lchimie del Bestiario



Esiste un ricco patrimonio di bestiari iconici da sempre scolpiti nell'immaginario collettivo. In termini di echo immaginifica, non conosciamo pienamente la forza propulsiva o la potenza intrinseca di tali evocazioni.
Ma ne avvertiamo gli immensi confini quando tentiamo, come nel caso di una mostra a riguardo, di proporre un percorso di lettura su sculture dal sapore quasi mitologico. Il richiamo a questo mondo incrociato, fatto di accoppiate tra pesci, uccelli, felini e predatori fa scattare in noi vibrazioni primordiali.
Sapori ancestrali.
Quasi rimandi inconsci al nostro passato più remoto, quando eravamo cacciatori atti a convivere quotidianamente con l'ambiente animale, cacciando o essendo cacciati. Impegnati a vivere il nostro rituale di sopravvivenza, ponendo timore e rispetto verso un circondario misterioso, popolato di suoni, colori, movimenti e forme plasmate da esseri viventi allo stato brado.
Ecco allora che l'arte in vetro, con la sua tradizione plurimillenaria che dai Fenici riporta ad oggi segreti alchemici di intere generazioni, fonde l'eccezionale abilità artigiana di maestri vetrai muranesi con il genio creativo di artisti di fama internazionale.
Questa mostra si propone con una lettura dissacrante, ironica e perturbante di quelle che potrebbero essere interpretate come digestioni sedimentose del bestiario fantastico di Jorge Luis Borges.
Meglio ancora, interpretazioni moderne di insoliti sposalizi tra animali, esseri umani, fiori e frutti della natura, che sanno plasmare l'anima di chi le guarda con ricche citazioni tribali. Quasi totemiche.
Sovente catartiche.
Ovvero capaci di trasferire la ritualità di cui sono pregne nella loro condizione mitopoietica più positiva.
Questi vetrigni monoliti artistici - una buona parti di essi li ho accuratamente seguiti nel loro concepimento presso la fornace della Berengo Fine Arts di Murano, divorano il vecchio per dare spazio al nuovo.
Assurgono a simbolo totemico dell'incarnazione tra gli abitanti del cielo e della terra.
Generano felici ibridi che dall'antichità riportano "naturalmente" al Terzo Millennio.
Tali opere trattengono nel loro aspetto esterno incastri improbabili tra demoni gioiosi e fragili sirene, armadilli divertiti e asini saturnali, cani abbacinati dalla luna, papere alla ricerca di tesori nascosti, pipistrelli leggiadri che si installano delicatamente nei meandri delle nostre nevrosi, topolini che giocano a scacchi e fanno i pattinatori, oranghi trasparenti in ascesa rituale, occhi e bocche coloritamente spalancate, gatti intirizziti, grilli scombinati, insetti attraversati da un uno spirito satirico-luciferino, coppe cerulee dalle curve proboscidee, femmine galliformi incerte sul dafarsi, tartarughe imprigionate dalla loro stessa fuga dalle fiabe.
Pezzi incompleti, insomma, del nostro vissuto atavico, accumulato e vivisezionato in un memoriale che grandi artisti come quelli selezionati riescono a ricostruire senza entrare nell'ovvia accezione del kitsch.
Ecco allora che queste sculture d'arte in vetro accumulano significati iperbolici sulle nostre troppo sopite fantasie immaginifiche.
E così facendo creano somme.
Somme che danno luogo a negazioni. Sottrazioni che danno vita a somme - tra capo e coda - su molteplici creature, che in qualche modo, seppur fantastiche, totalmente inventate, ci sono estremamente familiari.
Troviamo dunque presso la BFA di Murano una collezione riccamente popolata di ricordi infantili, capace di emanare un languido richiamo al primordiale, apparentemente ludico tema della Fauna fantastica.
In realtà la produzione rimette in gioco tutto il "normiforme" mondo degli adulti, compreso il rassicurante milieu quotidiano - popolato da comuni animali domestici - cani, gatti e uccelli - che qui svolgono la doppia funzione di oggettivazione ora sacra, ora profana.
Queste opere coniate dal fuoco delle fornaci lagunari, assecondate da potenti maestri vetrai italiani e concepite in simbiosi con artisti internazionali altrettanto ispirati al luogo e al respiro di Venezia, assurgono al loro dovere di rappresentanza "bestifera" come sotto l'impulso alchemico dello zolfo e del mercurio, del sole e della luna, della luce e di quella stessa ombra che convive implicitamente nel processo realizzativo del vetro, tra i primi processi alchemici svelati casualmente al mondo degli uomini.
