Monet ha appreso da Boudin che dipingere all'aria aperta dà al quadro una forza, una vitalità impossibili da ottenere in atelier.
Quello che è nuovo è che i pittori prendono cavalletto, tela e colori per andare a dipingere all'aria aperta. Monet è uno di questi pionieri che hanno fatto della natura il loro atelier. La comparsa di colori in tubetti rende questo possibile: non si può immaginare un pittore mescolare l'olio e i pigmenti sul posto, ancor meno col vento aspro della Normandia.
Ma la pittura all'aria aperta resta comunque difficile. in estate, Monet esce con tutto il suo materiale e un parasole per impedire che la luce cada direttamente sulla tela. Con il freddo, lo si incontra imbaccuccato in grandi mantelli, ma sempre davanti al suo soggetto.
Un giorno, essendosi sbagliato sull'orario delle maree, un'ondata lo sorprende e trascina lui e il quadro nel mare. "L'arte e i suoi valorosi soldati", ironizza un critico contemporaneo.
Le nuove linee della ferrovia mettevano in comunicazione paesi vicini con la metropoli e per la prima volta artisti e parigini possono fare delle escursioni e tornare in città in un solo giorno.
Nell'estate 1869, Monet e Renoir dipingono insieme, a Bougival, il soggetto comune della "Grenouillère"
La Grenouillère di Monet La Grenouillère di Renoir.
Da un angolo pressoché identico, i due pittori danno la loro versione sull'attività che regna sul "pot de fleur" come viene chiamata la piccola isola con l'albero al centro. Tutti e due hanno cercato di essere esatti ed è appunto questo che sottolinea le differenze tecniche. Monet dipinge con tratti chiari, orizzontali. La sua pennellata è energica, mentre Renoir applica il colore in maniera leggera.
I colori di Monet sono molto più numerosi e freddi, mentre quelli di Renoir sono più dolci e l'aggiunta di rossi riscaldano il quadro. Monet non si interessa ai dettagli degli abiti, i suoi personaggi sono semplici tratti. Renoir, invece, rende il tessuto delle stoffe zebrato dal sole e nota dei dettagli della moda. Mentre la sua versione, edificata attorno al centro del quadro, crea un'attmosfera smorzata, quella di Monet, con le sue ombre ripartite ugualmente e i suoi tratti bianchi ai lati della tela fa nascere un'immagine tridimensionale dove il dinamismo percorre tutta la superficie. In questo quadro l'artista riesce a utilizzare l'acqua come motivo pittorico.
Oggi per noi è difficile capire come dei quadri che evocano parti di campagna e di natura abbiano potuto provocare critiche così dure e un rifiuto tanto netto della critica e del pubblico.
Senza dubbio ciò si può spiegare in tre fattori principali: la tecnica pittorica, l'impiego dei colori e la considerazione della persona umana. Per rendere i colori e la luce come li percepivano all'aria aperta, gli artisti sviluppano una scrittura particolare che si caratterizza per dei colpi di pennello soffici e delle macchioline a forma di virgola dove si uniscono colori chiari e scuri senza colori intermediari. Questo procedimento non era accettato in un quadro che, secondo i critici, doveva fornire le prove dell'abilità tecnica dell'artista.
Quello che scioccava particolarmente era che, per le loro dimenesioni, era difficile credere che queste tele fossero delle opere nel senso tradizionale della parola. A questo si aggiungeva un pubblico abituato ai colori dei pittori naturalistici, freddi e metallici, al quale le tele eclatanti di Monet dovevano parere provocanti e troppo vistose.
La pittura di personaggi era in tale fervore che la maniera in cui la trattava Monet dovevano irritare i contemporanei. I pittori accademici facevano ritratti idealizzandoli all'antica, mentre il cittadino che passeggia nel quadro di Monet è rappresentato come una piccola macchia senza grande importanza. Come un ciuffo d'erba o una nuvola, non è né più né meno che un supporto per la luce.
Dopo essere stati tenuti al di fuori dalla sferaa ufficiale per un decennio, i giovani pittori avevano deciso di prendere essi stessi le cose in mano. Una "Società anonima cooperativa degli artisti-pittori, scultori, ecc" riuniva Monet, Renoir, Pisarro, Sisley, Degas, Cézanne e molti altri, per esporre per la prima volta il loro lavoro indipendentemente dal Salon.
L'impresa non è un successo. Mentre da 8000 a 10000 erano i visitatori che si contavano ogni giorno al Salon, l'esposizione non ne attira che 175 il primo giorno e 54 l'ultimo, dei quali alcuni venivano per divertirsi.
Ma è in questa occasione che il gruppo riceverà il nome che d'ora in poi lo carartterizzerà: "L'esposizione degli impressionisti" questo è il titolo dell'articolo di Louis Leroy nel "Charivari" nel quale se la prende
con la tela di Monet "Impression, sol levant" ;
"Impressione - Lo sapevo! E che libertà, che leggerezza del pennello! Della carta colorata è stata piû lavorata di questo quadro."
Questo quadro rende, in colori trasparenti e tratti fini, l'atmosfera dell'alba nel porto di Le Havre; la luce arancione del sole vi si esprime in qualche tratto audace in una monocromia di grigi. Il tracciato, leggero, abbozzato, che traduce la verità dell'istante in maniera molto immediata scandalizza il pubblico che lo trova brutale e crudo.
Il nome dato al gruppo, anche se ironicamente, è presto accettato e, poco dopo l'articolo del "Charivari" un critico favorevole ai giovani artisti scrive: "Se si volesse in una parola caratterizzare le loro intenzioni bisognerebbe creare la nuova nozione di impressionisti. Loro sono impressionisti in quello che riproducono: non un paesaggio, ma l'impressione che esso provoca."
Oggi, l'impressionismo non ci appare come una rivoluzione né come il fatto di un solo pittore ma piuttosto come un prolungamento di idee, tecniche e osservazione che si è visto emergere a più riprese nel corse del diciannovesimo secolo ma ma che non furono formulate così radicalmente che da Monet e dai suoi amici.
Per impressione si intende registrare un paesaggio, un soggetto, come esso esiste nell'istante Un tale sguardo non tiene conto della profusione dei dettagli. Non è che col prendersi il tempo di esaminare le case, per esempio, o la folla dei passanti, che appaiono certe finestre, certi motivi archittettonici, un cappello alla moda o un viso preoccupato: ma è da qui che il cervello cancella l'impressione iniziale e la rimpiazza con l'esperienza, la convenzione o l'immaginazione.
È la prima visione, fuori dalle categorie e dalle convenzioni, che cercano gli impressionisti, Monet in testa: egli apriva gli occhi, vedeva le masse dei colori, le superfici, lo spazio come appariva nella luce dell'istante e metteva queste valutazioni sulla tela.
"Non è che un occhio, ma che occhio!"
citando Cézanne.
Rendere questa istantanietà è lo scopo della sua vita, dirà più tardi. E questo sarà spesso la sua disperazione poiché c'è un paradosso irriducibile a volere fissare il fuggitivo.