Il Borgo di San Giuliano
Due distruzioni, 1356 e 1469.
La fiera dal 1351.


Ho già narrato la distruzione del Borgo Nuovo di San Giuliano nel 1469 (vedi l'intera citazione qui sotto).
Qui presento un documento inedito su analogo episodio del secolo precedente. È tratto dalle "Istorie di Forlì" di Paolo Bonoli, ed. Cimatti e Saporetti, Forlì, 1661, p. 157.
Dove leggiamo che nel 1356 Francesco Ordelaffi "saccheggiò il Borgo di S. Giuliano, e i Lochi vicini, abbrucciando molte Case, facendo molti prigioni, e prendendo molti bestiami".

Nella citazione del 1469, si ricorda un passo del Tonini (IV, 151) che parla del 1356, partendo dall'Annalista di Cesena. Qui riproduco per esteso la citazioni da Tonini, IV, 151: "Aggiunge lo stesso Annalista che ai 17 di Ottobre (1356) Francesco Ordelaffi Capitano di Forlì venne coi cavalli e coi fanti forlivesi e cesenati sin al Borgo San Giuliano di Rimini, facendovi abbruciar molte case, e traendone molti uomini e molta preda".
Antefatti. L’8 luglio 1355, i Malatesti hanno fatto pace con la Chiesa, ricevendo in vicariato le città di Rimini, Fano e Fossombrone con i loro contadi. E rientrando nel gran gioco della politica, non soltanto come condottieri di armate mercenarie. Pandolfo II nel 1357 è a Praga e a Londra in veste di inviato pontificio, anche se gli storici ne sottovalutano il ruolo, riducendo le sue missioni a vendetta privata contro il violento e feroce Bernabò Visconti da cui aveva ricevuto l’offesa dell’arresto. A Praga risiedeva l’imperatore Carlo IV che conosceva bene la famiglia Malatesti: nel marzo 1355 aveva nominato suo vicario per Siena proprio il fratello di Pandolfo II, Malatesta Ungaro.
Per ripicca contro la pace tra Malatesti e Chiesa, l'Ordelaffi attacca Rimini.
Secondo "fonti" contemporanee, l'attacco non sarebbe avvenuto nel 1356, ma il 17 ottobre 1355. In altri testi l'evento è anticipato di un anno (1354). Va osservato però che né le "fonti" contemporanee né gli altri testi accennano alle "Istorie di Forlì" di Paolo Bonoli.

Citazione sul 1469, tratta da Alle origini di Rimini moderna.

1469, le bombe del papa
Il pontefice scalpita, rendendosi conto di essere stato beffato da Roberto che non ha mantenuto la promessa di prendere Rimini in nome della Chiesa. Paolo II invia a giugno i propri soldati contro Roberto.
Rimini vive un momento drammatico che avrà conseguenze gravissime nei tempi successivi. Un intero quartiere, il Borgo Nuovo di San Giuliano, è letteralmente cancellato (come racconta Luigi Tonini, Mille…).
Nell'agosto dello stesso 1469 le truppe papali entrano in città attraverso il fiume Marecchia. Roberto riesce a ricacciarle indietro, impedendo loro di proseguire verso l'antico foro romano.
Dal Borgo Vecchio di San Giuliano (che s'estendeva dal ponte di Tiberio sino alle mura poste dietro l'omonima chiesa), i pontificii bombardano Rimini, e poi ripiegano nella campagna dopo aver distrutto con le fiamme quasi completamente il Borgo Nuovo.
La gloria militare di Roberto risplende nelle cronache che ne esaltano il valore per aver combattuto ferocemente con le poche forze armate a disposizione. Ma il destino della città è segnato in maniera terribile dal quel fuoco che avvolge il Borgo Nuovo.

Cambia il volto della città
Questi avvenimenti, accaduti tra giugno ed agosto 1469, cambiano il volto della città. Ad essi però, da parte degli studiosi, non è stata prestata la necessaria attenzione.
Nel 1469 Rimini è dapprima bombardata con 1.122 colpi (Paci in Tonini V, 1, p. 335) dalle truppe pontificie appostate lungo il Marecchia (J. AMMANNATI, Commentari, Minuziano, Milano 1506, pp. 409-411), e poi vede bruciare «gran parte» del Borgo Nuovo di San Giuliano (Tonini, Mille, p. 152) che sorgeva dalla cinta malatestiana dietro la chiesa omonima lungo un chilometro e mezzo sino alle Celle «ove le strade per Bologna e per Ravenna fanno trivio» (Tonini, IV, 1, p. 443).
Il Borgo Nuovo è attestato dal 1248, ed era sede della fiera che prendeva nome dal luogo (vedi Statuti del 1351).
I bombardamenti e la distruzione del Borgo Nuovo di San Giuliano (nel 1356 un analogo episodio era accaduto in quello Vecchio: Tonini, IV, 1, p. 151), non sono elementi di sfondo come purtroppo appaiono a chi (e sono quasi tutti quelli che ne hanno scritto) riduce la storia ad una serie di fatti diplomatici e di illustri biografie.
Essi si presentano invece come un totale sconvolgimento la cui portata è avvertibile soltanto se li collochiamo in un contesto più ampio di quei fatti diplomatici e di quelle biografie che solitamente sono presi come contenitori con cui spiegare tutto.

