aku: Sutra del Cuore



Il Sutra del Raku o l' Hagakure segreto del Guerriero
Conversazione leggera sulla chiarezza del giorno
(dopo l'oscurità della notte)

"Chi sei, dunque, tu che mi stai dinnanzi?"
"Non lo so, Maestà"
(dal dialogo tra l'imperatore Wu e Bodhidharma)


"Quando a colpo d occhio ti accorgi della spada che si sta muovendo per colpirti, se pensi di fermare la spada dove la vedi, la tua mente si fisserà proprio in quel punto. I movimenti del braccio perderanno il giusto coordinamento e tu verrai sconfitto. Ma se la tua mente non si fa trattenere da essa e la metti all'unisono con il ritmo della spada che avanza, e se impedisci che nella tua mente penetrino pensieri su come colpire l'avversario, se nel momento stesso in cui senti la tua spada alzarsi, la tua mente non è trattenuta e tu avanzi verso il tuo avversario e ti unisci ad esso, allora la spada che stava per abbatterti diventerà la tua, anzi sarà la spada che abbatterà il tuo avversario. Nello zen, questo si chiama "afferrare la lancia".

(Takuan Soho,monaco Zen, 1573 - 1645)


Sappiamo che lo zen non è una dottrina sull'uomo, ma una Via da percorrere per lasciar spazio a quella percezione intuitiva verso cui l'uomo coglie il proprio processo vitale interiore. Così ben sintetizza Meo Nallino nell'introduzione alla mostra "L 'Ombra del Guerriero - l'Uomo, il Doppio e il Sé" svoltasi nel 2004 a Palazzo Barolo a Torino.
L'intera tradizione zen costituisce una riflessione sul tema dell'identità e costruisce metodi di smascheramento dell'io per realizzare un diverso livello di coscienza. La maschera è una metamorfosi rispetto al modello originale. Una rievocazione, una rappresentazione, un travestimento tra il vero e il falso.
Il raku di Fausto Gervasi è zen, ovvero offre una proposta di smascheramento. Le opere di questo craftman - terrigne, materiche, slabbrate, vibranti - lavorano nella loro maestosa semplicità, sull'inganno prospettico, sulla percezione parziale del Tutto, sullo sgretolamento delle certezze, sui conflitti d'identità.
Quei portasemi... sono solo strumenti di uso quotidiano, o è l'icona statuaria di un esercito di Samurai in difesa di un territorio? Quello ciotole... contengono solo il thè oppure accolgono le lacrime di una purificazione? I vasi e i piatti sono puri oggetti decorativi o trattengono l'aura di forze antiche e primordiali?
Toccando questi lavori, sia piccoli che grandi, prodotti nell'arco di questi ultimi anni, il tatto stesso, oltre che la vista, ci offre una percezione radicale e profonda del collegamento diretto che l'artista ha con le energie del magma vulcanico, con la forza atavica della Natura, con la schiettezza del respiro zen.
Così come i soffioni boraciferi sono il respiro stesso della terra, il raku di Gervasi risulta simile a un parto delle viscere terrestri, arricchito dalla sapienza artigiana dell'Uomo. Una sapienza rubata in Oriente nell'antichità e che permette all'artista di oggi di raggiungere risultati straordinari quando, padrone della tecnica, si collega all'unità del Cosmo e al contatto interiore con se stesso.
