an Giovanni a Torino



Ritualità antica e mito cittadino

Al solstizio d'estate, quando il sole raggiunge la sua massima declinazione positiva (+ 23° 27') rispetto all'equatore celeste per poi riprendere il cammino inverso, comincia l'estate.
Questo giorno, la cui data ha variato secondo i calendari fra il 19 e il 25 di giugno, era considerato nelle tradizioni precristiane un tempo sacro, ancor oggi celebrato dalla religiosità popolare con una festa che cade qualche giorno dopo il solstizio, il 24 giugno, quando nel calendario liturgico della Chiesa latina si ricorda appunto la natività di san Giovanni Battista.
Ma non è facile orizzontarsi nella varietà di usi, costumi,tradizioni e leggende sul 24 giugno! Molte sono il frutto di stratificazioni che raccolgono frammenti di tradizioni diverse che vanno dai culti cristiani, a quelli pagani per poi fondersi addirittura con la mitologia.
Mercedes Viale Ferrero, torinese, una delle massime esperte italiane sul San Giovanni, ci spiega a proposito della ricorrenza dei fuochi d'artificio a Torino (indimenticabile quelli realizzati in passato da Richi Ferrero con al centro del fiume Po due gigantesche torri pirotecniche: una d'oro, l'altra d'argento): "Non si tratta di rinnovare uno spettacolo troppo spesso replicato quanto di risalire alle sue radici storiche e simboliche, insomma di ritrovare le più profonde motivazioni dei Fuochi intesi come segni dimostrativi delle capacità dell'ingegno umano, come una sorta di magia naturale. Oggi non riusciamo quasi più a immaginarci quanto fosse "buia" l'oscurità della notte in città prive di illuminazione pubblica, in cui le uniche luci artificiali erano quelle delle candele, delle lucerne, delle fiaccole; di conseguenza non riusciamo a raffigurarci appieno quale straordinario effetto avesse, in occasione di qualche evento eccezionale, la chiarità notturna prodotta dalle luminarie e dai Fuochi. Era un sovvertimento dell'ordine naturale delle cose e dunque un segno del potere di chi aveva l'autorità di disporre, con una parola di comando, tale sovvertimento. I Fuochi e le luminarie avevano la facoltà di fermare il corso del tempo e di provocare la metamorfosi degli elementi mutando in giorno la notte, trasformando la città in un teatro di effimeri splendori."
La festa di San Giovanni è stata nel tempo "addomesticata" con sfilate di carri allegorici, gare di giochi popolari e di poesia. A Torino, dove le maschere tradizionali, Gianduia e Giacometta, sfilano il giorno dopo - per non confondere sacro e profano - su un carro che viene poi benedetto sul sagrato del Duomo, dedicato al Santo. Fiaccolate, falò e spettacoli folkloristici concludono i festeggiamenti incanalati in una oramai ben nota ritualità.
Per questo motivo le usanze connesse alla sua festa hanno la funzione di protezione: come i falò che si accendono ancor oggi sulla cima delle colline, le processioni per i campi con le torce accese e le ruote infuocate che si facevano ruzzolare per i pendii. Questi fuochi, simboli del sole solstiziale, scacciano demoni e streghe, e prevengono le malattie.
Sulla notte di San Giovanni aleggia infatti anche la credenza che vi siano presenze malvagie e demoni che volano nel cielo. In particolare delle "Strix", così chiamavano la strega gli antichi Romani: un uccello simile al gufo, con la testa grossa, il becco e gli artigli da rapace e le piume chiare: pare si riempisse il gozzo con il sangue dei lattanti che rubava dalle culle strappandone le viscere. Si chiamava strix per il suo stridere sinistro nella notte fonda. Riferiva Plinio il Vecchio che le striges erano donne trasformate in uccelli per una magia, o almeno così sosteneva la credenza popolare.
Nel medioevo le striges assunsero volto e fattezze umane, laide, vecchie e repellenti: si mormorava che partecipassero al sabba e fornicassero con i demoni; potevano con appropriati incantesimi nuocere non soltanto al bestiame e ai campi, ma persino ai bambini e talvolta agli adulti.. In questo stuolo di streghe spiccava Erodiade seguita da una scia di signore della notte: la cosiddetta Società di Diana o di Erodiade. Nella leggenda Erodiade veniva confusa con la figlia Salomè che aveva ottenuto da Erode Antipa la testa di san Giovanni con la danza dei sette veli. Si narra che quando le fu presentato il piatto con la testa del Santo, Erodiade-Salomè si pentì della mala azione e disperata lo coprì di lacrime e baci. Ma dalla bocca del Santo uscì un vento furioso che spinse la peccatrice nell'aria dove fu condannata a vagare eternamente!
Ma torniamo a leggende più confortanti... anche all'estero: in passato, nell'isola di Man, la notte della vigilia di San Giovanni si accendevano in ogni campo falò sottovento in modo che il fumo passasse sul grano; poi i pastori giravano intorno al bestiame con erica o ginestra infiammata. In Irlanda invece il bestiame, specie se sterile, si faceva passare attraverso i fuochi di mezza estate e si gettavano le ceneri nei campi per fertilizzarli. Nel Belgio la gente saltava i fuochi di San Giovanni per prevenire le coliche e conservava le ceneri in casa per impedire gli incendi... C'è poi un proverbio istriano che assicura che "San Giovanni col su' fogo brusa le strighe, el moro e 'l lovo"; ovvero: San Giovanni col suo fuoco brucia le streghe, il moro e il lupo!
