di Guido Marenco
Se n'è andato, e questo mi dispiace per un
paio di motivi non di circostanza. Uno: era
un vecchio lucido che aveva ancora molto
da dire. Di fronte a passaggi delicati era
lecito aspettarsi da lui una qualche idea
stimolante e persino qualche soluzione imprevedibile
ai giochi più difficili.
Due: come giustamente azzardò Perry Anderson
sulle colonne di Reset (1), Bobbio era stato
un composto chimico necessario ma instabile. Cioè una sintesi di pensiero realizzabile
in laboratorio, utilissimo per avere idea
di una perfezione politica da ricercarsi,
ma quasi impossibile da applicare in lavorazioni
industriali o artigianali, quindi nella politica-spettacolo
ed anche in quella reale.
Ma è su quell'impossibile che dovremmo concentrarci. Possibile che
sia impossibile?
Infatti, proprio da questo composto altamente
instabile, al limite della radioattività,
ho tratto le più severe lezioni di politica,
prima ancora che di filosofia politica.
Risultato? Molto negativo per la politica.
Non aderisco ad alcun partito perchè nessuno
è riuscito realmente a moralizzarsi secondo
principi kantiani.
Ma questo non mi impedisce di far politica,
un po' alla Bobbio (ed alla Kant), cioè discutendo
pubblicamente.
Di impostazione liberale, ma di sinistra,
per intenderci gobettiana, Bobbio aveva però trovato le sue radici
altrove, nei capisaldi del pensiero filosofico
politico europeo, tra Hobbes e Kant in primo
luogo.
Aveva studiato a fondo il pensiero politico
di Hegel edi suoi Studi hegeliani costituiscono ancor oggi un must. Ha poca importanza che io vi abbia trovato
più motivi di dissenso che di assenso. L'importante
è che abbiano acceso il mio dissenso, illuminandolo
di profondità. Quando lo lessi ero ancora
troppo attratto dall'orbita hegeliana per
apprezzarne la critica. Forse ero ancora
un po' intontito. Non che non lo sia ancora...
per carità. Però, oggi presumo che lo rileggerei
con un'altra disposizione mentale.
Perché, in fondo, lo confesso candidamente,
mi sento molto più vicino a Norberto Bobbio
che a qualsiasi filosofo politico attualmente
sugli scudi.
Il progetto di uno stato liberale che tuttavia
pianifichi non solo le infrastrutture, ha in séqualcosa di contraddittorio, al limite del
non senso, perchè nella pianificazione si
perde proprio l'elemento della libertà dell'imprendere
e della magia del mercato. Per un liberista
diventa eresia pura, qualcosa da inquisire.
Ma anche tra i pianificatori le cose non
vanno meglio. Le loro aperture al mercato
hanno avuto finora esiti grotteschi, quantomeno
in Italia, come nel caso della privatizzazione
delle ferrovie o dell'Alitalia. E ciò che
è realmente successo è sotto agli occhi di
tutti: uno sfruttamento senza precedenti
del personale operativo (che quasi non eguali
nel privato autentico) per arrivare a risultati
peggiori di quelli precedenti. Salvo che
su alcuni conti particolari. Il gruppo FS
sventola un attivo di bilancio. Sì, a spese
dell'INPS e dei prepensionamenti; inoltre:
mai i fruitori del servizio sono stati scontenti
(eufemismo) come ora.
Ci sarebbe dunque da piangere.
Eppure è da questo mix ad altissima instabilità
di liberalismo e pianificazione che si gioca
un futuro diverso e sul quale si può spendere
un briciolo di ottimismo.
Anche perchè l'alternativa non è il ritorno
alla pianificazione pura (ma chi la vuole
davvero?) ma solo il liberismo selvaggio.
