Cristo ed il cristianesimo
Gesù, la sua formazione culturale e qualche
ipotesi sui suoi maestri
di Daniele Lo Giudice
Nella storia del mondo antico la comparsa
del cristianesimo fu un evento sconvolgente.
Esso sorse all'interno della comunità ebraica
e della sua tradizione religiosa, ma non
ebbe grandissimo successo tra i Giudei. Al
contrario, si espanse abbastanza facilmente
tra gli abitanti del Mediterraneo, in particolare
nelle città di lingua greca, ad Antiochia,
Damasco ed altre località della Siria, sulle
coste dell'Asia Minore, in città greche quali
Corinto e Tessalonica, per giungere rapidamente
anche in Italia ed a Roma.
Circa la verità storica della figura di Gesù,
sulla cui consistenza sono state gettate
molte ombre, possiamo solo dire che essa
trova un riscontro non solo nelle scritture
considerate sacre ma anche in un vero e proprio
libro di storia composto dal giudeo romanizzato
Flavio Giuseppe. E' forse l'unica vera fonte
alternativa alle scritture neotestamentarie di cui disponiamo
e pare confermare molti punti del racconto
evangelico. Nella Vita, Flavio Giuseppe diede un giudizio positivo
di Gesù, ed anche di Giovanni il Battista,
ma non si dilungò nel raccontare ciò che
fecero e ciò che dissero. Questo, purtroppo,
limita di molto la portata della testimonianza.
Anche i filosofi furono interessati dallo
sviluppo del cristainesimo, tuttavia ci vollero
decenni prima che parte di essi cercasse
di comprendere la mentalità cristiana in
tutta la sua novità.
Come vedremo, il rapporto tra cristianesimo
e filosofia fu subito problematico e non
cessa di esserlo nemmeno oggi.
D'altra parte lo stesso successo incontrato
dal messaggio cristiano tra le genti pagane
non si spiega facilmente.
Possiamo solo supporre che, abituati a concepire
il divino e le divinità come figure esose
e prepotenti, persino capricciose, affamate
di sacrifici, celebrazioni e devozione, ma
indifferenti di fronte alle sofferenze umane,
il Dio dei cristiani si presentasse loro
come qualcosa di totalmente diverso. Ma nello
scritto che ho elaborato sulle nuove religioni
del periodo ellenista queste differenze non
sono immediatamente palesi. Emergono semmai
elementi di somiglianza e contiguità, quali
il tema della morte del dio e della sua resurrezione,
come nel caso di Adone, divinità derivante
dalla Siria, ucciso da un cinghiale, o quello
di Osiri, morto annegato, o quello di Dioniso-Bacco,
fatto a pezzi da contadini ebbri. Tutte queste
divinità recavano in qualche modo benefici
ai devoti e sebbene non si possa dire che
erano "al servizio" dell'uomo,
certamente non gli erano del tutto ostili
o indifferenti.
Una diversità tuttavia c'era. Trattavasi
sempre di figure mitiche e non reali. Al
contrario, gli Apostoli e la lora cerchia
più ristretta poteva ben dire di testimoniare
qualcosa di concreto e realmente accaduto.
Gesù non si presentò come un dio, ma come
uomo in missione per conto di Dio che ne
annunciava le ultime volontà. Furono i suoi
seguaci a divinizzarlo, soprattutto i cristiani
della corrente di origine siriaca ed in particolare
antiochiena. Entrò così in diretta concorrenza
con le religioni di cui si parlava, diventando
a sua volta oggetto di culto religioso. Ma
nella comunità giudaico-cristiana questo
concetto di Gesù-Dio entrò molto più lentamente,
anzi si può dire che il suo affermarsi segnò
la fine del cristianesimo-giudaico e delle
sue peculiari differenze.
Allo stesso tempo, esso diede alimento ad
una campagna di denigrazione nei confronti
di Gesù, spesso identificato con la figura
di tale Balaam lo zoppo. I Giudei, come del
resto più tardi gli islamici, non potevano
tollerare l'idea di un Dio fatto uomo, tanto
elevato (ed anche tanto limitato) era il
loro concetto del divino.
