IL DIALETTO

Il dialetto montagutese è uno dei tanti delle parlate locali di cui per secoli i nostri antenati si sono serviti per esprimere sentimenti e sensazioni, per indicare oggetti e situazioni, per evidenziare stati d’animo e circostanze.

E’ una vera e propria lingua, con individualità e caratteristiche proprie, che come ogni lingua ha una sua lunga storia fatta di arcaismi e di neologismi, di nascite e di morti di parole che hanno accompagnato la lunga e complessa evoluzione storica, economica, sociale e culturale del nostro paese che ha avuto preminentemente una spiccata vocazione contadina, rurale e pastorale.

Ed è proprio a questi aspetti della vita locale che è legata la ricca, varia e complessa terminologia di cui i nostri antenati si sono serviti ed ancora oggi ci serviamo anche se in modo non più esclusivo.

La diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, il progresso tecnologico, lo sviluppo industriale, l’emigrazione hanno decretato, benché fortunatamente non del tutto, la morte lenta, ma inesorabile di tante parole, di tanti termini, di tanti proverbi e modi di dire.

I giovani di oggi non sanno che cosa è "la tòrt", "lu recapete", "lu cutizze", "la pesature", "lu iuve", "lu razzolare" ecc.

Si tratta di parole legate al mondo dell’agricoltura delle quali tanti di noi non sanno il significato, ma che non hanno più ragione di esistere, perché stanno ad indicare utensili e strumenti che non esistono più, demoliti dall’avanzare prepotente e inarrestabile dei mostri dell’industria, quali la mietitrebbia, il trattore, il decespugliatore …

Il nostro dialetto è ricco e vario e risente sia delle parlate pugliesi sia di quelle irpine, beneventane e napoletane e questo almeno per tre ragioni: la prima è che Montaguto è stata sempre una terra di confine, e quando ha fatto parte della provincia di Foggia e quando è stata aggregata alla provincia di Avellino; la seconda sta nel fatto che a cominciare dalla seconda metà del XVIII secolo mietitori montagutesi si recavano a Troia, a Lucera, a San Severo, braccianti (li marenìse) e venditori di vino, olio, prodotti di mare raggiungevano le nostre località; la terza è dovuta al ripopolamento del paese nella prima metà del ‘700 da parte di 300 forestieri provenienti dall’arianese, dal beneventano e dal napoletano.

 

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