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Cassirer: la filosofia delle forme simboliche e la fenomenologia della conoscenza
Il compito dichiarato del III volume della Filosofia delle forme simboliche è di offrire all'individuo la scala capace di salire dal piano basso delle formazioni primarie, quelle offerte dalla coscienza immediata del realismo ingenuo e naturale, al piano superiore della conoscenza pura, quale si è realizzato nella modernità. In altre parole, Cassirer prova a delineare in quali termini si possa parlare di un progresso ideale che accompagna e caratterizza il passaggio dalla fase mitica a quella filosofica ed infine quella scientifica. In tale contesto l'obiettivo è di far corrispondere alle forze simboliche - al linguaggio, al mito, alla conoscenza scientifica, considerate nel loro insieme come tappe delle forme fondamentali dello spirito oggettivo - tre distinte funzioni soggettive e di cercare nel loro nesso sistematico la funzione simbolica della coscienza. La prima di queste è la funzione espressiva che appare in modo particolarmente evidente nel mondo mitico, ma che condiziona quell'esperienza della realtà che implica l'esistenza di un "tu", cioè di soggetti e non di oggetti. Con essa un determinato fenomeno, semplicemente dato ed evidente, "si fa riconoscere al tempo stesso come un essere interiormente animato".
La seconda funzione è la funzione rappresentativa, che è a fondamento sia dell'esperienza della realtà empirico-intuitiva, sia del linguaggio che consente di comunicare e significare tale realtà.
La terza è la funzione significativa, che è a fondamento della conoscenza scientifica. Attraverso essa si producono significati concettuali di tipo funzionale, che non si riferiscono più a oggetti reali e concreti, ma pure relazioni fissate in un sistema di simboli intellettuali e matematici creati dal pensiero. «Ma con questo passaggio nel campo del puro significato e della validità - scrive Cassirer - si accumula certamente per il pensiero una massa di nuovi problemi e difficoltà. Soltanto a questo punto, infatti, si è compiuta la rottura definitiva con la semplice esistenza e con la sua "immediatezza". Già quella sfera che abbiamo denominato sfera dell'espressione e ancor più la sfera che abbiamo denominato sfera della rappresentazione trascendono questa immediatezza, in quanto non rimangono nell'ambito della semplice presenza, bensì derivano dalla funzione fondamentale della rappresentazione. Soltanto nell'ambito della pura sfera della significazione tale funzione non solo guadagna in estensione, ma rivela in modo perfettamente chiaro e preciso il carattere specifico del suo significato. Ora giungiamo a una specie di separazione, di "astrazione" con la quale la percezione e l'intuizione non avevano ancora familiarità. La conoscenza scioglie i rapporti puri dai legami con la "realtà" concreta e individualmente determinata delle cose, per rappresentarli come tali nella universalità della loro "forma", secondo il loro carattere di relazione [...] La comprensione, la "synopsis" della molteplicità non viene semplicemente prescritta dagli oggetti, ma deve essere costruita dalle attività specifiche e indipendenti del pensiero, secondo le norme ed i criteri che si trovano in esso.» (1)
Cassirer vuol dire che spazio e tempo matematici sorgono dallo spazio e dal tempo intuitivo. Ciò accade, per esempio, quando astraiamo da un semplice approccio di "qui ed ora" e consideriamo il singolo sistema di relazioni in cui vengono collocati tutti i possibili punti "qui ed ora". Ancora: il sistema matematico dei numeri naturali origina da quando noi facciamo astrazione da tutte le operazioni e le applicazioni del contare e prestiamo attenzione alla singola progressione potenzialmente infinita entro la quale vengono comprese tutte le possibili relazioni del contare.
E' attraverso queste astrazioni che è sorta la moderna fisica matematica: un puro sistema di relazioni nel quale il concetto intuitivo di "sostanza" è stato rimpiazzato dal concetto relazionale-funzionale di legge universale. Per costruire questo "mondo" è necessario un tipo fondamentalmente nuovo di attrezzatura simbolica, quella che Leibniz aveva immaginato nella forma di una "caratteristica universale".
