amberi di fiume



STORIA DI UN AMORE, O MEGLIO DICASI, DI UN BLOG TRA UN GAMBERO DI FIUME E UN GAMBERO DI MARE

"O l'universo è vuoto, e allora si capisce che sia sordo e muto; o c'è la possibilità che sia popolato, e allora mi aspetto che ci siano molti esseri in grado di porsi in ascolto delle nostre voci e in grado di farci arrivare la loro."

Qualcuno ha scritto che il blog è un apostrofo che rende pubblico un diario segreto, per cui si passa dall'io che soffre all'io che s'offre. Passione implica amore e non c'è amore, e quindi passione, se non c'è sofferenza. Una sorta di immolazione a qualcosa che non è possibile contenere ma che prevarica ragione e sensi e trasporta alla trance spontanea e incosciente. Accanto all'amore per l'Altro, esiste e governa assolutista anche un amore per qualcosa di etereo ed impercettibile: la nostra vocazione, ovvero la passione per il Progetto...i progetti con cui ci identifichiamo e che arrivano a rappresentare un'estensione di noi stessi. Un segno del nostro passaggio su questa terra. Una traccia che confermi che non tutto di noi è andato perduto. Ma che un seme è rimasto, ha attecchito ed è cresciuto, portando con se testimonianza dell'aver saputo costruire e difendere qualcosa in cui abbiamo creduto fortemente. Ciò per cui siamo nati. Quello che gli scrittori ispanici new age chiamerebbero "la missione".
Così terminava la voce fuori campo a seguito de "Il pranzo di Babette" proiettato al Film Festival di Berlino che dopo anni di corteggiamento erano finalmente riusciti ad assistere. Uscendo dalla sala gremita, il fresco della sera condensò il fiato di lui in una nuvola meditativa. Mentre si accese la pipa e infilò la mano nella tasca del cappotto che già conteneva quella di lei. Le due figure di Francis e Louise camminavano fianco fianco lungo le luci affascinati di Postdanmmer Platz unite da un'aura di concentrico amore. Era evidente a tutti che si amavano. Ma potevano farlo apertamente perché passeggiavano in una città tedesca diversa dalla loro, in luoghi nei quali non avrebbero rischiati di essere riconosciuti ed additati come "amanti". Un dibattito fatto di dialettici scarti ed erosioni unito a silenzi complici univa il loro dentro con il fuori, mentre godevano di ciò che per una coppia socialmente riconosciuta sarebbe stato normale, o a dir poco, banale.
"Chi era quel critico italiano che... Ah, sì, Giorgio Verzotti,che ha scritto da qualche parte che lo sa bene chi vive di passioni: contraddittorio vuol dire che sta a mezzo fra tensioni opposte... Appassionata vuol dire che non distingui più, il basso dall'alto, il nobile dall'ignobile, il sublime dall'abbietto, per non parlare del bello e del brutto." "Sì, ma le passioni sono egoiste, come dice Stendhal, perché il soggetto che le subisce diventa l'unico parametro non tanto del giudizio quanto del sentire stesso. Ed è qui che si perde la ragione, è qui che gli artisti fondano le loro utopie, è qui che chi ha un potenziale creativo forte e intenso - un talento innato - rischia di perdere la ragione stessa del suo esistere..." Louise faceva riferimento all'inconscio. Seguiva da tempo incontri a Basilea con un gruppo di veterani tra cui tre psicanalisti junghiani, e le era ormai diventato compagno familiare di catena e di chiodo. Già. L'inconscio. E' anarchico. Anti-etico. Non rispetta regole, se non quelle dettate dall'emozione stessa. E non accetta padroni, se non l'obbedienza allo schema che gli permette di rivivere il sentimento che lo fa godere profondamente. Fosse anche la sopraffazione del suo oggetto d'amore.
"La passione, nel donarsi, nell'annullarsi, nello sciogliersi nella petit mort sacrificale... commentò Francis una volta giunti all'albergo che il giorno dopo avrebbe ospitato l'asta fotografica per la quale si erano spostati a Berlino. "In questo orgasmo mistico che è il sacrificio estremo, è un piacere che comporta dolore, un dolore che procura piacere - subìto o inferto - e comunque elargito ed accettato come un dono. Sia per la "vittima" che per il "carnefice", concluse prima di guidarla, tra i profumi di fico e gelsomino, nel parco adiacente alla hall. Si sedettero nell'erba umida,come erano soliti fare, d'estate e d'inverno. E Louise si tolse le scarpe e saggiò con i piedi nudi la freschezza del verde da poco tagliato. Indossava un impermeabile giallo intenso,il suo colore preferito, che compensava la sobrietà più contenuta del montgomery blu di lui.
Si tenevano saldamente le mani. Era la sera prima del loro ultimo giorno insieme. Entrambi sapevano che la loro storia doveva giungere ad un epilogo. Vigeva tra loro un accordo silenzioso per il quale non si sarebbero detti nulla a riguardo e il giorno dopo, a fine asta, sarebbero ripartiti entrambi per le loro reciproche destinazioni. Una tensione costante tra eros, philos e agapè raccordava la tensione emotiva di quel momento.
