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La pedagogia di Aristotele

le categorie, la sostanza, il principio di non contraddizione


Nel tratto i Topici, così chiamato perchè riguardante i tòpoi, cioè i "luoghi comuni" o schemi dei quali ci si può servire nelle discussioni, Aristotelte distingue 4 diversi tipi di predicazione, cioè quattro modi di dire che "una cosa è..."
Il primo di essi la definisce.
Ciò significa che se diciamo che un gatto è un animale mammifero, diciamo qualcosa di vero, posto che sappiamo che significhino sia gatto che animale, che mammifero.
La parola mammifero definisce dunque un particolare tipo di animale, diverso dagli altri perchè non si riproduce deponendo le uova, ha il sangue caldo ed in genere è ricoperto di peli.
Il secondo di essi la generalizza, nel senso che se di un uomo predichiamo essere un animale non diciamo una fesseria.
Diremmo una fesseria se dicessimo il contrario, cioè che un animale è umano, od appartiene al genere umano in quanto quando diciamo "animale" indichiamo gli appartenenti ad un genere più vasto, mentre quando diciamo "umano" indichiamo l'appartenenza ad un genere più ristretto.
Il terzo tipo di predicazione possibile riguarda la proprietà, cioè la possibilità di affermare che se l'ente di cui stiamo parlando è un uomo, potremmo dire che è un grammatico od un esperto di filosofia del linguaggio.
La stessa cosa non potremmo dirla di un gatto, ovviamente nello stesso senso in cui la diciamo di un uomo.
Infatti nulla vieta di osservare che, in un altro senso, tra i gatti, vi siano gattoni esperti di comunicazione e miagolii.
Il quarto tipo di predicazione possibile è l'accidente.
L'accidente può appartenere e non può appartenere ad un soggetto senza che la dignità del soggetto stesso possa essere messa in discussione.
Infatti l'accidente è ciò che può capitare ad un uomo: oggi mi capita di essere filosofo, ma tra breve sarò matematico, ed ancora più tardi sarò cuoco.
Un individuo è specialista di qualcosa sempre e solo in senso accidentale.
Avendo presente questo, eviteremo di confondere la sostanzialità di un individuo con la sua appartenenza ad una classe o insieme: operaio, musico, capitalista, negro, ebreo e comunista.
Ora non è scritto da nessuna parte che sia obbligatorio adottare questo modo di pensare.
In generale le persone all'ingrosso, così come i filosofi grossolani, ritengono che l'essere operaio o ebreo sia sostanziale, e su questa base discriminano.
E' evidente che invece, seguendo Aristotele, non ci facciamo confondere.
Ciò che definisce il presente di una persona è quello che fa al presente.
Il suo passato è ciò che ha fatto in passato.
Come si vede in questi tòpoi vengono elencati dei casi in cui si può predicare qualcosa senza tema di essere smentiti.
Almeno così dovrebbe essere.
Nel trattato intitolato le "categorie" Aristotele perviene a definire l'ambito del discorso, cioè il "di che cosa stiamo parlando".
Deunque nelle "categorie" Aristotele precisa innanzi tutto che cosa è una sostanza prima, cioè una realtà fondamentale, ovvero quel particolare tipo di ente senza il quale non esisterebbe la possibilità di qualsivoglia discorso.
Se, per esempio, non esistessero individui umani di sesso maschile e femminile, non vi sarebbe una specie umana, nè si potrebbe dire che esistono grammatici od esperti d'informatica, oppure che esistono Italiani e che si parla italiano.
Sostanza (in greco "ousìa") significa ciò che è primariamente, quindi la condizione di esistenza di un particolare mondo od ambito di esistenza.
La sostanza prima dell'esistenza del web, ad esempio, è sempre l'uomo.
Mentre dei pc e delle reti telefoniche potremmo dire che sono uno strumento per comunicare.
Tuttavia, senza uomo, non vi sarebbe web.
Aristotele osserva che tutti i termini cui si ricorre quando si predica, cioè si dice di "una sostanza che è..." si rientra, volere o volare, in una determinata categoria o ambito di discorso.
Queste categorie, o ambiti di discorso, sono i seguenti:
Se diciamo che Silvio Berlusconi è un uomo facciamo un discorso di sostanza;
Silvio B. è la sostanza primaria, cioè la condizione indispensabile affinchè la frase abbia un senso; un uomo in questo caso è la sostanza secondaria.
Se diciamo che Massimo D'Alema è alto un metro e poco più rientriamo nella categoria che definisce la quantità.
Se diciamo che Bill Gates è pallido come un cencio, definiamo di che colore è, quindi parliamo di una qualità.
Se diciamo che questo è il padre di Fausto Bertinotti, indichiamo una parentela, cioè una relazione.