«Questo compito - osserva Cassirer - non potrebbe essere assolto se il pensiero, assumendolo su di sé, non creasse, al tempo stesso, un nuovo organo per svolgerlo. Esso non può più accontentarsi delle formazioni che il mondo dell'intuizione gli offre in certo senso già fatte, bensì deve costruire in piena libertà, in piena autonomia, un regno di simboli. [...] Al sistema dei rapporti e dei significati concettuali viene posto ora come base un complesso di segni - un complesso di segni fatti in modo che le connessioni esistenti fra i singoli elementi di quel sistema possono essere colte con un solo sguardo e lette. [...] A fianco della scientia generalis si fa valere l'esigenza di una charateristica generalis. In questa caratteristica continua il lavoro del linguaggio, ma simultaneamente esso entra in una nuova dimensione logica. Infatti i segni della caratteristica si sono spogliati di tutto ciò che è intuitivamente rappresentativo: essi sono diventati puri "segni di significato". Ci si presenta così un nuovo tipo di "oggettivo" rapporto di significato, che si distingue specificamente da ogni genere di "relazione con un oggetto", quale sussiste nella percezione o nell'intuizione empirica.» (2)

Michael Friedman fa notare che Cassirer aderisce così ad una concezione leibniziana del puro significato che "rompe qui in modo ancor più netto con la concezione kantiana dello schematismo trascendentale dell'intelletto". Va compreso, allora, secondo Cassirer, che la "sintesi produttiva" di Kant "non distingue chiaramente tra le funzioni simboliche espresse nella conoscenza scientifica e quelle espresse nell'ordinaria percezione sensibile". In sostanza, Kant commise l'errore di fare della formazione concettuale scientifica la forma di qualsiasi formazione concettuale. Ma, secondo Cassirer, è proprio questo che va "corretto", distinguendo la funzione rappresentativa sottostante il mondo intuitivo e la funzione significativa che sta a fondamento del mondo teoretico. «In tal modo - scrive Cassirer - la concezione di un'originaria 'forma' intellettuale del mondo sensibile viene svolta da Kant con il massimo rigore e in tutte le direzioni: ma appunto questa forma coincide per lui essenzialmente con quella dei concetti matematici. Queste due forme si distinguono fra loro in ogni caso per la chiarezza con cui si esprimono, ma non per l'essenza della struttura [...] Tuttavia, per quanto necessario e conseguente appaia questo risultato nel quadro della generale problematica kantiana, non ci possiamo fermare a esso, una volta che questo quadro ci si è ampliato e dopo che abbiamo tentato di porre la 'questione trascendentale' in un senso più generale.» (3)
In sostanza, va compreso che dal punto di vista di Kant, che è quello della fisica newtoniana e non poteva essere altrimenti, «i mondi della teoresi e della percezione si fondono in modo naturale; ed è proprio questa circostanza, in realtà, che sta dietro tutte le difficoltà conseguenti all'originaria dottrina kantiana della pura sensibilità. Ora, tuttavia, queste difficoltà sono state finalmente superate nello sviluppo delle scienze esatte e con ciò è stata definitivamente spianata la strada per un adeguato apprezzamento del significato non-rappresentativo e completamente non-intuitivo...» (4)
Cassirer si premura di articolare in un passaggio particolarmente chiaro la sua preferenza per Leibniz. In Kant, pertanto «la "pura sensibilità" ha ottenuto nel sistema complessivo della matematica una posizione del tutto diversa da quella che aveva in Leibniz. Da semplice mezzo di rappresentazione, quale era in Leibniz, la sensibilità è diventata un fondamento indipendente di conoscenza: l'intuizione ha ricevuto la facoltà di fondare e legittimare la conoscenza. Per Leibniz il campo della conoscenza intuitiva, che si riferisce alla connessione oggettiva delle idee, è distinto dal campo della conoscenza simbolica, in cui abbiamo a che fare non con le idee stesse ma con i segni che le rappresentano. Tuttavia, l'intuizione a cui egli fa riferimento non costituisce qualcosa di opposto alla logica, ma abbraccia in sé l'elemento logico e l'elemento matematico come forme particolari. Per Kant, invece, la linea di confine non passa fra il pensiero intuitivo e il pensiero simbolico, bensì tra il concetto "discorsivo" e l'"intuizione pura", cosicché il contenuto della matematica è fornito e giustificato soltanto mediante questa intuizione.