Per loro, cultori dell'arte, la loro storia d'amore era diventata oramai unica percezione, conoscenza del mondo, quasi (co)scienza del vissuto. Solco sulla pelle, calore afferrante nelle mani. Eppure sapevano chiaramente che non potevano continuare al fine di non sacrificare il nucleo familiare di lui, comprensivo di figli, coniuge, parenti e habitat sociale poco benevolo ai cambiamenti che avrebbero spostato troppi equilibri. E, chissà, la libertà indomita di lei. Francis era un diligente gambero di fiume che si era innamorato, ricambiato, di un gambero di mare, libero e senza un percorso predestinato.
Erano però consapevoli, pur soggiacendo al ricatto, meglio ridefinito dignitosamente "scelta di taglio" che in realtà la relazione con l'Altro rappresentava - per la prima volta nella loro vita - l'esperienza più arricchente e la sfida più grande che un essere umano potesse affrontare. Era nel rapporto reciproco che i problemi non risolti, le difficoltà ed i conflitti che ancora esistevano nella loro individualità umana, potevano essere attivati e risolti. Ed era la prima volta che entrambi trovavano, a cinquant'anni passati, un rapporto paritetico e paritario, fatto di mente, cuore, corpo e spirito, egualmente dosati.
Domanda (fece lui): "Quanta parte della tua vita puoi giustificare?" (citava Sei gradi di separazione di John Guare) Risposta (fece lei): "I sogni sono la cosa più importante della vita: inseguili sempre con tutto te stesso senza mai perderti d'animo. Le difficoltà sono sempre dietro l'angolo e può darsi che non si realizzerà tutto ciò che vorresti, ma il fatto di provarci avrà dato comunque alla tua vita il grande valore che si merita."
Rientrati nel foyer, osservarono il personale di servizio che chiudeva cartelline e faldoni fotografici e lessero "Fotografare è porre nella stessa linea di mira la mente, gli occhi ed il cuore. E' un modo di vivere." ( Henri Cartier- Bresson), frase inscritta sulla targhetta d'ingresso del salone dove il giorno dopo sarebbero state battute opere tra cui alcune vedute italiane dei primi Novecento, ritratti di Sarah Bernhard ad opera di Nadar, e altri portraits di Edmond Bacot e dell'Atelier Downey di Londra.
Guardarono in simultanea l'ora e si resero conto che erano ancora in tempo, dieci minuti appena, per osservare i lavori esposti prima che chiudessero i battenti sino al mattino dopo, per l'orario d'inizio della battuta. I loro occhi, competenti delle miglia di immagini raccolte negli anni di visita a mostre e musei, si emozionarono per un ramo agitato dal vento a firma di Leonard Sussman, la descrizione iconografica di una voce che bisbiglia al telefono di Ivo Saglietti, lo scatto serrato di Kamel Dridi di un uomo che prega coprendosi le orecchie, il sasso quasi zen di Roberto Cecato lasciato a terra per indicare chissà quale direzione, la percezione sinestesia del ticchettio della sveglia sulla spiaggia scovata da Michele Zaza. Le mani forti e calde di lui sfiorarono la cornice dellaTauromachia di Lucien Clergue, e con gli occhi ridenti entrambi pensarono al ciclo delle trentatrè incisioni dedicate al tema dal grande Goya. Continuarono inseguendo con lo sguardo la corsa del ragazzino fotografato da Gianna Bonacini, il bosco di Davide Carrari, le tracce ritrovate da Cristina Omenetto, i panni sbatacchiati al sole di Mimmo Jodice e i teloni di plastica colorati e movimentati di Paola Mongeli. Uscendo, quasi cacciati via da una signorina zelante, salutarono mentalmemte i dittici: c'erano alcune splendide serie fotografiche in un gioco di specchi, di colori, di vuoto e pieno firmate da Fulvio Magurno, Stefania Levi, Elisabetta Buffa e Jyrki Parantainen.
Una volta in camera, mentre Louise preparava una vasca piena d'acqua profumata contornata di candele, tra i plichi della ventiquattrore Francis ritrovò un loro carteggio di alcuni mesi prima. "Ti scrivo, Amore mio, per dirti che quando mi tocchi perdo i contorni netti di me stessa e divento Altro, quell'Altro che sei Tu, l'essenza stessa della Vita, quella che alimenta ciò che nasce, vive e muore sotto il segno dell'Amore. Nel tuo Essere io mi ritrovo, prima e ultima del Tuo sentire, piega bianca del tuo volo, anticipo del Tuo respiro, immenso salto in quel Vuoto che è l'esistere del Tutto. Con Te sento l'appartenenza, il ritorno, l'abbandono e il ritrovamento dell'Essere pieno e vibrante che è anche chiamato Dio. Louise" E la risposta di lui, con calligrafia elegante e nervosa:
"Dal profondo del mio petto, un fiume di energia, di amore, si dipana, libera e scende a Te, mio amore, mia Preziosa. Preziosa come il cielo che rischiara i miei pensieri ora non più sopiti, Preziosa come l'acqua a dissetare il mio cuore con il tuo essere dolce vera .Ti amo per la vita e oltre questa vita, ho capito l'importanza di quest'unione andando oltre quest'unione. Sei un mondo che desidero vivere per sempre, mi esalta il saperti nella mia anima, il sapere che sei oltre l'essere, oltre l'Esistere. Esistere sarebbe troppo poco per quest'amore. Francis" Si intenerì e pose le due lettere sui guanciali del letto, rileggendole infinite volte e riassaporando il gusto morbido e frizzante dell'amare e dell'essere amato.
Dopo il bagno, Francis e Louise si distesero nudi sul letto. Lei prese un nastro di raso rosso a banda alta, si cinse con esso alla vita di lui e si addormentarono insieme.

Monica Nucera Mantelli


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