Questo, in ogni caso, continua ad essere
tuttora il principale punto di divisione
e di inconciliabilità tra le grandi religioni
monoteistiche. Se da un lato tra mondo islamico
ed ebraismo esiste un solco d'odio maturato
soprattutto nell'ultimo secolo a seguito
della nascita dello stato moderno di Israele,
dall'altro, tra cristiani da una parte ed
ebrei e mussulmani dall'altra, il nodo del
contendere rimane la considerazione sulla
natura esclusivamente umana di Gesù. I mussulmani
arrivano, tuttavia, a riconoscerlo come un
profeta anteriore a Maometto.
Verso la metà del I° secolo d.C. i punti
salienti della propoganda cristiana si potevano
così riassumere.
Dio è ' il Padre di tutte le creature - come
insegnò Cristo - e come ogni buon padre non
vuole che il nostro bene e la nostra salvezza.
La sua Parola si è incarnata nella figura storica di Gesù, il quale ha predicato ed insegnato, ha
risanato, e portato la luce della verità,
annunciando la possibilità sulla terra del
regno dei cieli. Sconvolgendo alla radice
l'esteriorità delle pratiche religiose giudaiche
ed il formalismo dei rituali, provocò l'ira
dei paludati e corrotti sacerdoti di Gerusalemme.
Non avesse osato cacciare i mercanti dal
cortile del tempio, usando poi lo stesso
per la sua predicazione, probabilmente non
sarebbe stato catturato, processato e condannato.
Ma questo accadde perchè egli era deciso
a combattere la sua battaglia fino in fondo,
e dopo l'evento della crocifissione e della
morte, procurata tra l'altro da un colpo
di lancia al cuore, come a ribadire che era
morto senz'ombra di dubbio, egli risorse.
Così la storia è stata raccontata ed un cristiano
non può che credervi, interpretandola anche
come l'anticipazione di ciò che potrebbe
accadere ad ognuno di noi alla fine dei giorni:
resurrezione della carne, un nuovo corpo
di luce incorruttibile ed una vita all'eterna
presenza di Dio.
Per la verità, ben presto nel mondo cristiano
intervennero delle divisioni proprio sul
punto della vita eterna delle anime. Il cristianesimo
giudaico insisteva sul giudizio e la condanna
finale dei peccatori. Quello cresciuto all'ombra
della civiltà filosofica greca, propendeva
per la bontà e la misericordia di Dio. Nell'evangelo
di Luca è persino scritto a lettere cubitali:"
L'Altissimo è misericordioso." E Luca fu l'unico degli evangelisti a non essere
di origine giudaica nè da parte di madre
né da parte di padre. Vicino a San Paolo, che aveva rivendicato orgogliosamente (
e persino superbamente...) di essere l'evangelizzatore
dei pagani, fu certamente il principale ispiratore
del primo vero eretico della storia cristiana, quel Marcione del cui pensiero ci occuperemo in un prossimo
capitolo.
Per il mondo antico la credenza della sopravvivenza
dell'anima non era una novità. Non lo era
nemmeno per i Giudei che tuttavia l'avevano
assimilata dall'esterno, perchè nella Bibbia
non vi è traccia di ciò fino agli ultimi
libri. Vi credevano i farisei, una corrente
molto particolare del giudaismo, aperta ad
influenze ellenistiche anche se caratterizzata
da un'adesione fanatica all'osservanza della
Legge e di tutti i suoi minuziosi precetti.
Non vi credevano altre correnti del giudaismo,
quale ad esempio quella dei sadducei, materialisti
e scettici, anche se altrettanto formalisti
e legati (esteriormente) alla tradizione.
Nemmeno si può dire, quindi, che i cristiani
ebbero successo perchè portatori di una speranza
nuova, informata alla trascendenza ed alla
vita dopo la morte. Vi era dell'altro.
Ciò che distinse il primo movimento cristiano
da tutte le religioni dell'antichità fu la
sua immediatezza e la sua semplicità. Con
poche parole si poteva intendere tutto, perchè
il discorso seguiva l'esempio ed era coerente
con lo stile di vita. Molti credettero poichè
videro miracoli e portentose guarigioni.
Altri perchè toccati nel profondo del cuore.
Altri ancora semplicemente perchè scorsero
nella figura dell'uomo di Nazareth qualcosa
di radicalmente diverso e trascendente da
tutti gli altri uomini e da tutti gli altri
maestri.