Ecco che magniloquenti rievocazioni di animali comuni o fantastici, dall'eleganza classica oppure dal provocatorio gusto espressionista, si muovono simbolicamente nel cinabro (colore -droga dell'immortalità), nel giallo, nel verde, nel blu, nel viola e nel nero, senza creare caos pur nella diversità d'appartenenza e di specie.
Incarnano quel collage indissolubile di teste di lupi, code di pesci e zampe d'uccelli, di investitura primitiva fornendo allo spettatore occhi inequivocabilmente notturni e alterità splendidamente eteree, capaci di inquietarci ed attrarci allo stesso tempo.
Correda la produzione artistica della Berengo Fine Arts una produzione vetraria "anomala" fatta di livelli e di riferimenti traslati, pur se in chiave divertente e provocatoria, che propone al collezionista e all'amatore uno spunto per entrare in contatto con quelle parti di noi stessi che vivono in risonanza con le gioie, le paure e i simboli ancestrali dell'inconscio collettivo.
Alle creature immaginifiche di questo bestiario è facile attribuire un significato metafisico, magico, esoterico, o se preferiamo, la loro stessa nascita è frutto di un parto primario a cui hanno assistito i quattro elementi chimici per eccellenza: acqua, aria, terra e fuoco.
Già gli Egizi avevano diffusamente trattato i segreti chimici per mezzo di figure animali; il leone rosso simboleggiava il sole, ovvero l'oro; il rospo e il corvo simboleggiavano la putrefazione (fase del nobile processo alchemico che porta alla pietra filosofale); la colomba, l'aquila, il serpente e il leone verde rappresentavano la luna philosophorum, ovvero il loro mercurio. Un animale evocato in così tante favole come il lupo si riferiva in verità all'antimonio, il drago al salnitro, il serpente all'arsenico, e così via. Nell'interpretare il significato degli animali gli antichi consideravano fondamentali le caratteristiche specifiche degli animali in questione.
Pensiamo dunque al pesce - come quello di Bilgrein, suddiviso in più pezzi: in alchimia il pesce simboleggia il mercurio umido viscoso. Esso è l'inizio, centro e fine, il copulator, il sacerdote che accoppia tutte le cose e le sposa. Oppure all'anello di Ourobos, ovvero al drago (serpente - mostro) che si mangia la coda e che simboleggia il cambio dell'anno e ritorno al principio. Quando il drago, come il serpente, ha portato a termine la muta, allora dal suo veleno deriva la medicina suprema.
In questo bestiario in vetro i significanti si fagocitano, si mangiano reciprocamente, e nel mangiarsi danno vita a nuovi significati che persino i più freddi suggerimenti dell'alfabetizzazione iconografica rendono in qualche modo insufficienti nella loro verbalizzazione, poiché stravolgono la loro naturale essenza primigenia.
La luce che esalta le opere in vetro è poi la chiave di volta della lettura del tutto. Nel testo antico "De occulta philosophia" di Agrippa di Nettesheim "Gli antichi saggi (...) hanno riprodotto le costellazioni, le figure, i sigilli e i caratteri che la natura stessa, attraverso i raggi luminosi delle stelle, attribuendo alle piante e alle loro parti, così come alle diverse membra degli animali, significati "altri".
Le opere quivi rappresentate diventano quasi figure provenienti dai riti e dai miti - come scrive acutamente Gillo Dorfles nel suo omonimo saggio sul potere delle relazioni tra significati (immagini) e significanti (messaggi contenuti all'interno delle immagini). Riti e miti che ci fa piacere ritrovare nel nostro quotidiano in forma meno selvaggia e cruenta.
Per concludere, citerò il pensiero di un antico profeta dell'immaginazione, Los, per riflettere su come - ancora - queste sculture riempiono lo spazio ideale del nostro immaginario con suggerimenti sulla lettura dei simboli di un universo archetipico che ancor oggi ci è di aiuto per capire meglio il senso della vita.

Monica Nucera Mantelli


Scarica il file PDF