Le fiere
L'aspetto economico di questo contesto consiglia di ricordare un dato non secondario. Il Borgo Nuovo sembra timidamente rifiorire all'inizio del 1500 con la «fiera delle pelli» che si tiene per la festa di sant'Antonio dal 12 al 20 giugno. La segue quella di san Giuliano nata nel 1351 nell'omonimo Borgo Vecchio (dal 21 giugno, vigilia della festa del santo, sino al 22 luglio).
Il calendario resta stabile fino all'inizio del 1600, quando soprattutto a causa delle carestie, le due fiere sono spostate fra settembre ed ottobre (cfr. R. Adimari, Sito riminese, Brescia, Bozzòli, 1616, II, p. 9), inglobando pure quella detta di san Gaudenzio nata in ottobre nel 1509.
La concentrazione delle tre fiere in un unico appuntamento (successivamente tra 8 settembre ed 11 novembre), è l'effetto del declino commerciale ed economico della città, a cui non si sa reagire. Nel 1627 esse (come unica «fiera generale») sono anticipate dal 15 agosto al 15 ottobre, e nel 1628 ritornano dall'8 settembre all'11 novembre (C. Tonini, Storia di Rimini 1500-1800, VI, 1, cit, pp. 416, nota 1, e 455).
Nel 1630 è sospesa la «fiera delle pelli» per la pestilenza (C. Tonini, Storia di Rimini 1500-1800, VI, 2, cit., p. 459), preceduta da due anni di carestia. Nel 1656 nasce invece la fiera di sant'Antonio sul porto, dal 6 all'11 luglio (riscoperta soltanto di recente).
Il Borgo Nuovo resta soltanto un vago ricordo storico ben sottolineato da Luigi Tonini (Mille, p. 152) che ipotizza la sua estensione sino alla chiesa delle Celle dove forse sorgeva la «porta nuova» di cui si legge in un atto gambalunghiano del 1310: «Anche una sola linea di case di qua e di là della strada poteva formare un bel borgo». Di quelle case, sottolinea Tonini, «si sono viste le fondamenta quando, in questi anni, il fiume si è avanzato fino a corrodere parte della strada maestra».

Fonte:
1. 2. Profilo di una città, 1429-1469 (in Alle origini di Rimini moderna), pagina aggiornata con il testo di Tonini sul 1356, da questa pagina, il 3.9.2012. Il testo riportato sopra è quello precedente all'aggiornamento.
Alle origini di Rimini moderna. Storie malatestiane del XV secolo
1. 5. Note e bibliografia
1. 4. Crisi, dalla dinastia alla città
1. 3. Plebe partigiana e delitti politici
1. 2. Profilo di una città, 1429-1469
1. 1. Premessa. Malatesti, Europa e Chiesa


A proposito di fiere
Richiamo qui alcuni passi della mia "Storia degli Ebrei a Rimini", in cui si parla del Borgo di San Giuliano, come si è visto dal paragrafo precedente intitolato Le fiere dal saggio Alle origini di Rimini moderna.

La fiera di san Giuliano (nata nel 1351) nell’omonimo borgo (tra ponte di Tiberio e Celle) si teneva dal 21 giugno (vigilia delle festa del santo) sino a tutto luglio. All’inizio del 1600, soprattutto a causa delle carestie, essa e quella "delle pelli" sono spostate fra settembre ed ottobre (Adimari, II, p. 9).
Nel 1627 esse come unica «fiera generale» retrocedono dal 15 agosto al 15 ottobre, e nel 1628 si tengono dall’8 settembre all’11 novembre (C. Tonini, «Storia di Rimini», VI, I, pp. 416, nota 1, e 455), assorbendo quella di san Gaudenzio istituita nel 1509 per il mese di ottobre (ib., VI, 2, p. 865).