Però c'è da evidenziare un fatto: mettersi
in gioco su questo piano comporta il farsi
nemici a destra ed a manca. Forse più destra,
tra i liberisti accaniti, che a sinistra,
tra i nostalgici delle partecipazioni statali
e dell'assistenzialismo a cascata (e relativo
ritorno elettorale). Ma attenti, perchè anche
tra loro ci sono nemici potenti. E quando
(altri) mai riuscissero a resuscitare la
DC eccoci alle prese con un bel guaio.
Ne viene il collocarsi in una posizione di
estrema fragilità, stretti come un vaso di
coccio tra forze di intensità inaudita, alle
quali si aggiungono i populismi ed i qualunquismi
di ogni specie, anche le più squallide, tipo
quella leghista (dove non comanda un ragioniere
di buon senso come Pagliarini, ma un demagogo
come Bossi).
Leviamoci ogni illusione: questo tipo di
pensiero non sarà mai popolare. Politicamente
dovrà trovare dei cavalli di razza da cavalcare,
allearsi e scendere a compromessi. Come avrebbe
detto Bobbio, il compromesso potrebbe tuttavia
rivelarsi fecondo a patto che sia onesto
e quindi morale, realizzato sul confronto dei metodi e delle
idee e non sulla spartizione della torta.
Un articolo di Giorgio Frasca Polara, reperibile in rete, evidenziava la straordinaria aderenza di
Norberto Bobbio ai fondamenti della morale
kantiana.
Al punto da entrare in diretta polemica con
Benedetto Croce. Il quale a proposito dell'onestà
in politica proponeva il seguente argomento:
"Nessuno, quando si tratta di curare
i propri malanni o di sottoporsi a un’operazione
chirurgica, chiede un onest’uomo, ma tutti
chiedono e cercano e si procurano medici
e chirurghi, onesti o disonesti che siano,
purché abili in medicina e chirurgia".
Lo stesso varrebbe per il politico, per il
quale "l’onestà politica non è altro che la capacità
politica". Come dire che l’arte politica ha le sue
proprie regole che non hanno niente a che
vedere con le norme morali in base alle quali
si giudica un’azione buona o cattiva.
Bobbio replicava: «l’argomento è scorretto perché non tiene
conto della differenza tra l’onestà come
virtù morale che vale per ogni uomo in generale,
dalla quale si può effettivamente prescindere
nel giudizio sul "buon" medico
o sul "buon" politico, e l’onestà
specifica di ogni arte o professione o mestiere,
che riguarda la buona condotta di una persona
nell’esercizio di questa sua arte o professione
o mestiere, e rispetto alla quale è perfettamente
legittimo e utile distinguere un medico o
un politico onesti da un medico o un politico
disonesti. »
Pertanto, anche in politica sono possibili
uomini di specchiata moralità (anche se temo
costretti a partire con l'handicap, come
certi cavalli nelle corse truccate. ndr).
E aggiungeva, questo non accade quando «l’azione non è rivolta al vantaggio del corpo
sociale (allo stesso modo di quella del medico
che deve essere rivolta alla salute del corpo
fisico) ma al vantaggio proprio o del proprio
gruppo.»
Aggiungerei io, che andando da un medico
disonesto potremmo anche rischiare di pagare
il doppio per effettuare operazioni inutili,
rischiose e superflue, e magari trovarci
donatori involontari di organi !
Profeta inascoltato, visto cosa è accaduto
in questi anni, e persino deriso (da chi?
Da un tizio aulicamente tromboneggiante rispondente
al nome di Duccio Trombadori)
Leggere cosa fu scritto da codesto sul Giornale
del 30 novembre 2002 a proposito di un articolo
di Dino Cofrancesco pubblicato dalla rivista
Reset (già menzionata) (1), non tenero ma
quanto meno rispettoso nei confronti di Bobbio:
«A cominciare dall'immagine di copertina,
dove il professore viene addirittura figurato
al modo di un uccello rapace disteso con
fierezza, ad ali spiegate, sopra le montagne
giganti del moderno pensiero politico, che
si chiamano Montesquieu, Rousseau, Kant,
Hegel, Marx e Stuart Mill. Ma basta,
guardare un po' più a fondo la sua figura
ritratta in quadricromia per accorgersi che
da quel volto innestato sul corpo di un volatile
appare soprattutto l'aria incerta di chi
non sa bene su quale picco andrà a depositare
le sue uova. E di fronte a quel sinedrio
di cervelli che reclama una scelta decisa
(pro o contro Marx, Hegel, etc ... ) il pennuto
Bobbio non sovrasta propriamente come un'aquila
di monte - secondo la messa in scena auspicata
da Reset - ma preferisce piuttosto «sorvolare».