In questi lavori artigianali si eleva ad arte il processo metaforico dello smascheramento, di ciò che sta dietro le cose. Ecco dunque una materializzazione di forme gruttulute, caoticamente raffinate, che un tempo erano considerati oggetti di uso comune, diventare nella loro contemporaneità evocazione silente ciò che cuoce sotto l'animo dell'umanità.
Osservando le sue innumerevoli opere in argilla si può cogliere uno dei molti messaggi del suo zen "tridimensionale". Ne scegliamo qualche esemplare tra quelli presenti in mostra. Pensiamo al portasemi di media grandezza, a chiusura piatta, la cui forma - con basamento piccolo che si apre inaspettatamente in un corpo espanso a vela, rivela la l'impervia sfida all'equilibrio che il genere umano quotidianamente affronta. In termini cromatici il binomio alternato tra sangue di bue e candore venato di questo oggetto riordina il principio stesso dell'unione tra maschile (bianco=seme) e femminile (rosso=mestruo).
Un altro portasemi offre un omaggio allo yin e yang: ricorda, come molti lavori di Gervasi, un lingam di stampo tribale. L'effetto è potenziato dal contrasto tra l'humus quasi lavico della materia semirefrattaria, e la precisa "colatura" bianca che traccia un fertile fiume sulla torre eburnea. Una torre trionfalmente surmontata da una chiusura che ne enfatizza la poderosità al maschile.
IE ancora un portasemi dagli splendidi toni cerulei, uno tra le punte di diamante della produzione dell' artista bresciano. Nel suo insieme questo lavoro ricorda una montagna rocciforme a base quadrata. La funzionalità della chiusura è però superata dalla volontà dell'artista di sviluppare una forma che ricorda la terra vista dallo spazio. Il pianeta (che funge da chiusura al portasemi) è posto ad un'estremità del bordo superiore e sembra sul punto di cadere... vuol forse ricordarci che la vita della Terra si basa sulla forza reggente della Natura stessa?
Infine, ancora un esempio tra i molti, il portasemi sembra invece una costruzione, una casa-roccia con effetto craquelè. Convertendo ciò che Kurt Forster ha scritto nella presentazione della sua ultima Biennale di Architettura a Venezia - e cioè, sostanzialmente, che "se l'architettura è paesaggio, gli edifici sono montagne" - davvero in questo lavoro si coglie il senso stretto del rapporto tra ciò che sta sotto (la materia - in questo caso argilla granulosa) e ciò che sta sopra (ciò che l'uomo costruisce con le sue mani: l'"opera") che dovrebbe rimanere - sia in piccolo che in grande - in naturale armonia con l'ambiente naturale dalla quale proviene.
Ci sono poi alcuni splendidi brucia incensi - tra cui uno curioso con elementi corniformi che ricordano la testa di un samurai - e un notevole numero di ciotole di dimensioni ridotte. C'è uno splendido pezzo che ricorda la corolla di un fiore. E' simile a un papavero carminio attraversato da onde orizzontali. Ne seguono altri, elegantissimi. Questi oggetti d'arte recano tracciate linee in forte rilievo sull' esterno mentre all'interno contengono un emozionante e liscissimo fondale purpureo. Altri ancora hanno un interno bianco, o scuro, ma in ogni caso laccato.
Certo, questi lavori offrono molteplici letture. Sta solo a noi ascoltare la loro sottile narrazione plastica che sembra la sintesi di un pensiero haiku.