Il tempo in cui visse Gesù era caratterizzato
dalla presenza di maestri e sedicenti tali
che predicavano, sette come quella degli
esseni e dei figli della luce delle quali
sappiamo poco, e persino ciarlatani ed imbroglioni,
volgari profittatori della credulità popolare.
Anche i Vangeli riportano di queste storie.
Si parla di un certo Mamonas facitore di
sortilegi e rivenditore di bonus per una
vita fortunata e felice, mentre negli Atti si cita un certo Simon Mago che voleva comprare
dagli Apostoli il segreto delle guarigioni
miracolose.
In altri passi si racconta di qualcuno che
operava guarigioni in nome di Gesù a sua
insaputa, al punto da suscitare le famose
parole:"Chi non è contro di me, è con
me."
Rispetto a tutti costoro, compreso lo stesso
Giovanni il Battista, potente figura di profeta
ascetico ritirato nello sdegno ai margini
del deserto, Gesù fu personaggio del tutto
nuovo, di una umanità e di una freschezza
disarmante. Non ostentava la propria diversità
o la propria superiorità se non con l'azione
fulminante o con la risposta sconcertante
e definitiva.
Da buon ebreo, egli non fondò la sua morale
su basi autonome, quindi su una ricerca dialettico-filosofica
da uomo a uomo di ciò che è bene e ciò che
è male, ma su basi eteronome, cioè sulla Parola di Dio. Tuttavia insegnò
chiaramente e cercare i fondamenti di questa
morale in sé stessi, in un rapporto diretto
con Dio, limitando di molto il momento della
mediazione sacerdotale e dottrinaria. In
questo stava pertanto anche la sfida ai gruppi
dirigenti dell'ebraismo.
Il primo movimento cristiano, composto da
quei pochi pescatori, manovali e braccianti
che seguivano Gesù insieme ad un gruppo di
donne, alcune delle quali prostitute e meretrici,
o cortigiane, o mogli di importanti funzionari,
era davvero la testimonianza di una forza
sovraumana in grado di dare sapore alla vita,
consolare i sofferenti e gli infelici, dare
un senso ed una direzione, rigenerando le
persone e istruendole passo a passo sulla
via della conoscenza delle cose umane e divine.
Per questo ebbe successo. Non perchè s'impose
con il terrore per la punizione divina dei
peccati, ma con la semplice persuasione dell'esempio.
Chi seguiva Gesù, indubbiamente, emanava
uno spirito del tutto diverso da quello di
tutti gli altri, compresi i sedicenti figli
della luce e i discepoli di Giovanni il Battista..
Certo, Gesù ebbe parole dure per i peccatori
incalliti. E nella più schietta tradizione
ebraica minacciò catastrofi, predisse sventure
e calamità. Ma il sostanziale significato
di queste parole era rivolto in particolare
all'esterno, a chi guardava le cose dal di
fuori senza capire molto di quello che stava
avvendo. Cose che del resto erano state profetizzate:
saranno sordi e non udranno. Vedranno senza
vedere.
Tutt'altro era lo stile con cui parlava ed
insegnava all'interno del gruppo. La tradizione
evangelica tramanda il nome di dodici apostoli
e racconta che essi, dopo una prima istruzione,
furono già inviati in varie città e borghi
della Galilea per annunciare l'imminenza
del Regno dei cieli.
Nel quadro del giudaismo la forza della predicazione
e dell'annuncio riposava sulla tradizione
profetica. Il ritorno di Elia e l'attesa
del Messia, cioè del salvatore d'Israele
e del restauratore della sua antica potenza,
era atteso, anche se con animo piuttosto
diverso dalle varie classi sociali e tra
i vari gruppi politico-religiosi. C'era chi
si aspettava giustizia e chi semplicemente
vagheggiava potenza politica e militare insieme
all'indipendenza da Roma. In qualche corrente
di minoranza il messia era anche visto soprattutto
come motore di una rigenerazione spirituale,
ma la grande massa si aspettava l'arrivo
di una potenza e di un riscatto.
Non è sbagliato credere che la stragrande
maggioranza si attendesse un re-guerriero
in grado di riconquistare l'indipendenza
piuttosto che un un nuovo capo spirituale
portatore di pace e sostanzialmente estraneo
ai moti di ribellione.
Tuttavia, l'idea di un Gesù totalmente estraneo
alla politica pare altrettanto sbagliata.