In questa attitudine al pessimismo incredulo
e però anche bacchettone (perché maschera
la sua scettica indifferenza dietro la presunta
razionalità morale delle procedure) si riassume
tutta una fatica del concetto - chi sa perché
detto «neo illuminista» che approda non a
caso alla formula eclettica, né carne né
pesce, del «Socialismo liberale» (o «liberal-socialismo»,
che dir si voglia): da cui Bobbio non si
è mai voluto distaccare forse anche per tenere
il punto della consumata polemica che già
alla fine negli anni Trenta vide il suo maestro
di azionismo Guido Calogero, ingarbugliatosi
nei concetti di «giustizia» e «libertà»,
messo, in ginocchio intellettualmente dalla
limpida coerenza liberale di Benedetto Croce.
C'è però da notare una sintomatica analogia
tra la ricorrente pretesa «anticrociana»
degli odierni liberali di sinistra e quella
che fu la principale ambizione filosofica
- poi rivelatasi fallimentare - del comunista
Antonio Gramsci: impegnato in primis a promuovere
una diffusa ideologia «antiCroce» (individuato
come «il papa laico della borghesia italiana»)
per soppiantare in radice la cultura liberale
a quella marxista. E su questo punto
significativo, certi azionisti e certi comunisti
sono sempre andati d'amore e d'accordo.
Ciò giustifica l'annoso quanto noioso, fazioso
ed esclusivo «dialogo» tra loro cui hanno
dato vita nel secondo dopoguerra italiano.
Di questo dialogo privilegiato Norberto Bobbio
è stato un campione (prima con Togliatti,
poi ...»
Visto? Ma è niente, rispetto a quello che
dissero e scrissero di Bobbio figure come
il tristo Baget Bozzo, Antonio Socci (quello
che non si vergogna di portare il rosario
in tasca, ma ignora quanto la Madonna si
vergogni di lui) e l'Ernesto Galli Della
Loggia (ex-trotzskista, il che è tutto dire:
dalla rivoluzione permanente alla restaurazione
permanente).
Triste constatare che camminare tra gli sputi
ed i colpi alla schiena continua ad essere
il destino infame che questo mondo riserva
ai giusti.
Per decenza riportiamo solo il pensiero del
Bozzo, ascoltato consigliere del lider maximo,
che nel convegno rituale di CL lo definì
rudere del pensiero e morte in vacanza.
A noi viene un sospetto per tutta questa
furia: non sarà che essa derivi dall'insistere
sul tema dell'onestà perchè tocca al cuore
il sistema politico?
Non sarà che il vero pericolo per le posizione
di rendita e di potere non venga tanto dal
mix liberalismo+socialismo, ma dall'idea
stessa che per prima cosa occorre provare
realmente a moralizzare la vita politica?
Tutto questo deprimente spettacolo consiglia
una cosa sola: chi voglia saperne di più
su Bobbio, legga Bobbio. Poi ne riparleremo.
Noi auspichiamo solo che la lezione non venga
fatta cadere.
Raccogliere l'eredità di Norberto Bobbio
non sarà affatto facile, specie se ci proponiamo
di agire e non solo di pensare. (Ma già il
pensare così, agita, eccome se agita!)
note: (1) Perry Anderson - Quel "composto chimico" necessario
ma instabile - Reset n 74 - novembre-dicembre 2002
gm - 9 gennaio 2004