Il fuoco non aspetta il sole per essere caldo
Ne il vento la luna per essere fresco
(detto Zen)


Sull'abile confine tra apparenza e realtà la "maschera" del raku libera l'uomo dal suo Doppio e compie il prodigio della trasformazione: l'apparente forma grezza nasconde per rivelare, isola per comunicare, trasforma in Altro da sé per ri-conoscere il proprio Sè.
In questa prospettiva, ogni forma realizzata da Gervasi - vasi, portasemi, piatti, ciotole, brucia incensi - permettono all'uomo di attingere alla propria origine, e al proprio Sé. Rimandando tali forme a un simbolo universale - quelle di un'alta assertività rituale - senza perderne il loro significato primario di utilizzo domestico.
Lo zen ci ricorda che il vero Sé si esprime proprio quando l'uomo riesce a tagliare il proprio Io. Perché la mente originaria, dice lo Zenrin, è come fuoco che brucia, ma non può bruciare se stesso, come una spada che taglia, ma non può tagliare se stessa, come un occhio che vede, ma non può vedere se stesso.
La mostra "Il Sutra del Raku, o l'Hagakure segreto del Guerriero - Conversazione leggera sulla chiarezza del giorno (dopo l'oscurità della notte)" presentata alla Maison Musique di Rivoli evidenzia nel suo percorso scultoreo la natura "guida" che l'arte può veicolare anche attraverso l'operato di autentica ed elevata ispirazione artistica.
Il raku di Fausto Gervasi è chiaramente un veicolo dell'Oltre.
I suoi oggetti risultano altamente rituali, e ci attraggono verso l'infinito, l'essenza di noi stessi, l'atavicità del Principio primo. Nascono come compendio ad un cerimoniale (la Cerimonia del Thè), ma la loro realizzazione è rituale stesso.
Pervaso dall'ebollizione naturale del ventre della Terra, Gervasi conclude il rito della sua produzione cantando con gli ossidi di metallo i colori cerulei, pece e sanguigni del rivestimento esterno. Il risultato è uno Assoluto formale è Relativo, poiché consapevole dell'Impermanenza delle cose. Questa produzione si immette così nello spirito del mutamento cosmico, svelandoci attraverso le sfumature cromatiche una Porta per il passaggio alla dimensione più profonda della nostra natura.
Per alchimia operata da un Uomo, il magma sedimentoso della terra si è elevato a Guerriero, Samurai, Guardiano, Templare. E ci consegna con amore un'opera che ci accompagna con autentica forza protettiva nel nostro sentiero di vita. Un'opera che ci calma, con la sua rassicurante solidità.. E che ci fa interrogare sul fatto se si debba leggerne l'aspetto un po' grezzo, quasi naive o ascoltare la pienezza della sua saggia presenza.
Due volti della stessa anima - come il pieno e il vuoto - che nel raku che si articolano nello spazio senza mai fermarsi, fino a quando non si per rendere compiuto il senso di questo contraddittorio universo. Il senso di questo mondo, fatto di bellezze e storture.
Grazie allo spirito semplice e naturale con cui plasma e conduce il gioco abile e segreto della cottura, Gervasi rincorre con le mani l'argilla che si incarna in una sede apparentemente casuale delle forme. Nasce allora con terra, acqua, aria e fuoco (quattro elementi di cui si nutre tutto ciò che è vivente) la piena manifestazione del 2 + 2= 5, ovvero l'Esprit, lo spirito universale, il Principio primo e unico della Manifestazione che in Oriente è definito come "metallo". Nel cerchio perfetto del ciclo produttivo del raku - si passa dalla vita attinta alla terra (argilla fresca) alla trasmutazione attraverso il thananatos, (la cottura) la morte o cristallizzazione della Terra. Una terra che torna attraverso le sapienti maestranze del Fuoco ad essere roccia, questa volta ripiena del principio creativo dell'uomo.
Ma non dimentichiamo che esaltazione delle viscere, dell'interiorità, c'è anche il senso dell'Oblio, della morte. A riguardo suggerisco una riflessione sulla parola giapponese "Hagakure", che è composta da due ideogrammi che significano "foglia" e "nascondere", percui la si potrebbe tradurre con "nascosto dalle foglie". Hagakure può rivelare, in chi guarda il raku come un'espressione di una filosofia, un pensiero complesso e positivo che ne completa la lettura.
E' l'etica del Samurai, disposto a morire per i suoi ideali, a sopprimere il proprio Ego e la propria soggettività per raggiungere la fedeltà suprema ai valori. Anche il seppuku (come quello eseguito pubblicamente da Yukio Mishima nel 1970) è manifestazione di protesta verso la dilagante perdita di valori nella società. Non va dunque interpretato come atto di disperazione o rifiuto della realtà.
Per qualche segreta strada il binomio zen - arti marziali contenuto nell'hagakure è è giunto intatto ed è presente nella produzione di Gervasi.
Nella matericità del suo raku si comprende come la vita umana sia effimera come i petali spezzati dal vento. Così come l' impermanenza, il mujo - che fa parte del nostre essere più intimo.
Niente dell'universo resiste al tempo, tutto ne è travolto ed è destinato a mutare, sembrano dire queste opere. Cosi come ci possono far pensare che gli angeli e i demoni abbiano la medesima origine. Raku è anche questo: equilibrio nella sua contraddizione.

Torino, Ottobre 2004

Monica Nucera Mantelli


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