Se diciamo che io sono in casa davanti al video del mio pc, indichiamo un dove.
Se diciamo che ieri Bill Clinton vide ancora Monica Lewinski indichiamo un quando. Se diciamo che Monica è sdraiata indichiamo uno stare.
Se diciamo che io ho un paio di scarpe indichiamo un avere.
Se diciamo che io sto facendo l'indiano indichiamo un fare.
Se diciamo che io mi sto facendo scaldare da Monica, indichiamo un subire o un patire.
Come si vede la definizione della categoria ci consente di capire facilmente cosa sia obbiettivamente la verità.
Anche se forattini lo ritrae come donna, Silvio Berlusconi è certamente un uomo.
Anche se sembra alto, D'Alema non è gigante rispetto a Clinton...e di certo non ha mai visto Monica.
Eccetera...
Avere ben chiaro queste cateogire, cioè questi ambiti di discorso, consente sia agli adulti che ai ragazzi di evitare discorsi generici e confusi e soprattutto di rilevare se nei discorsi altrui vi sia il cosiddetto "polverone" cioè se qualcuno cerchi di confonderci.
In genere le predicazioni che facciamo non sono mai semplici, ma composti categoriali.
Per esempio se torniamo all'esempio succitato: "ieri Bill vide ancora Monica" indichiamo sia un quando che un fare.
E' evidente che solo sapendo coordinare con padronanza un discorso attraverso le cateogire noi riusciamo a dire qualcosa di chiaro, vero e incontrovertibile.
Quando successivamente, nei libri di Metafisica, Aristotele formulò il principio di non-contraddizione come base di tutta la (sua) filosofia di fatto enunciò le condizioni per un discorso sensato e veritiero su qualcosa di determinato, cioè avente per oggetto una "sostanza".
Senza il supporto delle categorie e dei quattro tipi di predicazione presentati in apertura diventa difficile comprendere se un discorso sia sensato e veritiero perchè spessonon si riesce a capire "di cosa diavolo sta parlando quello lì".
Ora diamo la definizione di questo principio che per la verità Aristotele ripropose più volte in forma diversa.
Per principio di non-contraddizione si intende che noi affermiamo che "ieri Bill vide Monica" non possiamo dire il contrario, e cioè che "ieri Bill non vide Monica".
Al di fuori di un preciso ambito categoriale in pratica il detto principio potrebbe essere applicato solo a determinate condizioni e cesserebbe quindi di avere un valore obbiettivo.
Ad esempio: Aristotele sostiene che le relazioni non sono "sostanze".
Pertanto di una relazione si potrebbero probabilmente avere versioni e definizioni contraddittorie, se non nello stesso senso, quantomeno allo stesso tempo.
Ad esempio: il rapporto tra Aristotele e Platone fu, ad un tempo, di accordo e disaccordo.
L'espressione seguente potrebbe servire da esempio: "Aristotele si riconobbe in molte posizioni platoniche e contemporaneamente ne confutò altre".
Se per "tempo" non si considera solo l'istante, o la successione del movimento, come suggerì lo stesso Aristotele, ma un periodo determinato, ad esempio tutto il tempo che ci volle ad Aristotele per tenere una lezione su Platone, l'espressione non è contraddittoria.
Ma non è contraddittoria perchè l'affermazione non riguarda una sostanza (o Platone, o Aristotele) ma la relazione tra Platone ed Aristotele secondo un certo discorso fatto dallo stesso Aristotele.
In realtà questo principio è dunque applicabile sempre e solo in presenza di un discorso limitato a precise circostanze spazio-temporali e quindi definito in modo categorico rispetto ad una sostanza.
altrimenti occorrerebbe convenzionalizzarlo, cioè stabilire sempre a quale periodo di tempo ed in quale senso ogni predicazione viene riferita.
Un altro problema potrebbe essere quello di definire un elenco di sostanze, oppure di escludere cosa non è sostanza; ad esempio: religione, filosofia, scienza, matematica non sono sostanze.
Di esse è abbastanza difficile dire sono qui, sono lì, o dove sono ora.
Esistono solo perchè alcuni esseri umani le coltivano.
Ed ad un tempo possono servire o non servire, essere coltivate oppure trascurate.
Analogamente chi trascura la "filosofia" in realtà segue una "sua" filosofia, ecc...
O anche: "la matematica si basa sui numeri, sulla misurazione delle quantità e sulle 4 operazioni aritmetiche, ma la matematica attuale si fonda sull'assiomatizzazione e si disinteressa dei numeri e del loro significato".
Ora il principio di non-contraddizione fu espresso così:

E' impossibile che una stessa cosa (cioè una stessa sostanza di cui stiamo predicando una delle summenzionate dieci categorie ndcactus) appartenga e non appartenga alla stessa cosa nello stesso tempo e sotto lo stesso aspetto.