Nel 1656 nasce invece la nuova fiera di sant'Antonio sul porto dal 6 all’11 luglio (scoperta soltanto di recente, Moroni, p. 75; Serpieri, p. 71). Nello stesso anno, non a caso, a «un tal Hebreo Banchiere» si concede di aprire un banco portando con sé la famiglia. Gli Ebrei erano stati cacciati da Rimini nel 1615 dopo una rivolta popolare con distruzione del ghetto. Nel 1666 il Consiglio cittadino rigetta (con 31 no e 14 sì) la richiesta di crearne uno nuovo.
Su questo sfondo di attività commerciali che collegano i vari centri costieri del medio Adriatico, avviene il passaggio per Rimini di mercanti ebraici, e poi il loro stabilirsi (come racconta Zanotti nel suo «Giornale»), «ne soffitti del Palazzo de Conti Bandi [...], situato lungo la via Regia in faccia al palazzo del conte Valloni», quello per intenderci del Cinema Fulgor, all'angolo di corso Giovanni XXIII.
[Fonte: Ebrei di Pesaro a Rimini a fine 1700]
Nel 1656 la città ottiene dal legato una nuova fiera sul porto in onore di sant'Antonio da Padova dal 6 all'11 luglio inclusi. All'inizio del secolo la crisi economica aveva unificato ad ottobre in una «fiera generale» i tre appuntamenti tradizionali: la fiera delle pelli per sant'Antonio (12-20 giugno), la fiera di san Giuliano (presente dal 1351) tra 21 giugno e 22 luglio e la fiera di san Gaudenzio (nata nel 1509) ad ottobre.
Era l'effetto di un declino commerciale ed economico a cui non si sapeva reagire. Già nel 1613, narra Adimari, cinquanta mercanti tra forestieri e cittadini, avevano chiesto una nuova fiera in primavera, «mossi dalla bona commodità del vivere et negotiare, et conversare et fare esito delle loro mercantie in questa città». Finalmente nel 1656 c'è questa iniziativa che si ripete nel 1659, ma è sospesa nel 1665 quando il governatore di Rimini rifiuta di prorogarla. Riprende il 22 maggio 1671 per undici giorni (cioè sino al primo giugno), con l'autorizzazione di papa Clemente X del 13 agosto 1670. [...]
Nel 1678 l'apertura è posticipata al 3 agosto, per sperimentare «se in questo tempo potesse prendere quell'augmento che hoggi giorno fa' conoscere l'esperienza non ritrovarsi, a causa forse di venire in tempo scarso di monete per non essere seguiti li raccolti». Non sono d'accordo i doganieri: in agosto con la franchigia per la fiera riminese, non pagherebbero dazio le barche che ritornano dalla fiera di Senigallia. Il 10 maggio 1681 la fiera sul porto è sospesa. Ogni anno era andato «diminuendo il concorso» di mercanti e compratori per cui non portava «se non incomodo» ai commercianti di Rimini (AP 871).
Nel 1691 la fiera riprende. L'anno precedente il prefetto delle «Entrate» ha scritto al Consiglio: sono andate in disuso e sono state tralasciate le due fiere tradizionali, quella d'ottobre dalla porta del borgo di san Giuliano alla Madonna del Giglio, e l'altra di maggio sul porto (AP 873). Nel giro di un secolo l'appuntamento autunnale di san Gaudenzio era passato dal borgo di porta romana a quello di san Giuliano. Il prefetto proponeva di «rimettere ò l'una ò l'altra», con un calendario adatto sia alla città sia ai mercanti forestieri. [...]
Un'altra storia d'acqua è quella presentata del 1614, quando «fu una inondazione così grande, che unitasi la Marecchia con altri fiumi, e massime in lontano col Rubicone che apportò danno molto notabile restando le barche, cessata quella disperse per gli orti di Marina, e molte fracassate, e moltissimi marinari anegati, e molte merci perite, e la terra per tutta la campagna ove era stata l'inondazione restò per molto tempo infeconda». Due anni dopo per un fortunale (citato dal canonico Giacomo Antonio Pedroni nei suoi «Diari» gambalunghiani), affondano molte barche, «s'affogarono assai persone» e si registrano molti danni nel borgo di san Giuliano.
[Fonte: Sussulti sociali e crisi economica nel 1600]

Storia degli Ebrei a Rimini
Gli Ebrei a Rimini, 1015-1799 (capp. 1-3)
Da Pesaro a Rimini nel 1700 (cap. 4)
1670, si richiede il ghetto (cap. 5)
Ebrei e crisi sociale del 1600 (cap. 6)
Questione ebraica a Rimini
"Studi Romagnoli" 2007, relazione (28.10.2007)

Questione ebraica a Rimini
"Studi Romagnoli" 2007, testo completo (2008)

Tutti i testi in unico documento (2012)

Antonio Montanari

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