|
Anticamente
Montechino o Monte Ochino come allora veniva chiamato faceva parte
dell’Università della Val Nure.
Nella
parte alta della vallata di Gropparello sorge sopra uno strapiombo
il magnifico castello di Montechino costruito in pietra con base
rettangolare e torrioni quadrati, uno dei quali è coronato
da merli guelfi.
|
Nel
1441 il duca di Milano investì della contea di Montechino
Bertolino e Cabrino Nicelli.
Della località furono feudatari i Confalonieri, i quali nel 1492,
nella persona di Niccolò, vendevano il castello omonimo e le terre
pertinenti a Bartolino Nicelli il quale, per intercessione di Orlando
Lampugnani, con rescritto ducale successivo, otteneva l'investitura feudale
sul luogo stesso e su Rossoreggio e, in seguito, il titolo di conte.
Con rogito del 20 luglio 1842 del notaio Baciocchi il castello fu venduto
per 40mila lire al signor Giacomo Riva il quale, a sua volta, lo alienava
ai conti Marazzani.
Posto in vendita nel 1955, in seguito a una vertenza sorta fra gli eredi
del conte Filippo Marazzani, il castello venne acquistato da mons. Stefano
Fumagalli, arciprete di San Polo, il quale due anni dopo lo donava all'Ordinariato
delle Suore per essere destinato a luogo di riposo delle monache di clausura
inferme.
Nel 1944, durante la guerra partigiana, fu sede del Distaccamento «Ursus» della
Divisione partigiana Val d'Arda.
L'edificio, con strutture in sasso, a base rettangolare, e con torrioni
quadrati agli angoli (uno dei quali coronato da merli guelfi) é stato
ristrutturato; di notevole effetto sono i caratteristici incastri del
ponte e ponticello levatoi.
|

|
Nella
piccola comunità di Montechino esiste una consolidata tradizione
di estrazione petrolifera , infatti già a partire dall'inizio
del 1800 venne segnalata la presenza di petrolio.
Nel 1866 furono effettuate le prime trivellazioni in Italia per l’estrazione
di petrolio, risultati positivi si ottennero solamente attorno al 1890
con Leone Marchand, poi nel 1906 con la Società Petroli d'Italia,
fondata dal piacentino Luigi Scotti, nel 1910 nella sola Val Riglio furono
estratti dieci milioni di chili.
Il territorio compreso tra la Val Riglio e la Val Chero era ricco di
petrolio e gas naturale. Vennero perforati nei due cantieri di Montechino
e Gratera 349 pozzi: un petrolio eccezionale in merito alla purezza e
alla densità (0,775), costituito per circa il 55% di benzina e
per il restante di petrolio lampante.
La profondità dei pozzi si aggirava tra i 500 – 700 metri:
alcuni raggiunsero i 900 metri; solo il pozzo n° 53 di Montechino
raggiunse mt 1.163. Da alcuni pozzi vennero estratti oltre 40.000 litri
di petrolio al giorno.
Il lavoro di trivellazione era molto faticoso: il metodo di perforazione
era a percussione a secco (mediamente 10/12 mt in 24 ore, in alcune rare
occasioni si arrivava a 40 metri al giorno).
|

|

|
Nei
primi anni del Novecento l’estrazione raggiunse il suo culmine
con la realizzazione di un oleodotto che trasportava il petrolio
a Fiorenzuola. Antonio Scicli scrisse "...il petrolio della
Miniera di Montechino era un liquido di straordinaria purezza,
raramente incontrato in altri giacimenti del mondo...". La
ricerca petrolifera venne del tutto abbandonata agli inizi degli
anni '50 poiché il petrolio piacentino non riuscì ad
essere competitivo per gli onerosi costi di estrazione.
|

|
Montechino
non fu importante solo per i numerosi pozzi petroliferi: ricordiamo
infatti l’eroe Ettore Rosso, figlio di un impresario petrolifero,
che nacque a Montechino di Gropparello (Piacenza) il 23 giugno
1920.
Frequentò il Liceo scientifico Respighi di Piacenza e il Politecnico
di Milano, partì volontario per la guerra e fece parte della Divisione
corazzata "Ariete" per la difesa esterna del settore nord della
città di Roma.
Ettore Rosso, sottotenente di complemento del Genio, di sua iniziativa
sbarrò la strada ad una colonna corazzata tedesca con due autocarri
carichi di mine e distribuì bombe a mano ai suoi uomini facendo
brillare gli autocarri: la tremenda esplosione uccise i nostri concittadini
ed il Comandante della colonna tedesca.
La notizia che la colonna era stata fermata giunse a Roma dove il Col.
Montezemolo riuscì a guadagnare tempo per organizzare la difesa
della città di Roma.
Ettore Rosso per questo gesto eroico venne decorato di medaglia d’oro
al Valor Militare e come riconoscimento a Montechino fu eretto un cippo
tuttora visibile nei pressi del cimitero.
|
|
Dei “bei” tempi
della Miniera Petroli
|
A l’è vera
c’ so picen
m’ am vant ad ies ad Montuchen,
cul paes chl’é al pö bel
dal Cumon ad Gruparel;
che un giuran l’era fiurent
e’gh lavurèva tanta gent
in tla miniera dal petroli,
ien vritè, ien mia stori!
Quante vot al me papà
al la dsiva seimpar in cà
ch’ al siur Massa al dirigiva
una grand cuperativa
e al siur Rosso, al diretur,
pr’ogni von al dèva al lavur.
E’l casser, siur Granatelli,
al pinseva a degh i sghelli.
Oh alura, bei temp luntan,
tüt la gent i ghevan al pan;
alura sì ch’ ieran bei temp,
an sa sintiva atson lament.
|
Ma po dopa è vegn
la guera,
cl’ha sbatì tüt so par tèra:
pus, barac, vasche, vascon …
La na lasè po’ gnent ad bon.
Ancura adès, dopa tant temp,
as senta ancura tant lament;
ghe di ragas ch’ien melciapè
parchè i gan al pèr disocupè.
Chèra al me bel e bon Signur
guèrda so un brisinen
sur la gent ad Montuchen:
fa vegn l’Agip a pustè
tanta gent disocupè.
E alura turnerà
l’abundansa in tal nos cà.
Pruvidenza dal Signur
c’at vistìs tüt i bei fiur,
c’at las mör gnanca un uslen,
che a tüt at fè dal ben,
fa che turna cü bei temp,
che tüt i g’abbian al cör cuntent.
|
(Poesia dialettale composta
da Roberto Zanazzi, maestro elementare a Montechino negli anni ’50-’60,
e ricostruita attraverso la “memoria” di alcuni suoi
allievi)
|