Egli prese più volte posizione contro l'ipocrisia
dei farisei e l'interpretazione legalistica delle scritture
e del diritto privato dei cosiddetti dottori della Legge. Denunciò inganni ed imbrogli smascherandoli,
e non fu insensibile perfino ad istanze che
oggi chiameremmo ecologiche. Nel Vangelo di Marco si racconta infatti
di come liberò un intera regione infestata
da un colossale allevamento di maiali che
inquinava con un puzzo orrendo. Problema
duplice e probabilmente diffuso in varie
aree della Palestina. Da un lato il puzzo
era davvero inquinante; dall'altro gli ebrei
più ortodossi credevano fosse empio e proibito
nutrirsi di un cibo definito impuro come
la carne suina.
Finchè fu vivo, o per meglio dire, operante
sulla terra, non sembra credibile che Gesù
si sia autodefinito come Figlio di Dio nel significato che poi è stato dato dalla
dogmatica cristiana all'espressione. Usò
molto il termine figlio dell'uomo nel significato che noi potremmo oggi dare
al termine essere umano.
E quando ricorse alla formula figlio di Dio, se vi ricorse, pare credibile legarla al
nucleo centrale della cosiddetta rivelazione
di cose nuove e mai viste, ovvero al sentire
il divino non più come un despota, e nemmeno
come una guida politica e militare irascibile
che nascondeva spesso e volentieri la sua faccia al popolo infedele, ma come un Padre benevolo ed aperto alla preghiera, alla
domanda, disposto a dialogare con l'uomo.
Un lato non sempre evidente nella tradizione
biblica dell'antico testamento, anche se
in esso, specie nelle pagine dei profeti,
non mancavano pagine nelle quali Dio rifiutava
la falsa religiosità di chi canta le lodi
al Signore e poi opera malvagità. Già per
i profeti, Dio voleva soprattutto che gli
uomini camminassero nelle vie della giustizia
e dell'onestà, non tanto buoni, quanto giusti e corretti.
A leggere nel Vangelo il resoconto del processo
a Gesù, non si sfugge tuttavia all'impressione
che tra le tante accuse lanciate nei confronti
del nazareno ve ne fossero due particolarmente
gravi. La prima investiva in particolare
l'autorità romana: Gesù avrebbe voluto farsi
proclamare re dei Giudei. La seconda suonava
soprattutto nel significato che noi daremmo
oggi all'espressione vilipendio della religione. Quando Caifa gli imputò di essersi definito
Figlio di Dio, proprio nel significato poi assunto dalla
dogmatica cristiana, cioè di individuo umano
del tutto particolare e diverso da tutti
gli altri in quanto generato da Dio e non
da un padre umano, e quindi dotato di una
natura divina, Gesù si limitò a rispondere:
"Tu l'hai detto!" Allora il sommo
sacerdote si stracciò le vesti ed i capelli
per lo sdegno e ordinò la sua condanna.
Formalmente, una simile proclamazione avrebbe
dovuto significare vilipendio e bestemmia.
Ma dico "avrebbe" con qualche dubbio,
giacchè l'espressione "figli di Dio"
non è poi così recente come si crede, e nemmeno
fu coniata da Gesù. La usavano spesso i rabbì
già nel I secolo a.C. ma la si ritrova pari
pari in testo antichissimo quale Deuteronomio 14,1. "Voi siete figli di JHWH, vostro
Dio." Anzi, proprio la scoperta di questo
testo mi ha dato da pensare. Non sarà piuttosto
che Caifa, profittando delle oscure origini
di Gesù, un galileo, non un giudeo doc, volesse
significare che solo i Giudei di purissima
razza potevano vantare il titolo di Figli
di Dio? E questo proprio per negarne la discendenza
dalla stirpe davidica e quindi la legittimità
di quell'aspirazione ad essere il Messia?
Le leggende sulla vita di Gesù sono molte
e moltissime ne fiorirono all'epoca. Ancor
oggi non mancano le sciocchezze. Recentemente,
mi è capitato di leggere un libro del solito
santone indù illuminato di luce divina, tale
Osho Baghwan Rajneesh, che scrisse: "Gesù
fece diversi viaggi in Cina e persino nel
Tibet" (si badi non "uno",
ma "diversi") dove ricevette la
formazione e l'istruzione dai grandi maestri
dell'oriente, buddhisti e hindu.