Se si considera questo contrasto metodologico dal punto di vista della matematica moderna, allora bisogna dire che quest'ultima non ha percorso le vie indicate da Kant, bensì quelle indicate da Leibniz. In particolare, è stata la scoperta delle geometrie non-euclidee a indicare queste vie. La matematica, grazie ai nuovi problemi che da qui trassero origine, è diventata sempre più un "sistema ipotetico-deduttivo", il cui valore di verità consiste meramente nella sua interna completezza e consistenza e non in asserzioni intuitive piene di contenuto.» (5)

Le tre funzioni delineate da Cassirer corrispondono simmetricamente alle forme del mito, del linguaggio e della scienza. Ognuno potrebbe chiedersi, legittimamente, se in realtà, indagando il terreno delle funzioni così intese, non sia possibile rinvenirne altre, altrettanto essenziali, e se comunque tale modello esplicativo possa avanzare pretese di validità universale. Potremmo rispondere che, al di là del carattere sistematico (e quindi tendenzialmente chiuso della ricerca cassiseriana) rimangono aperte diverse ipotesi di ricerca, sia interna alla logica delle funzioni, sia in direzioni che in parte la confermino ed in parte la superino. Come hanno acutamente osservato Giovanni Fornero e Salvatore Tassinari, Cassirer ha sviluppato, oltre che mantenuto, la fondamentale ispirazione del neocriticismo di Marburgo, ovvero l'idea per la quale gli a priori vanno cercati "nel loro concreto attuarsi" anche nell'oggettività culturale e non solo, "o piuttosto" nella soggettività pura "intesa come un ordine chiuso di funzioni, precostituito rispetto ai contenuti". (Si veda il capitolo 5 del I volume di Le filosofie del Novecento, citato).
«Questa e altre ragioni orienteranno Cassirer, in seguito alla pubblicazione del terzo volume della Filosofia delle forme simboliche, verso un'accentuazione del carattere pluriforme delle sue indagini. Non verrà tuttavia mai meno in queste il senso dell'unità della cultura, per cui, nonostante la dispersione odierna dei saperi, è pur sempre possibile riportare la molteplicità dei fatti culturali a una "origine comune". Tale origine, nell'ultimissima fase della produzione di Cassirer, sarà identificata nell'uomo inteso come animal symbolicum. Con il Saggio sull'uomo (1944), dov'è enunciata questa tesi, Cassirer sembra rinunciare alla curvatura di tipo trascendentale del suo progetto filosofico, per fare sua la prospettiva di una rinnovata antropologia filosofica che cerca di unificare e comprendere le varie forme di cultura nella dimensione dell'umano. E' tuttavia ancora alla luce di un'istanza riconducibile alla problematica dell'idealismo critico, così almeno come egli l'ha riformulata con il concetto di una critica della cultura che Cassirer ci avverte che non si può parlare dell'uomo "in sé", della sua "essenza", e che la filosofia dell'uomo è possibile solo per la via indiretta che conduce attraverso le forme e i simboli del mondo culturale.» (6)
note:
(1) Ernst Cassirer - La filosofia delle forme simboliche - vol.III - La fenomenologia della conoscenza (tomo I e II)- La Nuova Italia 1966
(2) idem
(3) idem
(4) Michael Friedman - La filosofia al bivio - Raffaello Cortina Editore 2004
(5) Ernst Cassirer - La filosofia delle forme simboliche - vol.III - La fenomenologia della conoscenza (tomo I e II)- La Nuova Italia 1966
(6) Giovanni Fornero / Salvatore Tassinari - Le filosofie del Novecento - Bruno Mondadori 2002
moses - 30 novembre 2005