a luce in Architettura



"La Luce ha Mani e Piedi"
Due entronauti torinesi - armati di click e penna - alla ricerca della Luce

A quanto sappiamo non ci sono regole nell'Architettura.
Persino Diderot e D'Alambert, profondi sostenitori dell'Illuminismo, movimento che si contrappone ai recessi bui dell'anima mundi medievale, scrivevano ne l'"Encyclopédie" che l'arte delle forme, finché si è limitata alle nostre necessità, ha potuto modellarsi sui prodotti della natura, ma da quando si è voluto unire la decorazione alla solidità, l'immaginazione ha creato le forme e l'occhio ne ha determinato la scelta.
Dunque il senso estetico si completa e appaga pienamente solo se guidato dalla luce, dall'illuminazione. Sia quella reale che quella mistica. La luce dunque è la vera protagonista dell'architettura. Sì, la Luce. Perché è la luce che agita le poderose ali di volte, torrioni, archi e rosoni dirompendo sul buio delle costruzioni, firmando la perfetta adesione tra significato e significante, tra potere della materia e sapienza della spirito. Tra la forza umana incarnata nella pietra e la vertigine mistica che l'esprit avvolge intorno e dentro gli edifici di maggior carisma spirituale.
Bene lo hanno capito i due autori di un nuovo reportage iconografico e letterario sull'architettura del Piemonte e la sua Luce. Una vibrata lettura delle opere barocche di Bernardo Antonio Vittone e dell'influsso del pensiero mistico di Bernardo di Chiaravalle. Un libro di poesia e forma che offre una visione esoterica di Torino, con la sua guglia svettante contro il cielo che custodisce un segreto che non verrà mai svelato. Oppure con la mano di una madonna velata che tiene, su uno sfondo collinare, il simbolo di un calice per il quale i Cavalieri della Tavola Rotonda si riunirono. Infine, i trionfi del sacro e profano di una centralissima fontana che pare rifletta, nel suo disegno geometrico, il segreto degli ideali Figli di Iside. Si dice infatti lì vi fosse, per citare Renzo Rossotti, una annunciazione massonica nella sua essenza.
Pier Ilario e Carola - entronauti di penna e di click - hanno riletto così, chi con l'obiettivo fotografico e chi con dei versi, tre monumenti simbolo di Torino: la Mole Antonelliana, la Gran Madre e la Fontana Angelica. Tre emblemi di una città che sappiamo bene la tradizione ufficiosa sente ancora fortemente magici. In ogni caso si tratta, ancora una volta, di "oggetti d'arte" la cui natura oscilla fra la bellezza e il simbolo, tra il percorso dell'occhio che li guarda e dell'altro che li svela, raccogliendo i segni che in essi raccontano di una via improntata verso la luce della conoscenza.
Il titolo di questo libro-ricerca è azzeccatissimo: "LA LUCE HA MANI E PIEDI". Sfogliando le pagine di importante grammatura, le immagini in bianco e nero portano l'occhio di chi guarda a leggere aspetti insoliti e metafisici della cultura barocca mentre sensuali suggestioni di penna stanno a commento fuori campo.
Ma tutto parte da una ricerca personale, come per tutti i percorsi veri. Solo che questa volta si tratta di un cammino iniziatico che nasce e riporta a Torino e non a Santiago di Compustela. Un viaggio che nella nostra città crea una triade architettonica che nasce dalla Fontana Angelica, incrocia la Mole Antonelliana e termina ai piedi della Gran Madre.
Ma vediamo com'è stato partorito il libro. Nel 1996 l'Unesco di Torino organizza una mostra fotografica dal titolo "Il barocco minore in Piemonte" presso il Centro Congressi Torino Incontra. A questa mostra partecipa anche Pier Ilario Benedetto, fotografo e architetto, che inizia così il suo viaggio affascinante nel mondo della luce. A lui, qualche tempo dopo si affianca una cultrice della prosa poetica, studiosa di lingue orientali e giornalista, che ne è anche la nipote: Carola Benedetto.