Una fola che si commenta da sé e la dice
lunga sull'onestà intellettuale del personaggio.
Ma di libri siffatti ce ne sono molti in
circolazione e vengono spesso spacciati o
come utili alla formazione spirituale (sic)
o come rivelatori di chissà quali verità.
Il più delle volte contengono solo balle
cosmiche.
Noi preferiamo seguire linee più realistiche
sulla misura della storia possibile e ricostruibile.
La formazione culturale di Gesù non potè
che svolgersi nell'ambito di quelle che erano
le scarse strutture educative dell'epoca,
con maestri di sinagoghe e sui rotoli delle
antiche scritture bibliche. I maestri più
importanti del tempo in cui Gesù aveva l'età
per studiare erano principalmente due: un
tale Shammai e Hillel. Entrambi, come quasi
tutti i dotti in Israele erano obbligatoriamente
sposati, perchè gli scapoli o i divorziati
non potevano insegnare, e svolgevano una
professione perchè era ritenuto indegno negli
ambienti farisaici che un uomo vivesse di
solo insegnamento e di chiacchiere. Shammai
era forse un mercante, mentre Hillel era
falegname.
Del primo si dice che fosse un formalista
severo ed accanito, dunque un tipico dottore della legge. Del secondo si tramandano detti e storie
dal volto umano, che in un certo senso anticipano
alcuni pensieri cristiani. Pare abbia risposto
ad uno straniero che gli chiedeva informazioni
sulla Legge: "Tutti i comandamenti sono
due. Primo ama Dio più di te stesso. Secondo
ama il tuo prossimo come te stesso. Il resto
è commento. Va e studia!"
Non è provato che Gesù studiò con Hillel,
ma certamente seguì il suo indirizzo. Se
si presta fede al racconto evangelico per
il quale da ragazzo, a dodici anni, egli
si intrattenne con i sapienti del Tempio,
meravigliandoli per la propria preparazione,
dovremmo anche accettare l'idea di un incontro
tra Hillel e Gesù almeno in questa occasione.
Del resto, leggendo i Vangeli, è perfino
evidente che lo stile breve e conciso, aforistico,
dei dialoghi e delle dispute tra Gesù e i
farisei attingeva a piene mani dalla vasta
letteratura della tarda tradizione rabbinica.
Ad Hillel, nel trattato Abbot, era attribuite molte sentenze, alcune delle
quali spiritose, oltre che argute. Ad esempio,
disse:"Non separarti dalla comunità.
Non fidarti di te stesso fino al giorno della
tua morte. Non giudicare il tuo prossimo
finchè non ti trovi nella sua situazione.
Non dire che una cosa è incomprensibile.
Si finirà per capirla. Guardati dal dire
cose come studierò quando avrò tempo; Forse
non ne avrai mai."
E ancora: "Il timido non può diventare
dotto", "Dove non ci sono uomini
capaci, sforzarti di diventarlo tu."
"Chi aumenta la carne, aumenta i vermi."
"Chi accresce la propria fortuna, accresce
le preoccupazioni." "Chi aumenta
le spose, aumenta la superstizione."
"Chi aumenta le proprie serve, aumenta
la lussuria." "Chi aumenta aumenta
i servi, aumenta i furti." "Chi
accresce la legge, accresce la propria vita
e ne acquista una nuova nel mondo a venire."
Esattamente come nei Vangeli, queste sentenze
rinviano ad antichi passi biblici e probabilmente
costituiva prova di abilità per gli allievi
dei rabbì non solo il meditare la sentenza,
ma anche citare a memoria il riferimento.
La formazione culturale di Gesù, dunque,
avvenne in questo clima ed in questo stile.
Imparò a leggere e scrivere in aramaico,
lingua diversa dall'ebraico antico, ed è
dubbio se egli conobbe quella lingua. Le
scrutture bibliche erano al tempo disponibili
in due diverse traduzioni: quella in aramaico,
detta targum, e la versione greca dei settanta ad uso
delle comunità giudaiche all'estero, ormai
di lingua greca. Nelle sinagoghe galilee
erano disponibili rotoli del targum ma molti privati cittadini, non necessariamente
devoti religiosi, dovevano possederne qualche
copia, giacchè non era solo religione ma
storia nazionale.