E per tornare a noi: in Piemonte ancora oggi si crede che i fuochi aiuteranno a conservare i frutti della terra e ad assicurare buoni raccolti, oltre a proteggere dal tuono, dalla grandine e dalle malattie del bestiame. Gli stessi inglesi, che come caratteristiche caratteriali molto ricordano dei piemontesi, ed in particolare i torinesi, chiamano il 24 giugno "Midsummer Day", il giorno di mezza estate nel quale, a partire dalla vigilia, visibile e invisibile si compenetrano, e accadono fenomeni inquietanti dove sogno e realtà si confondono, come nella celebre commedia di Shakespeare "Sogno di una notte di mezza estate".
Anche tutto ciò che è connesso alla generazione e alla fruttificazione subisce nella notte del 24 giugno notte un influsso positivo: "La notte di San Giovanni entra il mosto nel chicco" dice un proverbio diffuso in vari dialetti: ovvero il chicco comincia a inturgidirsi e a formare gli zuccheri che fermenteranno poi nel mosto.
Il simbolismo solstiziale mostra anche che il "San Giovanni" è un capo d'anno Lo conferma l'usanza, diffusa in tutta l'Europa, di trarre presagi: le giovani gettano nelle padelle piombo liquefatto come nella notte di San Silvestro, per indovinare dalle forme prese dal metallo quale mestiere farà il futuro marito; oppure prendono alla vigilia due cardi, ne bruciacchiano la testa, e al crepuscolo li depongono in un bicchier d'acqua sul davanzale della finestra: uno verso l'interno della casa, l'altro verso l'esterno. Se al mattino un cardo è dritto sullo stelo, la giovane si sposerà entro l'anno: con un paesano se è drizzato quello posto verso l'interno, con un forestiero se lo è l'altro; se invece entrambi sono piegati, non vi saranno nozze... insomma, ce n'è per tutti i gusti!
Ma non è solo il cardo ad avere funzioni divinatorie... le cosiddette "erbe di San Giovanni", che variano da regione a regione, servono a ottenere presagi sul futuro. Raccolte in mazzetti, si pongono sotto il cuscino la sera della festa: sono nove fra cui l'indispensabile iperico, e vanno colte in luoghi diversi. Quel che poi si vedrà in sogno accadrà - si dice - certamente.
In Abruzzo la sera della vigilia le ragazze da marito mettono sotto il guanciale tre fave, simboli di fecondità, di cui la prima è priva della buccia esterna, la seconda della metà, la terza invece è intatta. Al mattino la ragazza prende a caso una fava: se è senza buccia il futuro marito sarà povero; se con la buccia, ricco; se ne ha mezza, né ricco né povero.
Le cosiddette benefiche erbe di San Giovanni avrebbero anche la funzione di scacciare i demoni e le streghe proteggendo dal malocchio, come l'artemisia. E persino il ribes, i cui frutti rossi come il fuoco son detti "bacche di San Giovanni", proteggono da malefici e sortileg
Si pensi infine che la festa più nota e diffusa in Italia ha ispirato scrittori come Gabriele d'Annunzio per i versi ne "La Figlia di Iorio" che richiamano una leggenda abruzzese, diffusa in tutta l'Europa: "E domani è San Giovanni/ fratel caro; è San Giovanni./ Su la Plaia me ne vo' gire,/ per vedere il capo mozzo/ dentro il sole,/ all'apparire,/ per veder nel piatto d'oro/ tutto il sangue ribollire." Si dice infatti nell'Abruzzo e nel Molise che la mattina del 24 giugno le giovani che si volgono a oriente possono vedere sul disco del sole nascente il volto del Santo decapitato: colei che lo avrà visto per prima si sposerà entro l'anno. E in Sardegna si sostiene che il sole saltelli tre volte come la testa del Battista appena spiccata dal busto. Tutte queste leggende fondono la narrazione evangelica con un evento che si svolge nel cielo: il 24 il sole, che ha appena superato il punto solstiziale, comincia a decrescere, pur impercettibilmente, sull'orizzonte. S'inizia il semestre del sole discendente che si concluderà con il solstizio d'inverno quando l'astro sembrerà morire, per poi rinascere come "sole nuovo", ovvero risalire nel cielo: fenomeno reale se ci spingiamo al nord, verso il circolo polare artico.
Il sole di San Giovanni è dunque, secondo questa lettura astrologica, un sole che muta direzione e crea rinnovamento. E' curioso annotarsi come ancora - pure nella religione greca antica - i due solstizi erano chiamati "porte": "porta degli dei" l'invernale, "porta degli uomini". I solstizi erano dunque simboli del passaggio o del confine tra il mondo dello spazio-tempo e lo stato dell'aspazialità e dell'atemporalità.
Il San Giovanni è dunque un buon momento per rinnovarsi e ricominciare un nuovo ciclo di vita. Un augurio che come Torino Magazine facciamo volentieri ai nostri lettori che stanno preparandosi ad andare in vacanza!

per Torino Magazine - maggio/giugno 2006

Monica Nucera Mantelli


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