Nasce una ricerca fotografica condotta sul linguaggio esoterico di un architetto considerato ingiustamente minore: Bernardo Antonio Vittone. Ed è proprio studiando l'architettura vittoniana, i libri dell'architetto sabaudo e gli studi dei grandi storici del barocco, che il fotografo fa il secondo grande incontro: dalla biblioteca di Vittone emergono gli scritti di San Bernardo di Chiaravalle, il frate che rivoluzionò la vita religiosa dell'Europa del XII secolo. Grande diventa l'intuito "colto" di Pier Ilario, alle prese con un Vittone che rivela un linguaggio plastico ed architettonico fatto di simboli e conoscenza segreta, dove allo studio della grazia e della luce si affianca, silenzioso, quello religioso e della nuova, rivoluzionaria, scienza newtoniana.
Ma come si arriva a fare un itinerario iconografico così pieno di rimandi e significati profondi, rimanendo "popolari" e senza cadere nel "tecnicismo" fotografico ?
P.I.B: "Sono partito non dalla forma, ma da ciò che sta dietro la forma. Il mio interesse si è spostato prima alla teoria, alla mistica dell'ordine cistercense, e poi, immancabilmente alla sua architettura... E li mi si è aperta una strada doppia. Da una parte c'è infatti un ordine rigoroso e povero che costruisce chiese con il minor uso di orpelli e di fregi, dall'altra ci sono le sue abbazie romaniche che, nella più spoglia e meravigliosa semplicità, presentano simmetrie apparenti, incompletezze e simboli."
Insomma un libro in pietra da decodificare, da tradurre... per chi ha occhi per "andare oltre", come ogni buon entronauta.
"Sì. Bernardo di Chiaravalle non diversamente da Vittone, vuole gridare all'uomo che "sa leggere fra le pietre", a colui che ha iniziato il viaggio della trasformazione alchemica di sé, dipanando il buio dell'ignoranza a favore della luce della conoscenza."
Di appeal per chi ama lo stile "haiku" la veloce trasposizione di idee di Carola Benedetto in parole che cuciono ciò che il fotografo ha suggerito alla base di ogni scatto. Ne cito una, affascinante, adatta alla Fontana Angelica. "Ti porto in un luogo segreto, dove nessuno ha mai camminato. Vieni un po' più vicino, dove questa dolcezza d'amore si fa preghiera di pace. Entra in punta di piedi e con l'acqua dimentica...E' tempo che questo caldo ci vinca. Goloso e tranquillo, il nostro sangue esulta." E poi, per chi ha voglia di leggere un'immagine, e guardare un testo, ecco l'atmosfera da ricerca del Santo Graal che circonda la Gran Madre di Torino in un mantra in perfetto accordo con il meditato scatto fotografico: "Concentrico amore / con un filo bianco / raccolgo la strada che unisce / il dentro con il fuori." E per la Mole Antonelliana ci sta bene "Un senso ultimo su ogni lontananza / un infinito salire / un ascendere leggero e chiaro."
Carola, mi sono divertita a spostare le tue poesie anche a commento di immagini diverse da quelle che formalmente accompagnano l'impaginazione. Spero non ti dispiaccia. Ed ho scoperto che funzionano lo stesso. Mi pare tu abbia cercato di trovare parole per dire, senza raccontare, ciò che la fotografia ha saputo raccogliere. Una guida ai sensi, alla sensorialità, al significato profondo delle cose...
C.B. "Quando ho visto che il materiale fotografico era pronto, sia io che Pier Ilario abbiamo sentito che mancava un ponte. Una via che permettesse di spiegare la ricerca fotografica là dove non poteva essere spiegata. Occorreva trovare il modo di dire, senza dire. Di raccontare un'immagine, senza farne né un trattato né una scheda per soli architetti. Così Pier Ilario mi ha proposto di tentare l'impresa. Io non sono architetto, non ho gli strumenti per parlare tecnicamente di queste immagini, però un punto di forte contatto fra questo lavoro e il mio mondo c'era: era il simbolo che da sempre è oggetto delle mie ricerche e dei miei testi. E su questo ho lavorato. Volevo che fossero testi leggeri, piccoli, che non sgomitassero con l'indiscutibile bellezza delle fotografie ma che, allo stesso tempo, potessero dare, a quelle immagini come una porta di accesso, un segnale per cercare. Non importa cosa, non ci sono certezze in questo viaggio. L'architettura è sempre lì, immobile e soprattutto muta, da secoli. A noi è piaciuto cercarvi questo "filo bianco che lega il dentro con il fuori", il fisico con il metafisico."

per Torino Magazine 2005

Monica Nucera Mantelli


Scarica il file PDF