filosofia antice e medioevale indice di filosofia


Anassimandro


Discepolo di Talete, Anassimandro nacque intorno al 610 a.C. e visse fino al 545 circa.
A differenza di Talete egli pose il principio di tutte le cose non nell'acqua, ma nell'apeiron, che in greco significa illimitato, o "infinito".

Con ciò siamo ad una brusca rottura con la dottrina della ricerca di un elemento particolare da cui hanno origine tutti gli altri in quanto l'infinito non sarebbe propriamente un elemento, come l'acqua, o il fuoco, ma un'anteriore situazione di indifferenziazione, di mescolanza, probabilmente, di caos, contenente "in potentia" tutti gli elementi.

Secondo Anassimandro, pertanto, nessuna cosa soggetta a nascita, crescita e morte potrebbe essere principio o causa di ciò che esiste.
Se ne potrebbe quindi dedurre che perchè vi sia acqua, secondo Anassimandro, occorre che l'acqua stessa esca dall'infinito e cominci a determinarsi come acqua.

Il principio dell'acqua deve quindi porsi al di là del suo limite (peras), del tempo, dello stesso divenire.
Probabilmente fu questo il ragionamento che gli consentì di andare oltre Talete.
In sostanza Anassimandro introdusse una differenza tra il principio da cui le cose derivano e le cose stesse, le quali, per loro natura, sono tutte limitate e quindi non infinite.

Non solo: egli disse anche che tutto ciò che nasce e viene alla luce commette, in un certo senso, un atto di separazionem dall'infinito, che di per sè richiede un'espiazione, cioè il pagamento del fio.
In tal modo, infatti, sono da intendersi le parole del frammento rimastoci della sua opera Sulla Natura che ci è pervenuto attraverso la testimonianza di Simplicio (Phys,24,13;A 9)

"Inizio...ed elemento primordiale delle cose è l'infinito...da dove infatti gli esseri hanno origine, ivi hanno anche la distruzione secondo necessità: poichè essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo."

Per Anassimandro le cose "si fanno torto" reciprocamente in quanto, essendo finite, ognuna di esse non comprende nessuna delle altre e quindi ad esse si oppone.
Questa opposizione, che è basata sulla diversità di ogni cosa, non solo è dunque la causa del loro essere, o una delle cause, in quanto si suppone che qui Anassimandro intenda con causa anche una specie di causa "finale", cioè il motivo in vista del quale ogni cosa tende a realizzare la propria differenza, ma anche causa delle loro distruzione, si suppone in quanto tale differenza non sia ammissibile oltre un dato limite.

Siamo pertanto in presenza di una concezione grandiosa ed ultima dell'esistenza, propriamente più metafisica che fisica in quanto esprimente una visione globale della realtà che, secondo gli studiosi di storia del pensiero, investiva anche la sfera delle vicende umane.

Non si deve infatti dimenticare che la nascita di colonie greche in Asia Minore fu anche dovuta a lotte civili nelle città di origine. Queste lotte furono causa della nascita di nuove realtà, ma furono anche causa delle crisi ricorrenti di quelle più vecchie.

Aristotele interpretò, diversamente da tutti gli altri, il pensiero di Anassimandro intorno all'apeiron.
Infatti sostenne che esso era un elemento, un principio materiale al pari dell'acqua di Talete.
Tuttavia egli attribuì anche ad Anassimandro il seguente ragionamento:

"ogni cosa o è principio o deriva da un principio; ma dell'infinito non c'è principio, perchè questo sarebbe un suo limite".

Tra le molte testimonianze frammentarie su Anassimandro la più ignorata dagli studiosi, pare essere quella di tale Censorino, la quale se fosse attendibile, potrebbe in un certo senso sconvolgere la stessa genesi del concetto di evoluzionismo, oltre che l'ordinaria considerazione che si ha di Anassimandro come semplice teorizzatore dell'apeiron.
Dice infatti questo frammento:

Anassimandro di Mileto pensa che dall'acqua e dalla terra, sotto l'azione del calore, siano nati pesci o animali molto simili ai pesci, nel cui interno sarebbero cresciuti gli uomini, rimanendovi rinchiusi come dei feti fino all'epoca della pubertà; allora, rotto l'involucro, ne sarebbero usciti uomini e donne già capaci di nutrirsi".
Censorino (4,7)

Sul fatto che il pensiero di Anassimandro non sia limitabile alla teorizzazione dell'apeiron e che questa stessa teorizzazione sia stata preceduta, accompagnata e seguita da importanti osservazioni dei processi naturali, sembrano concordare infatti molte testimonianze.
Per esempio sappiamo da Agamatero (Eratostene) che egli fu il primo che intraprese l'ardito tentativo di disegnare una carta geografica.
Un'altra fonte afferma che egli studiò equinozi e solstizi, inventò strumenti per misurare il tempo, ed infine stabilì che la terra doveva trovarsi nel mezzo dell'universo.
Un'altra ancora stabilisce che egli teorizzò che essa era simile ad un cilindro.
Da Cicerone sappiamo che egli fu in grado di prevedere un terremoto e di questo avvertì gli Spartani.
Il terremoto avvenne realmente.
Credo tutto ciò sia sufficiente, se credibile, per affermare che Anassimandro sia un "fisico" come tutti gli altri filosofi di scuola ionica e che giunse quindi alla sua teorizzazione non per intuizione "teologica" come i pensatori eleati, ma per induzione e deduzione, cioè seguendo un metodo razionale basato sulla ricerca e sull'osservazione prima e sull'organizzaizione dei dati poi.

Aristotele nei libri di Fisica introdusse una interessante disitnzione tra filosofi "fisici".

"Nei fisici, invece, secondo quanto essi dicono, bisogna vedere due posizioni diverse: gli uni pongono un unico essere, un corpo, come sostrato (ed è o uno dei tre elementi o un altro, ma più denso del fuoco ma più sottile dell'aria) e pensano che da esso si generi tutto il resto per condensazione o rarefazione, dando luogo così alla molteplicità.
Ma la condensazione e la rarefazione sono dei contrari, appunto l'eccesso ed il difetto in generale, come il grande ed il piccolo di cui parla Platone; solo che per quest'ultimo costituiscono la metria e l'uno la forma, mentre per essi la materia è costituita dal sostrato, l'uno e i contrari sono invece le differenze e le forme.
Gli altri fisici sostengono invece che dall'uno si separano i contrari in esso già contenuti, come dice Anassimandro e tutti quelli che pongono l'uno e i molti, come Empedocle e Anassagora, perchè anche questi ultimi fanno uscire dalla mescolanza tutte le cose".

(Phys. 187 a 12)

In base alla testimonianza raccolta da Simplicio anche Teofrasto, collaboratore di Aristotele, sottolineò la derivazione del pensiero di Anassagora da quello di Anassimandro, anche se, evidenziando l'intervento del nous, cioè di un intelletto cosmico, all'origine dell'uscita di tutte le cose dall'illimitato, egli diede un "senso" al gioco cosmico del divenire che altrimenti parrebbe, in Anassimandro, non privo di senso alcuno, ma sostanzialmente un inutile gioco del tipo che "gioco a fare se poi so che deve smettere e patire dolore e fatica?".

La risposta in DeCoubertin e nel mitico inventore della prima Olimpiade in Grecia.