbagnano - - Storia della filosofia - vol. VI / TEA 1995 (UTET 1993)
3) B. Croce - Logica della scienza del concetto puro - Laterza 1909
moses - 21 dicembre 2005