Le due versioni non coincidevano alla lettera
ed una delle differenze più significative
divenne poi oggetto di una disputa cristologico-mariana
praticamente mai terminata.
Nella versione aramaica la profezia di Isaia
7,14 sulla nascita del messia era correttamente
riportata come: "una giovane donna partorirà
un figlio di re." Nella versione greca
dei septuaginta era comparsa la parola "vergine"
in luogo di "giovane donna". Ecco
perchè nel Vangelo di Luca divenne imperativo
introdurre il racconto del concepimento extranaturale
di Gesù da parte di Maria.
Eventuali influenze ellenistiche su Gesù
paiono credibili solo nella misura in cui
la filosofia greca più popolare era penetrata
nelle classi ricche e colte. Più che di Platone
ed Aristotele, dobbiamo pensare a cinici,
stoici ed epicurei. Un rabbì farisaico di
nome Eleazar accusò, ad esempio, i sadducei
di epicureismo, e disse:" Studia la
legge con attenzione. Sappi come rispondere
agli epicurei."
Ma non pare realistico attribuire a Gesù
anche lo studio della filosofia greca e la
lettura di testi platonici o aristotelici.
Nel Vangelo di Giovanni si fa esplicito riferimento
ad alcuni Greci che volevano incontrarlo
per interrogarlo. L'episodio è per molti
aspetti deludente. Gesù sembrò comportarsi
in maniera elusiva ponendo una pregiudiziale,
ovvero l'innalzamento del figlio dell'uomo.
Francamente non so interpretare questo rifiuto
perchè non mi convince per nulla l'idea consueta
di un Gesù che respinge semplicemente i curiosi
increduli che volevano divertirsi con i suoi
prodigi. Piuttosto sono incline a pensare
che egli rifiutò un tipo di filosofia che
disprezzava l'essere umano. Mi vengono allora
in mente gli epicurei (perchè credevano che
l'uomo fosse frutto del caso rifutando il
finalismo, se non di Dio creatore, almeno
della natura) e gli scettici (perchè non
credevano si potesse mai raggiungere la verità).
Due esempi di quel deprezzamento dell'uomo
di cui la filosofia greca che avrebbe potuto
conoscere Gesù era certamente colpevole.
Sul piano più generale, poi, vi era certamente
qualcosa che non andava anche nella concezione
del divino presentata da Aristotele, quella
nota come il motore immobile attorno a cui tutto il creato
ruota per amore. Pensiero che pensa sé stesso e non ha alcuna
cura per le cose inferiori perchè indegne
di un dio, assolutamente inattivo in un mondo
che esiste da sempre, il divino secondo Aristotele
era più simile ad una passiva deità femminile
che ad una attiva presenza maschia, come
nella tradizione ebraica.
Dunque assolutamente incompatibile con le
credenze ebraiche. Ma ai tempi di Gesù la
filosofia di Aristotele era passata di moda
da un bel po' e non costituiva parte della
cultura popolare del tempo, neanche di quei
Greci che volevano vederlo. Tuttavia, anche
a cavallo tra l'ultimo secolo dell'era antica
ed il primo secolo della nuova vi furono
commentatori di Aristotele. Tra questi un
certo Nicola Damasceno, che potrebbe essere
stato, ma non ho potuto verificarlo, uno
dei primi filosofi a farsi cristiano.
Note
Per la scrittura di questo file mi sono state
molto utili alcune indicazioni bibliografiche
di Guido Marenco. Ne approfitto per ringraziarlo,
anche se, purtroppo, non ho potuto accedere
a tutto il materiale consigliato. Egli ha
anche rivisto il testo proponendo alcune
correzioni che ho accolto solo in parte.
Probabilmente alcune mie fonti sono diverse
dalle sue.
Oltre al capitolo sul cristianesimo del volume
IV della Grande Storia Universale Mondadori, a cura di Carl Schneider, mi
sono letto: La storia del cristianesimo di Ernesto Buonaiuti (ed. Newton Compton),
testo che ritengo fondamentale per avviare
qualsiasi ricerca, I manoscritti del Mar Morto di Alberto Soggin (Club del libro fratelli
Melitta), Leggere la Misnah di Frederic Manns (edizioni Paideia) oltre,
ovviamente ai quattro Evangeli e tutto il
corpo del Nuovo Testamento nell'edizione
on line della Bibbia a cura della CEI.